La Chiesa primitiva insegnava la trinità?
Parte III: Gli Apologisti insegnarono la dottrina della Trinità?
Nei numeri del 1º novembre 1991 e del 1º febbraio 1992 La Torre di Guardia ha mostrato che né Gesù e i suoi discepoli né i Padri Apostolici (fine I-inizio II secolo E.V.) insegnarono la dottrina della Trinità. Che dire dei successivi uomini di chiesa del II secolo?
DALLA metà circa alla fine del II secolo dell’era volgare sorsero uomini di chiesa che oggi sono chiamati Apologisti. Essi scrissero per difendere il cristianesimo del loro tempo dalle filosofie ostili del mondo romano contemporaneo. La loro attività iniziò grosso modo con la fine di quella dei Padri Apostolici e fece seguito ad essa.
Fra gli Apologisti che scrissero in greco ci furono Giustino Martire, Taziano, Atenagora, Teofilo e Clemente Alessandrino. Tertulliano fu un apologista che scrisse in latino. Insegnavano essi la Trinità in cui oggi crede la cristianità, e cioè un Dio in tre Persone coeguali (Padre, Figlio e Spirito Santo), ciascuna della quali è vero Dio, senza che per questo ci siano tre Dèi ma un solo Dio?
“Il Figlio è subordinato”
Nel suo libro A Short History of the Early Church, H. R. Boer dice quanto segue dell’insegnamento degli Apologisti:
“Giustino [Martire] insegnava che prima della creazione del mondo Dio era solo e che non c’era un Figlio. . . . Quando Dio decise di creare il mondo, . . . generò un altro essere divino che creasse il mondo per lui. Questo essere divino fu chiamato . . . Figlio perché era stato generato; fu chiamato Logos perché era stato tratto dalla Ragione o Mente di Dio. . . .
“Giustino e gli altri Apologisti insegnavano perciò che il Figlio è una creatura. È una creatura d’alto rango, una creatura abbastanza potente da creare il mondo, ma pur sempre una creatura. Nella teologia questa relazione del Figlio col Padre è chiamata subordinazionismo. Il Figlio è subordinato, cioè viene dopo il Padre, dipende da lui e a lui deve la sua esistenza. Gli Apologisti erano subordinazionisti”.1
Su come veniva inizialmente concepita la relazione tra il Figlio e Dio, nel libro The Formation of Christian Dogma Martin Werner dice:
“Questa relazione venne inequivocabilmente intesa come ‘subordinazione’, nel senso di subordinazione di Cristo a Dio. Tutte le volte che il Nuovo Testamento parla della relazione di Gesù con Dio, il Padre, . . . essa viene concepita e descritta categoricamente come subordinazione. E il più autorevole Subordinazionista del Nuovo Testamento, secondo i Sinottici, fu Gesù stesso . . . Questa posizione originale, così solida ed evidente, continuò ad essere riconosciuta per lungo tempo. ‘Tutti i grandi teologi preniceni sostennero la subordinazione del Logos a Dio’”.2
In armonia con ciò, nel libro The Search for the Christian Doctrine of God, R. P. C. Hanson afferma:
“Prima dello scoppio della controversia ariana [nel IV secolo] non c’è teologo nella Chiesa d’Oriente o d’Occidente che in qualche modo non consideri il Figlio subordinato al Padre”.3
Alvan Lamson, in The Church of the First Three Centuries, aggiunge questa testimonianza in merito all’insegnamento delle autorità ecclesiastiche prima del Concilio di Nicea (325 E.V.):
“L’inferiorità del Figlio fu generalmente, se non uniformemente, ribadita dai Padri preniceni . . . Che considerassero il Figlio distinto dal Padre è evidente dal fatto che ne ribadiscono chiaramente l’inferiorità. . . . Lo consideravano distinto e subordinato”.4
Similmente, nel libro Gods and the One God, Robert M. Grant dice degli Apologisti:
“La cristologia delle apologie, come quella neotestamentaria, è essenzialmente subordinazionista. Il Figlio è sempre subordinato al Padre, il quale è l’unico Dio dell’Antico Testamento. . . . Ciò che troviamo in questi antichi autori, quindi, non è una dottrina trinitaria . . . Prima di Nicea, la teologia cristiana era quasi universalmente subordinazionista”.5
Secondo la dottrina trinitaria della cristianità, il Figlio è uguale a Dio Padre in eternità, potenza, posizione e sapienza. Ma gli Apologisti dicevano che il Figlio non è uguale a Dio Padre. Consideravano il Figlio subordinato. Questo non è ciò che insegna la dottrina della Trinità.
