BIBLIOTECA ONLINE Watchtower
BIBLIOTECA ONLINE
Watchtower
Italiano
  • BIBBIA
  • PUBBLICAZIONI
  • ADUNANZE
  • g82 22/5 pp. 24-27
  • Vivere e sopravvivere nelle regioni aride del Brasile

Nessun video disponibile.

Siamo spiacenti, c’è stato un errore nel caricamento del video.

  • Vivere e sopravvivere nelle regioni aride del Brasile
  • Svegliatevi! 1982
  • Sottotitoli
  • Vedi anche
  • La “caatinga”: terre aride colpite dalla siccità
  • Come sopravvivere durante la stagione secca
  • Il “vaqueiro”: pronto ad aiutare in tempo di bisogno
  • Radunato il bestiame
  • Rodeo e cantanti folk
  • Il “vaqueiro” e la religione
  • Aperti pozzi di acque spirituali
  • “Paniolos”: I cowboy delle Hawaii
    Svegliatevi! 2003
  • Toro
    Ausiliario per capire la Bibbia
Svegliatevi! 1982
g82 22/5 pp. 24-27

Vivere e sopravvivere nelle regioni aride del Brasile

Dal corrispondente di “Svegliatevi!” in Brasile

AVETE notato la macchia scura sulla cartina? È il Nordeste brasiliano, che si estende per circa un milione e mezzo di chilometri quadrati ed è famoso per il calore ardente, le siccità periodiche e l’insolito tipo di vita. Qui, nella stagione secca, la semplice sopravvivenza assume tinte drammatiche!

Ma guardiamo più da vicino. Le belle spiagge orlate di palme di questa regione, bagnate a nord e a est dall’Oceano Atlantico, sotto un cielo azzurro cupo e il sole cocente per quasi tutto l’anno, meritano il nome descrittivo di Costa do Sol (Costa del Sole). È anche sulla costa che vive la maggioranza della popolazione. La fisionomia di questa gente rivela le sue origini, un incrocio fra i bianchi e gli indios. Sono ospitali, abili e fantasiosi. Ma lasciamoci alle spalle la costa ed esploriamo l’interno.

La “caatinga”: terre aride colpite dalla siccità

Man mano che ci addentriamo nell’interno, la vegetazione cambia gradualmente. Gli alberi si fanno più radi e appaiono più stentati. All’improvviso ci troviamo in una caatinga (che significa “foresta bianca”, cioè foresta rada). È il nome che gli indigeni hanno dato a questo tipo di terreno, dove la stagione secca si fa sentire di più e dura più a lungo. Queste caatinga non sono una regione ininterrottamente arida, ma sono alteterre più o meno estese sparse nel Nordeste. È lì che la vita è messa in pericolo dalla siccità.

Dapprima, osservando la vegetazione, non ci credereste, specie nella stagione delle piogge quando il paese è verde e lussureggiante. Il Cereus jamacaru, una cactacea con vari tronchi spinosi che partono dal suolo, domina il panorama. Raggiunge i tre metri d’altezza. Un’altra cactacea (Pilocereus gounellei) simile alla precedente, solo più piccola, somiglia talora a un candelabro. C’è poi la mesquita, un albero dalle foglie piccole che formano un parasole impenetrabile, consentendo alla vegetazione di crescere nell’umida ombra. Il giuggiolo apre la folta chioma sempreverde a 10-15 metri di altezza. L’albero più comune è la cassia in canna (Cassia fistula), i cui baccelli hanno la forma di una bacchetta di tamburo. In primavera i grandi fiori gialli aggiungono al denso fogliame una nota di colore e di profumo. Ci sono poi alberi di mimosa e di acacia in fiore. L’Auxemma glazioviana (ordine delle Polemoniales) somiglia a un enorme velo da sposa con i fiori bianchi profumati che attirano sciami di api selvatiche.

L’oiticica, un albero dai semi oleiferi, ha una chioma tondeggiante con una circonferenza di circa quindici metri. Un tipo di quercia tropicale, dai fiori rosa, e l’onnipresente Copernicia cerifera, la palma da cui si ricava la cera di carnauba, spuntano di fra un groviglio di cespugli spinosi e arbusti. Ci sono anche alberi del genere Croton, cotogni e alberi del pepe, bromeliacee con le foglie spinose e infiorescenze a spiga. Tutte queste piante hanno una cosa in comune: sono robuste, variopinte nella stagione delle piogge e possono resistere a qualsiasi siccità per mesi di seguito. Possono perdere tutte le foglie e sembrare morte, ma non appena comincia la stagione delle piogge, tornano improvvisamente a vivere con un’esplosione di colori tropicali.

Alberi e arbusti non sono affatto le sole cose viventi. Una gran varietà di animali selvatici rende più viva e varia la caatinga. Ci sono l’astuta volpe e il furtivo giaguaro. Troviamo anche il tegù, un lucertolone lungo due metri, nonché armadilli, opossum e la cavia delle rocce. In alto sopra la nostra testa volteggia il temutissimo falco caracara e vicino a terra abbondano i piccioni selvatici.

