Esempi di riconoscimento dell’organizzazione
1. Quale esempio scritturale abbiamo di un missionario che riconosce l’organizzazione, e quale fu il risultato di questo suo riconoscimento?
CONSIDERIAMO un numero di buoni esempi di dovuto riconoscimento dell’organizzazione teocratica e del suo corpo governante. Non passò molto tempo dopo che la congregazione cristiana fu organizzata a Gerusalemme che la sfrenata persecuzione da parte dei religionisti giudei disperse la congregazione dalla città, ad eccezione degli apostoli, che vi rimasero come corpo governante. Filippo l’evangelista o missionario portò la predicazione della buona notizia verso il settentrione in Samaria e riuscì a stabilire nella città una congregazione, i membri della quale egli battezzò. Alla congregazione mancava una cosa importante: lo spirito santo con i suoi doni miracolosi. Filippo desiderava che i nativi testimoni della congregazione li ricevessero. Riconoscendo l’organizzazione teocratica e sapendo che i doni miracolosi dello spirito potevano esser conferiti soltanto dagli apostoli dell’Agnello o alla loro stessa presenza, Filippo inviò un messaggio a Gerusalemme. Questo fu un altruistico e leale riconoscimento dell’organizzazione teocratica, da parte di un evangelista o missionario. Quale fu il risultato? Il corpo governante apostolico mandò gli apostoli Pietro e Giovanni. Poi venne la concessione dello spirito e i suoi doni ai battezzati credenti in Samaria. Come è scritto: “Questi scesero e pregarono per loro onde ottenessero lo spirito santo. Poiché non era ancora disceso su alcuno di loro, ma erano stati solamente battezzati nel nome del Signore Gesù. Allora andarono a imporre su di loro le loro mani, ed essi cominciarono a ricevere lo spirito santo. . . . mediante l’imposizione delle mani degli apostoli fu dato lo spirito”. — Atti 8:1-19, NW.
2. Come Paolo e Barnaba riconobbero l’organizzazione, e quali furono i risultati?
2 Più tardi Barnaba e Paolo, come missionari delle nazioni incirconcise, furono gravemente turbati dal problema della circoncisione e dei Gentili. Entrambi avevano un giusto intendimento della questione, ma quando il dissenso si manifestò nella congregazione di Antiochia, “fu deciso che Paolo, Barnaba e alcuni altri dei fratelli salissero a Gerusalemme dagli apostoli ed anziani per trattar questa questione”. (Atti 15:1, 2) Di nuovo questo riconoscimento dell’organizzazione teocratica portò risultati. Una speciale adunanza del suo corpo governante fu convocata a Gerusalemme, la questione venne accuratamente discussa, Giacomo fu usato come portavoce di Dio nel richiamare l’attenzione all’adempimento della Scrittura e nel dichiarare la giusta conclusione da applicarsi rispetto ai credenti Gentili incirconcisi; il corpo governante sostenuto dallo spirito santo compose una lettera indicante i requisiti fondamentali per tali credenti, e Paolo e Barnaba partirono da Gerusalemme con la lettera. Questa lettera fu letta in molte città in cui la questione veniva discussa. Mentre Paolo e il suo compagno viaggiavano per le città in cui erano dei credenti, “trasmisero loro, perché le osservassero, le decisioni prese dagli apostoli e dagli anziani che erano a Gerusalemme”. Ne derivò che le congregazioni, anziché continuare ad essere incerte e divise nell’opinione, “erano confermate nella fede, e crescevano in numero di giorno in giorno”. (Atti 15:3 fino a 16:5) Il riconoscimento dell’organizzazione teocratica è unificante, rafforzante, e produce incremento.
