Dio rimunera i premurosi cercatori
“Inoltre, senza fede è impossibile essere accetto a lui, poiché chi s’accosta a Dio dove credere ch’egli è, e che è il rimuneratore di quelli che premurosamente lo cercano”. — Ebr. 11:6.
1. Che cosa è essenziale per la felice vita familiare, e come si manifesta questo?
SIETE padre, o madre, o forse appartenete a una famiglia e abitate nella casa dei vostri genitori? In ogni caso, non convenite che una vitale necessità per la felice vita familiare è quella di potersi esprimere liberamente secondo che se ne senta il bisogno o il desiderio? Spesso accade nelle attuali condizioni che tali bisogni e desideri non si possono esternare in modo normale e appropriato e sono repressi. Ma sono ancora lì e non facilmente si spengono, trovando forse sfogo in canali che sono dannosi. Si vedono chiaramente dalla prima fanciullezza. Il piccolo piange per avere simpatia e attenzione alla minima cosa. Se qualche cosa gli piace, vuole mostrarla a qualcuno che risponda con comprensione. Chi non ha visto un fanciullino avere qualche piccolo incidente nel gioco all’aperto, quindi trattenere in silenzio il dolore, correre a casa in cerca di sua madre e solo allora provare di poter dare sfogo ai suoi sentimenti?
2. Quali qualità e capacità suscitano nell’uomo il forte desiderio di comunicare?
2 Sì, l’uomo ha la capacità e il forte desiderio di comunicare, di condividere con altri le cose che lo riguardano e lo interessano. Egli cerca premurosamente di esprimersi, o per l’assoluto piacere che gliene deriva o per avere aiuto in caso di bisogno o per la gioia d’aiutare qualcun altro che è nel bisogno. Possiamo risalire alla causa di questo forte desiderio? Lo possiamo. L’uomo ha una mente ragionevole e inquisitrice. Può esplorare, inventare e organizzare. Ha un profondo senso del bene e del male. Può scegliere e formulare giudizi. Può cercare l’intendimento delle cose e può edificare il profondo apprezzamento di cose e persone. Logicamente ne consegue che desidera egli stesso essere compreso e apprezzato da altri. Ha la capacità d’amare e ha l’intenso desiderio che questo amore sia reciproco, dando luogo a sentimenti di massima soddisfazione e incoraggiamento quando l’amore è ricambiato. Non è questa la vostra esperienza? Queste meravigliose facoltà e qualità le abbiamo per esercitarle e naturalmente richiedono che le esprimiamo, suscitando il desiderio di comunicare.
3. (a) Quali altri fattori vi sono implicati? (b) Come si vede che tutt’e due i fattori sono importanti sin dalla fanciullezza?
3 Questo desiderio porta comunque alla considerazione di un altro importante fattore, cioè quello della relazione. I due sono in stretta connessione, dipendendo l’uno dall’altro. Non potete avere piena e libera comunicazione a meno che non si mantenga una buona relazione. D’altra parte, non potete edificare una buona relazione senza apprendere il modo di comunicare. Entrambe devono essere attentamente sviluppate e per la prova ci riferiamo di nuovo ai bambini. Essi hanno il naturale desiderio di esprimersi e fanno questo spontaneamente, prendendo l’amorevole attenzione loro mostrata, la buona relazione, come una cosa dovuta. Ma abbastanza presto, se debitamente educati, viene insegnato loro a rendersi conto che nemmeno la loro madre risponderà immediatamente a ogni loro chiamata. Imparano che ci sono momenti nei quali devono star zitti. Sono educati ad apprezzare che la buona relazione può essere alterata dalla cattiva condotta. Mentre crescono imparano che in ogni aspetto della vita i due fattori di comunicazione e relazione hanno una parte essenziale, sia a scuola che nel fare amicizia, specie con quelli del sesso opposto, o quando si va nel mondo per lavoro o piacere. Sì, questi due fattori contribuiscono grandemente a conseguire felicità e successo nella vita. Non dobbiamo mai smettere d’imparare a migliorare questi due fattori e così promuovere e salvaguardare nella vita i nostri migliori interessi.
UN PIÙ ALTO LIVELLO
4. È saggio limitare l’esercizio di questi fattori ai contatti umani?
