Prematuri e piccoli
MILIONI di coppie nel mondo sono in attesa di un certo prezioso “fagottino”. La maggioranza di esse conosce la data approssimativa in cui il loro bambino deve arrivare. Alcune, però, restano piuttosto sorprese quando la “consegna” è anticipata e il bambino è molto più piccolo del previsto.
Il 22 marzo 1980 a una coppia abitante vicino a Middletown (New York, USA) nacque una bambina con oltre tre mesi di anticipo. Pesava 794 grammi e misurava solo 35 centimetri di lunghezza, più o meno quanto queste due pagine l’una accanto all’altra.
I genitori la chiamarono Kelly. Era nata prematuramente ed era molto piccola. Kelly arrivò dopo appena 26 settimane di gestazione, invece che dopo le normali 40. La gestazione si calcola dal primo giorno dell’ultima mestruazione regolare della madre.
Neonati prematuri e di peso inferiore al normale
Un bambino è prematuro quando nasce oltre tre settimane prima del tempo, o prima della 37ª settimana di gravidanza. In precedenza si diceva prematuro il neonato che pesava meno di 2.500 grammi. Ma la definizione è stata cambiata, perché anche alcuni bambini nati a termine pesano meno di 2.500 grammi. È degno di nota che l’epidemia di parti fra adolescenti, anche fra preadolescenti, ha fatto aumentare il numero dei neonati di peso inferiore al normale.
Negli Stati Uniti circa il 10 per cento dei nati vivi è prematuro. Infatti di questi bambini ne nascono circa 300.000 ogni anno negli Stati Uniti! Essi passano dal grembo materno a un ambiente per il quale non sono ancora perfettamente adatti. Si possono paragonare a esploratori dell’Artide privati della tenda e del sacco a pelo.
In effetti questi prematuri hanno tutti gli organi del corpo, anche se non completamente sviluppati. Infatti entro la 15ª settimana di gravidanza il cuore, il cervello, i reni e l’apparato digerente del bambino sono formati e riconoscibili. Anzi, a tre settimane il cuore parzialmente sviluppato comincia addirittura a battere!
Naturalmente, nelle primissime settimane di gravidanza un bambino non potrebbe sopravvivere al di fuori del grembo materno. Tuttavia, grazie ai passi avanti compiuti dalla scienza medica, vengono ora salvati perfino bambini nati nel corso della 22ª settimana di gestazione. Questo, comunque, ha fatto sorgere un dilemma, un dilemma per giunta molto costoso. Vediamo perché.
Recenti sviluppi della medicina
Al principio degli anni ’60 oltre metà dei prematuri di peso compreso tra i 900 e i 1.400 grammi moriva. Nel 1963 neppure i migliori medici americani riuscirono a salvare Patrick, figlio del presidente degli Stati Uniti John F. Kennedy, che alla nascita pesava 1.400 grammi.
Il fatto è che sino a pochissimo tempo fa c’era la tendenza a non darsi troppo da fare nella cura dei prematuri. I bambini non abbastanza sviluppati o quelli malati erano lasciati morire in modo naturale. Certo, erano nutriti e curati, ma non si intraprendeva nessuna terapia d’urto. Poi medici premurosi decisero di impegnarsi a fondo nel tentativo di salvare questi neonati.
Nel 1975 l’Accademia Americana di Pediatria creò una nuova specialità medica detta neonatologia (branca della medicina che si occupa della cura, dello sviluppo e della patologia dei neonati). Si istituirono moderne unità di cura intensiva neonatale per simulare alcune delle funzioni del grembo. Ora circa il 90 per cento dei neonati che pesano dai 900 ai 1.400 grammi sopravvive!
La cura, tuttavia, non è né gradevole né bella a vedersi. Un neonato prematuro può avere mezza dozzina di tubicini infilati nel corpo, e la pelle chiazzata di viola per le punture degli aghi. La rivista scientifica Discover descrive una di queste unità di cura:
“Per lo più i neonati giacciono nudi su tavoli imbottiti e riscaldati elettricamente, e sono collegati a una gran quantità di flaconi e apparecchiature. Ognuno di essi ha di solito la sua infermiera. . . . Il petto si solleva freneticamente; le costole e lo sterno sono così morbidi che si piegano in dentro a ogni respiro. Secondo i dispositivi di monitoraggio, nella maggioranza dei casi il loro cuore batte 150 volte al minuto, mentre fanno contemporaneamente da 30 a 90 respiri”.
Un vero dilemma
Secondo un’inchiesta, circa 17.000 prematuri di peso inferiore a 900 grammi vengono ammessi annualmente alle centinaia di speciali unità di cura dei neonati che sono ora in funzione negli Stati Uniti. Al presente perfino questi neonati molto piccoli avrebbero circa il 70 per cento delle probabilità di sopravvivere! Ma a che prezzo?
Secondo le stime i prematuri hanno dal 5 al 20 per cento di probabilità di crescere con gravi disabilità psichiche e fisiche, percentuali molto superiori a quelle dei bambini nati a termine. E naturalmente più piccolo è il bambino, maggiori sono i rischi. Tra i principali rischi ci sono ritardo mentale, disturbi della vista e dell’udito e paralisi cerebrale infantile. Ma questo non è tutto. L’autore di The Premature Baby Book dice: “Ho visto tantissimi bambini che alla nascita pesavano meno di 1.500 grammi soffrire di dislessia, problemi di comportamento, disturbi agli occhi o altri disturbi che i medici definiscono ‘minori’”.
