“Predicate la liberazione ai prigionieri”
“Mi ha mandato per predicare la liberazione ai prigionieri e il ricupero della vista ai ciechi, per mettere in libertà gli oppressi, per predicare l’anno accettevole di Geova”. — Luca 4:18, 19.
1. Per le persone d’oggi si tratta di liberazione o di che cosa, e quale esempio ammonitore ci fu dato diciannove secoli fa?
OGGI è questione di sùbita liberazione o inevitabile distruzione! O c’è una liberazione per il popolo o sarà distrutto con ciò che lo tiene prigioniero e l’opprime! La cosa è così pressante! La situazione che oggi si presenta a tutti noi non è senza un esempio ammonitore della storia passata. Si presentò a un gruppo di tredici uomini diciannove secoli fa. Essi presero coraggiosamente in mano la situazione e compirono vigorosi sforzi per recare la liberazione del loro popolo prima che venisse l’orribile distruzione. Un certo numero di persone riflessive prestarono un orecchio attento alla predicazione della liberazione e accettarono l’aiuto offerto, ottenendo tempestiva liberazione dall’organizzazione che le teneva prigioniere e le opprimeva. Esse non furono fra il milione e più di persone del loro proprio popolo che morirono in pochi mesi d’assedio e fra le decine di migliaia d’altre che furono portate in esilio e schiavitù a padroni pagani. Tutto ciò fu profetico e la sua lezione dovrebbe oggi esser compresa da noi. Per la somiglianza degli avvenimenti, la storia sta oggi per ripetersi, solo in proporzioni mondiali. Per le persone si tratta ora di liberazione o distruzione!
2. Riguardo alla religione, quale situazione nazionale si presentò a Gesù e ai suoi apostoli, ed era la sua nazione un popolo libero?
2 Guardate la situazione nazionale che si presentò a Gesù Cristo e ai suoi dodici apostoli millenovecento anni fa. Egli dovette cominciare da solo, eccetto Dio, naturalmente, che era con lui. Egli venne al suo proprio popolo. Erano profondamente religiosi. Erano gelosamente attaccati alla loro religione, che era assolutamente diversa dall’induismo, dal buddismo, dallo zoroastrismo persiano, dalla religione greca e romana, e dalle religioni dei Goti e dei Druidi che prosperarono in grandi zone della terra. Tali religioni dei Gentili erano contrassegnate da idolatria. A motivo di questa diversità di religione il popolo di Gesù avrebbe dovuto essere un popolo libero, almeno religiosamente. Avevano trentanove libri sacri, e questi erano raccolti in tre gruppi, cioè la Legge o Tora, i Profeti e i Salmi. Essi li avevano ricevuti da Dio il Creatore. Perché non avrebbero dovuto essere un popolo libero? Ma non lo erano!
3. Che cosa mise il popolo di Gesù in uno stato di schiavitù?
3 Non erano la Legge, i Profeti e i Salmi a mettere queste persone in uno stato di schiavitù, religiosamente parlando. Non fu l’Impero Romano a renderle religiosamente schiave, sebbene avesse occupato il loro paese nell’anno 63 avanti la nostra Èra Volgare. Fu il vasto corpo di tradizioni e regole degli uomini che in seguito furono messe per iscritto nel Talmud giudaico.
4. Chi li mise in questo sistema di schiavitù, e come, e con quale risultante azione verso i profeti di Dio?
4 Anche se queste tradizioni, queste regole e questi precetti di uomini non ispirati contraddicevano e annullavano la Legge e i Profeti e i Salmi, i capi religiosi misero questi al posto dell’ispirata Parola di Dio; e le persone si sottomettevano fiduciosamente a ciò. Questo mise il popolo comune in un sistema di schiavitù, una schiavitù ai capi religiosi che avevano più riguardo per ciò che avevano insegnato e praticato uomini di tempi passati che per la Legge chiaramente scritta e per la disposizione di Dio. Questo li accecò. Li fece seguire cecamente i loro ciechi capi religiosi inducendoli a opporsi a uomini ispirati che Dio stesso mandò loro. Come mostrano i semplici fatti della storia, furono indotti a opporsi, mortalmente, al loro più grande Profeta, che diede ogni prova d’essere il Figlio stesso di Dio.