Riflettevano l’insegnamento del I secolo
Gli Apologisti e altri primi Padri della Chiesa riflettevano in una certa misura quanto insegnavano i cristiani del I secolo in merito alla relazione che c’è fra il Padre e il Figlio. Notate come ciò è espresso nel libro The Formation of Christian Dogma:
“Nell’era cristiana primitiva nulla indicava l’esistenza di un problema o di una controversia trinitaria, come quella che in seguito lacerò la Chiesa. La ragione sta indubbiamente nel fatto che, per il cristianesimo primitivo, Cristo era . . . un essere appartenente all’elevato mondo angelico, creato e scelto da Dio per introdurre, alla fine dei tempi, . . . il Regno di Dio”.6
Sempre a proposito dell’insegnamento dei primi Padri della Chiesa, The International Standard Bible Encyclopedia ammette:
“Nel pensiero primitivo della Chiesa, quando si parla di Dio Padre, la tendenza è di concepirLo innanzi tutto non come il Padre di Gesù Cristo, ma come la fonte di tutto ciò che esiste. Quindi Dio Padre è, per così dire, Dio per antonomasia. A Lui spettano appellativi come increato, immortale, immutabile, ineffabile, invisibile e ingenerato. È Lui che ha fatto tutte le cose, inclusa la materia stessa della creazione, dal nulla. . . .
“Questo parrebbe indicare che solo il Padre sia Dio nel vero senso della parola e che il Figlio e lo Spirito lo siano solo in senso secondario. Molte dichiarazioni antiche sembrano confermarlo”.7
Benché questa enciclopedia prosegua minimizzando queste verità e affermando che la dottrina della Trinità era accettata in quel primo periodo, i fatti la smentiscono. Prendete ad esempio ciò che disse un famoso teologo cattolico, il cardinale John Henry Newman:
“Ci si consenta di dire che tutto il complesso delle dottrine, il cui soggetto è il Cristo, era coerentemente e uniformemente nella confessione della Chiesa delle origini . . . Ma le cose vanno senz’altro in modo diverso quando si considera la dottrina cattolica della Trinità. Non riesco a vedere in quale modo si possa dire che esisteva un consensus in merito presso i teologi dei primordi cristiani . . .
“Le professioni di fede dei primi secoli non contengono nella loro formulazione letterale menzione alcuna di tale dottrina cattolica. Vi si parla certamente di una Trinità, ma non vi si dice affatto che in tale dottrina vi sia un mistero, e cioè che i Tre sono Uno, che sono coequali, coeterni, increati, onnipotenti e ineffabili. Questi aspetti non si potrebbero mai rilevare in quei testi primitivi”.8
Giustino Martire
Uno dei primi Apologisti fu Giustino Martire, che visse fra il 110 circa e il 165 E.V. Nessuno dei suoi scritti giunti fino a noi parla di un Dio in tre persone coeguali.