3. Quali persone devono dare oggi un simile riconoscimento all’organizzazione, e perché, e come?
3 Oggi deve esservi un simile riconoscimento dell’organizzazione teocratica da parte dei servitori di filiale e tutti gli altri rappresentanti dell’organizzazione come pure di quelli che sono assegnati da essa a posti di servizio. Come nel caso dell’apostolo Paolo e del suo giovane assistente Timoteo, la visibile organizzazione teocratica ha imposto le sue mani su questi nominati e rappresentanti, dando loro l’incarico. Spetta ora a loro di accettare le istruzioni dell’organizzazione e di eseguirle coscienziosamente. Si dovrà farlo tenendo presente il regale Governatore dell’organizzazione teocratica di Geova, con pronto riconoscimento del Re e per il suo onore.
4, 5. Come Joab illustrò che noi non dobbiamo cercare di conquistare la gloria per noi stessi e mettere il nostro Re nell’ombra?
4 Non ci dovrebbe essere alcun egoistico tentativo di conquistare la gloria per sé e di mettere il Re nell’ombra. Consideriamo il nipote del re Davide, il generale Joab. Quando era in una giusta disposizione mentale verso il re, manifestava la giusta condotta del riconoscimento. Il regno di Ammon aveva gravemente insultato i messaggeri del re Davide, e Joab, l’ufficiale di campo che li comandava, guerreggiò contro la città capitale Rabba e conquistò la città delle acque, cioè, quella parte della città che conteneva la sua fornitura di acqua o il forte che proteggeva la sua fornitura di acqua. Perduta questa parte vitale della città, la capitale non avrebbe potuto resistere a lungo, e la resa sarebbe stata infine inevitabile. Invece di portare l’assedio della città a una felice conclusione da solo per la sua gloria personale, Joab mostrò il dovuto rispetto per il suo sovrano terreno e per la giusta disposizione teocratica delle cose che riguardavano l’unto re di Geova. Preferì che fosse l’unto re di Geova a completare la conquista della città reale del nemico e ad ottenere la gloria dell’impresa, benché egli, Joab, avesse fatto l’essenziale lavoro preliminare.
5 “Or Joab . . . inviò dei messi a Davide per dirgli: ‘Ho assalito Rabba e mi son già impossessato della città delle acque. Or dunque raduna il rimanente del popolo, accampati contro la città, e prendila, affinché, prendendola io, non abbia a portare il mio nome’. Davide radunò tutto il popolo, si mosse verso Rabba, l’assalì e la prese; e tolse dalla testa del loro re la corona [ossia, la corona di Milcom], che pesava un talento d’oro e conteneva pietre preziose, ed essa fu posta sulla testa di Davide. Egli riportò anche dalla città grandissima preda”. — 2 Sam. 12:26-30; 10:1-7.
6, 7. (a) Come un servitore assegnato si trattiene dall’usare il suo incarico come un gradino per giungere alla propria fama? (b) Invece di cercare la propria fama, per che cosa egli si presta e lavora?
6 Parimenti, oggi, ad un rappresentante o servitore nominato dell’organizzazione teocratica potrebbe essere conferito uno speciale incarico di lavoro. Egli si mette all’opera per adempierlo. Geova Dio lo benedice col successo. L’opera si avvicina al completamento o, finalmente, ha bisogno d’essere pubblicata. Se il rappresentante o il servitore nominato andasse in cerca di pubblicità, disporrebbe di proseguire finché l’opera compiuta attirasse la pubblica attenzione e si unisse ad essa il proprio nome guadagnandosi così una fama lusinghiera. Ma egli comprende saggiamente che è soltanto uno schiavo teocratico a cui è affidato un lavoro privilegiato nell’organizzazione e che non merita nessuna pubblica lode per il lavoro che ebbe l’onore di compiere e che fu in grado di compiere soltanto con l’aiuto di Geova e del suo Re Gesù Cristo. Egli non si sarebbe servito di questo incarico privilegiato di lavoro come di un gradino per giungere a un’egoistica gloria personale che gli avrebbe attirato la pubblica attenzione e avrebbe eclissato l’importanza dell’organizzazione teocratica di cui è schiavo.