5. Come reagirono le persone alla protezione offerta loro da Gesù, e che cosa accadde perciò alla loro città?
5 Per esempio, prendete l’antica città murata di Gerusalemme nell’anno 33 della nostra Èra Volgare, che era il diciannovesimo anno del regno di Tiberio Cesare di Roma. Tre giorni prima della Pasqua giudaica di quell’anno, Gesù Cristo denunciò la schiavitù religiosa del popolo comune e quindi disse alla loro città santa: “Gerusalemme, Gerusalemme, che uccidi i profeti e lapidi quelli che ti sono mandati, quanto spesso ho voluto radunare i tuoi figli, come la gallina raduna i suoi pulcini sotto le ali! Ma voi non avete voluto. Ecco, la vostra casa vi è abbandonata. Poiché io vi dico: Da ora in poi non mi vedrete più, finché diciate: ‘Benedetto colui che viene nel nome di Geova!’” (Matt. 23:1-4, 15, 37-39) Ma quelli che seguirono i loro capi religiosi osservanti della tradizione non volevano la protezione che Gesù Cristo offriva loro, come la gallina protegge i suoi pulcini sotto le ali. La Gerusalemme di quel giorno non disse mai a Gesù: “Benedetto colui che viene nel nome di Geova!” Perciò, nel 70 E.V., quella città giudaica fu orribilmente distrutta.
6. In riferimento alla casa di Abraamo, in che modo l’apostolo Paolo illustrò la schiavitù del suo popolo, e per quanto tempo rimase Gerusalemme in questa schiavitù?
6 Anche gli apostoli di Gesù Cristo videro la cattività religiosa del popolo. Circa vent’anni prima che Gerusalemme fosse distrutta dagli eserciti romani, l’apostolo Paolo scrisse ad alcuni discepoli della Galazia che erano sviati nella cattività alle tradizioni religiose: “Abraamo ebbe due figli, uno dalla servitrice e uno dalla donna libera . . . Ora questa [servitrice] Agar . . . corrisponde alla Gerusalemme d’oggi, poiché è in schiavitù con i suoi figli. Per cui, fratelli, noi siamo figli non della servitrice [Agar], ma della donna libera. Per tale libertà Cristo ci rese liberi. Perciò state saldi e non vi fate confinare di nuovo in un giogo di schiavitù”. (Gal. 4:21-25, 31; 5:1) Queste parole significarono che per diciassette anni dopo che Gesù Cristo era morto fuori delle sue porte, Gerusalemme era rimasta nella sua schiavitù religiosa. Essa continuò a rimanervi finché fu distrutta nell’anno 70 E.V. e le decine di migliaia dei suoi figli resi religiosamente schiavi furono trascinati via e divennero schiavi di pagani Romani.
PREDICATA E OFFERTA LA LIBERAZIONE
7. Nel giorno di Gesù si trattò di liberazione del popolo o della loro distruzione, e che cosa mostra su ciò la successiva storia giudaica?
7 Or dunque, quando Gesù Cristo si presentò al suo popolo millenovecento anni fa, avevano bisogno di liberazione? Si trattava di liberazione o distruzione? Per aver rifiutato la liberazione religiosa, subirono essi la distruzione corporale? Sì, 1.100.000 d’essi, secondo lo storico giudeo Giuseppe Flavio. Il fatto che avevano un sacerdozio, un magnifico tempio e un altare e una città santa, il fatto che avevano la Legge, i Profeti e i Salmi negli originali ebraico e aramaico non li salvò. Avevano rigettato la liberazione che era stata loro offerta alla maniera di Dio. Nessuna liberazione venne dalla loro propria ribellione contro Roma nel 66 E.V. e dai loro eroici sforzi per liberarsi dal dominio romano. Dio aveva in realtà abbandonato la loro “casa”, il loro santo tempio di Gerusalemme. Egli non lo protesse dalla distruzione nel 70 E.V.
