GRECIA, GRECI
Da Graikòi, nome di un popolo della Grecia nordoccidentale. I romani applicarono il nome (lat. Graeci) agli abitanti di tutta la Grecia. Anche Aristotele nei suoi scritti usa il termine in modo simile.
Un nome più antico, ioni, compare dall’VIII secolo a.E.V. in poi sia in documenti cuneiformi d’Assiria, che nelle cronache di Persia ed Egitto. Questo nome deriva da quello di Iavan (ebr. Yawàn), figlio di Iafet e nipote di Noè. Iavan fu l’antenato iafetico dei primi abitanti della Grecia e delle isole circostanti, ed evidentemente anche di quelli di Cipro, di parti dell’Italia meridionale, della Sicilia e della Spagna. — Ge 10:1, 2, 4, 5; 1Cr 1:4, 5, 7; vedi ; CHITTIM; ELISA; IAVAN.
Mentre oggi “Ionio” è il nome geografico del mare compreso fra la Grecia meridionale, l’Italia meridionale e le isole lungo la costa O della Grecia, una volta questo nome aveva un significato più ampio e più simile all’uso di “Iavan” nelle Scritture Ebraiche. Il profeta Isaia, nell’VIII secolo a.E.V., parlò del tempo in cui gli esuli di Giuda rimpatriati sarebbero stati mandati in nazioni lontane, fra cui “Tubal e Iavan, le isole lontane”. — Isa 66:19.
Nelle Scritture Greche Cristiane il paese è chiamato Hellàs (“Grecia”, At 20:2), e la popolazione Hèllenes. I greci stessi usavano questi nomi già parecchi secoli prima dell’era volgare e li usano tuttora. Hellàs può avere qualche relazione con “Elisa”, uno dei figli di Iavan. (Ge 10:4) Dopo la conquista romana avvenuta nel 146 a.E.V., la Grecia centrale e meridionale veniva chiamata anche Acaia.
Il paese e le sue caratteristiche. La Grecia comprendeva la parte S della montuosa Penisola Balcanica e le vicine isole del Mar Ionio a O e del Mar Egeo a E, e aveva a S il Mediterraneo. Il confine N è incerto, dato che anticamente gli iavaniti della Grecia non erano raggruppati in una nazione particolare. Tuttavia in seguito la “Grecia” incluse le regioni dell’Illiria, che si affacciava sull’Adriatico, e la Macedonia. In effetti, può darsi che i macedoni fossero dello stesso ceppo dei popoli che in seguito furono chiamati greci.
Il paese, allora come ora, era frastagliato e roccioso, occupato per tre quarti da impervie montagne. I pendii dei monti erano molto boscosi. La scarsità di fertili pianure e vallate e il terreno sassoso riducevano notevolmente le possibilità produttive del paese. Il clima mite favoriva però la crescita di olivi e viti. Altri prodotti erano orzo, frumento, mele, fichi e melagrane. Branchi di pecore e capre pascolavano nelle zone incolte. C’erano alcuni giacimenti minerari — argento, zinco, rame e piombo — e dai monti si cavava ottimo marmo in quantità. La profezia di Ezechiele (27:1-3, 13) include Iavan fra i paesi che trafficavano con Tiro, e fra i prodotti di scambio elenca “oggetti di rame”.
Superiorità marittima. Le montagne rendevano i viaggi via terra lenti e difficili. D’inverno i carri trainati da animali s’impantanavano facilmente. Quindi il mare era la migliore via di comunicazione e trasporto. Le coste frastagliate, con profonde baie e insenature, offrivano molti porti e ripari per le navi. A motivo delle numerose e profonde insenature, entro gli antichi confini poche località distavano più di 60 km dal mare. Il S della Grecia, il Peloponneso, è quasi completamente circondato dal mare. Solo uno stretto lembo di terra, fra il golfo di Egina e il golfo di Corinto, collegava il Peloponneso con la Grecia continentale. (Oggi il canale di Corinto, lungo circa 6 km e sprovvisto di chiuse, taglia completamente lo stretto istmo).
Gli iavaniti della Grecia diventarono presto un popolo marinaro. Il tacco dello “stivale”, l’Italia, in prossimità del canale d’Otranto dista solo 160 km circa dalla Grecia. Nel Mar Egeo a E gli arcipelaghi (gruppi di isole costituite da montagne sommerse di cui affiorano solo le cime) erano una specie di gigantesco guado per raggiungere l’Asia Minore. All’estremità NE dell’Egeo lo stretto dei Dardanelli (anticamente Ellesponto) immetteva nel Mar di Marmara e di qui attraverso il Bosforo nel Mar Nero. Inoltre facendo vela lungo la costa S dell’Asia Minore molto presto le navi greche raggiunsero le coste della Siria e della Palestina. Una nave poteva percorrere anche 100 km al giorno durante le ore di luce. Per recapitare le lettere di Paolo ai tessalonicesi in Macedonia, scritte probabilmente da Corinto, ci volle dunque una settimana o più, secondo le condizioni del mare (e il numero dei porti in cui ci si fermava durante il viaggio).