7 Perciò non si fa notare. Dispone onde la sua partecipazione nell’opera non sia osservata dal pubblico. Si scosta per permettere che il suo superiore nell’organizzazione continui il suo lavoro facendo il necessario per coronare l’intera impresa col successo finale che la porterà all’attenzione del pubblico. Lascia così che la gloria dell’opera compiuta vada al regale Governatore dell’organizzazione, Gesù Cristo. Preferisce che l’organizzazione abbia il merito del compimento e che questo compimento sia pubblicamente riconosciuto come un esempio dell’opera svolta dall’intera organizzazione teocratica. Lasciamo che l’organizzazione abbia la lode, che l’apprezzamento dell’organizzazione si formi nel pubblico, che il pubblico osservi attentamente l’organizzazione e parli d’essa ed abbia fiducia in essa invece di adulare qualche suo membro casuale, un suo semplice schiavo. Ciò impedisce che subentri l’orgoglio personale che porta alla caduta, e significa l’umiliazione di un individuo sotto la potente mano di Dio affinché egli innalzi il fedele a suo tempo. — Giac. 4:6, 7; 1 Piet. 5:6.
8. Come si oppose il generale Joab all’accordo fra il re Davide e Abner, e come disubbidì al re in riferimento ad Absalom?
8 Avesse il generale Joab avuto sempre una mentalità teocratica! Ma non fu così. Parecchie volte fu animato da invidia verso altri e da risentimento per le nomine del re. Questo lo spinse ad atti di ribellione verso il re, l’ultimo dei quali gli costò la vita. Dopo la morte di re Saul, la tribù di Giuda proclamò Davide come re nella città di Hebron. Le altre undici tribù elessero Jsh-Bosheth, figlio di Saul, come loro re. Seguì la guerra civile. Dopo un certo tempo il generale Abner, caduto in disgrazia presso Jsh-Bosheth, entrò in negoziati col re Davide, per condurre a Davide quale unto di Geova il rimanente delle tribù. Ma il generale Joab, nutrendo spirito di vendetta contro il generale Abner, frustrò questo piano ingannando Abner e uccidendolo. (2 Sam. 2:1 fino a 3:39) Anni dopo il figlio stesso di Davide si ribellò contro di lui, lo costrinse a fuggire da Gerusalemme attraverso il fiume Giordano, e quindi avanzò con un esercito preponderante per combatterlo, metterlo a morte e impadronirsi del trono d’Israele. Quando Joab e i suoi ufficiali uscirono per la battaglia, il fuggitivo Davide comandò loro: “Per amor mio, trattate con riguardo il giovine Absalom!” Ma quando fu riferito che Absalom era rimasto appeso per i suoi lunghi capelli ai rami d’un albero mentre tentava di sfuggire alla disfatta, Joab lo ritrovò e lo uccise deliberatamente pugnalando il corpo dell’impotente Absalom con tre armi, e questo con grande cordoglio del re. — 2 Sam. 15:1 fino a 19:4.
9. Come si ribellò Joab al fatto che Davide aveva dato il comando al generale Amasa, e come si oppose al proposito divino riguardante Salomone?
9 A proposito, Absalom aveva nominato come suo generale nella rivolta Amasa della tribù di Giuda. (2 Sam. 17:24, 25) Dopo la morte di Absalom le tribù d’Israele mostrarono il desiderio che il re Davide rientrasse a Gerusalemme, benché la tribù di Giuda fosse lenta nel prendere tale iniziativa. A causa degli atti di ribellione del generale Joab il re Davide inviò un messaggio ad Amasa, promettendogli che sarebbe divenuto comandante dell’esercito del re al posto del disubbidiente Joab. Secondo il suo carattere, Joab se ne risentì profondamente. Qualche tempo dopo il ritorno di Davide a Gerusalemme e la nomina di Amasa, Joab incontrò Amasa. Joab, come Giuda con Gesù, compì l’ingannevole gesto di dare un bacio ad Amasa, e avendo quindi Amasa abbandonato il suo atteggiamento guardingo, insospettatamente Joab trasse la spada e lo colpì, squarciandogli il ventre. (2 Sam. 19:8-15; 20:3-13, 23-25) Joab si rivelò un assassino, “spargendo in tempo di pace sangue di guerra, e macchiando di sangue la cintura che portava ai fianchi e i calzari che portava ai piedi”. (1 Re 2:5) Quando il figlio di Davide Adonija tentò di impedire la nomina divina di Salomone quale successore di Davide e invitò un gruppo d’uomini scelti a insediare lui come re, Joab accettò l’invito e appoggiò Adonija. Per sventare l’audace usurpazione del trono da parte di Adonija, il re Davide fece ufficialmente incoronare il suo diletto figlio Salomone.