8. (a) Nel caso di Gerusalemme, quanto tempo ci volle perché fossero evidenti i cattivi risultati della condotta sbagliata? (b) Con quale incarico Gesù tornò a Nazaret, e che cosa fece lì appropriatamente in giorno di sabato?
8 Ci vuole tempo perché la condotta sbagliata produca i suoi cattivi risultati. Così accadde a Gerusalemme e al suo tempio. Ci vollero almeno quarant’anni. Al tempo della Pasqua nella primavera del 30 E.V. Gesù Cristo purificò il tempio dai banchieri e dai commercianti che facevano del tempio una “casa di mercato”. (Giov. 2:13-17) Alcuni mesi dopo egli visitò la sua propria città di Nazaret. L’anno precedente aveva lasciato Nazaret in qualità di falegname. Ora tornava come predicatore del regno di Dio. Venne il sabato giudaico, e, com’era sua abitudine, entrò nella sinagoga non semplicemente per ascoltare ma per presentare il suo messaggio di liberazione. Si alzò per leggere parte della Sacra Bibbia agli adoratori giudei che erano lì. “E gli fu consegnato il rotolo del profeta Isaia, ed egli, aperto il rotolo, trovò il luogo dov’era scritto: ‘Lo spirito di Geova è su me, perché egli mi ha unto per dichiarare la buona notizia ai poveri, mi ha mandato per predicare la liberazione ai prigionieri e il ricupero della vista ai ciechi, per mettere in libertà gli oppressi, per predicare l’anno accettevole di Geova’”. — Luca 4:16-19.
9. Dove si trovava la profezia che Gesù lesse, e, nella sua prima applicazione, quale liberazione dalla cattività indicò essa?
9 Questa era la profezia di Isaia 61:1, 2, scritta almeno 732 anni avanti la nostra Èra Volgare. Era stata dunque scritta almeno 125 anni prima che gli eserciti babilonesi distruggessero Gerusalemme e trascinassero la maggior parte dei superstiti Giudei in cattività a Babilonia, capitale della falsa religione. Ivi furono schiacciati sotto l’oppressione e il loro Dio Geova fu schernito. Proprio come il profeta Isaia aveva predetto: “‘I medesimi che governavano su di loro urlavano’, è l’espressione di Geova, ‘e di continuo, per tutto il giorno, al mio nome si mancava di rispetto”’. (Isa. 52:5) Babilonia non pensava affatto di liberare i prigionieri giudei. Fu necessario rovesciare la religiosa Babilonia per recare la liberazione dei Giudei prigionieri. Per questo il profeta Isaia, predicendo la caduta di Babilonia, disse che le persone avrebbero fatto questa domanda circa la sua rovesciata dinastia reale: “È questo l’uomo che agitava la terra, che faceva scrollare i regni, che rendeva il paese produttivo simile al deserto e che ne demolì le medesime città, che non aprì nemmeno ai suoi prigionieri la via per tornare a casa?” (Isa. 14:16, 17) Comunque, la profezia di Isaia circa un unto predicatore indicò che sarebbe venuta per i prigionieri giudei una liberazione. Senza fallo, la liberazione in effetti venne, nel 537 a.E.V.
10. Come fu appagata nella sinagoga di Nazaret la domanda circa l’unto predicatore predetto da Isaia?
10 Chi fu l’unto predicatore a cui Isaia si riferì? Le profetiche parole riportate nella Bibbia ebraica dicono: “Lo spirito del Signore Geova è su di me, per la ragione che Geova mi ha unto per annunciare la buona notizia ai mansueti. Mi ha mandato a fasciare quelli che hanno il cuore rotto, a proclamare la libertà a quelli presi prigionieri e la completa apertura degli occhi pure ai prigionieri; a proclamare l’anno di buona volontà da parte di Geova e il giorno di vendetta da parte del nostro Dio; a confortare tutti quelli che fanno lutto”. (Isa. 61:1, 2) La domanda circa questo unto predicatore fu appagata da Gesù Cristo lì nella sinagoga di Nazaret. Finito di leggere la profezia di Isaia, egli ridiede il rotolo al servitore e si mise a sedere e disse a tutti quelli che erano nella sinagoga: “Oggi, questa scrittura che avete appena udita si è adempiuta”. (Luca 4:20, 21) Questo significò che Gesù era l’unto predicatore.
