Lezione 44
Lamentazioni di Geremia
QUESTO libro non fa il nome del proprio scrittore. La prima diretta evidenza del suo scrittore si trova nel versetto introduttivo della più antica traduzione esistente, la Versione dei Settanta, dove leggiamo: “E dopo che Israele fu condotto in schiavitù e che Gerusalemme rimase deserta, Geremia profeta sedette sconsolato, e pianse Gerusalemme in queste lamentazioni, e col cuore amareggiato sospirando e gemendo disse”. (Ricciotti) Il Talmud giudaico, che comprende le più antiche tradizioni, dice: “Geremia scrisse il suo libro, il libro dei Re, e le Lamentazioni”. Che Geremia fosse uno scrittore di lamentazioni sembra vero perché 2 Cronache 35:25 fa menzione del suo lamento sulla morte di Giosia, che però non deve essere confuso col libro canonico delle Lamentazioni che ora consideriamo. Eppoi, chi oltre Geremia era così qualificato da scrivere questo libro che lamenta l’assedio e la caduta di Gerusalemme e l’esilio che ne seguì? Esso fu certamente composto da un testimone oculare delle miserie lamentate. Le stesse parole e frasi delle Lamentazioni comprovano l’evidenza che Geremia ne è lo scrittore, perché sono notevolmente simili al linguaggio e allo stile del libro profetico che porta il nome di Geremia. Per tutte queste ragioni le versioni moderne della Bibbia danno fiduciosamente e correttamente al libro il titolo di “Lamentazioni di Geremia”.
Alcuni hanno molto debolmente sostenuto che Geremia scrivesse questo libro per la morte del re Giosia. Ma il suo contenuto descrive così perfettamente e vividamente gli orrori, le miserie e le afflizioni dell’assedio e della caduta di Gerusalemme che dimostra con chiarezza che è su queste tragedie e calamità nazionali, e su nessun’altra, che si levano i suoi dolorosi lamenti. Dalle forti emozioni manifestate e dalla vividezza delle scene raffigurate sembra evidente che il profeta abbia scritto le Lamentazioni poco tempo dopo la caduta della città, mentre i terribili avvenimenti erano ancora vivi e chiari nella sua mente.
Il libro è diviso in cinque capitoli, che sono cinque poemi, cinque canti funebri, completi in se stessi. I capitoli 1, 2 e 4 contengono 22 versetti, ciascuno dei quali comincia con una diversa lettera dell’alfabeto ebraico. Cosicché i 22 versetti riportano le 22 lettere dell’alfabeto ebraico, e in ordine alfabetico. Perciò, come è stato appreso nella lezione di Salmi, queste poesie sono poesie alfabetiche, o acrostici. Il capitolo 3 segue pure questa costruzione, ma in esso tre versetti consecutivi cominciano con la stessa lettera ebraica, e così riporta alfabeticamente 66 versetti (come il Salmo 119, salvo che il salmo ha otto versetti consecutivi che cominciano con la stessa lettera invece di tre). Benché il capitolo 5 abbia 22 versetti, nella costruzione non segue ordine alfabetico. La corrente delle emozioni e afflizioni fluisce forte e profonda in questi poemi magistrali. Dopo il ritorno degli Israeliti dalla cattività questo libro veniva letto ogni anno il nono giorno del quinto mese (Ab), e in un tempo molto posteriore i pellegrini giudei pronunciavano alcuni dei suoi versi presso il Muro del Pianto dell’attuale Gerusalemme.