Per esempio, secondo la versione cattolica di Salvatore Garofalo, Proverbi 8:22-30 dice di Gesù nella sua esistenza preumana (come sapienza personificata): “Jahve mi creò fin dall’inizio del suo potere, prima delle sue opere, fin d’allora. . . . Quando ancora non c’erano abissi io fui concepita . . . prima delle colline io ero nata . . . io stavo accanto a [Dio] come architetto”. Commentando questi versetti, Giustino dice nel Dialogo con Trifone (CXXIX, 4):
“La parola [la Scrittura] mostrava che questo rampollo era stato generato dal Padre prima di qualunque creatura, e ciò che è generato è numericamente distinto da ciò che genera, come chiunque ammetterebbe”.9
Poiché il Figlio è nato da Dio, Giustino usa in effetti l’appellativo “Dio” in riferimento al Figlio. Nella sua I Apologia (LXIII, 10) dice: “Il Padre dell’universo ha un Figlio. Questi, essendo Logos e primogenito di Dio, è anche Dio”.10 La Bibbia stessa applica il titolo “Dio” al Figlio di Dio. In Isaia 9:6 egli è chiamato “Dio potente”. Ma nella Bibbia anche angeli, uomini, falsi dèi e Satana sono chiamati “dèi”. (Angeli: Salmo 8:5; confronta Ebrei 2:6, 7. Uomini: Salmo 82:6. Falsi dèi: Esodo 12:12; 1 Corinti 8:5. Satana: 2 Corinti 4:4). Nelle Scritture Ebraiche la parola tradotta “Dio”, ʼEl, significa semplicemente “Potente” o “Forte”. Il termine corrispondente nelle Scritture Greche è theòs.
Inoltre il termine ebraico usato in Isaia 9:6 evidenzia una precisa distinzione fra il Figlio e Dio. Lì il Figlio è chiamato “Dio potente”, ʼEl Gibbòhr, non “Dio Onnipotente”. In ebraico quest’ultima espressione è ʼEl Shaddài, ed è riferita unicamente a Geova Dio.
Si noti però che Giustino, pur chiamando il Figlio “Dio”, non dice mai che il Figlio sia una di tre persone coeguali, ciascuna delle quali è Dio benché le tre persone insieme formino un solo Dio. Al contrario, nel Dialogo con Trifone (LVI, 4, 11) dice:
“Vi è . . . un Dio e Signore [il Gesù preumano] diverso dal creatore di tutte le cose [l’Iddio Onnipotente], che è chiamato anche angelo per il fatto che annuncia agli uomini ciò che vuole annunciare loro il creatore di tutte le cose, al di là del quale non c’è altro Dio. . .
“[Il Figlio] è un altro Dio rispetto a quello che ha fatto tutte le cose, un altro, intendo, per numero, non per distinzione di pensiero”.11
Un passo interessante si trova nella I Apologia di Giustino (VI, 2), dove egli difende i cristiani dall’accusa di ateismo rivolta loro dai pagani. Egli scrive:
“Lui [Dio] veneriamo e adoriamo, e il Figlio che da Lui è venuto e che ci ha insegnato queste dottrine, con l’esercito degli altri angeli buoni che Lo seguono e Lo imitano, e lo Spirito Profetico”.12
Un traduttore di questo passo, Bernhard Lohse, osserva: “Come se non bastasse che in questo elenco gli angeli sono menzionati come esseri onorati e adorati dai cristiani, Giustino non esita a menzionare gli angeli prima dello Spirito Santo”.13 — Vedi anche Lo sviluppo della dottrina cristiana.14
Così, anche se pare che Giustino Martire si fosse discostato dalla pura dottrina biblica in quanto a chi dev’essere adorato dai cristiani, chiaramente non considerava il Figlio uguale al Padre, non più di quanto considerasse gli angeli Suoi uguali. A proposito di Giustino, citiamo di nuovo l’opera di Lamson, The Church of the First Three Centuries:
“Giustino considerava il Figlio distinto da Dio e inferiore a lui: distinto non nel senso attuale di una delle tre ipostasi, o persone, . . . ma distinto in essenza e natura; avente un’esistenza reale, sostanziale, individuale separata da Dio, da cui egli traeva tutti i suoi poteri e titoli, essendo stato posto sotto di lui e soggetto in ogni cosa alla sua volontà. Il Padre è supremo, il Figlio è subordinato; il Padre è la fonte della potenza, il Figlio la riceve; il Padre dà origine, il Figlio, come suo ministro o strumento, esegue. Sono due di numero, ma concordano, o sono uno, nella volontà; per il Figlio prevale sempre la volontà del Padre”.15
Inoltre, in nessun luogo Giustino dice che lo spirito santo sia una persona uguale al Padre e al Figlio. Perciò non si può in alcun modo sostenere onestamente che Giustino insegnasse la Trinità in cui crede oggi la cristianità.