L’influenza e gli insediamenti greci non erano certo limitati alla Grecia continentale. Le numerose isole dello Ionio e dell’Egeo erano considerate parte della Grecia come la terraferma. L’Italia meridionale e la Sicilia facevano parte di quella che in latino venne chiamata Magna Graecia. La storia conferma che gli iavaniti della Grecia ebbero contatti e rapporti commerciali con quelli di Tarsis (Spagna) molto più dei fenici. Rapporti simili esistevano fra i greci e gli iavaniti di Cipro.
Origine dei popoli greci. Gli storici odierni avanzano varie ipotesi sull’origine dei popoli greci e sulla loro comparsa nella zona. L’idea secondo cui ci sarebbero state “invasioni” successive di popoli settentrionali si basa in gran parte su miti greci e su congetture archeologiche. In realtà la storia secolare della Grecia inizia solo verso l’VIII secolo a.E.V. (la prima Olimpiade si tenne nel 776 a.E.V.), e una documentazione coerente è possibile solo dal V secolo a.E.V. in poi. Quindi dal Diluvio e dalla dispersione delle famiglie umane in seguito alla confusione della lingua a Babele erano passati molti secoli. (Ge 11:1-9) In tutti quei secoli altri gruppi possono essersi infiltrati nell’originale ceppo di Iavan e dei suoi figli, ma per il periodo precedente al I millennio a.E.V. esistono solo teorie discutibili.
Principali popoli greci. Fra i principali popoli della Grecia c’erano gli achei nella Tessaglia, nel Peloponneso centrale e nella Beozia; gli eoli nella parte E della Grecia centrale, nella regione nordoccidentale dell’Asia Minore chiamata Eolia e nelle isole vicine; i dori nel Peloponneso orientale, nelle isole meridionali dell’Egeo e nel SO dell’Asia Minore, e gli ioni nell’Attica, nell’isola di Eubea, nelle isole dell’Egeo centrale e lungo le coste occidentali dell’Asia Minore. Ma poco si sa dei rapporti tra questi popoli e i macedoni in epoche precedenti.
Tradizione patriarcale e città-stato. I popoli di lingua greca erano assai indipendenti, come lo erano le città-stato all’interno di una stessa etnia. Ciò era favorito dalla configurazione geografica. Molti greci vivevano nelle isole, e anche sulla terraferma la maggioranza viveva in piccole vallate fra i monti. La loro struttura sociale primitiva è stata così descritta: “L’elemento sociale fondamentale era la famiglia patriarcale. . . . La tradizione patriarcale era profondamente radicata nella cultura greca: solo gli uomini adulti erano cittadini attivi della città-stato (polis). La famiglia patriarcale era inclusa in una serie concentrica di raggruppamenti familiari: il clan (genos), la fratria [o gruppo di famiglie], l’etnia”. (The Encyclopedia Americana, 1956, vol. XIII, p. 377) Questo concorda perfettamente con l’ordinamento patriarcale postdiluviano descritto nel libro biblico di Genesi.
Il modello greco era alquanto simile a quello di Canaan, dove vari popoli (discendenti di Canaan) formavano piccoli regni, spesso fondati intorno a una particolare città. La città-stato greca si chiamava pòlis. Sembra che in origine questo termine si riferisse a un’acropoli, o altura fortificata, intorno a cui si stabilivano insediamenti. In seguito finì per indicare l’intera area e i cittadini che costituivano la città-stato. Quasi tutte le città-stato greche erano piccole, e di solito non avevano più di 10.000 cittadini (oltre a donne, schiavi e bambini). Nel momento del massimo splendore, nel V secolo a.E.V., Atene pare avesse solo 43.000 cittadini circa. Sparta ne aveva solo 5.000. Come i piccoli regni cananei, le città-stato greche a volte si alleavano tra loro o combattevano tra loro. Il paese rimase politicamente diviso fino all’epoca di Filippo (II) di Macedonia.
Democrazia. Poco si sa dei metodi di governo di quasi tutte le città-stato greche, poiché solo quelli di Atene e Sparta sono abbastanza noti; evidentemente erano ben diversi da quelli di Canaan, Mesopotamia o Egitto. Almeno durante quello che può essere definito il periodo storico, le città-stato greche invece di re avevano magistrati, giunte e un’assemblea (ekklesìa) di cittadini. Atene instaurò una democrazia diretta (il termine “democrazia” deriva dalle parole greche dèmos, popolo, e kràtos, potere), in cui i cittadini avevano potere legislativo, prendevano la parola e votavano nell’assemblea. I “cittadini” tuttavia erano una minoranza, dato che le donne, i residenti di origine straniera e gli schiavi non avevano diritto alla cittadinanza. Si ritiene che gli schiavi costituissero almeno un terzo della popolazione di molte città-stato, e senza dubbio il lavoro degli schiavi dava ai “cittadini” il tempo libero necessario per occuparsi di politica nell’assemblea. Si noti che il primo riferimento alla Grecia nelle Scritture Ebraiche risale al IX secolo a.E.V., a proposito dei giudei che Tiro, Sidone e la Filistea vendevano schiavi ai “figli dei greci [lett. “iavaniti” o “ioni”]”. — Gle 3:4-6.
