Aiuta il tuo bambino perché impari a parlare
DANILO gorgogliò di piacere quando la zia lo prese su e se lo fece sedere sulle ginocchia. Mentre veniva cullato dolcemente emise un felice “Ahhh”. La zia, che studiava ortofonia, ripeté con tenerezza: “Ahhh”. Il bimbo reagì al suono ‘che ritornava a lui’; questo fece piacere alla zia, che fu ancor più compiaciuta quand’egli disse di nuovo “Ahhh”.
Al piccino piacque il “gioco”, che continuò per un po’. Ma per la zia il “gioco” voleva dire molto. Si rese conto che in tenera età il bambino aveva cominciato a “imitare i suoni”. Questa era una chiara indicazione che la sua mente era desta, l’udito buono e che un giorno avrebbe parlato bene.
Ascoltare il farfugliare dei bambini è forse una perdita di tempo? È vero che molti bimbi finiscono per “imparare a parlare da sé”, o almeno così sembra. Comunque, nell’ultimo ventennio lo studio dello sviluppo del linguaggio nei bambini ha rivelato molte cose. Oggi il “barbugliare” dei bambini e l’attenzione che i genitori (e chiunque si occupi di bambini) dovrebbero prestarvi non sono presi alla leggera da molti medici e specialisti di ortofonia.
Tale attenzione è fuori luogo? Considerate l’effetto sull’intera personalità di alcuni che dall’infanzia hanno avuto difetti nel parlare:
“[Al bar] volevo caffè e maritozzi, ma ordinavo latte e fiocchi d’avena perché sapevo che avrei balbettato orribilmente pronunciando quelle parole e non volevo che l’anziana signora che mi serviva se ne dispiacesse per me. Odio i fiocchi d’avena”.
“Anche da bambina ricordo che mi vergognavo del mio modo di parlare. E ogni volta che aprivo bocca, mia madre provava vergogna. Non posso dirvi quanto fosse orribile. Se parlavo, sbagliavo. Era proprio così. Pensavo sempre che dovevo essere proprio cattiva per parlare in quel modo”.
“Quando balbettavo mio padre non voleva ascoltarmi. Se ne andava sempre. Giunsi al punto che qualsiasi cosa dovessi dirgli, glielo facevo dire da mia madre”. — Speech Correction.
Gli adulti di cui abbiamo parlato sarebbero i primi a dirti com’è importante sapere cosa fare per aiutare il tuo bambino a parlare bene. Inoltre, questa non è una cosa da prendere in considerazione quando il bambino inizia la scuola (in quasi tutti i paesi verso i sei anni) ma, piuttosto, dall’infanzia. Se c’è un argomento su cui la maggior parte degli studiosi sono d’accordo è che la cura del bambino nei primi quattro anni è essenziale per lo sviluppo del linguaggio e, quindi, molti sostengono, anche per la capacità di pensare.
Comunque, prima di esaminare lo sviluppo del linguaggio, dobbiamo chiederci: Di cosa dispone un normale neonato per imparare a parlare e di quale tendenza è dotato? Gli studiosi rispondono: “Ha delle risorse miracolose!”
Il molteplice miracolo
Il termine “miracolo” potrebbe sembrare esagerato. Eppure la parola (i suoni, il modo di respirare) e il linguaggio (ciò che i suoni rappresentano) sono sistemi interdipendenti molto complessi.
Infatti, la coordinazione da sola è già una meraviglia. Per pronunciare una breve parola di due sillabe possono essere necessari venti diversi movimenti delle labbra, della lingua, della laringe e delle mandibole. Questi venti movimenti delicati devono essere compiuti con precisione, nella corretta successione, in circa un quarto di secondo. Ciò significa che ciascun movimento avviene in circa un centesimo di secondo. E questo in modo del tutto automatico!
Un secondo miracolo è la varietà dei suoni e quando siamo capaci di emetterli. In tutto il mondo, secondo gli studiosi di ortofonia, nei primi mesi di vita i bambini possono emettere tutti i suoni del linguaggio che il sistema vocale umano possa produrre: “. . . le vocali e le consonanti vibrate del francese, l’umlaut e i suoni gutturali del tedesco, e molti che si possono descrivere solo con simboli fonetici”. Quindi, universalmente, i bambini appena nati sviluppano rapidamente il potenziale di una completa gamma di suoni, ma il loro ambiente (la lingua locale, i rumori che odono) determina quali tendono ad usare.