10. Come morì Joab, e perché in tal modo?
10 Le ultime istruzioni di Davide al re Salomone concernenti Joab furono queste: “Agisci dunque secondo la tua saviezza, e non lasciare la sua canizie scendere in pace nel soggiorno de’ morti”. (1 Re 2:6) Quando venne per Salomone il momento di mettere in pratica queste istruzioni, Joab fuggì e cercò di salvarsi afferrandosi e tenendosi appeso alle corna dell’altare di Geova. Fu necessario che fosse colpito a morte in quel luogo santo, perché, per citare Salomone, “s’avventò contro due uomini più giusti e migliori di lui, e li uccise di spada, senza che Davide mio padre ne sapesse nulla: Abner, figliuolo di Ner, capitano dell’esercito d’Israele, e Amasa, figliuolo di Jether, capitano dell’esercito di Giuda”. (1 Re 2:28-35) Il malcontento di Joab e il suo tentativo d’impedire che uomini migliori di lui assumessero l’incarico del quale egli aveva abusato lo portarono alla rovina.
11. Quale condotta porta i migliori risultati per un servitore, e, se è destituito, che cosa non dovrà fare?
11 Oggi la lealtà verso l’unto Re di Geova, il più grande Davide, porterà i migliori risultati in qualsiasi nominato servitore dell’organizzazione che ponga nel suo incarico il maggior impegno possibile, rendendo così il dovuto riconoscimento all’organizzazione teocratica. Se vengono fatti cambiamenti in una filiale o in qualche altro reparto dell’organizzazione di servizio e voi siete destituiti, guardatevi dall’agire con risentimento come Joab, invidiando l’incarico che tocca al nuovo designato. Non tentate di ritardare, impedire o aggravare il nuovo servitore che occupa ora il vostro precedente posto e non astenetevi dal fare i più sinceri auguri ch’egli possa avere più successo di voi, perché ora è giunto il tempo che l’organizzazione di Dio e la sua opera prosperino.
12. Per non fare la stessa fine di Joab e per non comportarsi come Diotrefe, che cosa dovrebbe fare una persona quando la Società fa un cambiamento nei suoi riguardi?
12 Per annullare qualsiasi scontento e risentimento per il cambiamento fatto dalla Società, accettate umilmente la lezione provveduta dal cambiamento e correggetevi e miglioratevi sotto ogni aspetto necessario. Con uno spirito castigato, continuate a lavorare con l’organizzazione e insieme col fratello che vi sostituisce, per il bene e il progresso dell’organizzazione. Evitate una fine triste come quella di Joab. Non sfidate mai l’organizzazione teocratica e il suo corpo governante come fece Diotrefe, di cui l’apostolo Giovanni scrisse: “Ho scritto [come membro del corpo governante] qualcosa alla chiesa; ma Diotrefe che cerca d’avere il primato fra loro, non ci riceve. Perciò, se vengo, io ricorderò le opere che fa, cianciando contro di noi con male parole; e non contento di questo, non solo non riceve egli stesso i fratelli, ma a quelli che vorrebbero riceverli impedisce di farlo, e li caccia fuor della chiesa. Diletto, non imitare il male, ma il bene”. (3 Giov. 9-11) Umiliatevi dunque e siate lealmente sottomessi alle nomine dei servitori fatte dall’organizzazione.