Manufatti e commercio. Oltre alla principale attività agricola, i greci producevano ed esportavano molti manufatti. I vasi greci erano famosi in tutto il bacino del Mediterraneo; pure importanti erano gli oggetti d’argento e d’oro e i tessuti di lana. C’erano numerose piccole botteghe di artigiani indipendenti, che davano lavoro ad alcuni operai, schiavi o liberi. Nella città greca di Corinto, l’apostolo Paolo si unì ad Aquila e Priscilla nel fare tende, usando probabilmente tessuto di pelo di capra, di cui la Grecia era ricca. (At 18:1-4) Grazie alla sua vicinanza al golfo di Corinto e al golfo di Egina, Corinto diventò un importante centro commerciale. Altre principali città commerciali erano Atene ed Egina.
Arte e cultura greca. In Grecia l’istruzione era riservata ai maschi, e il suo obiettivo principale era quello di formare “buoni cittadini”. Ma ogni città-stato aveva il proprio concetto di buon cittadino. A Sparta si impartiva quasi esclusivamente un’educazione fisica (cfr. il consiglio di Paolo a Timoteo in 1Tm 4:8), e a 7 anni i ragazzi venivano portati via ai genitori ed educati dallo stato fino all’età di 30 anni. Ad Atene si dava invece più importanza alla letteratura, alla matematica e all’arte. Uno schiavo fidato, chiamato paidagogòs, accompagnava il bambino a scuola, dove l’educazione cominciava a sei anni. (Cfr. il paragone di Paolo fra la Legge mosaica e un paidagogòs in Gal 3:23-25; vedi TUTORE). La poesia era tenuta in gran conto ad Atene, e gli studenti dovevano imparare a memoria molti componimenti poetici. Pur essendo stato educato a Tarso in Cilicia, Paolo ricorse a una breve citazione poetica per far capire il suo messaggio ad Atene. (At 17:22, 28) Le rappresentazioni teatrali, sia la commedia che la tragedia, erano popolari.
La filosofia aveva un posto importante ad Atene e, in seguito, in tutta la Grecia. Fra le più importanti scuole filosofiche c’era quella dei sofisti, i quali sostenevano che la verità fosse questione di opinioni personali; a questa idea (simile a quella degli induisti) si opposero famosi filosofi greci quali Socrate, il suo discepolo Platone, e Aristotele, discepolo di Platone. Altre scuole filosofiche ricercavano la fonte della felicità. Gli stoici sostenevano che la felicità consistesse nel vivere secondo ragione e che solo questo contasse. Gli epicurei ritenevano che il piacere fosse la vera fonte della felicità. (Cfr. le parole di Paolo ai corinti in 1Co 15:32). Filosofi di queste ultime due scuole attaccarono discorso con Paolo ad Atene, e quindi lo condussero all’Areopago per essere interrogato. (At 17:18, 19) Un’altra scuola filosofica era quella degli scettici i quali sostenevano che in effetti nulla conta realmente nella vita.
Come popolo, almeno in epoche successive, i greci si mostrarono avidi di sapere e particolarmente amanti della discussione e della conversazione sulle novità. (At 17:21) Si sforzavano di risolvere alcuni dei maggiori problemi riguardanti la vita e l’universo con la sola logica (e speculazione) umana. Infatti i greci si consideravano l’intellighenzia del mondo antico. Nella prima lettera ai Corinti Paolo ridimensionò questa sapienza umana e questo intellettualismo dicendo fra l’altro: “Se qualcuno fra voi pensa di essere saggio in questo sistema di cose, divenga stolto, affinché divenga saggio. . . . ‘Geova sa che i ragionamenti dei saggi sono futili’”. (1Co 1:17-31; 2:4-13; 3:18-20) Nonostante tutte le ricerche e le polemiche filosofiche, i loro scritti rivelano il fallimento della ricerca di una vera speranza. Com’è stato osservato: “Nessuna letteratura contiene lamenti più patetici sulle pene della vita, la transitorietà dell’amore, la falsità della speranza e l’inesorabilità della morte”. — J. R. S. Sterrett e S. Angus in Funk and Wagnalls New Standard Bible Dictionary, 1936, p. 313.
Religione. Le prime nozioni relative alla religione greca sono state tramandate dalla poesia epica di Omero. Due poemi epici, l’Iliade e l’Odissea, vengono attribuiti a lui dagli storici. I più antichi frammenti papiracei di questi poemi si ritiene risalgano a una data di poco anteriore al 150 a.E.V. Un grecista ha scritto che quegli antichi testi “differiscono notevolmente dal nostro vulgato”, cioè dal testo comunemente accettato da diversi secoli. (G. G. A. Murray in Encyclopædia Britannica, 1942, vol. 11, p. 689) Perciò, a differenza della Bibbia, i testi omerici non ci sono pervenuti nella loro integrità, ma, come osserva Murray, in uno stato estremamente fluido. I poemi omerici celebravano le gesta di eroi e dèi guerrieri molto simili agli uomini.