4 Possiamo portare questa conversazione su un più alto livello? Molti son soddisfatti limitando la considerazione di questi fattori ai contatti umani, ma è giusto e ragionevole far questo? Non possiamo in tal modo perdere un più profondo senso di soddisfazione, con benefici più durevoli e sicuri? Certo il possesso di tali eccellenti qualità e capacità com’è già stato menzionato sono di per sé evidente prova che l’uomo non è il risultato di qualche forza cieca e impersonale, ma è il prodotto di una suprema Mente magistrale, di un intelligente Progettista e Creatore, che possiede egli stesso queste medesime qualità in un grado superlativo. Per giunta, l’uomo non è un robot, governato dall’istinto, ma è libero di usare questi doni o di abusarne a suo piacimento. In questi giorni si parla molto, sia fra individui che fra nazioni, di vivere la propria vita e predisporre il proprio destino. In effetti, preferiscono ignorare l’esistenza del Creatore che ha un definito proposito circa questa terra e l’uomo su di essa. Ma è giusto e ragionevole considerare le cose in questo modo e perseguire tale condotta?
5. Quali domande fa sorgere il possesso di tali eccellenti qualità?
5 Confidiamo d’aver già mostrato abbastanza che è saggio non seguire la via del mondo o essere influenzati dal suo spirito. Se conveniamo su ciò e ammettiamo l’esistenza di un Creatore, non è ragionevole come passo successivo investigare se Questi non abbia dato all’uomo la rivelazione di sé e del suo proposito? Il possesso di una mente ragionevole e inquisitrice, con la capacità di esercitare fede e amore e devozione, questi eccellenti doni indicano di sicuro che il Datore concesse all’uomo la più alta forma d’espressione di queste qualità e che ricompenserà quelli che premurosamente lo cercano. Avendo visto come queste cose sono importanti nei contatti umani, vediamo se gli stessi aspetti implicativi si manifestano quando portiamo la conversazione su un più alto livello, con conclusioni più rimuneratrici.
6. Solo in che modo i nostri bisogni e i nostri desideri possono realmente essere soddisfatti, e come questo è stato reso possibile?
6 Poiché la comunicazione e la relazione hanno una parte essenziale fra noi uomini, di sicuro sono ancor più essenziali fra il Creatore e noi. Se anche i bambini sono consci dei loro bisogni sotto questo aspetto, non è solo naturale che dobbiamo sentire il bisogno e il desiderio d’avere buona relazione e comunicazione col nostro Creatore quale sua progenie? La soddisfazione di tali desideri, naturalmente, dipende in tutto dal Creatore. Egli solo può renderla possibile, e quale gioia è quella di poter dire che ha invero fatto proprio questo! Sì, egli si è per certo rivelato aprendo la via per farci mettere in contatto con lui per mezzo della preghiera. In che modo? Primariamente con la sua Parola scritta, la Bibbia, e, come la Bibbia stessa spiega, anche per mezzo di una Parola vivente, il suo diletto Figlio, Gesù Cristo, a cui è stato dato il titolo: “La Parola di Dio”. — Riv. 19:13; Giov. 1:1.
7. Quale incoraggiamento viene dato a quelli che cercano Dio?
7 Nella Parola scritta troviamo buon sostegno per il precedente argomento. Quando parlava agli uomini di Atene, che erano “dediti al timore delle deità” e la cui “città era piena di idoli”, l’apostolo Paolo colse l’opportunità di dare una spiegazione intorno al Creatore. Disse che egli era “l’Iddio che ha fatto il mondo e tutte le cose che sono in esso”. Confermò che era beneplacito del Creatore che gli uomini “cerchino Dio, se possono brancolare per lui e realmente trovarlo, benché, infatti, non sia lontano da ciascuno di noi. Poiché da lui abbiamo la vita e ci muoviamo ed esistiamo, come certi poeti fra voi hanno detto: ‘Poiché siamo pure sua progenie’”. — Atti 17:16, 22-28.
8. Per rivolgerci accettevolmente a Dio, di quale specie di informazioni abbiamo bisogno?
8 Con questo incoraggiamento, proseguiamo per vedere se la Bibbia dà specifiche informazioni a nostra guida rispetto alla comunicazione e alla relazione così che possiamo realmente trovare Dio e imparare il modo di pregarlo accettevolmente. Quantunque, come i bambini, siamo spesso più consci del bisogno di tenere aperte le linee di comunicazione, tuttavia la questione della relazione è assai più importante. La considereremo dunque per prima. Ci dice la Bibbia quali sono i necessari passi iniziali da fare per trovare favore presso Dio e piacergli?
