L’archeologia e la parola “patto”
UNA delle parole notevoli nelle Scritture Ebraiche è la parola berith, che ricorre almeno 279 volte, delle quali 82 si trovano nei cinque libri di Mosè. Berith è stato tradotto in diversi modi, come “patto”, “alleanza”, “lega”, e alcuni hanno suggerito “ordinamento”. Finora la Traduzione del Nuovo Mondo delle Scritture Ebraiche ha consistentemente tradotto questa parola ebraica con “patto” sebbene sia fatta una notevole eccezione là dove, invece della traduzione letterale “stipulatori d’un patto”, due parole ebraiche sono state tradotte dalla sola parola “confederati”, che deriva dal vocabolo latino foederis, significante “d’un patto, alleanza o accordo”. — Gen. 14:13, lettura marginale.
● I testimoni di Geova nei passati settant’anni hanno attribuito il più ristretto significato alla parola berith, accettando il suo significato come riferentesi a un patto, un contratto legale nel senso moderno più completo, un vincolante accordo tra due parti delle quali una o ambedue siano legalmente obbligate ad adempiere certe condizioni o obblighi. Tuttavia, la maggioranza degli insegnanti religiosi dà alla parola berith un significato più leggero, e ne indebolisce la forza sostenendo che fosse usato principalmente come paragone col significato indicante certe relazioni tra Dio e l’uomo, semplici espressioni di volontà (patti unilaterali) o annunci di nuove disposizioni.
● Ora l’archeologia biblica rivendica i testimoni di Geova nella loro comprensione più conservativa della parola berith. Nel 1927 furono trovate quindici tavolette cuneiformi nell’antica città non israelita di Qatna, a sudest di Hamath. La Bibbia dice che Hamath era situata a nord del confine settentrionale della Terra Promessa. (Gios. 13:5) Sembra che questi documenti o tavolette di Qatna siano state scritte circa duecento anni dopo il tempo di Mosè. Non fu prima del 1950 che l’assiriologo francese M. J. Bottèro completò la pubblicazione delle loro trascrizioni e traduzioni. La Scuola Americana di Ricerche Orientali fa il seguente rapporto di due di queste tavolette contenenti le prime ricorrenze non bibliche di questa importante parola biblica usata legalmente perfino dai vicini degli Israeliti poco dopo i giorni di Mosè.
● “I contenuti delle due tavolette sono semplici. La tavoletta A contiene un elenco di nomi . . . La tavoletta B è un elenco di provviste, con razioni di farina d’orzo, ecc., pagabili agli uomini che portano questi nomi. Ambedue le tavolette furono scritte dallo stesso uomo, Kida figlio di Akbite, il cui nome compare anche nel primo elenco, indicando che egli scrisse la tavoletta per il gruppo di uomini menzionati. L’elenco A è perciò un accordo nel quale gli uomini in causa, insieme allo scrivente, acconsentono d’essere alle dipendenze di qualcuno o di adempiere certi obblighi. L’elenco B, scritto dallo stesso scrivente, illustra quindi la natura dell’accordo; gli uomini dovevano ricevere delle specifiche razioni in cambio dei loro servizi. Inutile dirlo, qui abbiamo un nuovo punto di notevole importanza per gli studiosi biblici poiché il concetto israelita della parola berith, ‘patto’, fu il tema centrale della teologia di Jahvè. Questa è quindi la prima ricorrenza di una parola pubblicata in un testo non biblico, sin dai tempi antichi; non più tardi del primo terzo del quattordicesimo secolo a.C.”a
● Pertanto nel futuro si potrà usare la parola biblica tradotta “patto” con la piena certezza che essa aveva anticamente il significato paragonabile alla nostra moderna parola legale “contratto”.
[Nota in calce]
a Bollettino della Scuola Americana di Ricerche Orientali (inglese) del febbraio 1951, pag. 22.