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Dieci paroleAusiliario per capire la Bibbia
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Geova in modo indegno. — Isa. 43:10; Ezec. 36:20, 21.
Il quarto comandamento diceva: “Ricordando il giorno del sabato per ritenerlo sacro, devi rendere sacro servizio e devi fare tutto il tuo lavoro per sei giorni. Ma il settimo giorno è il sabato a Geova tuo Dio. Non devi fare nessun lavoro, né tu né tuo figlio né tua figlia, né il tuo schiavo né la tua schiava né il tuo animale domestico né il residente forestiero che è dentro le tue porte”. (Eso. 20:8-10) Considerando questo giorno santo a Geova, tutti, perfino gli schiavi e gli animali domestici, avrebbero beneficiato di un riposo ristoratore. Il sabato offriva anche l’opportunità di concentrarsi sulle cose spirituali senza distrazione.
Il quinto comandamento, “onora tuo padre e tua madre” (Eso. 20:12), si può dire colleghi i primi quattro, che definiscono i doveri dell’uomo verso Dio, ai restanti comandamenti, che espongono i doveri dell’uomo verso i suoi simili. Dato che i genitori rappresentano Dio, osservando il quinto comandamento si onora e si ubbidisce in due sensi sia il Creatore che le creature a cui Dio ha conferito autorità. Questo comando era l’unico dei Dieci che includeva una promessa: “Onde i tuoi giorni siano prolungati sulla terra che Geova tuo Dio ti dà”. — Eso. 20:12; Deut. 5:16; Efes. 6:2, 3.
I successivi comandamenti erano espressi in modo molto conciso: il sesto “non devi assassinare”; il settimo “non devi commettere adulterio”; l’ottavo “non devi rubare”. In quest’ordine tali leggi sono elencate nel testo masoretico, leggi relative a reati che causano dal maggiore al minor danno al prossimo. In alcuni manoscritti greci (Codice Alessandrino, Codice Ambrosiano) l’ordine è ‘assassinio, furto, adulterio’; Filone ha ‘adulterio, assassinio, furto’; il Codice Vaticano ‘adulterio, furto, assassinio’. Passando dai fatti alle parole, il nono dice: “Non devi attestare il falso come testimone contro il tuo prossimo”. — Eso. 20:16.
Il decimo comandamento (Eso. 20:17) era unico in quanto vietava la concupiscenza, cioè il desiderio errato per la proprietà e i possedimenti, inclusa la moglie, del proprio simile. Nessun legislatore umano avrebbe mai potuto promulgare una legge del genere, perché non sarebbe stato umanamente possibile farla rispettare. Geova invece con questo decimo comandamento fece in modo che ciascuno dovesse rendere conto a Lui che vede e conosce tutti i segreti pensieri del cuore. — I Sam. 16:7; Prov. 21:2; Ger. 17:10.
ALTRI ELENCHI DI QUESTE LEGGI
La divisione delle Dieci Parole come si trova in Esodo 20:2-17 è la più naturale. Corrisponde a quella di Giuseppe Flavio, storico ebreo del I secolo E.V. (Antichità giudaiche, Libro III, cap. V, 5), e del filosofo ebreo Filone, pure del I secolo E.V. Altri però, fra cui Agostino, univano le due leggi contro divinità straniere e immagini (Eso. 20:3-6; Deut. 5:7-10) in un unico comandamento, e poi per averne sempre dieci, dividevano in due comandamenti il versetto 17 di Esodo capitolo 20 (Deut. 5:21), formando così un nono comandamento contro il desiderare la moglie d’un altro, e un decimo contro il desiderare la sua casa, ecc. Agostino cercò sostegno per la sua teoria nel secondo elenco parallelo del Decalogo in Deuteronomio 5:6-21, dove nel versetto 21 ricorrono due diversi termini ebraici (“Né devi desiderare [ebr. hhamàdh] . . . Né devi egoisticamente bramare [ebr. ʼawàh]”), anziché nel precedente versetto di Esodo 20:17, dove ricorre due volte lo stesso verbo (“desiderare”).
