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  • g73 22/11 pp. 12-15
  • Specchio musicale delle Hawaii

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  • Specchio musicale delle Hawaii
  • Svegliatevi! 1973
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Altro
Svegliatevi! 1973
g73 22/11 pp. 12-15

Specchio musicale delle Hawaii

Dal corrispondente di “Svegliatevi!” nelle Hawaii

SEMPLICEMENTE chiudete gli occhi e ascoltate il piacevole motivo di una canzone hawaiiana e la vostra mente potrà vedere le Isole dei Mari del Sud in acque azzurre, alberi di palma mossi dal vento, bianche spiagge coralline, onde che si frangono sulla riva e gentili Polinesiani. Ma per il nativo Hawaiiano, la riflessione mentale è molto più profonda. La sua musica è uno specchio della storia delle sue isole.

L’antico Hawaiiano cantava quando aveva qualche cosa da dire che pensava non potesse esprimersi in nessun altro modo adeguato. Egli cantava le sue preghiere, come anche le serenate alla sua diletta e la ninna nanna ai suoi figli. C’erano canti sugli uomini valorosi, sulle tragedie di guerra e perfino sulle profezie. Infatti, c’era una canzone per quasi ogni occasione della giornata. Per mezzo di tale recita musicale, la storia e altre cose importanti erano affidate alla memoria e tramandate di generazione in generazione. I capi hawaiiani mantenevano speciali cantori perché cantassero i loro nomi e proclamassero la loro linea di discendenza.

Com’era questa musica antica? Non era affatto simile alla musica moderna delle Hawaii. All’orecchio occidentale sarebbe piuttosto monotona a causa della sua limitata gamma di toni, spesso di soli due o tre toni.

L’Hawaiiano usava la parola mele, che letteralmente significava “poesia”, quando parlava di canti. Ma per mezzo dell’influenza e dell’associazione straniera, mele è divenuto sinonimo di “canzone”. Così le canzoni hawaiiane, com’era caratteristica della poesia antica, usano un linguaggio altamente figurativo. Per esempio, le canzoni che a quanto sembra descrivono cose come fiori o luoghi possono essere, in realtà, riferimenti a persone e ad emozioni.

Tipi di canzoni

Queste canzoni o poesie sono state divise in due classificazioni generali: “mele oli” (canzoni senza accompagnamento) e “mele hula” (quelle accompagnate da ritmo).

Le canzoni senza accompagnamento consistevano di ballate, preghiere, profezie, canti funebri e canzoni secolari di minore importanza. Questo tipo di canto richiedeva profonde qualità di petto, naturale capacità vocale ed eccellente controllo della respirazione per sostenere le frasi insolitamente lunghe. Il tono era mantenuto a un livello generale salvo nei posti dove bisognava naturalmente riprendere fiato, e, alla fine della frase c’era sovente un leggero trillo. La canzone senza accompagnamento, o “mele oli”, oggi si ode di rado; è un’arte che va scomparendo, nota solo a pochi.

La “mele hula”, d’altra parte, era caratterizzata da una forte andatura ritmica. A volte il cantante usava solo il corpo e le mani mentre presentava una poesia. Altre volte usava anche vari strumenti ritmici. Questa canzone accompagnata da ritmo fu quella che precedette la moderna hula.

L’antica hula era considerata un’arte così raffinata che c’erano in relazione con essa molti tabù per custodirla dalla profanazione. Quelli che attendevano di divenire membri dell’associazione della hula vivevano in una scuola hula secondo rigide regole, sottoponendosi a un rigoroso addestramento finché erano accolti nell’associazione.

Strumenti musicali antichi

Alcuni strumenti musicali delle antiche Hawaii si usano ancora oggi. C’era un solo strumento principale a corda, l’“ukeke”, ma era fatto in due modi.

L’ukeke lungo era una stretta assicella di legno flessibile, su cui erano tese due corde di fibre di cocco, fissate con bischeri, in modo da ottenere i toni giusti, a intervalli di un secondo o di un quarto. L’altro tipo aveva una terza corda intonata a un terzo. Entrambi i tipi di strumenti erano usati portando le corde superiori contro la bocca e cantando o mormorando contro lo strumento, mentre nello stesso tempo si muovevano le dita sulle corde.

Uno dei più strani strumenti dell’orchestra antica era il flauto da naso. Era fatto di un nodo di bambù con un foro da naso da una parte, e due fori per le dita a un’estremità dall’altra parte. Un altro strano strumento a fiato assomigliava a una primitiva ocarina. Era fatto di una zucca forata con tre fori; uno da mettere contro il naso per soffiarvi dentro e gli altri da chiudersi con le dita.

Gli strumenti a percussione erano di una grande varietà! C’erano tamburi di ogni sorta fatti di gusci di noci di cocco, legno e lagenarie. Di solito erano coperti alle estremità con pelli di sagrì molto tese. Notevole fra questi era il tamburo ‘pahu’, che fu introdotto da Tahiti nell’undicesimo e nel tredicesimo secolo. Si faceva con noci di cocco cave o con legno del frutto dell’albero del pane. La parte inferiore era piacevolmente intagliata, e la cavità superiore era coperta di sagrì. Questo tamburo è usato ancora oggi insieme al piccolo tamburo di noce di cocco.

Ma in che modo questa poesia cantata e danza con la sua limitata gamma di toni divenne la melodiosa, dolce musica delle odierne Hawaii?

