Il maestoso universo
Misterioso, ma affascinante!
IN QUESTO periodo dell’anno il cielo notturno è un vero spettacolo. Basta alzare lo sguardo ed ecco avanzare il possente Orione, facilmente visibile nelle sere di gennaio da Anchorage, in Alaska, fino a Città del Capo, in Sudafrica. Avete ammirato di recente i tesori celesti che si trovano in costellazioni ben note, come Orione? Gli astronomi l’hanno fatto non molto tempo fa usando il telescopio spaziale Hubble da poco riparato.
Dalle tre stelle che formano la cintura di Orione pende la sua spada. La stella sfocata al centro della spada in realtà non è affatto una stella, bensì la famosa Nebulosa di Orione, un oggetto molto affascinante anche quando lo si osserva attraverso un piccolo telescopio amatoriale. Non è il suo chiarore etereo, però, che affascina gli astronomi di professione.
“Gli astronomi investigano la Nebulosa di Orione e le sue molte stelle giovani perché, nella nostra parte della Galassia, è la regione più grande e più attiva in cui nascono le stelle”, riferisce Jean-Pierre Caillault nella rivista Astronomy. La nebulosa sembra una nursery cosmica! Quando il telescopio Hubble ha fotografato la Nebulosa di Orione, cogliendo dettagli mai visti in precedenza, gli astronomi non hanno visto solo stelle e gas luminescente ma anche quelli che Caillault definisce “piccoli ovali indistinti. Macchie di luce arancione. Sembrano schizzi di sugo caduti accidentalmente sulla foto”. Ma anziché considerarli incidenti avvenuti in camera oscura, gli scienziati ritengono che questi ovali indistinti siano “dischi protoplanetari, i primi sistemi solari allo stato embrionale visti a una distanza di 1.500 anni luce”. Significa questo che in questo momento nella Nebulosa di Orione stanno nascendo delle stelle, o addirittura interi sistemi solari? Molti astronomi sono convinti di sì.
Dalla nursery al cimitero delle stelle
Nel suo cammino sulla volta celeste, Orione, con l’arco in mano, sembra andare incontro alla costellazione del Toro. Lì, vicino alla punta del corno meridionale del Toro, un piccolo telescopio rivelerà una debole macchiolina luminosa. È la Nebulosa del Granchio, e osservata con un telescopio potente ha l’aspetto di un’esplosione in corso, come mostra la foto a pagina 9. Se la Nebulosa di Orione è una nursery stellare, la vicina Nebulosa del Granchio si può considerare la tomba di una stella che ha subìto una morte estremamente violenta.
Quel cataclisma celeste potrebbe essere stato registrato da astronomi cinesi che descrissero una “stella ospite” apparsa all’improvviso nella costellazione del Toro il 4 luglio 1054, la quale era talmente luminosa che rimase visibile anche di giorno per 23 giorni consecutivi. “Per qualche settimana”, osserva l’astronomo Robert Burnham, “la stella brillò con la luce di circa 400 milioni di soli”. Gli astronomi chiamano un suicidio stellare così spettacolare “supernova”. Ancor oggi, quasi mille anni dopo, i frammenti di quell’esplosione viaggiano nello spazio a una velocità stimata di 80 milioni di chilometri al giorno.
Il telescopio spaziale Hubble è stato all’opera anche in questa zona, scrutando in profondità nel cuore della nebulosa e scoprendo “nel Granchio dettagli che gli astronomi non si sarebbero mai aspettati”, secondo quanto riferisce la rivista Astronomy. L’astronomo Paul Scowen dice che le scoperte “dovrebbero indurre gli astrofisici a grattarsi la testa per un bel po’”.
Gli astronomi, come Robert Kirshner della Harvard University, ritengono importante studiare i resti di una supernova come la Nebulosa del Granchio perché si possono usare per misurare la distanza che ci separa da altre galassie, campo in cui attualmente fervono le ricerche. Come abbiamo visto, negli ultimi tempi le differenze nella stima delle distanze di altre galassie hanno acceso un vivace dibattito sul modello del big bang della creazione dell’universo.