Tale evidenza controbatte vigorosamente la tesi degli evoluzionisti secondo cui “per caso, l’uomo primitivo produsse udibili suoni articolati”. (The Psychology of Communication, pag. 16) Al contrario, dimostra che la parola è un “miracolo innato”. Un Creatore ha dotato i bambini della possibilità, del desiderio e della predisposizione o tendenza a parlare.
Questa veduta è sostenuta ulteriormente dagli studi scientifici indicanti che i bambini dimostrano ovunque modelli e stadi rimarchevolmente simili nello sviluppo del linguaggio. Oltre a riconoscere che il linguaggio è un “dono” prezioso, imparando riguardo a tali modelli e cooperando con questi si possono fare passi positivi per aiutare un bambino.
Dal primo pianto alla prima parola
Sono qui sotto elencati gli stadi attraverso i quali molti studiosi di ortofonia ritengono che tutti i bambini “normali” passino per giungere a pronunciare frasi o gruppi di parole. Comunque è bene fare una precisazione in proposito.
“Normale” significa semplicemente quello che quasi tutti i bambini fanno entro un dato tempo. Ma nessun bambino è una statistica o una media; ogni bambino è un individuo a sé. Quindi anche se tutti i bambini che parlano in modo normale di solito seguono questo modello, l’età in cui lo fanno può variare considerevolmente.
Inoltre, bisogna riconoscere che l’ereditarietà pare abbia molta importanza. Perciò in alcune famiglie si comincia a parlare più tardi che in altre. Tenendo presenti questi fattori, seguiamo lo schema dal primo pianto alle prime parole:
1. Dalla nascita per tutto il primo mese o quasi, l’unico suono emesso dal bambino sarà quello di piangere con poca differenza di tono qualunque sia la ragione del disagio. Quindi, di solito, dalla quarta alla sedicesima settimana il bambino emetterà suoni come per “tubare” e “ridere”. Emetterà alcuni suoni (principalmente vocalici). Il pianto assumerà differenze di tono. (Sì, non solo la mamma impara quello che vuole il bambino quando piange, ma il bambino varia effettivamente il tono quando piange).
2. Verso la ventesima settimana il bambino comincia a “barbugliare”. Comincerà a mettere insieme “catene” di suoni monosillabici che spesso sono la ripetizione di suoni simili. Il bambino di solito prova piacere nel farli e questi includeranno alcune consonanti nasali (come m, n).
3. Dal sesto al nono mese il barbugliare del bambino si trasformerà nella cosiddetta “imitazione del suono”. Questa inizia come “autoimitazione”, cioè il bambino ripete i suoni che egli stesso fa. In seguito comincerà a ripetere i suoni che gli fa un adulto o un altro bambino. (Come nell’esempio all’inizio del nostro articolo).
4. Dal decimo al dodicesimo mese il bambino comincia in effetti a pronunciare brevi parole, ma normalmente si tratta semplicemente di ripetere ciò che hanno detto gli adulti; è ancora imitazione.
5. Verso il diciottesimo mese il bambino disporrà di un vocabolario di tre o quattro fino a cinquanta parole e mostrerà sempre più con l’inflessione della voce che queste significano qualche cosa, identificano qualche cosa. Il bimbo ormai comincerà a usare espressioni di due parole.
Di solito le bambine cominciano a parlare un po’ prima dei maschietti. E, come si è già notato, ciascun bambino può attardarsi in uno stadio e quindi superare rapidamente il successivo. Comunque, il dott. Jon Eisenson, specialista di ortofonia, sostiene: “Quasi tutti i bambini che cominciano a parlare, forse il 90 per cento, pronunciano le prime parole a 15 mesi”.
Ora nel considerare questi stadi forse la cosa più importante da notare è questa: I bambini imparano a parlare imitando quelli che li circondano. Ecco perché hai un ruolo importantissimo nell’aiutare il tuo bambino in ogni nuovo stadio.