Esistono evidenti prove dell’influsso babilonese sulla religione greca. Un’antica favola greca è la traduzione quasi letterale di un originale accadico.
A un altro poeta, Esiodo, probabilmente dell’VIII secolo a.E.V., è stato attribuito il merito di avere messo ordine nella grande quantità di miti e leggende greche. I poemi omerici e la Teogonia di Esiodo costituivano i principali scritti sacri dei greci, la loro teologia.
Nell’esaminare i miti greci, è interessante vedere come la Bibbia fa luce sulla loro possibile o anche probabile origine. Genesi 6:1-13 spiega che prima del Diluvio angelici figli di Dio vennero sulla terra, materializzandosi evidentemente in forma umana, vissero con donne attraenti e generarono i cosiddetti “nefilim” o “abbattitori”, cioè “quelli che fanno cadere altri”. A causa di questa unione innaturale fra creature spirituali e creature umane, e della loro ibrida progenie, la terra si riempì di immoralità e violenza. (Cfr. Gda 6; 1Pt 3:19, 20; 2Pt 2:4, 5; vedi NEFILIM). Come altri in epoca postdiluviana, Iavan, progenitore delle popolazioni greche, udì senza dubbio parlare dei tempi e degli avvenimenti antidiluviani, probabilmente da suo padre Iafet che sopravvisse al Diluvio. Notate dunque cosa rivelano gli scritti attribuiti a Omero e a Esiodo.
I numerosi dèi e dee da loro descritti avevano forma umana ed erano dotati di grande bellezza, pur essendo spesso giganteschi e sovrumani. Mangiavano, bevevano, dormivano, avevano rapporti sessuali fra loro o anche con esseri umani, vivevano in famiglie, litigavano e combattevano, seducevano e violentavano. Benché fossero ritenuti santi e immortali, erano capaci di qualsiasi inganno e delitto. Potevano aggirarsi, visibili o invisibili, in mezzo agli uomini. In seguito, scrittori e filosofi greci cercarono di espurgare i poemi di Omero e di Esiodo da alcune delle azioni più vili attribuite agli dèi.
Questi miti possono rispecchiare, anche se in forma esagerata e distorta, l’autentica descrizione delle condizioni antidiluviane fatta da Genesi. Un’altra notevole analogia è che, oltre agli dèi principali, le leggende greche descrivono semidei o eroi di discendenza per metà divina e per metà umana. Questi semidei, pur avendo forza sovrumana, erano mortali (con l’eccezione di Ercole, l’unico a cui fu conferita l’immortalità). I semidei erano dunque molto simili ai nefilim di Genesi.
Osservando questa fondamentale analogia, un orientalista fa risalire alla Mesopotamia il tema dei miti greci. (E. A. Speiser, The World History of the Jewish People, 1964, vol. 1, p. 260) In Mesopotamia si trovava Babilonia, il centro da cui si propagò il genere umano dopo la confusione della lingua. — Ge 11:1-9.
Si diceva che le principali divinità greche dimorassero sulle cime dell’Olimpo (alto 2917 m), a S della cittadina di Berea. (Quando visitò i bereani durante il secondo viaggio missionario, Paolo giunse quasi alle falde dell’Olimpo; At 17:10). Fra le divinità dell’Olimpo c’erano Zeus (chiamato Giove dai romani; At 28:11), dio del cielo; Era (la Giunone dei romani), moglie di Zeus; Gea, dea della terra, chiamata anche la Grande Madre; Apollo, dio del sole e della morte repentina, che egli causava lanciando da lontano le sue frecce mortali; Artemide (la Diana dei romani), dea della caccia; un’altra Artemide, dea della fecondità, era venerata a Efeso (At 19:23-28, 34, 35); Ares (il Marte dei romani), dio della guerra; Hermes (il Mercurio dei romani), dio dei viaggiatori, del commercio e dell’eloquenza, messaggero degli dèi (a Listra, in Asia Minore, le folle chiamarono Barnaba “Zeus, ma Paolo Hermes, siccome era quello che prendeva la direttiva nel parlare”; At 14:12); Afrodite (la Venere dei romani), dea della fecondità e dell’amore, ritenuta “sorella dell’assiro-babilonese Ishtar e della siro-fenicia Astarte” (P. Hamlyn, Greek Mythology, Londra, 1963, p. 63), e numerosi altri dèi e dee. In realtà ogni città-stato pare avesse i propri dèi minori, adorati secondo le usanze locali.
Feste e giochi. Le feste erano una parte importante della religione greca. Le competizioni atletiche, insieme al teatro, ai sacrifici e alle preghiere, attiravano persone da lontano e quindi accomunavano le città-stato politicamente divise. Quelle più importanti erano i Giochi Olimpici (a Olimpia), i Giochi Istmici (tenuti vicino a Corinto), i Giochi Pitici (a Delfi) e i Giochi Nemei (presso Nemea). La celebrazione dei Giochi Olimpici ogni quattro anni serviva come punto di riferimento cronologico: nella cronologia greca un’olimpiade era un periodo di quattro anni. — Vedi GIOCHI.
