Domande dai lettori
● Perché l’apostolo Paolo disse: “In quanto a me, per mezzo della legge morii riguardo alla legge”? — Gal. 2:19.
Le parole dell’apostolo fanno parte di un ragionamento secondo cui un uomo non può rendersi giusto dinanzi a Dio tramite “opere della legge”. Paolo scrisse: “Noi che siamo Giudei per natura, e non peccatori delle nazioni [che non avevano la legge mosaica e quindi vivevano in un modo che i Giudei consideravano illegale], sapendo che l’uomo e dichiarato giusto non a motivo delle opere della legge, ma solo per mezzo della fede verso Cristo Gesù, noi pure abbiamo riposto fede in Cristo Gesù, affinché siamo dichiarati giusti a motivo della fede verso Cristo, e non a motivo delle opere della legge, perché a motivo delle opere della legge nessuna carne sarà dichiarata giusta”. — Gal. 2:15, 16.
La Legge rendeva Paolo consapevole del fatto che gli era semplicemente impossibile osservarla alla perfezione. Lo condannava come peccatore meritevole di morte. Non importa quanto scrupolosamente cercasse di osservare le esigenze della Legge, riscontrava di venire meno. (Rom. 7:7-11) Perciò, “per mezzo della legge morii riguardo alla legge”. Oppure, come si esprime un’altra versione della Bibbia, la Today’s English Version: “Per quanto riguarda la Legge, comunque, io sono morto — ucciso dalla Legge stessa — affinché viva per Dio”. Accettando con fede la disposizione di Geova per la salvezza tramite Cristo, Paolo fu dichiarato giusto da Dio per vivere di nuovo. Perciò venne spiritualmente alla vita. Come risultato della sua fede, l’apostolo venne sotto l’influenza dello spirito santo, manifestandone i frutti nella propria vita. Ecco perché Paolo aggiunse: “Affinché divenissi vivente riguardo a Dio”. — Gal. 2:19.
● Perché Salomone dichiarò: “Geova stesso disse che doveva risiedere nella fitta oscurità”? — 1 Re 8:12.
Il re Salomone fece questa affermazione dopo che i sacerdoti ebbero deposto la sacra Arca nel Santissimo del tempio e quando, dopo ciò, la nuvola empì il santuario. (1 Re 8:6-11) Fu questa nuvola a ricordare a Salomone la maniera in cui Geova Dio aveva precedentemente rivelato la sua presenza. Per esempio, a Mosè era stato detto: “Ecco, io verrò a te in una nuvola tenebrosa”. (Eso. 19:9) Riferendosi a ciò, in un’altra occasione Mosè dichiarò: “Vi erano tenebre, nuvole e fitta oscurità”. (Deut. 4:11) Avendo l’Altissimo associato la sua presenza a una nuvola, Salomone poté giustamente dire che ‘Geova risiedeva nella fitta oscurità’.
● Secondo Samuele 8:13 afferma che Davide abbatté gli edomiti nella Valle del Sale, ma I Cronache 18:12 attribuisce l’impresa ad Abisai, e la soprascritta del Salmo 60 dice che fu Gioab a infliggere quella sconfitta. Come mai?
Evidentemente i tre racconti presentano la sconfitta degli edomiti da punti di vista diversi. In II Samuele la vittoria è attribuita a Davide perché egli era il re, il comandante supremo dell’esercito d’Israele, colui che aveva concesso l’autorizzazione a dare battaglia. Siccome Gioab era il generale principale, nella soprascritta del Salmo 60 il trionfo è attribuito a lui. Abisai era un comandante di divisione agli ordini di Gioab e indubbiamente ebbe un ruolo decisivo nella campagna militare. Questo spiegherebbe perché nel racconto di Cronache la vittoria è attribuita a lui. Non vi è quindi nessuna contraddizione. Anche oggi c’è l’abitudine di attribuire un’impresa particolare a chi l’ha autorizzata o a chi ha svolto un ruolo determinante nel portarla a termine con successo.