Cosa fare
Anche se non tieni un elenco di ‘quando il pupo dovrebbe essere in grado di far questo’, è importante che ne osservi attentamente le reazioni. Purtroppo, molte volte quello che diviene un grave impedimento nel parlare ha origine da una difficoltà di udito. Anche il più piccolo difetto di udito è pericoloso per il bambino piccolo. Perché? Perché il bambino impara i suoni e poi li ripete come li ode. Perciò, una difficoltà di udito ignorata dai genitori provocherà probabilmente difficoltà nel parlare e diminuirà la capacità di apprendimento.
Una malattia comune, per esempio, è la cosiddetta otite media sierosa. Questa infiammazione dell’orecchio medio può alterare solo leggermente la capacità uditiva del bambino. Ma negli anni prescolastici, osserva il dott. Marion Downs, “una diminuzione dell’udito di 15 decibel . . . è sufficiente a produrre nel bambino problemi del linguaggio”. (Newsweek del 14 giugno 1976) Naturalmente, le opinioni variano in quanto al punto esatto in cui la diminuzione dell’udito può costituire un impedimento. Nondimeno, il bambino affetto da questa particolare malattia udrà chiaramente le vocali ma non potrà riprodurre certe consonanti (come p, t, s).
Non è facile accorgersi di una diminuzione di udito in un bambino. Osserva attentamente il piccino. Trasalisce a rumori forti e improvvisi? Reagisce a rumori deboli e lontani? Bene. Il bambino volta il capo e reagisce a una voce vicino alla culla prima di vedere qualcuno? Anche questa è una buona indicazione che il suo udito è a posto.
Se l’udito è buono, cosa puoi fare di positivo per aiutare il tuo bambino a imparare a parlare? La cosa più importante: Dedicagli TEMPO e ATTENZIONE. Lascia che il piccino barbugli e anzi incoraggialo a esprimere suoni. Ripetigli i suoni che fa e quando si sforza di parlare, incoraggialo mostrandogli interesse.
Il modo migliore di far questo è con una voce dolce e un tono piacevole. Se il pupo all’inizio dice una parola in modo scorretto, di solito è meglio evitare di ribattere: “No, si dice —”. Piuttosto, sorridi con approvazione (Dopo tutto ha parlato!) e quindi ripeti la parola, pronunciandola correttamente. Così, pur non scoraggiando il parlare infantile del bambino, allo stesso tempo tu non lo incoraggi a continuare a pronunciare male la parola. A volte, amici e parenti benintenzionati pensano che gli errori di pronuncia di un piccino siano “carini”. Questo è certo meglio che considerarli “cattivi” o “errati”. Comunque, dal punto di vista del parlare corretto, i migliori risultati si ottengono approvando il fatto che il bambino parla, pur incoraggiando la giusta pronuncia con pazienza e ripetizione.
D’altra parte, tutto questo non significa che già dalla “prima parola” i genitori debbano attendersi che il bambino parli come un adulto. Fanno bene a ricordare l’ammissione dello scrittore biblico Paolo: “Quando ero bambino, parlavo da bambino, pensavo da bambino, ragionavo da bambino”. (1 Cor. 13:11) Sì, le prime parole del tuo piccino possono essere un’imitazione piuttosto scadente, ma pazienza e buon esempio sono essenziali. Così, crescerà naturalmente superando i tratti del bambino.
Certo, quando i bambini diventano troppo rumorosi e chiassosi è necessaria la disciplina. Ma si deve essere equilibrati nel trattare con i più piccini. Incoraggiateli a parlare ed evitate di stabilire mete impossibili per il bambino.
Quando, nell’infanzia, alcuni bambini non pronunciano correttamente certi suoni e i genitori ne sono molto irritati, questo può essere nocivo per il piccino. Come mai? Gli scienziati ritengono che pur essendoci una tendenza ereditaria a certi difetti di pronuncia, questi spesso sono peggiorati dalla pressione dei genitori. A volte quella che potrebbe essere una fase passeggera è considerata dai genitori così “terribile” che il bambino si blocca o si irrigidisce nella cattiva abitudine.