Influenza della musica straniera

Il passaggio dalla musica antica a quella nuova si ebbe dopo la prima visita che gli Europei fecero a queste isole nel 1778. In breve tempo uomini di navi baleniere e di gruppi missionari ebbero grande influenza sulla cultura hawaiiana. I marinai di passaggio avevano un repertorio musicale così vario come le loro nazionalità, e gli Hawaiiani amanti della musica ne adottarono subito le canzoni, facendole proprie. Molte canzoni preferite odierne dei Mari del Sud vennero dai basilari motivi cantati da quei primi visitatori.

Inoltre, quei primi visitatori adattarono molte antiche canzoni hawaiiane. Per esempio, una canzone hawaiiana preferita di ogni tempo, Hole Waimea, è una mele antica adattata alla musica moderna. C’è anche l’indimenticabile bel ritornello Waipio, chiamato secondo una piacevole valle, ma in origine una canzone molto antica.

Nel decennio successivo al 1820, i missionari cominciarono a formare un alfabeto per la non scritta lingua hawaiiana. Subito introdussero la scala a otto toni e cominciarono a insegnare inni e semplici canzoni popolari ai loro solleciti studenti. Sebbene l’armonia fosse sconosciuta nelle antiche Hawaii, fu appresa presto e bene. Gli Hawaiiani sono estremamente abili nella parte tenorile, che da molti compositori è ritenuta la più difficile da rappresentare.

Nel diciannovesimo secolo il giovane musicista tedesco Henry Berger venne nelle Hawaii su invito di Kamehameha V, divenendo musicista di corte e insegnante di musica dei membri della famiglia reale. Egli organizzò la Banda Reale Hawaiiana ora famosa in tutto il mondo, la quale, fino a questo giorno, accoglie regolarmente sul molo le navi di linea all’arrivo dei passeggeri con canzoni e danze hawaiiane. Inoltre rivolge ai passeggeri l’“Aloha”, che significa, addio, benvenuto, o amore, quando ripartono.

Ai giorni dell’influenza di Berger e in seguito, si formò un’enorme ricchezza di letteratura della canzone che invero era musica hawaiiana com’è conosciuta oggi. Parecchi monarchi del giorno di Berger mostrarono grande talento musicale, fra cui l’ultima monarca regnante delle Hawaii, la regina Lilioukalani. La più cara e conosciuta canzone delle Hawaii, Aloha Oe, fu composta da lei.

La musica della canzone fu ispirata da un’antica ballata. Ma le liriche nostalgiche vennero a Lilioukalani dopo che aveva visto una commovente scena di addio fra un ufficiale dell’esercito del re e una fanciulla nativa del podere di Maunawili a Waimanalo, in Oahu, nel 1878. Ella trascrisse l’intera canzone in spartito musicale da sola. Berger ne fece l’arrangiamento e sotto la sua bacchetta la Banda Reale Hawaiiana la suonò a San Francisco nel 1883. Essa acquistò immediatamente popolarità.

Strumenti moderni e popolarità

Nella seconda metà del diciannovesimo secolo gli Hawaiiani avevano già un’eccezionale predilezione per la chitarra. Nel 1886, si riferì: “La suonano come strumento per assolo con una tenerezza e una dolcezza che ben descrivono la delicatezza dei loro sentimenti”. Inoltre, la piccola chitarra a quattro corde, l’ukulele, fu portata al cuore hawaiiano da un emigrante portoghese che la recò in queste spiagge nel 1879.

Il Portoghese chiamò l’ukulele “cavaquinhos”, che significa “piccolo pezzo di legno”. Ma a causa del modo rumoroso in cui si suonava, gli immaginosi Hawaiiani gli cambiarono subito il nome in “ukulele”, che significa “pulce saltellante”. Benché in origine si pensasse che era solo uno strumento da accompagnamento, oggi ci sono parecchi veri virtuosi che suonano l’ukulele come strumento per assolo, rappresentandovi magistralmente ogni cosa dalla hula ai classici. Essa è così cara ai ragazzi che è comune vedere gli scolari suonare l’ukulele mentre camminano per la strada.

Ma c’è uno strumento che fu puramente il prodotto dell’ingegnosità hawaiiana, la chitarra d’acciaio. Nel decennio successivo al 1890, uno studente della Scuola di Kamehameha, Joseph Kekuku, suonando una vecchia chitarra, premette il dorso di un pettine contro le corde mentre le pizzicava e per la prima volta udì il suono indescrivibilmente piacevole della chitarra d’acciaio, che da allora è stato identificato come il suono delle stesse Hawaii.

La popolarità della musica hawaiiana cominciò a diffondersi nel mondo durante la prima guerra mondiale. I dischi fonografici sono uno dei mezzi pubblicitari migliori delle Hawaii. Poiché chi non ha udito i dischi delle classiche rappresentazioni hawaiiane, Na Lei O Hawaii, Blue Hawaii, Little Grass Shack, Sweet Leilani o la bellissima Hawaiian Wedding Song?

Nel corso degli anni la storia degli Hawaiiani — le loro opere, il loro amore per la creazione e le loro emozioni — è sopravvissuta per la gioia del mondo intero. Le reminiscenze musicali di un’èra passata continuano a giungerci, lasciandoci un riflesso che di continuo si rinnova ogni volta che si ode musica hawaiiana.

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