TRE PRIMARIE ESIGENZE
9. (a) Come la Parola di Dio mette in risalto il primo requisito? (b) Perché è ragionevole credere all’esistenza di un Creatore personale? e questo porta a quali domande?
9 La prima esigenza è quella della fede. Paolo lo rende chiaro quando dice agli Ebrei che “senza fede è impossibile essere accetto a lui, poiché chi s’accosta a Dio deve credere ch’egli è, e che è il rimuneratore di quelli che premurosamente lo cercano”. (Ebr. 11:6) Alla mente onesta e inquisitrice non dovrebbe esser difficile credere all’esistenza di Dio, sebbene egli, insieme alle sue qualità, sia invisibile all’uomo. Questo accade perché, come Paolo altrove argomenta, “quello che sì può conoscere di Dio è manifesto . . . Poiché le sue invisibili qualità, perfino la sua sempiterna potenza e Divinità, si vedono chiaramente fin dalla creazione del mondo, perché si comprendono dalle cose fatte, così che [gli uomini che vogliono ignorare Dio e sopprimere la verità] sono inescusabili”. In vista della nostra crescente conoscenza dell’illimitata energia che pervade lo spazio, operando secondo leggi che indicano una centrale fonte e controllo, possiamo prontamente convenire con questo. Comunque, quale assicurazione abbiamo che Dio è il “rimuneratore di quelli che premurosamente lo cercano”, e come ci aiuta questo in quanto alla relazione? — Rom. 1:18-20.
10. Quale fu la base di Abraamo per la fede, che indica quale ulteriore requisito?
10 Qui di nuovo il racconto biblico ci aiuta. Da principio, in Genesi, al capitolo 15, si narra che un uomo cercò premurosamente Dio, esercitò fede in lui e gli fu promessa una grande ricompensa. (Gen. 15:1, 6) Il suo nome era Abramo, poi mutato in Abraamo. Come in primo luogo acquistò egli fede in Geova quale vero Dio? Questo è importante, poiché indica una seconda esigenza. Abraamo conosceva il racconto scritto trasmesso dai suoi antenati, Noè e Sem, che in seguito formò la prima parte del Pentateuco, ora contenente gli iniziali capitoli di Genesi. Queste fidate informazioni diedero ad Abraamo accurata conoscenza, la quale provvede la base essenziale della vera fede. Per nostro proprio beneficio, e per essere aiutati a metterci al posto di Abraamo apprezzandone meglio l’eccellente esempio, daremo uno sguardo ad alcune di quelle cose che furono narrate da principio.
11. Come il racconto della creazione dell’uomo dà informazioni valide?
11 A sostegno del nostro precedente argomento, si dichiara esplicitamente che l’uomo fu creato a immagine di Dio e che fu dotato di qualità e capacità che gli avrebbero permesso di assoggettare la terra e sottoporre ogni cosa. Egli era in stretta comunione col suo Creatore e ne aveva la benedizione, essendo in buona relazione con Lui. Non solo conosceva la “potenza e Divinità” del suo Creatore, ma aveva abbondante evidenza dei suoi molti amorevoli provvedimenti, il cui dono maggiore era un’ideale compagna e aiutante, che completava la sua felicità e offriva altre vie di dilettevole comunione e relazione. — Gen. 1:26-31; 2:18-23.
12. Che cosa derivò dalla disubbidienza dell’uomo, e come si dà così enfasi a un terzo requisito?
12 Comunque, prima la donna e poi l’uomo, non essendo dei robot, usarono la loro libertà di scelta in una condotta di volontaria disubbidienza all’espresso comando di Geova. Vollero vivere la loro propria vita e predisporre il loro proprio destino. Con quale risultato? Fra l’altro, la loro relazione e la loro comunione col loro Creatore, e anche fra loro, furono malamente rovinate. Essi “andarono a nascondersi dalla faccia di Geova Dio”, e, quando furono interrogati, l’uomo cercò di far ricadere il biasimo su Dio e sulla donna, dicendo: “La donna che tu desti perché fosse con me, mi ha dato del frutto dell’albero e quindi io l’ho mangiato”. (Gen. 3:8, 12) Qui possiamo imparare un’importantissima lezione, come l’imparò senza dubbio Abraamo. Adamo ed Eva sapevano d’essere debitori a Geova della vita e d’ogni cosa buona che avevano. Nel tempo in cui lo apprezzarono e rimasero sottoposti al loro Creatore con spirito di devozione e dedicazione, ebbero le benedizioni di una buona relazione e comunione con lui. Ma appena persero quello spirito e cominciarono a fare le cose di loro propria testa, persero immediatamente quelle benedizioni. Questo accadde allora e accade ora. Dobbiamo pertanto apprezzare un terzo ed essenziale requisito, che deve accompagnare la fede e l’accurata conoscenza, cioè quello della devozione a Geova con tutta l’anima.