Oracoli, astrologia e santuari. Gli oracoli, medium attraverso i quali si supponeva che gli dèi rivelassero informazioni nascoste, avevano molti devoti. Gli oracoli più famosi si trovavano in alcuni templi a Delo, Delfi e Dodona. Qui, a pagamento, si riceveva risposta alle domande rivolte all’oracolo. Le risposte erano di solito ambigue, e dovevano essere interpretate dai sacerdoti. A Filippi, in Macedonia, la ragazza che praticava l’arte della predizione (da cui Paolo espulse un demonio) si comportava come un oracolo e “forniva ai suoi signori molto guadagno”. (At 16:16-19) G. E. Wright fa risalire l’astrologia moderna attraverso i greci ai divinatori di Babilonia. (Biblical Archaeology, 1962, p. 37) Alcuni santuari erano famosi per le presunte guarigioni miracolose che vi si compivano.
Dottrina filosofica dell’immortalità. Poiché i filosofi greci si interessavano dei problemi fondamentali della vita, i loro concetti contribuirono alla formazione delle idee religiose popolari. Socrate, vissuto nel V secolo a.E.V., insegnava l’immortalità dell’anima umana. Nel Fedone (64c, 105e) Platone cita una conversazione fra Socrate e altri due filosofi: “Crediamo che la morte sia qualche cosa? . . . E altra cosa crediamo che ella sia se non separazione dell’anima dal corpo? e che il morire sia questo, da un lato, un distaccarsi il corpo dall’anima, divenuto qualche cosa esso solo per se stesso; dall’altro, un distaccarsi dal corpo l’anima, seguitando a essere essa sola per se stessa? o altra cosa dobbiamo credere che sia la morte, e non questo? — No, ma questo”. Socrate prosegue: “Allora l’anima è immortale? — Immortale”. Si paragoni questo con Ezechiele 18:4 ed Ecclesiaste 9:5, 10.
Templi e idoli. Sontuosi templi furono costruiti in onore degli dèi, e statue di marmo e di bronzo di rara bellezza furono scolpite per rappresentarli. Le rovine di alcuni dei templi più famosi, il Partenone e l’Eretteo, come pure i Propilei, si trovano sull’Acropoli di Atene. In questa stessa città Paolo, parlando in pubblico, accennò al notevole timore delle divinità manifestato ad Atene e disse chiaramente agli ascoltatori che il Creatore del cielo e della terra “non dimora in templi fatti con mani”, e che, essendo essi progenie di Dio, non dovevano supporre che il Creatore fosse “simile all’oro o all’argento o alla pietra, simile a qualcosa di scolpito dall’arte e dall’ingegno dell’uomo”. — At 17:22-29.
Le guerre persiane. L’affermarsi dell’impero medo-persiano all’epoca di Ciro (che conquistò Babilonia nel 539 a.E.V.) costituiva una minaccia per la Grecia. Ciro aveva già conquistato l’Asia Minore, incluse alcune colonie greche. Nel terzo anno di Ciro (evidentemente quale sovrano di Babilonia), un messaggero angelico di Geova informò Daniele che il quarto re di Persia avrebbe mosso guerra “contro il regno di Grecia”. (Da 10:1; 11:1, 2) Il terzo re di Persia (Dario figlio di Istaspe) nel 499 a.E.V. sedò una rivolta delle colonie greche e si preparò a invadere la Grecia. La flotta persiana fu affondata da una tempesta nel 492 a.E.V. Quindi nel 490 un grosso contingente persiano penetrò in Grecia ma fu sconfitto da un drappello di ateniesi nella pianura di Maratona, a NE di Atene. Il figlio di Dario, Serse, decise di vendicare questa sconfitta. Egli, il predetto ‘quarto re’, mobilitò tutto l’impero per ammassare un potente esercito con il quale nel 480 a.E.V. attraversò l’Ellesponto.
Anche se alcune delle principali città-stato della Grecia si mostrarono in questa occasione unite come non mai nel combattere per arrestare l’invasione, le truppe persiane avanzarono attraverso la Grecia settentrionale e centrale, raggiunsero Atene e ne incendiarono l’altura fortificata, l’Acropoli. Sul mare però gli ateniesi e i greci loro alleati giocarono d’astuzia e affondarono la flotta persiana (insieme a quella fenicia e di altri alleati) presso Salamina. Quindi seguì un’altra sconfitta persiana sulla terraferma, a Platea, e un’altra ancora a Micale, sulla costa O dell’Asia Minore, dopo di che gli eserciti persiani abbandonarono la Grecia.
