Lezione 47
Osea
COL libro di Osea cominciano gli scritti dei dodici profeti chiamati comunemente “minori”. Essi sono minori soltanto per la loro lunghezza, non certo per il loro contenuto o significato. Questi scritti costituiscono gli ultimi dodici libri delle Scritture Ebraiche, secondo la disposizione della Versione Riveduta. Ciascun libro porta il nome del profeta che lo scrisse e di cui contiene le parole, come i libri dei profeti “maggiori” Isaia, Geremia ed Ezechiele.
Oltre la dichiarazione che Osea fu figlio di Beeri, non si sa nulla di definito circa la sua discendenza. Tuttavia, egli era apparentemente suddito e residente del regno delle dieci tribù, e si riferisce al re d’Israele come “nostro re”. (Osea 7:1, 5) Le sue profezie sono rivolte principalmente a Israele di cui Samaria era la capitale ed Efraim la tribù predominante; Giuda è menzionato solo incidentalmente. Il tempo del suo servizio come profeta è insolitamente lungo, poiché comincia sul finire del regno del re israelita Geroboamo II, probabilmente durante l’interregno di undici anni che precedette il regno del re giudaico Uzzia, e continua per tutta la durata dei regni dei re giudaici Jotham e Acaz, giungendo fino al regno di Ezechia, re di Giuda. In tutto, il suo servizio profetico comprende circa ottantacinque anni; ed anche più se, come molti credono, egli visse fino a vedere la caduta di Samaria da lui preannunciata, nel sesto anno di Ezechia, 740 a.C. Egli avrà avuto l’età di oltre cento anni alla sua morte, poiché quando cominciò a profetizzare gli fu comandato di sposarsi, dimostrando che era un uomo giovane. Che parlò sotto ispirazione è affermato chiaramente. Profeti contemporanei furono Isaia, Michea e Amos. Il nome “Osea” significa “salvezza, liberazione”. — Osea 1:1, 2; Isa. 1:1; Mich. 1:1; Amos 1:1.
Il modo di scrivere di Osea è conciso e brusco, ed è contrassegnato dal vigore e dalla forza comune a tale succinto modo d’esprimersi. Inviti al ravvedimento pieni di tenerezza e di passione sono intercalati da avvertimenti e rimostranze. I rimproveri sono forti, gli allarmi minacciosi, le esortazioni commoventi, i lampi profetici ardenti e vividi. E i passaggi dall’uno all’altro sono rapidi e improvvisi. Eppure mista al lampeggiare e al fuoco delle sue espressioni è una gran varietà di illustrazioni retoriche che elevano certi passi al sublime per la fulgida bellezza dell’espressione.
La vita familiare di Osea è strettamente collegata alle profezie del suo libro; infatti, i principali avvenimenti della sua vita riportati furono in se stessi una serie di simboli profetici. Altri profeti compirono vari atti simbolici per illustrare il loro messaggio, ma la dolorosa vita familiare di Osea fu essa stessa una parabola vissuta. Al comando di Geova egli sposò giovanissimo una donna chiamata Gomer, che egli amò profondamente, ma che, come fu predetto, si dimostrò una moglie infedele e adultera. Egli fece molti sforzi infruttuosi per redimerla. Dal racconto abbiamo un forte motivo di credere che soltanto uno dei tre figli che ella partorì fosse riconosciuto da Osea come sua progenie; gli altri due furono frutto delle sue prostituzioni. Del suo primo bambino è scritto che ella “gli partorì un figliuolo”; dei due che seguirono il racconto dice in modo imprecisato che “partorì una figliuola” e “partorì un figliuolo”. Mediante Osea, Geova diede ai figli nomi simbolici; il figlio legittimo fu chiamato “Jizreel” per ricordare che Geova avrebbe a suo tempo rivendicato il sangue di Jizreel sulla casa di Jehu; la figlia fu chiamata “Loruhama” (“che non ottiene compassione”); e il secondo figlio fu disconosciuto mediante il nome “Loammi” (“non popolo mio”). — Osea 1:2-9; 2 Re 10:30.
Dopo aver partorito questi tre figli Gomer abbandonò completamente Osea per darsi ai suoi amori. Infine, ella stessa, abbandonata dai suoi amanti, cadde in afflizione, povertà e schiavitù. Ma il marito fu così longanime che sotto la direttiva di Dio la riscattò dalla sua vita di vergogna col prezzo d’uno schiavo allo scopo di proteggerla, averne cura, e cercar con affettuosa riprensione di riportarla alla purezza, all’amore coniugale e alla fedeltà verso il suo patto nuziale. — 2:1–3:5.
Con l’allegoria di una moglie adultera, rigettata dalla giusta collera di suo marito ma infine perdonata e ristabilita, il profeta parla della relazione di Geova con la nazione d’Israele. La dolorosa ed amara esperienza di Osea e il suo grande e immutabile amore creano un profetico e commovente quadro della meravigliosa longanimità di Geova verso Israele, che si prostituì ripetutamente ad altri dèi. Il quadro rivela la Sua prontezza a ristabilire nel favore l’Israele idolatra se avesse corretto le sue vie e si fosse purificato. Le dinamiche parole che Osea pronunciò con tale ardente intensità traggono una forza ancor più tremenda dall’illustrazione della stessa vita coniugale del profeta; gli ammonimenti, le esortazioni e le compassionevoli suppliche che pronunciò sono messi in risalto con intenso vigore mediante la tragicità della vita che li suscitava. Rendete più vivido il vostro apprezzamento della relazione tra Geova e l’Israele spiritualmente adultero ricordando, mentre leggete la profezia di Osea, il notevole parallelo della vita familiare così comprensibile alla mente umana.