11. (a) In che modo Gesù aveva parlato lì correttamente? (b) Perché andò a cercare fuori di Nazaret Giudei che volessero la liberazione dalla cattività?
11 Gesù aveva parlato correttamente. L’anno precedente era stato battezzato da Giovanni Battista e, mentre usciva dal fiume Giordano, Dio versò lo spirito santo sul battezzato Gesù. Il Signore Geova lo unse con spirito santo. Così egli divenne l’unto per predicare la liberazione ai prigionieri e il ricupero della vista a quelli che erano accecati dalla fitta oscurità della loro prigione religiosa. (Matt. 3:13-17) Ma Gesù disse a quei Nazareni nella sinagoga: “Veramente vi dico che nessun profeta è accettato nel proprio territorio”. Gesù aveva ragione; poiché, quando ebbe finito il suo sermone, cercarono d’ucciderlo, sebbene egli fosse effettivamente l’Unto, il Messia, il Cristo. Ma la loro maniera non era la maniera in cui Gesù Cristo doveva morire. Con l’aiuto di Dio egli sfuggì dunque alle loro mani, e andò a predicare altrove. (Luca 4:22-30) Cercò fuori del suo proprio territorio i Giudei che desideravano la liberazione dalla cattività.
12. Fu la profezia d’Isaia circa l’unto predicatore portata a termine in Gesù, e che cosa mostrarono gli avvenimenti alla successiva Pentecoste?
12 Fu la profezia d’Isaia circa l’unto predicatore portata a termine in Gesù Cristo? No! La predicazione della liberazione non finì quando Gesù Cristo morì il giorno di Pasqua del 33 E.V. La sua morte lasciò la città capitale di Gerusalemme ancora “in schiavitù con i suoi figli”. (Gal. 4:25) Ma Gesù aveva radunato intorno a sé dodici uomini, perché fossero con lui per la maggior parte del tempo. Dopo la sua risurrezione e prima della sua ascensione in cielo, disse ai suoi fedeli apostoli: “Riceverete potenza quando lo spirito santo sarà arrivato su di voi, e mi sarete testimoni in Gerusalemme e in tutta la Giudea e la Samaria e fino alla più distante parte della terra”. Dieci giorni dopo lo spirito santo in effetti arrivò su di loro, il giorno della festa di Pentecoste, lì a Gerusalemme. (Atti 1:1-9; 2:1-21) Così il Signore Geova cominciò a ungere con spirito i battezzati seguaci di Gesù Cristo. (2 Cor. 1:21; 1 Giov. 2:20, 27) In questo modo la profezia di Isaia si applicò anche a loro, e su di loro venne l’obbligo di “predicare la liberazione ai prigionieri”.
13. Il giorno di Pentecoste, in che modo l’apostolo Pietro mostrò l’urgente bisogno di liberazione da parte del popolo?
13 Quei Giudei e proseliti che si radunarono a migliaia per udire Pietro e il resto degli apostoli predicare sotto l’impulso dello spirito santo quel giorno di Pentecoste poterono non apprezzare pienamente quanto fosse importante e opportuna questa liberazione dalla cattività religiosa. Ma Pietro l’apprezzò e disse alle persone che lo interrogavano: “Salvatevi da questa perversa generazione”. Inoltre, nel precedente discorso che aveva fatto loro aveva citato la profezia di Gioele circa il versamento dello spirito di Geova negli ultimi giorni e aveva continuato a citare il resto della profezia di Gioele, dicendo: “E [io, Geova] farò portenti in cielo di sopra e segni sulla terra di sotto, sangue e fuoco e vapor di fumo; il sole sarà mutato in tenebre e la luna in sangue prima che arrivi il grande e illustre giorno di Geova. E chiunque invocherà il nome di Geova sarà salvato”. (Atti 2:16-21, 40; Gioe. 2:28-32) Questo significò che il versamento di spirito santo e la predicazione della liberazione precorsero un insolito tempo d’afflizione con la distruzione per la “perversa generazione” e per tutti quelli che non avevano invocato il nome di Geova.