Egemonia di Atene. Atene grazie alla sua potente flotta conquistò allora l’egemonia sulla Grecia. Seguì, fin verso il 431 a.E.V., il periodo di massimo splendore per Atene, durante il quale furono create le più famose opere d’arte e di architettura. Atene era alla testa della lega delio-attica che includeva diverse isole e città greche. A motivo del risentimento della lega peloponnesiaca capeggiata da Sparta per la preminenza di Atene, scoppiò la guerra del Peloponneso, che si protrasse dal 431 al 404 a.E.V. Gli ateniesi alla fine furono definitivamente sconfitti dagli spartani. La rigida dominazione spartana durò fin verso il 371 a.E.V. quando Tebe ebbe il sopravvento. La Grecia entrò in un periodo di decadenza politica, anche se Atene continuò a essere il centro culturale e filosofico del Mediterraneo. Infine, nel 338 a.E.V., la nascente potenza macedone sotto Filippo II conquistò la Grecia, che fu unificata sotto la sua dominazione.
La Grecia sotto Alessandro Magno. Nel VI secolo a.E.V. Daniele aveva avuto una visione profetica che prediceva la vittoria della Grecia sull’impero medo-persiano. Alessandro figlio di Filippo era stato educato da Aristotele e, dopo l’assassinio di Filippo, diventò l’eroe dei popoli di lingua greca. Nel 334 a.E.V. Alessandro si accinse a vendicare gli attacchi persiani contro le città greche sulla costa occidentale dell’Asia Minore. La fulminea conquista non solo di tutta l’Asia Minore, ma anche di Siria, Palestina, Egitto e di tutto l’impero medo-persiano fino all’India, adempì il quadro profetico di Daniele 8:5-7, 20, 21. (Cfr. Da 7:6). Conquistato il paese di Giuda nel 332 a.E.V., la Grecia divenne la quinta potenza mondiale in ordine di tempo per quanto concerneva la nazione d’Israele; era stata preceduta da Egitto, Assiria, Babilonia e Media-Persia. Nel 328 a.E.V. la conquista di Alessandro fu completata, e allora si adempì l’ultima parte della visione di Daniele. Alessandro morì a Babilonia nel 323 a.E.V. e, come era stato predetto, il suo impero fu diviso in quattro regni, nessuno dei quali ne uguagliò la potenza. — Da 8:8, 21, 22; 11:3, 4; vedi CARTINE, vol. 2, p. 334; ALESSANDRO n. 1.
Tuttavia prima di morire Alessandro aveva introdotto la cultura e la lingua greca in tutto il suo vasto impero. Colonie greche furono stabilite in molti paesi conquistati. In Egitto venne costruita la città di Alessandria che divenne la rivale di Atene come centro della cultura. Così ebbe inizio l’ellenizzazione (o grecizzazione) di gran parte delle regioni del Mediterraneo e del Medio Oriente. La lingua greca comune, o koinè, diventò la lingua franca, parlata da persone di molte nazionalità. Fu la lingua usata da studiosi ebrei di Alessandria nella loro traduzione delle Scritture Ebraiche, la Settanta. In seguito, le Scritture Greche Cristiane furono scritte in koinè, e la popolarità internazionale di questa lingua favorì la rapida diffusione della buona notizia cristiana in tutto il bacino del Mediterraneo. — Vedi GRECO.
Risultati dell’ellenizzazione sugli ebrei. Quando l’impero greco venne diviso fra i generali di Alessandro, il paese di Giuda si trovò al confine fra il regno dei Tolomei in Egitto e quello dei Seleucidi in Siria. Dominato prima dall’Egitto, nel 198 a.E.V. fu conquistato dai Seleucidi. Nel tentativo di unire Giuda e la Siria in una comune cultura ellenica, in Giuda si promossero la religione, la lingua, la letteratura e i costumi greci.
Colonie greche furono fondate in tutta la regione, fra cui quelle di Samaria (chiamata poi Sebaste), Acco (Tolemaide) e Bet-Sean (Scitopoli), e altre in località prima disabitate a E del Giordano. (Vedi DECAPOLI). Una palestra aperta a Gerusalemme attirava i giovani ebrei. Dal momento che in Grecia lo sport era strettamente legato alla religione, la palestra servì a minare la fedeltà degli ebrei ai princìpi scritturali. Persino il sacerdozio subì in quel periodo notevole influenza ellenistica. In questo modo cominciarono ad affermarsi a poco a poco dottrine un tempo sconosciute agli ebrei, fra cui la dottrina pagana dell’immortalità dell’anima e l’idea di un inferno di tormento dopo la morte.
La profanazione del tempio di Gerusalemme da parte di Antioco Epifane (168 a.E.V.) con l’introduzione del culto di Zeus segnò il culmine dell’ellenizzazione degli ebrei e provocò l’insurrezione dei Maccabei.
Anche ad Alessandria d’Egitto, dove il settore ebraico occupava buona parte della città, era forte l’influenza ellenistica. (Vedi ALESSANDRIA). Alcuni ebrei alessandrini si lasciarono influenzare dalla popolarità della filosofia greca. Certi scrittori ebrei si sentirono in dovere di cercare di conciliare le convinzioni degli ebrei con quelle che erano allora le nuove idee. Cercarono di dimostrare che le idee filosofiche greche del tempo in realtà trovavano riscontro in idee simili presenti nelle Scritture Ebraiche o erano da esse derivate.