Perfino i prematuri che i medici definiscono normali hanno difficoltà. Il dott. Forest C. Bennett, che dirige presso la University of Washington a Seattle un programma di assistenza ai neonati ad alto rischio, osserva: “I nostri esami dei prematuri risultavano tutti normali. Ma i genitori continuavano a ripeterci che questi bambini erano diversi dai fratelli e dalle sorelle. Erano meno portati a sorridere, a comunicare con la madre, prestavano meno attenzione alla luce o ai suoni, ed erano più puntigliosi degli altri figli. E quando, una volta cresciuti, andavano a scuola, non riuscivano molto bene”.
Oltre a questo, è un grosso peso per una famiglia tenere un prematuro in un’unità di cura intensiva neonatale forse a molti chilometri di distanza e fare frequenti viaggi per andare a trovarlo, solo per vedere il piccolo soffrire così tanto. E quando il bambino viene finalmente portato a casa, la situazione può essere particolarmente difficile. Sandy E. Garrand, presidente di una rete americana di emittenti private (chiamata Parent Care), osserva:
“È incredibile che certi ospedali spendano 300.000 dollari per tenere un bambino in cura intensiva per due o tre mesi e che poi, quando il bambino va a casa, i genitori siano lasciati interamente a se stessi, senza neppure sapere se il bambino sarà disabile. Ciò crea un terribile senso di isolamento. È causa di stress per le famiglie e per i matrimoni”.
Il padre di una bambina nata prematuramente e molto piccola è stato indotto a dire: “Un tempo avevamo paura che morisse. Ora ci sono momenti in cui abbiamo paura che viva. Senza queste apparecchiature sofisticate, sarebbe morta naturalmente, e non avremmo dovuto farci queste domande. Forse sarebbe stato meglio”.
La dottoressa Constance Battle, direttrice dell’ospedale pediatrico della città di Washington, dice di essere “circondata dai tragici risultati di una terapia effettuata a fin di bene”. Quale consiglio dà ai neonatologi? “Dico: Pensateci un pochino quando fate vivere per forza qualcuno che non vedrete mai più. Non avete idea della condizione precaria in cui vive il bambino”.
Tenuto conto che per molti neonati prematuri l’esito è così incerto sia sul piano fisico che su quello mentale e visto che il costo delle cure è così elevato, si può capire perché una rivista chiama i prematuri “Un dilemma da due miliardi di dollari”.
Un altro aspetto del problema
Quand’è che un bambino viene considerato una persona? In alcune nazioni l’aborto è considerato legale se praticato entro la 24ª settimana di gestazione, più o meno l’età di alcuni dei bambini che vengono salvati. La rivista Omni, infatti, dice: “La distanza fra l’aborto e le cure per salvare un neonato diminuisce sempre più, al punto che in molti ospedali in un’ala si praticano aborti mentre in un’altra si salvano prematuri di appena un paio di settimane più vecchi dei feti abortiti”.
Questa rivista faceva notare qualcosa che aggraverebbe il problema, dicendo: “I polmoni sono i soli organi che non possono funzionare nei prematuri di 16-20 settimane. Perciò, con le camere ad alta pressione o con gli ossigenatori extracorporei a membrana, le possibilità di sopravvivenza aumenterebbero”, per cui verrebbero salvati bambini anche più piccoli. In effetti, il 27 luglio 1985, una donna alla 22ª settimana di gestazione partorì un feto che pesava 340 grammi e che è ancora vivo!
Quando il cuore di un neonato abortito continua a battere per più di qualche minuto, in alcuni ospedali il bambino viene portato nell’unità di cura intensiva neonatale, dov’è tenuto caldo e tranquillo finché muore. Tuttavia la dottoressa Elizabeth Brown, del Boston City Hospital, spiega che uno di questi neonati abortiti è sopravvissuto e in seguito è stato adottato. Riguardo alla madre che l’aveva partorito la Brown ha detto: “Era molto felice che il bambino fosse sopravvissuto”.
In effetti la vita è preziosa. E nulla è così rallegrante, specie per una madre e un padre, come vedere il loro neonato vivere e diventare un bambino sano e allegro. Questo vale sia che il bambino sia nato a termine o che sia nato prima del tempo. Ma cos’è accaduto nel caso di Kelly, la bambina menzionata all’inizio dell’articolo? Come si possono aiutare i genitori dei prematuri a far fronte alla situazione? Una gestante può fare qualcosa per evitare un parto prematuro? Qual è la causa del problema dei parti prematuri, ed esiste una soluzione veramente soddisfacente?
[Riquadro a pagina 5]
Salvano neonati molto prematuri
“Non sono stati i genitori a gridare di volerlo. Sono stati i medici, io fra loro, a voler procedere. I medici hanno i propri programmi, i propri successi accademici da conseguire. Parlando coi genitori ci si accorge che hanno molto più paura d’avere bambini malformati e disabili di quanta non ne abbiano dei parti di feti morti”. — Prof. William Silverman, specialista di pediatria, ora in pensione, del College of Physicians and Surgeons della Columbia University.