Per esempio, il bambino “medio” non parla in modo scorrevole (si ferma, a volte inciampa o balbetta), specialmente fra i due e i quattro anni. In questo periodo è necessaria la saggezza del principio biblico esposto in Efesini 6:4: “Non irritate i vostri figli”. Spesso se i genitori non reagiscono con asprezza o in modo scandalizzato se il bambino inciampa o balbetta, ma anzi gli fanno una carezza e un sorriso, la diminuita tensione ridurrà l’impedimento. Quest’attenzione amorevole riduce l’ansietà del bambino e anche quella dei genitori.
Si sa che i bambini allevati in istituti o in condizioni culturali sfavorevoli spesso hanno difficoltà nel parlare e nell’esprimersi. Ma oggi molti bambini che hanno i genitori soffrono come se fossero orfani. Perché? Perché gli adulti non prestano ai bambini l’attenzione di cui hanno bisogno. Paradossalmente, spesso i genitori evitano di comunicare con il bambino finché non pensano che sia ‘abbastanza grande per capire’, mentre in effetti un bambino piccolo ha bisogno di altrettanta o maggior considerazione del bambino che è in grado di esprimersi liberamente.
Questo avviene di solito quando i genitori hanno l’idea errata che il bambino non è in grado di imparare “cose serie” finché non ha diversi anni. Al contrario, la veduta biblica del potenziale di apprendimento del bambino è ben espressa in Deuteronomio 31:12: “Congrega il popolo, gli uomini e le donne e i piccoli [ebraico taph, ‘quelli dai passi brevi o incerti’, ai primi passi] . . . onde ascoltino e imparino”.
Come arricchire il vocabolario
È sorprendente con quale rapidità si arricchisca il vocabolario di un bambino normale. Da due o tre parole all’età di un anno, raggiunge da 50 a 200 parole a due anni, fino a 900 parole circa a tre anni. Da cosa dipende il grosso salto tra i due e i tre anni? Si ritiene che dipenda dal fatto che il bambino impara a fare domande. Perciò il bambino di due anni ha ora modo di esplorare tutto il linguaggio possibile.
Poiché la domanda è il principale strumento del bambino, è molto importante che i genitori (o chi ha cura dei bambini) si rendano conto che quell’apparentemente fastidioso “perché?” è essenziale. Scoraggiandolo si scoraggia l’arricchimento del vocabolario e del pensiero logico.
Oltre alla tua reazione alle domande, ci sono, potremmo dire, tre risposte alle prime frasi di un bambino che avranno molto effetto sul suo progresso nel parlare.
Per esempio: Supponiamo che la piccola Maria vada fuori, trovi un “fiore” e lo porti alla mamma. Come reagirà la mamma quando Maria dice: “Guarda, mamma, fiore”?
La reazione negativa sarebbe: “Va fuori, Maria, ho da fare. Porta via quell’erbaccia”.
La reazione neutra potrebbe essere: “È bello, Maria”.
Ma la reazione positiva sarà: “Oh, che bel fiore, Maria. Vedi, ha quattro petali”. È ovvio che qui la mamma non solo ha reagito con calore all’entusiasmo di sua figlia ma ha fatto di più e ha aggiunto un nuovo vocabolo: “petali”.
Infatti, i genitori possono considerare le conversazioni con i loro figli come opportunità di aggiungere nuove parole, di arricchire il loro “mondo della conoscenza”. Il modo migliore per farlo è con frasi brevi, spesso ripetendo quello che ha detto il bambino (se fondamentalmente corretto) e poi aggiungendovi qualche cosa.
Inoltre, è bene ricordare che anche quando un piccino fa quella che potrebbe sembrare un’affermazione spesso cerca conferma dall’adulto, chiedendo in effetti: ‘Ho ragione?’
Ma purtroppo, per quanti tentativi si possano fare per aiutare un bambino, può divenire evidente che vi è un grave impedimento di qualche genere nel parlare. E allora?