13. In che modo si vede che i precedenti requisiti sono in stretta relazione fra loro?
13 Questi tre requisiti sono in stretta relazione fra loro. La fede non è semplicemente l’approvazione o credenza mentale di qualche cosa che non si vede, non è qualche cosa di cui si parli come fede cieca. Piuttosto, è l’assicurata convinzione di cose, benché non vedute, che hanno tuttavia l’impronta della verità e della realtà. Ciò implica il bisogno d’accurata conoscenza come base di tale fede. Paolo definì la fede come “l’evidente dimostrazione di realtà benché non vedute”. La massima realtà non veduta è Geova. Le sue “invisibili qualità si vedono chiaramente” e son dimostrate dalle cose fatte. La sua Parola, la Bibbia, ha l’impronta della verità, come Gesù disse: “La tua parola è verità”. Tale fede, o assicurata convinzione, è vigorosa, vivente e per necessità porta frutto conforme alla sua base d’accurata conoscenza e intendimento acquistati dalla Parola di Dio. Chi possiede tale fede è convinto che Dio è il “rimuneratore di quelli che premurosamente lo cercano”. Questo è ciò che la dedicazione significa, il desiderio e la determinazione di cercar di continuo Geova, di provare diletto nel fare la sua volontà secondo com’è narrata nella sua Parola. Questa fu l’attitudine di Gesù come era stato profeticamente scritto di lui: “A far la tua volontà, o mio Dio, mi sono dilettato, e la tua legge [la tua parola] è dentro le mie parti interiori”. — Ebr. 11:1, 6; Rom. 1:20; Giov. 17:17; Sal. 40:8.
14. Come Geova diede in Eden una forte base per fede e speranza?
14 C’è dell’altro, comunque, che Abraamo apprese da quel primo racconto che grandemente accrebbe la sua fede nella promessa di una rimunerazione, nonché la sua amorevole devozione verso Colui che aveva fatto quella promessa. Pure la vostra propria fede e devozione può essere accresciuta. Quando pronunciò in Eden un giudizio dopo il peccato della disubbidienza volontaria, Geova, nella medesima espressione, possiamo dire, proferì una rimarchevole profezia. In forma ermetica, incluse una promessa che offriva la sicura speranza di una rimunerazione. Predisse inimicizia fra il seme del serpente e quello della donna, sebbene non la identificasse. Dio quindi disse: “Egli [il seme della donna] ti [al serpente] ferirà la testa”, implicando questo che chi aveva usato il serpente, cioè Satana il Diavolo, sarebbe stato schiacciato nella sconfitta e nella morte. — Gen. 3:15; si veda anche Giovanni 8:44.
15. La fede e la devozione verso Geova aprono la via a quali benedizioni e rimunerazioni?
15 Questo sarebbe stato considerato come una grande rimunerazione per il fedele seme della donna. Avrebbe anche dato la speranza della liberazione dalla schiavitù al peccato e alla morte, che risultarono da quella ribellione originale a chi esercitava fede e devozione verso Geova. Il primo di questi fu Abele, il primo di una lunga discendenza di uomini e donne di fede elencati in Ebrei, capitolo 11. Ivi è menzionato Abraamo, e la rimunerazione per lui e per gli altri vi è descritta come un luogo permanente nella disposizione di Dio simile a una città, con le benedizioni della relazione e della comunione con lui pienamente ripristinati nella perfezione. Infatti, a causa della loro fede, quelle benedizioni le ebbero in gran parte quegli uomini e donne nel loro proprio giorno, mentre erano ancora imperfetti. Come sarà mostrato in seguito, Paolo indica in quella stessa lettera che benedizioni simili potranno averle uomini e donne d’oggi in misura ancor più grande. — Ebr. 11:8-10, 16.