Clemente Alessandrino
Anche Clemente Alessandrino (ca. 150-215 E.V.) chiama il Figlio “Dio”. Lo chiama addirittura “creatore”, un termine che nella Bibbia non è mai riferito a Gesù. Intendeva forse dire che il Figlio fosse uguale sotto tutti gli aspetti al Creatore onnipotente? No. Clemente alludeva evidentemente a Giovanni 1:3, dove viene detto del Figlio: “Tutte le cose son venute all’esistenza per mezzo di lui”.16 Dio impiegò il Figlio come agente nelle Sue opere creative. — Colossesi 1:15-17.
Clemente chiama il Dio Supremo “l’Iddio e Padre del nostro Signore Gesù” 17 e dice che “il Signore è figlio del Creatore”.18 Dice pure: “Il Dio di tutte le cose è uno solo, buono, giusto, Creatore, e il Figlio [è] nel Padre”.19 Scrisse quindi che il Figlio ha sopra di sé un Dio.
Clemente parla di Dio come del “primo e solo dispensatore di vita eterna, che il Figlio, che l’ha ricevuta da Lui [Dio], dà a noi”.20 Il Datore originale della vita eterna è chiaramente superiore a colui che la riceve e la trasmette ad altri. Così Clemente dice che Dio “è il primo, e il più alto”.21 Negli Stromati (VII/2 5.1) dice inoltre che la natura del Figlio “è la più prossima all’unico Onnipotente” e che il Figlio “tutto dispone secondo ‘il volere del Padre’”.22 Clemente ribadisce più volte la superiorità dell’Iddio Onnipotente sul Figlio.
Riguardo a Clemente Alessandrino leggiamo in The Church of the First Three Centuries:
“Potremmo citare numerosi passi di Clemente in cui si afferma nettamente l’inferiorità del Figlio . . .
“Ci stupisce che qualcuno possa leggere Clemente con normale attenzione e credere anche solo per un attimo che egli considerasse il Figlio numericamente identico — uno — col Padre. La sua natura dipendente e inferiore, come sembra a noi, è ovunque riconosciuta. Clemente credeva che Dio e il Figlio fossero numericamente distinti; in altre parole, due esseri: l’uno supremo, l’altro subordinato”.23
Per di più, si può ancora ripetere: Anche se a volte Clemente sembra andare oltre ciò che la Bibbia dice di Gesù, in nessun luogo egli parla di una Trinità formata da tre persone coeguali in un Dio. Apologisti come Taziano, Teofilo e Atenagora, che vissero fra l’epoca di Giustino e quella di Clemente, avevano opinioni analoghe. Secondo Lamson, essi “non erano più trinitari di quanto lo fosse Giustino; cioè non credevano in una Triade di persone indivisibili e coeguali, bensì insegnavano una dottrina del tutto inconciliabile con questa credenza”.24
La teologia di Tertulliano
Tertulliano (ca. 160-230 E.V.) fu il primo a usare il termine latino trinitas. Come fa notare Henry Chadwick, secondo Tertulliano Dio era ‘un’unica sostanza in tre persone’.25 Questo però non significa che egli avesse in mente tre persone coeguali e coeterne. Scrittori successivi elaborarono però le sue opinioni in senso trinitario.