Ma quali mezzi di sussistenza potrebbero esistere in una terra periodicamente così inospitale? L’allevamento del bestiame. Sì, grandi allevamenti di bestiame sfruttano al massimo i pascoli stagionali. Tuttavia le piogge che cadono da gennaio a marzo non sono sufficienti per sviluppare buoni pascoli. Esse incoraggiano solo la crescita di cactacee e di vegetazione arbustiva, subito divorata in parte dal bestiame affamato e in parte dal sole implacabile.

Come sopravvivere durante la stagione secca

Già in maggio o giugno i pascoli nella caatinga scarseggiano. L’allevatore di bestiame comincia a essere in difficoltà. Ma l’annoso problema non lo turba e, non potendo sfamare i suoi animali, è costretto a “chiuderli fuori”. Cosa vuol dire? Vuol dire che il recinto viene chiuso e il bestiame è lasciato in libertà perché si arrangi.

Praticamente abbandonati a se stessi i bovini lottano duramente per sopravvivere. Tanto per cominciare rosicchiano i rami bassi degli alberi. Poi attaccano la corteccia degli alberelli e, infine, non rimane quasi nulla per saziare la loro fame. Lentamente, sotto un sole fiammeggiante, bello e terribile a un tempo, le foglie scompaiono, gli uccelli migrano, sopravvivono a malapena oppure muoiono. I piccoli fiumi e rigagnoli stagionali si seccano. Tutta la vegetazione diventa di un brutto colore grigiastro. Alla vista si presenta una distesa di rami spinosi. Questi arbusti e alberi somiglianti a radici scoperte, alti in media tre metri, si presentano come una massa aggrovigliata quasi impenetrabile. Fin dove arriva l’occhio, è lo stesso demoralizzante quadro. Gli animali dimagriscono rapidamente. Vanno in cerca d’acqua che trovano solo in piccole pozze poco profonde riparate dalla boscaglia, ed è tutto ciò che resta dell’ultima pioggia.

Il “vaqueiro”: pronto ad aiutare in tempo di bisogno

Il vaqueiro (mandriano) è un tipo placido, taciturno, di esile corporatura e leggermente curvo. I suoi occhi hanno un’espressione languida, e non tradiscono apparentemente nessuna ambizione. Con il sopraggiungere della siccità si prepara ad assolvere la parte più dura del suo compito. Da ora in poi indosserà i suoi abiti piuttosto strani. Dalle spalle ossute gli pende una giacca di cuoio. Il petto, dal collo alla cintura, è protetto da un indumento fatto spesso di pelle di giaguaro. Porta gambali di duro cuoio e rozze calzature tipo sandalo. Grosse manopole di cuoio e un copricapo di cuoio di forma conica con il bordo rigirato completano il suo equipaggiamento.

Solo vestito così il vaqueiro può avventurarsi nella boscaglia della caatinga. Va in cerca degli animali ammalati, feriti o affamati, e di quelli che non ce la fanno a camminare. Come un pastore li porta temporaneamente nel recinto. Come ultima risorsa, gli animali ricevono una razione di rami di una mesquita che cresce nei paraggi. Oppure masticheranno un po’ di cactus dal sapore amaro e ricco d’acqua. Il mandriano deve prima bruciacchiarli per eliminare le spine. Anche lui se ne è nutrito in estremi casi di siccità.

Radunato il bestiame

Verso dicembre ricomincia la stagione delle piogge e con essa lo spettro della siccità si allontana. In modo meraviglioso la terra e gli alberi si risvegliano. Ora è tempo che gli animali più vecchi siano radunati nella boscaglia e portati al recinto. Alcuni sono pronti per il macello. Altri saranno lasciati a scorrazzare allo stato selvatico per un altro anno.

Con la sua armatura di cuoio, che lo rende più simile a un cavaliere medievale che a un mandriano, il vaqueiro procede a cavallo con grande cautela, vigile e attento. Per esperienza sa che la maggioranza degli animali sono sopravvissuti. Non c’è dubbio che questo è dovuto in parte ai robusti incroci.

La cattura di un animale è un vero spettacolo! Ecco, laggiù c’è un toro. Anche il cavallo lo ha avvistato. Il mandriano sa cosa farà adesso il suo cavallo addestrato e si prepara nascondendo la testa nella criniera del cavallo. Poi la folle corsa comincia!

Abituato a vivere allo stato brado, il toro non si arrenderà facilmente. Il cavallo lo segue, addentrandosi sempre più nella boscaglia, incurante del cavaliere, il quale, stretto alla sua cavalcatura, cerca di evitare la massa di rami che sferzano la sua armatura di cuoio. Il cavallo è ossessionato da un unico pensiero: prendere quel toro!

Poi appare una radura: l’occasione di prendere l’animale in fuga! Con un improvviso scatto il mandriano e il cavallo sono al lato del fuggiasco. Col piede destro nella staffa e reggendosi con una mano alla criniera del cavallo, il mandriano si piega a destra e afferra la coda del toro. Un movimento laterale rapido e ben calcolato e il toro inciampa, cadendo a terra con un tonfo.