CHE COSA DEVE SEGUIRE L’UNZIONE CON SPIRITO
14, 15. Dopo l’unzione con spirito, che cosa ci sarebbe stato sulla nazione, e come Gabriele predisse questo a Daniele?
14 Si tramava l’afflizione per la Gerusalemme terrestre, che era “in schiavitù con i suoi figli”. Un’altra dichiarazione profetica riguardo all’unzione indicava questo. In tale profezia l’angelo Gabriele disse al profeta Daniele l’esatto anno dell’unzione di Gesù con spirito santo per fare di lui il “Messia il Condottiero”, e anche l’unzione dei suoi seguaci. Dopo ciò ci sarebbe stata afflizione, poiché l’angelo Gabriele disse, in parte:
15 “Settanta settimane sono state determinate sul tuo popolo e sulla tua santa città, per porre termine alla trasgressione . . . e ungere il Santo dei Santi. . . . Messia sarà stroncato, senza nulla per lui stesso. E il popolo di un condottiero che verrà ridurrà in rovina la città e il luogo santo. E la fine d’essa sarà mediante l’inondazione. E sino alla fine ci sarà la guerra; sono decise le desolazioni”.
16. Che cos’era il “Santo dei Santi” che doveva essere unto, e quando e come ebbe luogo ciò?
16 In queste parole di Daniele 9:24-26, il Santo dei Santi che doveva essere unto è lo spirituale tempio o santuario di Dio. Esso è composto da Gesù Cristo e dai suoi 144.000 fedeli seguaci che divengono “pietre viventi” del tempio spirituale. Mediante il suo spirito Dio abita questo tempio di pietre viventi. (1 Piet. 2:5; Efes. 2:20-22; 1 Cor. 3:16, 17) Questo unto tempio è dunque diverso dal “luogo santo” che doveva essere ridotto in rovina dal popolo del condottiero che sarebbe venuto. Il condannato “luogo santo” era la casa di adorazione, il tempio di letterali, inanimate pietre, che Gesù disse era stato da Dio abbandonato agli increduli Giudei. (Matt. 23:38) Esso non era unto con lo spirito santo di Dio; ma al principio della settantesima settimana nell’anno 29 E.V., Gesù fu battezzato con spirito santo. Poco dopo la metà della settantesima settimana i suoi fedeli apostoli e altri discepoli furono unti con spirito a Gerusalemme il giorno di Pentecoste; e alla fine della settantesima settimana i primi credenti dei Gentili o non Giudei furono unti con spirito santo,a a Cesarea, circa ottanta chilometri a nord-ovest di Gerusalemme.
17. (a) Che cosa, deciso da Dio, venne sulla “città e il luogo santo”, ma che ne fu del “Santo dei Santi”? (b) Riguardo a quale giorno dunque Pietro avvertiva i Giudei nel giorno di Pentecoste?
17 Questo unto “Santo dei Santi” sopravvisse quando la “santa città” e “il luogo santo” furono ridotti in rovina trentaquattro anni dopo la fine della settantesima settimana. Proprio come l’angelo Gabriele aveva detto a Daniele, sino alla fine di Gerusalemme e del suo tempio ci fu guerra, e il condottiero romano che venne con le sue legioni, cioè Tito, recò sulla “città e il luogo santo” ciò ch’era stato deciso da Geova Dio, cioè “desolazioni”. Quello fu per certo un “giorno di Geova” relativamente a Gerusalemme e ai suoi figli. E in relazione a quel giorno ci fu abbondanza di “sangue e fuoco e vapor di fumo”, giacché il sole non illuminò le tenebre della città di giorno, e la luna faceva pensare al sangue sparso, non alla pacifica, argentea luce lunare di notte. Queste cose avvennero dopo che Geova Dio aveva versato il suo spirito santo su ogni sorta di carne in adempimento della profezia di Gioele, la profezia che l’apostolo Pietro aveva citata a migliaia di Giudei e proseliti a Gerusalemme il giorno di Pentecoste del 33 E.V. In particolar modo Pietro aveva avvertito quei circoncisi Giudei e proseliti intorno al “grande e illustre giorno di Geova” che doveva arrivare nell’anno 70 E.V.
