Empatia: La chiave della benignità e della compassione
“FINCHÉ puoi alleviare le sofferenze altrui, la vita non è vana”, scrisse Helen Keller. Di sicuro la Keller sapeva cos’è la sofferenza emotiva. A causa di una malattia, a 19 mesi rimase completamente cieca e sorda. Ma un’insegnante compassionevole le insegnò a leggere e scrivere in braille e, in seguito, a parlare.
L’insegnante, Ann Sullivan, conosceva anche troppo bene cosa significa avere un handicap: lei stessa era quasi cieca. Ma con pazienza mise a punto un metodo per comunicare con Helen tracciando sulla sua mano, una per una, le lettere che formano le parole. Incoraggiata dall’empatia della sua insegnante, Helen decise di dedicare la propria vita ad aiutare i ciechi e i sordi. Avendo superato con grande sforzo il suo handicap, si metteva nei panni di quelli che si trovavano in circostanze simili. Voleva aiutarli.
Forse avete notato che in questo mondo egoista è facile ‘chiudere la porta delle proprie tenere compassioni’ e ignorare i bisogni degli altri. (1 Giovanni 3:17) Tuttavia ai cristiani è comandato di amare il prossimo e di avere intenso amore gli uni per gli altri. (Matteo 22:39; 1 Pietro 4:8) Probabilmente però vi rendete conto di questa realtà: Benché abbiamo tutte le buone intenzioni di amarci gli uni gli altri, spesso ci lasciamo sfuggire le opportunità di alleviare le sofferenze altrui. Ciò può essere semplicemente dovuto al fatto che non ci rendiamo conto dei loro bisogni. L’empatia è la chiave che può aprire la porta alla benignità e alla compassione.
Cos’è l’empatia?
Secondo un vocabolario, l’empatia è la “capacità di capire, sentire e condividere i pensieri e le emozioni di un altro in una determinata situazione”. (Zingarelli, 2002) È stata anche definita la capacità di mettersi nei panni degli altri. Perciò l’empatia richiede innanzi tutto che si comprenda la situazione dell’altra persona e poi che si partecipi ai sentimenti che tale situazione produce in lei. L’empatia implica quindi il provare la sofferenza altrui nel proprio cuore.
La parola “empatia” non ricorre nella Bibbia, ma le Scritture vi fanno riferimento in maniera indiretta. L’apostolo Pietro consigliò ai cristiani di mostrare ‘i medesimi sentimenti, affetto fraterno e compassione’. (1 Pietro 3:8) Il termine greco reso “medesimi sentimenti” significa alla lettera “soffrire con un altro” o “avere compassione”. L’apostolo Paolo raccomandò di provare sentimenti analoghi quando esortò i suoi conservi cristiani a ‘rallegrarsi con quelli che si rallegrano, a piangere con quelli che piangono’. E aggiunse: “Abbiate verso gli altri i medesimi sentimenti che avete verso voi stessi”. (Romani 12:15, 16) Non convenite che sarebbe praticamente impossibile amare il prossimo come se stessi se non ci si mettesse nei suoi panni?
Quasi tutti provano empatia in qualche misura. Chi non è stato toccato alla vista di immagini strazianti di bambini affamati o di profughi sconvolti? Quale madre amorevole è insensibile ai singhiozzi del suo bambino? Ma non ogni forma di sofferenza è facilmente riconoscibile. Com’è difficile capire i sentimenti di chi soffre di depressione, di chi ha qualche impedimento fisico nascosto o magari un disturbo dell’alimentazione, se personalmente non abbiamo mai avuto questo genere di problemi! Nondimeno le Scritture mostrano che possiamo e dobbiamo imparare a condividere i sentimenti di coloro che si trovano in circostanze diverse dalle nostre.
Esempi scritturali di empatia
Geova è il massimo esempio di empatia. Benché perfetto, non si aspetta la perfezione da noi, “poiché egli stesso conosce bene come siamo formati, ricordando che siamo polvere”. (Salmo 103:14; Romani 5:12) Inoltre, essendo consapevole dei nostri limiti, ‘non permette che siamo tentati oltre ciò che possiamo sopportare’. (1 Corinti 10:13) Mediante i suoi servitori e il suo spirito, ci aiuta a trovare la via d’uscita. — Geremia 25:4, 5; Atti 5:32.
Geova partecipa intimamente alle sofferenze del suo popolo. Agli ebrei tornati da Babilonia disse: “Chi tocca voi tocca la pupilla del mio occhio”. (Zaccaria 2:8) Ben consapevole dell’empatia di Dio, lo scrittore biblico Davide lo supplicò: “Metti le mie lacrime nel tuo otre. Non sono esse nel tuo libro?” (Salmo 56:8) Com’è confortante sapere che Geova ricorda — come se fossero scritte in un libro — le lacrime sparse dai suoi fedeli servitori mentre lottano per mantenere l’integrità!