Dominazione romana sugli stati greci. Macedonia e Grecia (una delle quattro parti in cui era stato diviso l’impero di Alessandro) caddero sotto la dominazione romana nel 197 a.E.V. L’anno dopo fu proclamata la “libertà” di tutte le città greche. Questo significava che Roma non esigeva tributi, ma si aspettava che tutti i suoi desideri fossero assecondati. L’ostilità nei confronti di Roma crebbe. La Macedonia mosse guerra ai romani ma fu nuovamente sconfitta nel 168 a.E.V. e circa 20 anni dopo diventò provincia romana. Nel 146 a.E.V. si ribellò la Lega Achea, capeggiata da Corinto, e gli eserciti di Roma avanzarono nella Grecia meridionale e distrussero Corinto. Venne formata la provincia dell’“Acaia” che nel 27 a.E.V. includeva tutta la Grecia centrale e meridionale. — At 19:21; Ro 15:26; vedi ACAIA.
Il periodo della dominazione romana vide il declino politico ed economico della Grecia. Solo la cultura greca sfuggì a questo declino e fu largamente adottata dai conquistatori romani, che importarono con entusiasmo non solo la letteratura ma anche le statue greche. Interi templi furono smantellati e trasferiti in Italia. Molti giovani romani furono educati ad Atene e in altri centri della cultura greca. La Grecia invece si chiuse in se stessa vivendo di ricordi del suo glorioso passato.
“Elleni” nel I secolo E.V. All’epoca del ministero di Gesù Cristo e degli apostoli, i nativi della Grecia o le persone di origine greca erano ancora chiamati Hèllenes (plurale di Hèllen). I greci chiamavano le persone di altre nazionalità “barbari”, che significava semplicemente stranieri o persone che parlavano una lingua diversa. Anche l’apostolo Paolo in Romani 1:14 contrappone “greci” a “barbari”. — Vedi BARBARO.
In qualche caso però Paolo usa il termine Hèllenes in senso più ampio. Specie in paragone con gli ebrei, parla di Hèllenes o “greci” quali rappresentanti di tutti i popoli non ebrei. (Ro 1:16; 2:6, 9, 10; 3:9; 10:12; 1Co 10:32; 12:13) Infatti in 1 Corinti capitolo 1, Paolo pone evidentemente sullo stesso piano “i greci” (v. 22) e “le nazioni” (v. 23). Questo senza dubbio era dovuto all’importanza e alla preminenza della lingua e della cultura greca in tutto l’impero romano. In un certo senso i greci erano ‘in testa all’elenco’ dei popoli non ebrei. Questo non significa che Paolo o gli altri scrittori delle Scritture Greche Cristiane usassero il termine Hèllenes in senso così vago che con Hèllen non intendessero dire altro che “gentile”, come sostengono alcuni commentatori. Indicando che il termine Hèllen identificava l’appartenente a un popolo preciso, in Colossesi 3:11 Paolo parla di “greco” distinguendolo dallo “straniero” [bàrbaros] e dallo “scita”.
In armonia con quanto sopra, il grecista Hans Windisch osserva: “L’accezione di ‘pagano’ [o, ‘gentile’, per Hèllen] non è . . . attestabile né nel giudaismo ellenistico né nel N.T.”. (G. Kittel, Grande Lessico del Nuovo Testamento, Brescia, 1967, vol. III, col. 504) Tuttavia egli presenta delle prove che gli scrittori greci a volte usavano il termine Hèllen in riferimento a persone di altre razze che avevano adottato la lingua e la cultura greca: persone che erano state “ellenizzate”. Quindi, nel valutare i riferimenti biblici agli Hèllenes o greci, in molti casi si deve tener conto perlomeno della possibilità che non fossero tali per nascita o discendenza.
La donna “greca” di nazionalità siro-fenicia la cui figlia fu sanata da Gesù (Mr 7:26-30) era probabilmente di discendenza greca e come tale era conosciuta. I “greci fra quelli che erano saliti ad adorare” durante la Pasqua e che chiesero di essere ricevuti da Gesù erano evidentemente proseliti greci di religione ebraica. (Gv 12:20; vedi le parole profetiche di Gesù al versetto 32 circa ‘l’attirare a sé uomini d’ogni sorta’). Il padre di Timoteo è chiamato Hèllen e così pure Tito. (At 16:1, 3; Gal 2:3) Questo poteva significare che erano di origine greca. Ma tenuto conto della dichiarata tendenza di alcuni scrittori greci a chiamare Hèllenes anche persone di altra nazionalità che parlavano greco ed erano di cultura greca, e del summenzionato uso che Paolo fa del termine in senso rappresentativo, c’è anche la possibilità che fossero greci in quest’ultimo senso. Tuttavia, il fatto che la donna greca fosse di nazionalità siro-fenicia, che il padre di Timoteo risiedesse a Listra in Asia Minore o che Tito pare avesse abitato ad Antiochia di Siria, non dimostra che non fossero greci da un punto di vista etnico o per discendenza. Infatti in tutte quelle regioni c’erano colonie e immigrati greci.