Col principio del capitolo 4 il centro dell’attenzione passa dall’allegoria alle cose più grandi che questa rappresenta. Con un lamento Osea richiama l’attenzione sulle sue parole mostrando la causa della condizione deplorevole d’Israele: “Il mio popolo perisce per mancanza di conoscenza”. (4:1, 6) Senza vera conoscenza e quindi senza difesa contro la falsa religione, Israele è portato alla grossolana impurità e all’adulterio spirituale. (4:12-19) Il re, i sacerdoti e il popolo d’Israele sono tutti immersi nella religione demonica. Israele cadrà; neanche Giuda nel meridione resisterà. (5:1, 5) Ma nonostante gli ammonimenti divini Israele non si rivolse a Geova per ricevere protezione; anzi, in tempi critici ricorse ad alleanze con governanti terreni. Israele si rivolse all’Assiria per ricevere aiuto; invece della guarigione ricevette ferite più profonde. — 5:13.
Osea comincia il sesto capitolo della profezia con un appassionato appello affinché gli Israeliti ritornino a Geova; così soltanto essi troveranno il balsamo risanatore per le loro ferite. Nessuna risposta. Mediante il profeta Geova dichiara che la loro bontà è come la rugiada mattutina che subito scompare. “Per questo, li taglio colla scure dei profeti, li uccido con le parole della mia bocca”. Molte delle parole di Osea furono taglienti. La descrizione delle fornicazioni d’Israele iniziata al capitolo 6 continua nel capitolo seguente e si sviluppa fino a questo culmine: “Efraim è come una colomba stupida e senza giudizio; essi invocano l’Egitto, vanno in Assiria. Guai a loro, perché si sono sviati da me! Ruina su loro perché mi si son ribellati! Io li redimerei, ma essi dicon menzogne contro di me”. — 6:5; 7:11, 13.
Non troveranno nessun aiuto in Egitto, nessuna guarigione in Assiria, ma solo tradimento dal primo e rovina dalla seconda. Con una frase maestosa Osea 8:7 annuncia la fine di tutte le loro abominazioni: “Costoro seminano vento, e mieteranno tempesta”. Poco tempo dopo l’iniquo Israele raccolse quella tempesta distruttiva quando le impetuose orde assire riuscirono a coronare la loro invasione prendendo la città capitale, Samaria, nel 740 a.C.
Nei rimanenti capitoli, ad eccezione dell’ultimo, continua il torrente di rimproveri e dolorosi presagi della futura cattività. Rimangono inascoltati i ripetuti ammonimenti della futilità di rivolgersi per aiuto alle potenze rivali, Egitto e Assiria. (12:1) Il più esplicito avvertimento dell’imminente distruzione è in Osea 13:16: “Samaria sarà punita della sua colpa, perché si è ribellata al suo Dio. Cadranno per la spada; i loro bambini saranno schiacciati, le loro donne incinte saranno sventrate”. I vitelli d’oro e gli altri dèi demonici degli Israeliti spiritualmente adulteri sarebbero stati impotenti ad arrestare l’invasione delle orde assire.
Ma Osea predisse anche una restaurazione per Israele. (1:10, 11; 2:14-23; 3:5; 14:1-9) Benché non si adempisse su Israele nessun ritorno in massa dalla cattività, molti sudditi del regno delle dieci tribù furono liberati. Essi fuggirono in Giuda per non subire la cattività assira, e molti dei loro discendenti ritornarono senza dubbio dalla cattività babilonese duecento anni più tardi. Così in questo senso figurativo avvenne per Israele un adempimento di restaurazione su piccola scala. L’adempimento completo venne sull’Israele spirituale, particolarmente dal 1918 d.C. in poi.
Altre profezie scritte da Osea hanno avuto adempimento sia su piccola scala che su scala più grande. Numerosi riferimenti sono fatti alle profezie di Osea da Cristo Gesù e dai suoi discepoli, corroborando così l’autenticità e l’ispirazione di questo libro. A questo riguardo si confrontino Osea 1:10; 2:23 con Romani 9:25, 26 e 1 Pietro 2:10; Osea 6:2, 6 con 1 Corinzi 15:4 e Matteo 9:13; 12:7; Osea 10:8 con Luca 23:30 e Apocalisse 6:16; Osea 11:1 con Matteo 2:15; Osea 13:14 con 1 Corinzi 15:55; e Osea 14:2 con Ebrei 13:15.
[Domande per lo studio]
1. Quali informazioni sono date intorno al gruppo di scritti che cominciano col libro di Osea?
2. Che cosa sappiamo dell’uomo Osea e del tempo del suo servizio?
3. Qual è lo stile degli scritti di Osea?
4. Perché le questioni familiari di Osea sono importanti?
5. Quali informazioni ci vengono date al riguardo?
6. Che cosa è raffigurato dall’allegoria?
7. Perché cadde Israele?
8. A chi si rivolse esso per ricevere aiuto?
9. Che cosa fu predetto che avrebbe raccolto? e quando lo raccolse?
10. Con quali parole fu predetta la restaurazione d’Israele, e come la ricevette in senso figurativo?
11. Confrontate le profezie di Osea coi relativi riferimenti delle Scritture Greche Cristiane.