Oltre la costellazione del Toro, ma ancora visibile nel cielo di gennaio (nell’emisfero settentrionale) guardando verso ovest, vi è un debole chiarore nella costellazione di Andromeda. Quel chiarore è la galassia di Andromeda, il più distante oggetto visibile a occhio nudo. Le meraviglie di Orione e del Toro fanno parte del nostro “vicinato” cosmico: distano solo poche migliaia di anni luce dalla Terra. Ora, invece, stiamo ammirando una struttura a spirale molto simile alla nostra galassia, la Via Lattea, ma ancora più grande, con un diametro di circa 180.000 anni luce, che dista da noi qualcosa come due milioni di anni luce. Mentre osservate il debole chiarore di Andromeda, ai vostri occhi arriva una luce che può avere più di due milioni di anni!
Negli ultimi anni Margaret Geller e altri hanno intrapreso ambiziosi programmi per creare una mappa tridimensionale di tutte le galassie che ci circondano, e i risultati hanno sollevato seri interrogativi circa la teoria del big bang. Anziché notare una distribuzione delle galassie omogenea in ogni direzione, i topografi del cielo hanno scoperto un “arazzo di galassie” in una struttura che si estende per milioni di anni luce. “Come sia stato tessuto questo arazzo a partire dalla materia quasi uniforme dell’universo primordiale è uno degli interrogativi più scottanti della cosmologia”, afferma un recente articolo pubblicato sull’autorevole rivista Science.
Abbiamo iniziato la serata dando un’occhiata al cielo stellato di gennaio e ben presto ci siamo imbattuti non solo in uno spettacolo mozzafiato, ma anche in domande e misteri circa la natura e l’origine dell’universo. Come ebbe inizio? Com’è arrivato all’attuale grado di complessità? Cosa accadrà alle meraviglie celesti che ci circondano? Esiste qualcuno in grado di dirlo? Vediamo.
[Riquadro a pagina 8]
Come fanno a sapere quanto è distante?
Quando gli astronomi ci dicono che la galassia di Andromeda dista due milioni di anni luce, in effetti stanno facendo una stima. Nessuno ha inventato un modo per misurare direttamente queste distanze che sfidano la comprensione. La distanza che ci separa dalle stelle più vicine, quelle che stanno nel raggio di circa 200 anni luce, si può misurare direttamente con la parallasse stellare, ovvero con semplici calcoli trigonometrici. Questo, però, funziona solo per stelle talmente vicine alla terra che sembrano muoversi leggermente man mano che la terra gira attorno al sole. La maggior parte delle stelle, e tutte le galassie, sono molto più distanti. A questo punto cominciano le ipotesi. Anche stelle del nostro “vicinato” cosmico, come la famosa supergigante rossa Betelgeuse, nella costellazione di Orione, sono soggette ad ipotesi: le stime della sua distanza variano da 300 a più di 1.000 anni luce. Non c’è da sorprendersi, dunque, se gli astronomi non sono concordi sulle distanze delle galassie, che sono un milione di volte maggiori.
[Riquadro a pagina 8]
Supernovae, pulsar e buchi neri
Nel cuore della Nebulosa del Granchio c’è uno degli oggetti più strani dell’universo conosciuto. Secondo gli scienziati, il minuscolo cadavere di una stella morta, compresso fino a raggiungere una densità fantastica, si rigira nella sua tomba 30 volte al secondo, emettendo un fascio di onde radio che furono captate sulla terra per la prima volta nel 1968. Si tratta di una pulsar, il residuo rotante di una supernova talmente compresso che gli elettroni e i protoni degli atomi della stella originale sono stati compressi insieme fino a formare neutroni. Gli scienziati dicono che un tempo quello era il nucleo massiccio di una stella supergigante come Betelgeuse o Rigel nella costellazione di Orione. Quando la stella esplose scagliando nello spazio gli strati esterni rimase solo il nucleo rimpicciolito, il tizzone incandescente di fornaci nucleari spentesi molto tempo fa.