Quando Gesù disse a un gruppo di persone che stava per ‘andare da colui che l’aveva mandato’ e che ‘dove sarebbe andato lui non lo avrebbero potuto seguire’, gli ebrei dissero fra di loro: “Dove intende andare costui, così che non lo troveremo? Non intende andare dai giudei dispersi fra i greci e insegnare ai greci, vero?” (Gv 7:32-36) Dicendo “giudei dispersi fra i greci” intendevano evidentemente proprio gli ebrei dispersi in tutte le lontane città greche e le nazioni a O e non quelli stabilitisi a Babilonia. La descrizione dei viaggi missionari di Paolo rivela che nelle varie regioni greche c’erano un buon numero di immigrati ebrei.
In Atti 17:12 e 18:4, dove si parla di avvenimenti accaduti nelle città greche di Berea e Corinto, il riferimento è senz’altro a persone di origine greca. Lo stesso si può dire dei “greci” di Tessalonica in Macedonia (At 17:4), di Efeso sulla costa O dell’Asia Minore, antica colonia greca e un tempo capitale della Ionia (At 19:10, 17; 20:21), e anche di Iconio nell’Asia Minore centrale (At 14:1). Il fatto che “giudei e greci” compaiano insieme in alcuni di questi versetti potrebbe indicare che, come Paolo, anche Luca usava il termine “greci” per indicare i non ebrei in generale; comunque in realtà solo Iconio si trovava geograficamente fuori della sfera d’influenza greca.
Ellenisti. Nel libro di Atti ricorre un altro termine: Hellenistài (plurale di Hellenistès). Questo termine non si trova nella letteratura greca né in quella ebraico-ellenistica; perciò il significato non è del tutto chiaro. Tuttavia quasi tutti i lessicografi ritengono che in Atti 6:1 e 9:29 esso indichi i “giudei di lingua greca”. Nel primo di questi due versetti gli Hellenistài sono contrapposti ai “giudei di lingua ebraica” (Ebràioi [testo greco di Westcott e Hort]). Il giorno di Pentecoste del 33 E.V. erano presenti ebrei e proseliti provenienti da molti paesi. Che molte di queste persone di lingua greca si trovassero in città è provato dall’“iscrizione di Teodoto” rinvenuta sull’Ofel, colle di Gerusalemme. Scritta in greco, dice: “Teodoto, figlio di Vetteno, sacerdote e archisinagogo [presidente della sinagoga], figlio di un archisinagogo, nipote di un archisinagogo, edificò la sinagoga per la lettura della Legge e l’insegnamento dei Precetti, e l’ospizio e le stanze e le installazioni idrauliche, per servir d’alloggio a chi ne abbia bisogno (venendo) dall’estero; la quale (sinagoga) avevano fondata i suoi padri e gli anziani e Simonide”. (E. Gabba, Iscrizioni greche e latine per lo studio della Bibbia, pp. 79-82) Qualcuno vedrebbe un collegamento fra questa iscrizione e la “Sinagoga dei Liberti”, alcuni membri della quale furono tra i responsabili del martirio di Stefano. — At 6:9; vedi LIBERTO, LIBERO.
In Atti 11:20 il termine Hellenistài, usato a proposito di certi residenti di Antiochia di Siria, può tuttavia riferirsi a “gente di lingua greca” in generale, anziché a ebrei di lingua greca. Questo sembra indicato dall’accenno al fatto che, fino all’arrivo di alcuni cristiani di Cirene e di Cipro, la predicazione della parola in Antiochia era limitata “ai soli giudei”. (At 11:19) Perciò gli Hellenistài qui menzionati potevano essere persone di diverse nazionalità che erano state ellenizzate e parlavano greco (e forse vivevano secondo l’usanza greca). — Vedi ANTIOCHIA n. 1; CIRENE, CIRENEO.
L’apostolo Paolo si recò in Macedonia e in Grecia durante il secondo e il terzo viaggio missionario. (At 16:11–18:11; 20:1-6) Svolse il suo ministero nelle importanti città macedoni di Filippi, Tessalonica e Berea, e nelle principali città achee, Atene e Corinto. (At 16:11, 12; 17:1-4, 10-12, 15; 18:1, 8) Durante il secondo viaggio dedicò un anno e mezzo al ministero a Corinto (At 18:11), e in quel tempo scrisse le due lettere ai Tessalonicesi e forse anche quella ai Galati. Durante il terzo viaggio scrisse da Corinto la lettera ai Romani. Dopo essere stato una prima volta detenuto a Roma, Paolo evidentemente si recò di nuovo in Macedonia fra il 61 e il 64 E.V., da dove scrisse probabilmente la prima lettera a Timoteo e forse la lettera a Tito.
Nei primi secoli dell’era volgare, la cultura greca continuò a influenzare l’impero romano, e la Grecia non rinunciò alla sua egemonia intellettuale; Atene infatti possedeva una delle principali università dell’impero romano. Costantino tentò di fondere il cristianesimo con certe usanze e dottrine pagane, e proprio il suo intervento preparò il campo perché questa religione unificata diventasse la religione ufficiale dell’impero. Così la Grecia diventò parte della cristianità.
Attualmente la Grecia ha una superficie di 131.957 km2 e 10.750.000 abitanti.