Mentre il toro si accascia il mandriano gli salta sopra. Girata di lato la testa del toro, gli affonda le corna nel suolo. Inspiegabilmente questa mossa dice al bovino che la battaglia è perduta e non fa più resistenza. Dal sacco il mandriano tira fuori una maschera di cuoio per bendare l’animale, e due ceppi (due pezzetti di legno incavati) in cui serrargli le zampe anteriori. Così bendato e legato il toro rimarrà immobile finché non sarà portato al recinto.

Ora il mandriano infila di nuovo la mano nel sacco da cui tira fuori una zolletta di zucchero marrone per placare la sua fame e la sua sete, ma non lascia la caatinga. Il vaqueiro rimarrà nella boscaglia finché non avrà radunato una mandra. Solo allora tornerà alla sua modesta capanna di paglia e dalla sua famiglia.

Rodeo e cantanti folk

Alla fine della stagione delle piogge ha luogo il tipico rodeo del Nordeste. Sebbene sia di origine spagnola, ha acquistato un sapore locale. È la festa in cui si rappresenta il lavoro del vaqueiro, ma facendo baldoria e con gli applausi del pubblico.

Da ogni parte della regione arrivano molti mandriani a cavallo. Con le selle lucidate, i finimenti puliti e le giacche di pelle spazzolate ripetono le gesta che compiono normalmente solo nella caatinga.

Insieme ai mandriani arrivano i “cantanti”, uomini arguti delle zone selvagge dell’interno che cantano le proprie rime accompagnandosi con la chitarra. Partecipano all’allegrezza degli spettatori e sono un’attrazione popolare alle fiere e ai rodei. C’è anche lo scrittore di romanzetti che fa gli elogi della sua ultima opera, scritta nel linguaggio dell’interno e che narra una serie di storie impossibili. Per un po’, tutti hanno dimenticato l’asprezza della loro terra.

Il “vaqueiro” e la religione

Nella regione la forma di culto prevalente è il cattolicesimo romano, ma in pratica la religione popolare è un miscuglio di misticismo e superstizione. Vedete quella strana figura sulla strada, quell’uomo vestito da penitente, con una specie di tonaca grossolana? È uno spettacolo comune da queste parti. Sebbene sia vestito da frate, i suoi voti sono temporanei. È comune vedere un uomo che trasporta una pesante croce, diretto a una chiesa distante vari chilometri. O forse va in pellegrinaggio e durante il tragitto recita preghiere e canta inni religiosi. Alcuni simulano l’atto della “crocifissione” facendosi legare a una grande croce di legno davanti a una chiesa o una cappella.

Una volta all’anno centinaia di mandriani si riuniscono per celebrare la “messa cantata del mandriano”, in memoria di qualche compagno assassinato. Di fronte a un altare da campo improvvisato, ascoltano prima un mandriano-sacerdote. Poi sfilano a cavallo davanti all’altare per depositarvi le loro offerte. Per fare la comunione, siedono tutti per terra e prendono insieme il solito pasto a base di carne secca, zucchero in zollette e farina di manioca.

Aperti pozzi di acque spirituali

Nel Brasile nordorientale colpito dalla siccità la vita non è facile. Lentamente, però, l’immagine di queste zone selvagge sta cambiando. Nelle città le condizioni di lavoro sono in via di miglioramento. In anni recenti sono stati costruiti centinaia di serbatoi d’acqua piovana, e quello di Oros ha una capacità di oltre due miliardi di metri cubi. Nel fiume São Francisco è stata costruita una diga che ha creato un lago contenente 34 miliardi di metri cubi d’acqua.

Cosa ancor più importante, la Parola di Dio sta facendo grandi passi avanti nella regione. Anche nelle zone più colpite dalle periodiche siccità, sgorgano abbondanti acque spirituali di verità divina per placare la sete di conoscenza di Dio. Molti testimoni di Geova sono riusciti a portare la confortante buona notizia del regno di Dio in villaggi remoti e in poderi isolati. — Matteo 24:14; Rivelazione 22:17.

Malgrado l’analfabetismo e la superstizione, sono numerosi quelli che desiderano soddisfare la loro sete spirituale. Varie congregazioni cristiane sono occupate nell’annunciare ad altri che è vicino il tempo in cui “fonti d’acqua” letterali sgorgheranno nel deserto. (Isaia 35:6, 7) Allora le affascinanti ma tormentate caatinga del Nordeste brasiliano diverranno parte del bel paradiso esteso a tutta la terra, e la lotta per la sopravvivenza sarà una cosa del passato.

“Quando chiunque risponde a una questione prima d’averla udita, questo da parte sua è stoltezza e umiliazione”. (Proverbi 18:13) L’essere di mente aperta è un segno di maturità. Non ha diritto di chiamarsi maturo chi non sa ascoltare entrambi i lati di una questione.

    Pubblicazioni in italiano (1950-2021)
    Disconnetti
    Accedi
    • Italiano
    • Condividi
    • Impostazioni
    • Copyright © 2021 Watch Tower Bible and Tract Society of Pennsylvania
    • Condizioni d’uso
    • Informativa sulla privacy
    • JW.ORG
    • Accedi
    Condividi