L’IMPAZIENZA CONDUCE ALLA PRESUNZIONE
13. Come potrebbe mancare di fiducia in Geova un servitore dopo essere stato rimproverato dall’organizzazione?
13 Per riconoscere l’organizzazione teocratica non si deve mancare di ubbidire al consiglio: “Aspetta l’Eterno e osserva la sua via”. “Spera nell’Eterno! Sii forte, il tuo cuore si rinfranchi, sì, spera nell’Eterno!” (Sal. 37:34; 27:14) Prima di tutto, questo significa non precedere l’organizzazione in nessun modo. Si può far ciò negativamente. Come? Si può ricevere dall’organizzazione un rimprovero per aver fatto un passo sbagliato o per una condotta errata nell’incarico di servizio. Se l’individuo rimproverato dice a se stesso: “Non si apprezza il mio lavoro”, egli si valorizza eccessivamente, prendendosi troppo sul serio, e manca di scorgere il motivo del rimprovero. Se si sente intensamente offeso dal rimprovero potrebbe convincersi di non esser utile nell’incarico di servizio o potrebbe pensare ad una rivincita. Quindi, spinto dal suo giudizio personale, potrebbe lasciare bruscamente l’incarico senza preavviso e andarsene senza il consenso del corpo governante dell’organizzazione, lasciando così l’incarico di servizio abbandonato a se stesso. Questo è un gesto affrettato e sconsigliato. Un rimprovero non è la destituzione da un incarico; è una correzione nell’interesse dell’incarico e di chi lo occupa. La giusta cosa da fare è ricevere il rimprovero come meritato a scopo di miglioramento, comportarsi correttamente nell’adempiere le istruzioni dell’organizzazione, e attendere che l’organizzazione faccia il passo successivo, sia destituendo la persona rimproverata o lasciandole lo stesso incarico in attesa che adotti una condotta diversa. Ricordate: “Le correzioni [o i rimproveri] della disciplina son la via della vita”. (Prov. 6:23) Traete beneficio dai rimproveri, fidatevi di Geova, come è rappresentato dalla sua organizzazione teocratica, e vivete.
14. Come alcuni, sentendosi precoci o ultrafedeli, cercano di agire indipendentemente dall’organizzazione, come accadde durante le gravi prove di giudizio del 1917 e 1918?
14 A volte alcuni si sentono precoci, vale a dire, si sentono specialmente progrediti nel loro sviluppo mentale o spirituale, o si sentono ultrafedeli in confronto alla maggioranza degli altri nella congregazione, che sembrano arretrati, tardi, poco progressivi. Hanno un’opinione troppo alta di se stessi e s’impazientano verso gli altri e perfino verso l’intera organizzazione teocratica. Pensando di dover prendere l’iniziativa e mostrare all’organizzazione in che cosa consiste il vero progresso e quali siano il vero pensiero e intendimento progressista, essi deviano, traendosi dietro quanti più cosiddetti “progressisti” possono, e si staccano dall’organizzazione teocratica. Poi istituiscono la propria società, presupposta avanzata e superiore. Durante le gravi prove di giudizio del 1917 e 1918 un certo numero di personalità eminenti della Società Torre di Guardia fece proprio questo e vennero costituite alcune organizzazioni distaccate. Ma oggi, dopo questi trentasei anni, dove sono esse, e dov’è oggi, d’altra parte, l’organizzazione teocratica di Geova?
15. Come l’esempio di Mosè condanna quelli che abbandonano l’organizzazione di Geova per un’altra di loro propria fabbricazione?