Esistono altre differenze minori tra l’elenco dei Dieci Comandamenti in Esodo e quello in Deuteronomio, ma queste non influiscono affatto sulla forza o sul significato delle leggi. Mentre nel primo elenco le Dieci Parole sono espresse con formale stile legislativo, nel secondo sono ripetute in forma più narrativa, perché questa volta Mosè stava semplicemente ripetendo il comandamento di Dio come rammemoratore. Le Dieci Parole compaiono anche altrove con qualche variante, perché spesso sono citate o menzionate insieme ad altre istruzioni da scrittori biblici sia delle Scritture Ebraiche che di quelle Greche Cristiane. — Eso. 31:14; 34:14, 17, 21; Lev. 19:3, 11, 12; Deut. 4:15-19; 6:14, 15; Matt. 5:27; 15:4; Luca 18:20; Rom. 13:9; Efes. 6:2, 3.
Le Dieci Parole provenivano da Dio, perciò costituiscono un perfetto codice di leggi. Quando un uomo, “versato nella Legge”, chiese a Gesù Cristo: “Maestro, qual è il più grande comandamento della Legge?” Gesù citò un comandamento che in effetti riassume i primi quattro (o forse cinque) dei Dieci Comandamenti, dicendo: “Devi amare Geova il tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima e con tutta la tua mente”. Poi riassunse in poche parole il resto del Decalogo: “Devi amare il tuo prossimo come te stesso”. — Matt. 22:35-40; Deut. 6:5; Lev. 19:18.
I CRISTIANI NON SONO SOTTO IL DECALOGO
Gesù nacque sotto la Legge, e la osservò in modo perfetto, rinunciando infine alla sua vita come riscatto per il genere umano. (Gal. 4:4; I Giov. 2:2) Inoltre, con la sua morte sul palo di tortura, liberò quelli sotto la Legge (che includeva le Dieci Parole o Comandamenti fondamentali) “divenendo una maledizione invece” di loro. La sua morte provvide a ‘cancellare il documento scritto a mano’, come se fosse stato inchiodato al palo di tortura. — Gal. 3:13; Col. 2:13, 14.
Comunque uno studio della Legge con le sue Dieci Parole è essenziale per i cristiani, perché rivela come Dio vede le cose, ed è “un’ombra delle buone cose avvenire”, della realtà che appartiene al Cristo. (Ebr. 10:1; Col. 2:17; Gal. 6:2) I cristiani non sono “senza legge verso Dio ma sotto la legge verso Cristo”. (I Cor. 9:21) Ma tale legge non li condanna come peccatori, poiché l’immeritata benignità di Dio mediante Cristo prevede il perdono dei loro errori dovuti alla debolezza della carne. — Rom. 3:23, 24.
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DigiunoAusiliario per capire la Bibbia
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Digiuno
I digiuni fatti per giusti motivi dovevano dimostrare devoto rammarico e pentimento per i peccati commessi. (I Sam. 7:6; Gioe. 2:12-15; Giona 3:5) Era appropriato digiunare anche di fronte a un grave pericolo, quando c’era estremo bisogno della guida di Dio, nel sopportare prove e affrontare tentazioni, o quando si studiava, si meditava o ci si concentrava sui propositi di Dio. (II Cron. 20:3; Esd. 8:21; Est. 4:3, 16; Matt. 4:1, 2) Gesù digiunò per quaranta giorni, come avevano fatto Mosè ed Elia, che apparvero entrambi come in visione insieme a Gesù nella sua trasfigurazione. — Matt. 17:1-9; Eso. 34:28; Deut. 9:9; I Re 19:7, 8.
La legge mosaica non usa il termine “digiuno”, ma in relazione al giorno di espiazione ordinava: “Dovete affliggere le anime vostre”. (Lev. 16:29-31; 23:27; Num. 29:7) In genere si pensa che questo significhi digiunare, idea che è sostenuta da Isaia 58:3, 5 e Salmo 35:13.
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