Evitare le reazioni estreme
Benché il suo udito sia normale, e pur concedendo una certa lentezza per la sua particolare età, può darsi che il tuo bambino non faccia progressi nel formulare parole e collegarle insieme. Che si può fare? Ebbene, la cosa peggiore è di lasciarsi prendere dal panico e andare a uno dei due estremi.
Un estremo è quello di considerare il bambino quasi un “anormale” e incolpare eccessivamente voi o il bambino. Se un bambino cadesse e si rompesse una gamba, quale genitore non lo porterebbe subito dal dottore perché la metta a posto? Ma se qualcosa non va nel modo di parlare del bambino si pensa che sia colpa sua e quindi qualcosa da ignorare o di cui vergognarsi piuttosto che qualche cosa da mettere a posto.
È vero che spesso le circostanze familiari hanno contribuito al difettoso modo di parlare, ma questa è una ragione di più per prestare vera attenzione sia al bambino che ai rapporti entro la famiglia. Spesso, i medici che curano l’ortofonia possono aiutare rapidamente un bambino a risolvere un problema della parola o del linguaggio, mentre se si lascia che vada avanti in quel modo, la difficoltà potrebbe divenire così inveterata da essere virtualmente impossibile correggerla.
L’altro estremo è quello dell’eccessiva costernazione espressa in modo tale che il bambino si accorga di essere oggetto di molta ansietà. Lo si costringe a sentire che DEVE parlare altrimenti. Specialmente per i balbuzienti, questa ulteriore pressione di solito non fa che aggravare la loro difficoltà.a
Piuttosto, come nel caso dei piccini di cui si è parlato prima, vi è il massimo bisogno di pazienza e tenerezza da parte dei genitori. Evitate di correggere e assillare costantemente; cercate invece di far sì che il piccolo non pensi al suo difetto nel parlare. Spesso, quando la sua mente dimentica l’impedimento, il bambino riesce a parlare normalmente.
Inoltre, è importante far capire ai fratelli e alle sorelle maggiori la necessità di trattare il balbuziente con tenero affetto, non interrompendolo sempre quando cerca di parlare, provocando così frustrazione e ansietà.
In effetti, i princìpi cristiani espressi nella Bibbia su come trattare i bambini sono inestimabili nell’aiutare il bambino che abbia un difetto nel parlare e che quindi è spesso definito “lento nell’apprendere”.
“Tenero affetto”, “longanimità”, “mitezza”, “padronanza di sé”: queste qualità mostrate dai genitori possono fare molto per alleviare il problema. — 1 Tess. 2:7, 8; Gal. 5:22, 23.
Parla dunque al tuo bambino, dall’infanzia. Leggi al tuo bambino, dall’infanzia. Tienitelo vicino, con dolcezza, con amore, dall’infanzia. Queste cose contribuiranno allo sviluppo del linguaggio del piccino e avranno effetti positivi sulla sua personalità e sulla sua capacità di apprendimento.
Come nessun altro strumento, forse, la capacità del bambino di parlare con chiarezza e comunicare i suoi pensieri, i suoi bisogni e desideri influirà sul suo successo personale, lo aiuterà a sentirsi utile e felice. Insieme al tuo bambino, dunque, usa correttamente il miracoloso dono di Dio della parola. In seguito, con quel dono esclusivamente umano che sono le parole, tuo figlio probabilmente ti dirà: “Grazie. Sono lieto che tu abbia avuto cura di me”.
[Nota in calce]
a Vedi in Svegliatevi! del 22 dicembre 1975, pag. 20, l’articolo “Aiuto per i balbuzienti”.
[Testo in evidenza a pagina 17]
“I bambini dimostrano ovunque modelli e stadi rimarchevolmente simili nello sviluppo del linguaggio”.
[Testo in evidenza a pagina 18]
“Forse la cosa più importante da notare è questa: I bambini imparano a parlare imitando quelli che li circondano”.
[Testo in evidenza a pagina 19]
“A volte quella che potrebbe essere una fase passeggera è considerata dai genitori così ‘terribile’ che il bambino si blocca o si irrigidisce nella cattiva abitudine”.
[Immagine a pagina 21]
Anche il padre può aiutare con dolcezza il bambino a parlare ripetendo spesso parole semplici