Il concetto che Tertulliano aveva del Padre, del Figlio e dello spirito santo era ben lontano dalla Trinità della cristianità, perché egli era subordinazionista. Per lui il Figlio era subordinato al Padre. In Contro Ermogene (XVIII, 2, 3) scrisse:
“Anche per questo era stato proclamato che la Sapienza di Dio era nata e prodotta, cioè perché noi non credessimo che ci fosse qualcosa di innato e di non prodotto, ad eccezione di Dio solamente. . . . come poté essere possibile che, ad eccezione del Padre, vi sia stato qualcosa di più antico, e, pertanto, più nobile del Figlio di Dio, del Verbo unigenito e primogenito? . . . poiché quello [Dio] che non ebbe bisogno di nessun artefice per esistere, sarà molto più sublime di quello [il Figlio] che, per esistere, ebbe bisogno di un artefice”.26
In Contro Prassea (IX, 2), inoltre, egli mostra che il Figlio è diverso dall’Iddio Onnipotente e a lui subordinato, quando dice:
“Il Padre è, infatti, tutta quanta la sostanza, mentre il Figlio è una derivazione dal tutto ed una parte di esso, come Egli stesso afferma: ‘giacché il Padre è maggiore di me’. . . . Così il Padre è diverso dal Figlio, in quanto è maggiore del Figlio, in quanto uno è colui che genera, uno colui che è generato, uno è colui che manda, uno è colui che è mandato, uno colui che fa, uno colui attraverso il quale è fatto”.27
In Contro Ermogene (III, 4) Tertulliano afferma pure che ci fu un tempo in cui il Figlio non esisteva come persona, e questo indica che egli non considerava il Figlio un essere eterno nello stesso senso in cui lo era Dio.28 Il cardinale Newman disse: “Tertulliano deve essere reputato eterodosso per quel che riguarda la dottrina sulla generazione eterna di Cristo”.29 Riguardo a Tertulliano, Lamson afferma:
“Questa ragione, o Logos, com’era chiamata dai greci, fu in seguito trasformata, come credeva Tertulliano, nel Verbo, o Figlio, cioè in un essere reale, esistito dall’eternità solo come attributo del Padre. Tertulliano gli attribuiva però un rango subordinato al Padre . . .
“Se lo si giudicasse oggi col metro di una qualsiasi definizione riconosciuta della Trinità, il tentativo di salvare Tertulliano dalla condanna [di eresia] sarebbe vano. Egli non potrebbe superare la prova nemmeno per un istante”.30
Nessuna Trinità
Se leggeste per intero le opere degli Apologisti, trovereste che, pur deviando sotto alcuni aspetti dagli insegnamenti della Bibbia, nessuno di loro insegnava che il Padre, il Figlio e lo spirito santo fossero coeguali in eternità, potenza, posizione e sapienza.
Questo vale anche per altri scrittori del II e III secolo, come Ireneo, Ippolito, Origene, Cipriano e Novaziano. Benché sotto certi aspetti alcuni di loro equiparassero il Figlio al Padre, sotto altri consideravano il Figlio subordinato a Dio Padre. E nessuno di loro sosteneva, neanche lontanamente, che lo spirito santo fosse uguale al Padre e al Figlio. Per esempio Origene (ca. 185-254 E.V.), in Contro Celso, afferma che il Figlio di Dio è “il Primogenito di tutta la creazione” e che le Scritture lo presentano come “la più antica di tutte le opere creative”.31
Qualsiasi lettura obiettiva di queste antiche fonti ecclesiastiche rivelerà che a quel tempo la dottrina della Trinità insegnata dalla cristianità non esisteva. In The Church of the First Three Centuries leggiamo:
“L’attuale diffusa dottrina della Trinità . . . non trae alcun sostegno dal linguaggio di Giustino [Martire]: e questa osservazione può essere estesa a tutti i Padri preniceni, cioè a tutti gli scrittori cristiani dei primi tre secoli dopo la morte di Cristo. È vero che parlano di Padre, Figlio e Spirito santo o profetico, ma non dicono che sono coeguali, che sono un’unica essenza, che sono Tre in Uno, in nessuno dei significati oggi accettati dai trinitari. È vero l’esatto contrario. La dottrina della Trinità, com’è spiegata da questi Padri, era essenzialmente diversa da quella attuale. Lo affermiamo come un fatto dimostrabile alla stessa maniera di qualsiasi fatto della storia delle opinioni umane”.32
In effetti prima del tempo di Tertulliano la Trinità non è neppure menzionata. E la Trinità ‘eterodossa’ di Tertulliano era ben diversa da quella in cui si crede oggi. Come si sviluppò allora la dottrina trinitaria come viene intesa oggi? Fu al Concilio di Nicea nel 325 E.V.? Prenderemo in esame queste domande nella Parte IV di questa serie di articoli della Torre di Guardia.