Immaginate di prendere una stella con una massa pari a quella di due soli e di comprimerla fino a farla diventare una palla del diametro di 15-20 chilometri! Immaginate di prendere il pianeta Terra e di comprimerlo fino a farlo diventare una palla del diametro di 120 metri. Un centimetro cubo di quella sostanza peserebbe più di un miliardo di tonnellate.
Ma neanche questa sembra essere l’ultima parola in fatto di materia compressa. Se dovessimo comprimere la Terra fino alle dimensioni di una biglia, il campo gravitazionale terrestre diventerebbe talmente intenso che nemmeno la luce potrebbe sfuggire. A questo punto la nostra minuscola Terra sembrerebbe sparire all’interno di un cosiddetto “buco nero”. Anche se la maggioranza degli astronomi credono nell’esistenza dei buchi neri, questa non è stata ancora dimostrata, ed essi non sembrano così numerosi come si pensava qualche anno fa.
[Riquadro a pagina 10]
Ma quei colori sono autentici?
Chi scruta il cielo con un telescopio amatoriale spesso prova una certa delusione la prima volta che localizza una famosa galassia o nebulosa. Dove sono i meravigliosi colori visti nelle foto? “I colori delle galassie non possono essere percepiti direttamente dall’occhio umano, nemmeno usando i più grandi telescopi esistenti”, osserva l’astronomo e divulgatore Timothy Ferris, “poiché la loro luce è troppo debole per stimolare i recettori dei colori nella retina”. Questo ha indotto alcuni a pensare che i meravigliosi colori che si vedono nelle foto astronomiche siano falsi, che vengano semplicemente aggiunti in qualche modo nell’elaborazione della foto. Ma non è così. “I colori sono autentici”, scrive Ferris, “e le foto rappresentano i migliori sforzi degli astronomi per riprodurli fedelmente”.
Nel suo libro Galaxies Ferris spiega che le foto di oggetti lontani poco luminosi, come le galassie o la maggior parte delle nebulose, “sono lunghe esposizioni ottenute puntando un telescopio su una galassia ed esponendo una lastra fotografica anche per diverse ore, affinché la luce stellare penetri nell’emulsione fotografica. In questo tempo un meccanismo di inseguimento compensa l’effetto della rotazione terrestre e mantiene il telescopio puntato sulla galassia, mentre l’astronomo, o in alcuni casi un sistema di guida automatico, effettua piccole correzioni”.
[Diagramma/Immagini a pagina 7]
(Per la corretta impaginazione, vedi l’edizione stampata)
1 La costellazione di Orione, visibile a gennaio in tutto il mondo
2 La Nebulosa di Orione, una splendida zoomata della “stella” sfocata
3 Dentro la Nebulosa di Orione: una nursery cosmica?
[Fonti]
N. 2: Astro Photo - Oakview, CA
N. 3: C. R. O‘Dell/Rice University/NASA photo
[Immagine a pagina 9]
La galassia di Andromeda, il più distante oggetto visibile a occhio nudo. La sua velocità di rotazione sembra violare la legge della gravitazione di Newton e solleva il problema della materia oscura invisibile ai telescopi
[Fonte]
Astro Photo - Oakview, CA
[Immagine a pagina 9]
La Nebulosa del Granchio: la tomba di una stella?
[Fonte]
Bill e Sally Fletcher
[Immagini a pagina 10]
Sopra: La galassia Cartwheel (“ruota di carro”). Una galassia più piccola è entrata in collisione con essa, attraversandola e lasciando nella propria scia l’anello azzurro composto da miliardi di nuove stelle
[Fonte]
Kirk Borne (ST Scl) e NASA
Sotto: La Nebulosa Occhio di Gatto. Le sue intricate strutture sono dovute probabilmente a due stelle che orbitano l’una intorno all’altra
[Fonte]
J. P. Harrington e K. J. Borkowski (Università del Maryland) e NASA