L’ultimo capitolo del libro di Geremia narra gli avvenimenti storici dalle cui rovine sorgono i cinque canti funebri, le Lamentazioni. Esso provvede il fondamento storico per il libro delle Lamentazioni. L’esclamazione iniziale del lamento deplora la desolazione: “Come mai siede solitaria la città già così popolata?” (Lam. 1:1) I lacrimosi pianti mettono in risalto il triste contrasto, e mentre riversano a fiotti il racconto delle calamità che hanno inondato Sion una volta tanto gioiosa i poemi approfondiscono sempre più la descrizione dell’assedio e della caduta di Gerusalemme nel 607 a.C. Giuda è andato in cattività, abita fra pagani, è perseguitato senza posa, mentre Sion geme nella desolazione. Causa delle calamità sono evidentemente le sue molte trasgressioni; la giustizia di Geova nel permettere la caduta della città ribelle è prontamente e lacrimosamente riconosciuta. Ma il lamento si leva contro i precedenti amanti o amici tramutatisi in nemici nel tempo della calamità, e che si rallegrano per la sua caduta. Possa la loro malvagità giungere dinanzi a Geova, e cada sul loro capo una uguale retribuzione! — 1:2-22
Di maggior rilievo nel secondo poema, o capitolo 2, è la distruzione mediante la quale Sion fu desolata. Essa provenne da Geova stesso; la sua furia era come un fuoco riversato per inghiottire il ribelle Israele. Egli aborriva il suo santuario, dove la vera adorazione era stata sostituita da cerimonie pagane e riti idolatri; erano abbattute le sue mura e porte sbarrate che una volta arrestavano il nemico armato d’arieti; i profeti non avevano più alcuna visione da Geova; ma almanaccavano stolte immaginazioni e vanità; essi non deplorarono le inique azioni della città, e non impedirono la cattività; il risultato fu che i suoi nemici la inghiottirono e batterono quindi le mani, fischiando e scuotendo il capo sulla sua desolazione. Durante l’assedio la carestia dilagò tristemente per le sue vie; i figli affamati chiedevano cibo alle affamate madri, e invece d’essere soddisfatti venivano essi stessi mangiati da chi li aveva generati. La spada conquistatrice aggiunge quindi il suo tributo di sangue al numero incalcolabile di coloro che già ricoprono le vie sulla scia della carestia e della pestilenza. Ovunque i corpi inanimati gridano con muta accusa che tra tutti gli abitanti della città solo la carestia, la pestilenza e la spada avevano avuto di che saziarsi.
Il capitolo 3, scritto in prima persona, rappresenta Geremia il quale o dichiara il proprio dolore e prega oppure impersona i desolati figli di Gerusalemme. Egli lamenta le sua calamità, ma esalta la misericordia e le compassioni di Dio. Questi divini attributi rendono sopportabile il dolore, che presto scomparirà dalla vita di coloro che sperano e attendono pazientemente la salvezza di Geova. In tutto questo diluvio di calamità la giustizia non è stata violata, e il profeta domanda con insistenza: “Perché il vivente si rammaricherebbe? Ognuno si rammarichi del proprio peccato!” Il rimedio è questo: “Esaminiamo le nostre vie, scrutiamole, e torniamo all’Eterno!” Viene pronunciata una preghiera di liberazione, e sembra che si riferisca al tempo in cui le persecuzioni contro Geremia si acuirono maggiormente, quando fu gettato nella cisterna melmosa. Dal profondo di essa la sua preghiera ascende a Geova nel cielo, e la liberazione giunge. Geremia implora che ai persecutori sia data una retribuzione conforme alle loro opere, significando indubbiamente, in un senso più largo, i persecutori di Sion che ora giace desolata.
Il capitolo 4 riproduce alcune delle figure e pensieri dei capitoli 1 e 2, ma il contrasto fra la precedente gloria di Sion e la sua pietosa attuale condizione è esposto con maggior vigore. Lo splendente oro del santuario di un tempo è adesso scomparso, e i grandi edifici in muratura sono stati rasi al suolo. L’attuale carestia è messa in contrasto con l’abbondante prosperità del passato. Le azioni inique della città sono menzionate di nuovo; è fatto riferimento al suo inutile ricorso all’Egitto per aiuto, e i due versetti finali inveiscono contro Edom per la sua allegrezza alla caduta di Sion e rammentano a Edom che lo stesso amaro calice sarà offerto alle sue labbra schernitrici.
Il quinto ed ultimo capitolo lamenta la penosa sorte di Sion nella cattività e desolazione e costituisce una preghiera o invocazione a Geova per ottenere liberazione. Sono rammentati i maltrattamenti, le torture e gli abusi subìti per mano dei nemici persecutori, e la gioia ha dato luogo a manifestazioni di lutto. Si eleva la supplica che Geova non dimentichi e abbandoni per sempre, che si rivolga a loro di nuovo e ridoni loro giorni simili a quelli del passato. Ma sembra che le parole finali del poema siano dette con un tono di rassegnazione: “Ora, tu ci hai veramente reietti, e ti sei grandemente adirato contro di noi!” La restaurazione è molto lontana, e dipende dalla misericordia di Dio.
[Domande per lo studio]
1. Secondo quale evidenza si ritiene che questo libro sia stato scritto da Geremia?
2. Quali calamità provocarono questa lamentazione? e quando fu probabilmente scritta?
3. Quali osservazioni vengono fatte circa lo stile e la composizione del libro?
4. Come è appropriatamente provveduto il fondamento storico delle Lamentazioni?
5. Riassumete il contenuto del capitolo 1.
6. Quali distruzioni, carneficine e morti sono raffigurate nel capitolo 2?
7. Su che cosa è rivolta l’attenzione, nel capitolo 3?
8. In che modo il capitolo 4 differisce dai capitoli 1 e 2 nello svolgimento?
9. Quale preghiera è innalzata nel capitolo finale delle Lamentazioni?