15 Ci sono buoni esempi scritturali contro tale testarda e impaziente condotta. Prendete Mosè, per esempio. Egli aveva l’opportunità, non procuratasi da sé, di lasciare che Geova Dio desse vita ad una nuova tipica organizzazione teocratica con Mosè come capo patriarcale, per sostituire l’infedele nazione d’Israele che aveva trasgredito il patto della Legge fermato con Dio e s’era data alla dissoluta adorazione del vitello. Provocato, Geova disse a Mosè: “Or dunque, lascia che la mia ira s’infiammi contro a loro, e ch’io li consumi! ma di te io farò una grande nazione”. Ma Mosè non aveva in mente d’innalzarsi; egli aveva più larghe vedute. Se Geova avesse distrutto nel deserto il popolo ch’egli aveva gloriosamente liberato dall’Egitto, avrebbe apportato vituperio sul Suo nome. Avrebbe offerto l’occasione agli Egiziani ed altri pagani di schernire il nome di Geova o di attribuirgli moventi errati e malvagi. Mosè rammentò il patto di Geova con Abrahamo, Isacco e Giacobbe e il suo rapporto con i loro discendenti, la nazione d’Israele. Invece di cogliere avidamente l’opportunità di glorificare se stesso in una nuova organizzazione di Geova, egli supplicò Geova di aver pietà del suo popolo disubbidiente e di avere considerazione del rimanente fedele per amore del suo proprio nome. (Eso. 32:1-14) Come la condotta altruista di Mosè condanna quelli che abbandonano l’organizzazione di Geova per un’altra di loro propria fabbricazione!
16, 17. Come furono messi alla prova Giosuè e Caleb in quanto alla fiducia in Geova, ma che cosa fecero essi?
16 Giosuè e Caleb sono pure brillanti esempi di fiducia in Geova con costante e fedele servizio e senza tentare di precederlo. Nel secondo anno del loro esodo dall’Egitto e dopo che le dodici spie ritornarono dalla ricognizione della terra promessa di latte e miele, dieci delle spie svisarono i fatti riguardo al paese e dissuasero il popolo dal seguire Geova Dio e dall’entrarvi subito in sottomissione a lui, giustiziando i condannati abitanti pagani e prendendo possesso del paese in rivendicazione del patto di Geova. Però, Giosuè e Caleb fecero un rapporto fedele e magnificarono la potenza di Geova sul nemico, per incoraggiare la nazione d’Israele ad entrare nel paese vittoriosamente. A causa della mancanza di fede d’Israele nell’Onnipotente Dio e della sua aperta ribellione contro di lui in quella occasione, Geova condannò gl’infedeli lamentatori a perire nel deserto e l’intera nazione a vagare nel deserto per quarant’anni prima ch’egli avesse introdotti i superstiti nella Terra Promessa.
17 In seguito a questa divina decisione che cosa fecero Giosuè e Caleb? Dissero forse: ‘Questa nazione è troppo tarda, troppo codarda per noi, e noi andremo avanti da soli’? Abbandonarono essi gli Israeliti perché non erano progressivi, non abbastanza coraggiosi ma facilmente paurosi, tanto da punirli differendo di trentanove anni l’entrata nella Terra Promessa e tenendoli immobilizzati durante quel tempo? Si sentirono forse ultrafedeli, ultragiusti, e decisero di non unirsi a tale nazione per tutti quegli anni di differimento? No; essi confidarono nella promessa di Geova che egli li avrebbe preservati dalla generazione condannata e che li avrebbe favoriti facendoli entrare nel paese alla data differita. Essi si umiliarono sotto la sua potente mano e si attennero fedelmente all’organizzazione nazionale perché Geova stesso lo fece e perché lo fece anche Mosè, il quale supplicò di nuovo Dio di non distruggere la nazione e di fare di lui una “nazione più grande e più potente” di quella. — Num. 13:25 fino a 14:38.
18. In che modo non perdettero nulla per il fatto di aver scelto quella condotta, e in che cosa sono essi d’esempio?
18 Caleb e Giosuè non perdettero nulla per aver scelto di subire le conseguenze della cattiva condotta della nazione e di non aver avuto la presunzione di andare avanti da soli nella Terra Promessa. No; ma durante quei trentanove anni di differimento essi videro altre potenti opere di Geova verso il suo popolo e acquistarono una preziosa esperienza. Al tempo fissato da Geova essi furono eccezionalmente introdotti da lui in Canaan insieme ai Leviti fedeli, Giosuè quale successore di Mosè alla testa della nazione e Caleb quale suo fedele conservo di battaglia per la rivendicazione della sovranità di Geova. Pensate quanto erano preziosi Giosuè e Caleb all’organizzazione visibile allora! Quali esempi erano essi di fedeltà, di sottomissione teocratica, di capacità per l’opera di Dio, e della sua ricompensa per la lealtà e la devozione verso Dio! Essi sono pure degni esempi per noi oggi durante le nostre prove.