18. In che modo la profezia di Gesù su Gerusalemme nel giorno che entrò cavalcando in quella città indicò che era urgente accettare la liberazione?
18 Ci fu, quindi, alcuna urgenza perché essi accettassero la liberazione che era predicata ai prigionieri religiosi dai discepoli di Gesù, e ci fu alcuna urgenza perché invocassero il nome di Geova per mezzo di Gesù Cristo al fine d’esser salvati? In realtà ci fu! Solo due mesi prima della Pentecoste, quando Gesù cavalcava regalmente verso Gerusalemme, si fermò e pianse sulla città, dicendo: “Se tu, sì, tu, avessi compreso in questo giorno le cose che hanno relazione con la pace, ma ora esse sono state nascoste agli occhi tuoi. Poiché verranno su te i giorni nei quali i tuoi nemici edificheranno attorno a te una fortificazione con pali appuntiti e ti circonderanno e ti affliggeranno da ogni lato, e getteranno a terra te e i tuoi figli dentro di te, e non lasceranno in te pietra sopra pietra, perché tu non hai compreso il tempo nel quale sei stata ispezionata”. — Luca 19:41-44.
19, 20. (a) Mentre osservava il tempio di Gerusalemme, quale profezia fece riguardo ad esso? (b) Rispondendo agli apostoli, quale profezia fece Gesù riguardo a Gerusalemme, e quale giorno predicava pertanto Gesù?
19 Due giorni più tardi, dopo che Gesù aveva detto ai Giudei che il loro tempio, la loro casa di adorazione, era stata loro abbandonata, si mise a osservare il tempio e disse ai suoi apostoli: “Non vedete tutte queste cose? Veramente vi dico: Non sarà lasciata qui pietra sopra pietra che non sia diroccata”. (Matt. 23:38; 24:1, 2) Quando doveva accadere questo? gli chiesero in seguito i suoi apostoli.
20 Quindi egli fece la sua profezia sulla fine del sistema di cose, nella quale disse: “Quando vedrete Gerusalemme circondata da eserciti accampati, sappiate che la sua desolazione si è avvicinata. Quindi quelli che sono nella Giudea fuggano ai monti, e quelli che sono in mezzo ad essa si ritirino, e quelli che sono nei luoghi di campagna non entrino in essa, perché questi sono giorni per fare giustizia, onde tutte le cose scritte siano adempiute. Guai alle donne incinte e a quelle che allattano un bambino in quei giorni! Poiché vi sarà grande necessità nel paese e ira su questo popolo, e cadranno sotto il taglio della spada e saranno condotti prigionieri in tutte le nazioni; e Gerusalemme sarà calpestata dalle nazioni, finché i fissati tempi delle nazioni non siano compiuti”. (Luca 21:20-24) Gesù predicava allora il giorno di vendetta del nostro Dio.
21. Mentre andava verso il Calvario, come predisse Gesù afflizione per Gerusalemme e le sue figlie?
21 Tre giorni dopo Gesù marciava verso il Calvario, seguìto da Simone il Cireneo che gli portava il palo di tortura. “Ma lo seguiva una grande moltitudine del popolo e di donne che si battevano con dolore e si lamentavano per lui. Gesù si voltò verso le donne e disse: ‘Figlie di Gerusalemme, smettete di piangere per me. Al contrario, piangete per voi stesse e per i vostri figli; perché ecco, vengono i giorni in cui il popolo dirà: “Felici le donne sterili, e i seni che non hanno partorito e le mammelle che non hanno allattato!” Quindi cominceranno a dire ai monti: “Cadeteci sopra!” e ai colli: “Copriteci!” Perché se fanno queste cose quando l’albero è verde, che avverrà quando sarà secco?’” — Luca 23:26-31.