Come il suo Padre celeste, Gesù Cristo è sensibile ai sentimenti altrui. Quando guarì un sordo, lo trasse in disparte, probabilmente affinché la sua guarigione miracolosa non lo mettesse inutilmente in imbarazzo né lo spaventasse. (Marco 7:32-35) In un’altra occasione Gesù vide una vedova che stava per seppellire il suo unico figlio. Immediatamente comprese il dolore della donna: si avvicinò al corteo funebre e risuscitò il giovane. — Luca 7:11-16.
Quando Gesù risorto apparve a Saulo sulla via di Damasco, gli fece comprendere quanto la spietata persecuzione che infliggeva ai suoi discepoli influiva su di lui. “Sono Gesù, che tu perseguiti”, gli disse. (Atti 9:3-5) Gesù provava di persona il dolore inflitto ai suoi discepoli, come una madre prova dolore per il figlio malato. Similmente, quale nostro Sommo Sacerdote celeste, Gesù ‘compatisce le nostre debolezze’, o, per dirla con le parole della Nuova Riveduta, ‘simpatizza con noi nelle nostre debolezze’. — Ebrei 4:15.
L’apostolo Paolo imparò a essere sensibile alle sofferenze e ai sentimenti altrui. “Chi è debole, e io non sono debole? Chi inciampa, e io non sono infiammato d’ira?”, chiese. (2 Corinti 11:29) Quando un angelo liberò miracolosamente Paolo e Sila dai legami nel carcere di Filippi, il primo pensiero di Paolo fu quello di informare il carceriere che nessuno era fuggito. Provando empatia, capì che il carceriere avrebbe potuto suicidarsi. Paolo sapeva che secondo l’usanza romana il carceriere veniva severamente punito in caso di fuga di un prigioniero, specialmente se gli era stato detto di tenerlo sotto stretta custodia. (Atti 16:24-28) Il carceriere rimase colpito da quell’atto di benignità compiuto da Paolo che gli aveva salvato la vita e accettò il cristianesimo insieme alla sua famiglia. — Atti 16:30-34.
Come coltivare l’empatia
Le Scritture ci esortano ripetutamente a imitare il nostro Padre celeste e suo Figlio Gesù Cristo, per cui l’empatia è una qualità che dobbiamo sviluppare. Come possiamo farlo? Ci sono tre modi principali in cui possiamo affinare la nostra sensibilità per i bisogni e i sentimenti altrui: ascoltando, osservando e immedesimandoci negli altri.
Ascoltare. Ascoltando attentamente veniamo a conoscenza dei problemi che gli altri affrontano. E più ascoltiamo attentamente, più è probabile che essi ci aprano il cuore e ci rivelino i loro sentimenti. “Riesco a parlare con un anziano se ho fiducia che mi ascolterà”, spiega Miriam. “Voglio essere certa che capisca davvero il mio problema. La mia fiducia aumenta quando mi fa domande scrutatrici che dimostrano che ha ascoltato attentamente ciò che gli ho detto”.
Osservare. Non tutti ci diranno apertamente ciò che provano o ciò che stanno attraversando. Un osservatore acuto, però, noterà quando un compagno di fede sembra depresso, quando un adolescente si chiude in se stesso o quando un ministro zelante perde l’entusiasmo. Questa capacità di percepire un problema allo stadio iniziale è di vitale importanza per i genitori. “In qualche modo mia madre sa come mi sento prima ancora che io apra bocca”, dice Marie, “così per me è facile parlarle con franchezza dei miei problemi”.
Immedesimarsi. Il modo migliore per sviluppare empatia è quello di chiedervi: ‘Se mi trovassi in tale situazione, come mi sentirei? Come reagirei? Di che cosa avrei bisogno?’ I tre falsi confortatori di Giobbe si rivelarono incapaci di mettersi nei suoi panni, tant’è vero che lo condannarono per presunti peccati che pensavano avesse commesso.
Spesso per gli esseri umani imperfetti è più facile giudicare gli altri che capirne i sentimenti. Tuttavia se ci sforziamo realmente di immaginare la sofferenza di una persona afflitta, questo ci aiuterà a provare compassione per lei invece di condannarla. “Riesco a dare consigli molto migliori quando ascolto attentamente e cerco di capire a fondo la situazione prima di mettermi a dare suggerimenti”, dice Juan, un anziano esperto.