ONORATE QUELLI CHE RENDONO ONORE
19. (a) Per l’espansione di che cosa dobbiamo lavorare, e come dobbiamo aiutare i credenti nativi ad apprezzare la grandezza dell’organizzazione? (b) Come possiamo essere potenti esempi della giusta condotta che si deve tenere verso di essa?
19 La Parola di Dio, la Bibbia, essendo un libro organizzativo, fornisce ogni esortazione e incoraggiamento perché si consideri l’organizzazione teocratica prima di se stessi riconoscendola e attenendosi ad essa lealmente in tempo opportuno e in tempi difficili. Dovremmo mirare ad espandere l’organizzazione e vederla prosperare sotto la benedizione di Dio invece di allargare soltanto i nostri propri interessi nell’attività e nella stima e influenza di quelli che appartengono all’organizzazione. Perché non esser come Rahab che fece un patto con le spie israelite non solo per la propria protezione e preservazione dalla miracolosa caduta di Gerico, ma per la protezione e preservazione di tutti i suoi parenti che avrebbero esercitato fede e cercato sicurezza in casa sua? (Gios. 2:1-21) Dovremmo cercare di aiutare altri ad apprezzare l’organizzazione teocratica con la quale siamo associati e di cui noi siamo servitori e simboli, come lo furono i testimoni di Geova al gigantesco congresso del luglio 1953 nello Yankee Stadium della città di New York. Se lavoriamo come servitori di filiale o come missionari in paesi stranieri, dovremmo aiutare i credenti e i testimoni nativi a sviluppare un intenso apprezzamento dell’organizzazione teocratica, che abbraccia più della loro semplice organizzazione locale, aiutandoli a superare una meschina opinione provinciale di ciò che significa organizzazione. La nostra incrollabile unità e armonia con l’organizzazione, la nostra propria sottomissione alle sue disposizioni, la nostra stessa cooperazione con essa quali diligenti proclamatori della notizia del Regno saranno un potente esempio. Per amor suo desidereremo vederla rimanere pura, sempre idonea al puro uso del suo grande Creatore e Costruttore, Geova Dio. Il nostro amore per essa non permetterà che l’ardente persecuzione ce ne allontani.
20. Per quale condotta riceveremo dall’organizzazione l’aiuto necessario, e per aver fatto che cosa verrà infine l’approvazione?
20 Una cosa dovremmo sempre ricordare: se riconosciamo umilmente e lealmente l’organizzazione teocratica con sottomissione e collaborazione zelante e fedele, essa riconoscerà noi, ci sosterrà, lavorerà per noi e ci terrà al suo divino servizio. La regola che il suo stesso esperto Creatore e Dio segue è questa, nelle sue testuali parole: “Glorificherò chiunque mi abbia glorificato, e quelli che mi disprezzano saranno disprezzati”. (a1 Re 2:30, Ti) Onorando o glorificando Iddio e dimostrandogli la più alta stima riconoscendo devotamente la sua approvata organizzazione ci manterremo in una felice, soddisfacente relazione con essa e godremo ora nel suo ambito molti privilegi di servizio. Alla fine ci sarà un premio proporzionato da parte di Geova Dio mediante Gesù Cristo nella sua organizzazione teocratica nel nuovo mondo, dopo la battaglia di Harmaghedon. Ciò significa che l’organizzazione teocratica, senza la quale non potremmo mai andare avanti con successo, ci aiuterà a serbare la nostra integrità verso Dio ed a partecipare alla rivendicazione della sua sovranità sull’universo e del suo regno sotto Cristo. In quel tempo saremo esaltati con la vita eterna per esserci umiliati ora sotto la potente mano di Dio.
[Nota in calce]
a 1 Samuele 2:30 nelle versioni non cattoliche.