22. In che modo il simbolico albero era ancora umido, e come si sarebbe inaridito?
22 C’era ancora un po’ di umidità di vita nell’albero della nazione giudaica perché c’era in mezzo ad essa un rimanente che credeva. Ma tolto questo rimanente divenuto cristiano sarebbe restato un albero spiritualmente morto, un’organizzazione nazionale inaridita. Oh come si sarebbe abbattuta allora l’ira di Dio sui Giudei!
23. Alcuni anni dopo, che cosa disse Paolo della condotta dei Giudei e di ciò che doveva venire su loro, e venne effettivamente?
23 Circa diciassette anni dopo che Gesù aveva avvertito intorno all’albero inaridito, l’apostolo Paolo, un Giudeo convertito, scrisse alla congregazione cristiana che era perseguitata a Tessalonica, in Macedonia, e disse: “Diveniste imitatori, fratelli, delle congregazioni di Dio che sono nella Giudea unitamente a Cristo Gesù, perché voi pure soffrivate per mano dei vostri connazionali le stesse cose come essi pure soffrono per mano dei Giudei, che uccisero perfino il Signore Gesù e i profeti e perseguitarono noi. Inoltre, essi non piacciono a Dio, ma sono contro gli interessi di tutti gli uomini, giacché cercano d’impedirci di parlare alle persone delle nazioni perché queste siano salvate, col risultato che sempre colmano la misura dei loro peccati. Ma la sua ira è infine venuta su di loro”. (1 Tess. 2:14-16) Come fu vero, poiché vent’anni dopo il grande e illustre giorno di Geova arrivò su di loro, e la sua ira si abbatté su di loro per mano degli eserciti romani!
24. Quando i Giudei divenuti cristiani fuggirono, che cosa cominciò a essere trattenuto da quelli in Giudea e a Gerusalemme, e presagì qualcosa?
24 Seguendo il consiglio di Gesù, i cristiani giudei fuggirono da Gerusalemme e dalla Provincia di Giudea, lasciando i Giudei increduli alla loro terribile fine predetta. Quindi cessò il versamento dello spirito di Geova sui Giudei in Gerusalemme e in Giudea. Questo trattenimento del suo spirito fu un pessimo presagio, che indicava l’afflizione avvenire!
25. In che modo il rigetto della liberazione predicata dai seguaci di Gesù significò distruzione per i Giudei?
25 Gli increduli Giudei rigettarono la predicazione della liberazione annunciata dai seguaci di Cristo unti con spirito santo. Essi preferirono rimanere prigionieri del sistema del giudaismo legato alla tradizione. La loro medesima tavola religiosa divenne per loro una trappola di distruzione. (Sal. 69:22; Rom. 11:9) Rigettando Gesù Cristo come l’“Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo”, continuarono a tenere la loro Pasqua annuale a Gerusalemme. Invece di fuggire coi cristiani da Gerusalemme e dalla Giudea, affluirono in Gerusalemme a centinaia di migliaia nella primavera del 70 E.V. Quindi le legioni romane al comando del generale Tito tornarono e li imbottigliarono a Gerusalemme, edificando un recinto fortificato di otto chilometri intorno alla città condannata. Dopo un crudele assedio Gerusalemme cadde in mano al generale Tito l’8 settembre 70 E.V. Secondo lo storico Giuseppe Flavio, ci furono 1.100.000 morti, e 97.000 infelici superstiti furono portati in schiavitù. Per almeno 1.100.000 persone il rifiuto della liberazione mediante Gesù Cristo aveva significato una terribile distruzione.
[Nota in calce]
a Si veda La Torre di Guardia (inglese) del 1º dicembre 1946, pagina 363, sotto il sottotitolo “Buoni risultati delle settanta settimane”.
[Immagine a pagina 330]
“Non sarà lasciata qui pietra sopra pietra che non sia diroccata”.