Tolleranza: Da un estremo all’altro
LA BELLEZZA della valle del Kashmir spinse un filosofo del XVI secolo ad esclamare: “Se esiste un paradiso, è qui!” Chiaramente non immaginava cosa sarebbe successo in seguito in quella regione. Lì, negli ultimi cinque anni, il conflitto tra i separatisti e l’esercito indiano ha fatto almeno 20.000 morti. Il quotidiano tedesco Süddeutsche Zeitung ora definisce la regione una “valle di lacrime”. La valle del Kashmir insegna una lezione semplice ma preziosa: L’intolleranza può rovinare quello che potrebbe essere un paradiso.
Cosa significa tolleranza? Il Dizionario della lingua italiana di F. Palazzi e G. Folena (Loescher, 1992) la definisce “qualità di chi mostra rispetto per le opinioni diverse dalle sue e accetta che siano professate e praticate”. Che bella qualità! Ci sentiamo sicuramente a nostro agio con chi rispetta le nostre opinioni anche se sono diverse dalle sue.
Dalla tolleranza al fanatismo
L’opposto della tolleranza è l’intolleranza, che ha vari gradi di intensità. Si può iniziare ad essere intolleranti disapprovando, per ristrettezza mentale, la condotta o il modo di fare di qualcun altro. La ristrettezza mentale toglie sapore alla vita e chiude la mente a nuove idee.
Per fare un esempio, una persona molto austera potrebbe disprezzare l’esuberanza e l’entusiasmo di un bambino. Un giovane potrebbe trovare noioso il modo di fare riflessivo di qualcuno più avanti con gli anni. Chiedete a una persona prudente di lavorare spalla a spalla con qualcuno più audace, ed entrambi potrebbero irritarsi. Da cosa nascono il disprezzo, la noia, l’irritazione? Dal fatto che, in ciascun caso, una persona trova difficile tollerare il modo di pensare o di agire dell’altra.
Dove l’intolleranza trova un terreno fertile, dalla ristrettezza mentale si può passare al pregiudizio, che è l’avversione per un gruppo, una razza o una religione. Più intenso del pregiudizio è il fanatismo, che può sfociare in odio violento. Ne risultano sofferenze e spargimento di sangue. Pensate a cosa ha portato l’intolleranza durante le Crociate! Anche oggi, l’intolleranza è una delle cause dei conflitti in Bosnia, in Ruanda e nel Medio Oriente.
Per essere tolleranti bisogna essere equilibrati, e mantenere l’equilibrio non è facile. Siamo come il pendolo di un orologio, che oscilla da una parte all’altra. A volte siamo poco tolleranti, a volte troppo.
Dalla tolleranza all’immoralità
È possibile essere troppo tolleranti? Il senatore americano Dan Coats, in un discorso pronunciato nel 1993, disse che era in corso “una battaglia per stabilire cosa significa e come si esercita la tolleranza”. Cosa intendeva dire? Il senatore deprecava il fatto che in nome della tolleranza alcuni “abbandonano l’idea che esista una verità etica, che esistano il bene e il male, ciò che è giusto e ciò che è sbagliato”. Costoro ritengono che la società non abbia il diritto di giudicare se un comportamento è giusto o sbagliato.
Nel 1990 l’uomo politico britannico lord Hailsham scrisse che “il nemico peggiore della moralità non è l’ateismo, l’agnosticismo, il materialismo, l’avidità o qualsiasi altra causa accettata. Il vero nemico della moralità è il nichilismo: il non credere, letteralmente, in nulla”. È ovvio che se non crediamo in nulla non abbiamo norme di comportamento, e tutto si può tollerare. Ma è giusto tollerare ogni forma di condotta?
Il preside di una scuola superiore danese pensava di no. Agli inizi degli anni ’70 quest’uomo scrisse un articolo su un quotidiano protestando contro il fatto che sui giornali fossero apparsi annunci pubblicitari di spettacoli pornografici in cui si assisteva a rapporti sessuali tra esseri umani e animali. Questi annunci erano permessi a motivo della “tolleranza” della Danimarca.
È chiaro che nascono problemi non solo quando si è poco tolleranti, ma anche quando lo si è troppo. Perché è difficile evitare di andare agli estremi e mantenere il giusto equilibrio? Vi invitiamo a leggere il prossimo articolo.
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Reagendo in modo eccessivo quando i bambini sbagliano si può influire negativamente su di loro
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Tollerando qualsiasi cosa i bambini facciano non li si prepara per le responsabilità della vita