Le pubblicazioni edite dai testimoni di Geova hanno aiutato molti sotto questo aspetto. Le riviste La Torre di Guardia e Svegliatevi! hanno trattato problemi complessi come la depressione e gli abusi all’infanzia. Queste informazioni opportune aiutano i lettori a essere più sensibili ai sentimenti di chi soffre per questi problemi. Allo stesso modo il libro I giovani chiedono... Risposte pratiche alle loro domande ha aiutato molti genitori a immedesimarsi nei problemi dei figli.
L’empatia è utile nelle attività cristiane
Poche persone resterebbero indifferenti di fronte a un bambino denutrito se avessero del cibo da dargli. Se abbiamo empatia, discerneremo anche la condizione spirituale delle persone. La Bibbia dice di Gesù: “Vedendo le folle ne ebbe pietà, perché erano mal ridotte e disperse come pecore senza pastore”. (Matteo 9:36) Oggi milioni di persone si trovano in una condizione spirituale analoga, e hanno bisogno di aiuto.
Come al tempo di Gesù, per toccare il cuore di certuni potremmo dover superare pregiudizi o tradizioni profondamente radicate. Per rendere più attraente il messaggio, il ministro che ha empatia cerca di trovare una base comune o di parlare di argomenti che interessano alle persone. (Atti 17:22, 23; 1 Corinti 9:20-23) Anche atti di benignità motivati dall’empatia possono rendere gli ascoltatori più sensibili al messaggio del Regno, come avvenne nel caso del carceriere di Filippi.
L’empatia è fondamentale per passar sopra alle mancanze degli altri nella congregazione. Se ci sforziamo di comprendere i sentimenti di un fratello che ci ha offeso, ci sarà sicuramente molto più facile perdonarlo. Può darsi che se ci fossimo trovati nella stessa situazione e avessimo passato le sue stesse esperienze avremmo reagito nello stesso modo. L’empatia spinge Geova a ‘ricordare che siamo polvere’, perciò non dovrebbe la nostra empatia spingerci a concedere agli altri l’attenuante dell’imperfezione e a ‘perdonarli liberalmente’? — Salmo 103:14; Colossesi 3:13.
Se dobbiamo dare consigli a qualcuno che ha sbagliato, probabilmente lo faremo in maniera molto più gentile se comprenderemo i suoi sentimenti e la sua sensibilità. L’anziano cristiano compassionevole rammenta a se stesso: ‘Anch’io avrei potuto commettere questo sbaglio e potrei trovarmi nella sua situazione’. Perciò Paolo raccomanda: “Cercate di ristabilire tale uomo con uno spirito di mitezza, badando a te stesso affinché anche tu non sia tentato”. — Galati 6:1.
L’empatia può anche spingerci a dare aiuto pratico a qualcuno se è in nostro potere farlo, anche se un conservo cristiano potrebbe essere restio a chiederlo. L’apostolo Giovanni scrive: “Chiunque ha i mezzi di sostentamento di questo mondo e vede il proprio fratello nel bisogno e gli chiude la porta delle sue tenere compassioni, in che modo l’amore di Dio rimane in lui? . . . Non amiamo a parole né con la lingua, ma con opera e verità”. — 1 Giovanni 3:17, 18.
Per amare “con opera e verità”, dobbiamo prima capire quali sono gli specifici bisogni del nostro fratello. Osserviamo attentamente gli altri per discernere i loro bisogni e quindi aiutarli? Questa è empatia.
Coltivate i medesimi sentimenti
Forse a motivo del nostro carattere non brilliamo per empatia, ma possiamo coltivare la capacità di condividere i sentimenti altrui. Se ascoltiamo con più attenzione, se osserviamo con più acutezza e se ci immedesimiamo di più negli altri, la nostra empatia crescerà. Allora ci sentiremo spinti a mostrare più amore, benignità e compassione ai nostri figli, agli altri cristiani e al prossimo in generale.
Non permettete mai che l’egoismo soffochi l’empatia. “Non cerchi ciascuno unicamente il proprio interesse, ma anche quello degli altri”, scrisse Paolo. (Filippesi 2:4, La Nuova Diodati) Il nostro futuro eterno dipende dall’empatia di Geova e del suo Sommo Sacerdote, Gesù Cristo. Abbiamo quindi il dovere morale di coltivare questa qualità. L’empatia ci darà la forza di essere ministri migliori e genitori migliori. Soprattutto, ci aiuterà a scoprire che “c’è più felicità nel dare che nel ricevere”. — Atti 20:35.
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L’empatia comporta l’osservare attentamente gli altri per discernere i loro bisogni e quindi aiutarli
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Impareremo a mostrare l’empatia che una madre amorevole prova naturalmente per suo figlio?