Riferimenti bibliografici
1. Harry R. Boer, A Short History of the Early Church, Grand Rapids, W. B. Eerdmans Publishing Co., 1976, pagina 110.
2. Martin Werner, The Formation of Christian Dogma, New York, Harper & Brothers, 1957, pagina 125.
3. R. P. C. Hanson, The Search for the Christian Doctrine of God, Edimburgo, T. & T. Clark, 1988, pagina 64.
4. Alvan Lamson, The Church of the First Three Centuries, Boston, Horace B. Fuller, 2ª edizione riveduta e ampliata, 1869, pagine 70-1.
5. Robert M. Grant, Gods and the One God, 1986, Filadelfia, The Westminster Press, pagine 109, 156, 160.
6. The Formation of Christian Dogma, cit., pagine 122, 125.
7. The International Standard Bible Encyclopedia, 1982, a cura di G. W. Bromiley, volume 2, pagina 513.
8. John H. Newman, Lo sviluppo della dottrina cristiana, traduzione di A. Prandi, Bologna, il Mulino, 1967, pagine 19, 21.
9. Dialogo con Trifone, traduzione di G. Visonà, Milano, Edizioni Paoline, 1988, pagine 362-3.
10. Le due Apologie, traduzione di A. Regaldo Raccone, Milano, Edizioni Paoline, 1983, pagina 114.
11. Dialogo con Trifone, cit., pagine 203, 205.
12. Le due Apologie, cit., pagina 49.
13. Bernhard Lohse, A Short History of Christian Doctrine, traduzione dal tedesco di F. Ernest Stoeffler, 2ª edizione in brossura, Fortress Press, Filadelfia, 1980, pagina 43.
14. Lo sviluppo della dottrina cristiana, cit., pagina 25.
15. The Church of the First Three Centuries, cit., pagine 73-4, 76.
16. Clemente Alessandrino, Il Protrettico - Il Pedagogo, a cura di M. G. Bianco, U.T.E.T., Torino, 1971, pagina 274.
17. A. Roberts e J. Donaldson, The Ante-Nicene Fathers, Buffalo, New York, The Christian Literature Publishing Co., ristampa dell’edizione di Edimburgo, 1885, volume II, pagina 227.
18. Il Protrettico - Il Pedagogo, cit., pagina 254.
19. The Ante-Nicene Fathers, cit., volume II, pagina 228.
20. Ibid., pagina 593.
21. Ibid.
22. Gli Stromati, a cura di G. Pini, Milano, Edizioni Paoline, 1985, pagina 782.
23. The Church of the First Three Centuries, cit., pagine 124-5.
24. Ibid., pagina 95.
25. Henry Chadwick, The Early Church, Penguin Books Ltd., Harmondsworth (Inghilterra), 1980, pagina 89.
26. Opere scelte, U.T.E.T., Torino, 1974, a cura di C. Moreschini, pagina 198.
27. Ibid., pagine 965-6.
28. Ibid., pagina 176-7.
29. Lo sviluppo della dottrina cristiana, cit., pagina 25.
30. The Church of the First Three Centuries, cit., pagine 108-9.
31. The Ante-Nicene Fathers, cit., volume IV, pagina 560.
32. The Church of the First Three Centuries, cit., pagine 75-6.
[Immagine a pagina 27]
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[Fonte]
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[Immagine a pagina 28]
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[Fonte]
Historical Pictures Service