16. Quale speciale rimunerazione fu data ad Abraamo a causa della sua fede e devozione?
16 Parlando di Abraamo, il racconto mostra in Genesi 22:1-18 che Geova si compiacque di dargli una specialissima rimunerazione. Dopo che egli aveva superato una grave prova della sua fede e devozione, fino al punto di mostrarsi disposto, se necessario, a offrire il suo diletto figlio Isacco in sacrificio, Geova rivelò quindi che quel seme, promesso in Eden, sarebbe venuto dalla sua discendenza e che “per mezzo del tuo seme tutte le nazioni della terra di certo si benediranno per il fatto che tu hai ascoltato la mia voce”. Come Geova in precedenza aveva detto ad Abraamo: “La tua ricompensa sarà molto grande”. — Gen. 22:18; 15:1.
CERCHIAMO PREMUROSAMENTE GEOVA
17. C’è l’evidenza di un generale desiderio di poter invocare Dio quando c’è grande bisogno?
17 Pur avendo esaminato i fatti preliminari che conducono a una buona relazione con Geova, c’è ancora la domanda di come stabilire e mantenere aperte con lui le linee di comunicazione. Questo può essere un grosso problema, sebbene il desiderio dentro di noi sia quasi istintivo. È noto che uomini ostinati, atei confessi, hanno invocato Dio quando erano in disperato bisogno o pericolo. Anche Caino, il primo assassino, disse a Geova: “La mia punizione per l’errore è troppo grande da portare”, perché, per una ragione, come egli disse, “sarò nascosto alla tua faccia”. Similmente Eva, benché condannata, fu ansiosa di includere Geova nel quadro dei propri pensieri quando le nacquero figli, dicendo: “Ho acquistato un uomo con l’aiuto di Geova”, e ancora in seguito: “Dio ha costituito un altro seme al posto di Abele”. — Gen. 4:1, 13, 14, 25.
18. Quali caratteristiche indicano la parte che la preghiera ha nella maggioranza delle funzioni religiose?
18 Quale ulteriore evidenza di come questo profondamente radicato desiderio sia diffuso, non è vero che nella maggioranza delle religioni, se non in tutte, la preghiera ha un posto preminente in una forma o l’altra delle loro funzioni? Ma non è anche generalmente vero che — asseriscano o no d’esser cristiani — l’enfasi è sulla pratica e sul formalismo, variando solo per certe occasioni e periodi religiosi, come a Natale e a Pasqua? Questo include le loro preghiere, che spesso sono cantate o recitate in maniera monotona da un libro di preghiere. Per moltissimi, specie nella cristianità, che dalla fanciullezza non hanno mai conosciuto nessun’altra specie di funzione religiosa, questo può rimanere indiscusso. A quelli che vi sono abituati, dà una soddisfazione emotiva. Ogni cosa è volta a tal fine, compreso l’edificio e la musica e gli abiti, spesso con l’aggiunta di un certo misticismo, che nell’insieme crea un’atmosfera di esaltazione e serenità. Essi immaginano d’essere stati in contatto con cose sacre, con un altro mondo.
19, 20. Avviene spesso la stessa cosa delle preghiere individuali, e questo porta a quali pertinenti domande?
19 Quando si tratta di preghiere individuali, non sono queste spesso contrassegnate dalle stesse caratteristiche, essendo stato insegnato a quelli che pregano di far ciò dalla fanciullezza? Al piccolo si insegna un insieme di parole come preghiera al pasto o quando va a letto. Lo stesso metodo è spesso adottato dagli adulti, che leggono in un libro, o imparano a memoria, forse contando pure i grani o con qualche altro formalismo, come la ruota delle preghiere.
20 Questo, specialmente come viene fatto dall’individuo, si compie sovente in tutta sincerità, ma è realmente una preghiera nel vero senso della parola? Essa può dare un senso di soddisfazione all’individuo, ma piace a Dio? Dice egli che udrà ed esaudirà qualsiasi forma di preghiera, finché è sincera? Lascia a noi decidere ciò che è accettevole sotto questo aspetto? Collettivamente, ha qualche organizzazione religiosa, per quanto sia grande e antica, il diritto di decidere tali questioni di propria autorità, confidando grandemente sulla tradizione, come spesso si verifica?
21. Come la generazione più giovane spesso considera la tradizione e l’abitudine, e a quale conclusione si può pervenire?
21 Abbiamo detto or ora che le forme e le espressioni di adorazione sono spesso incontestate. Ma non è un notevole aspetto del nostro giorno non lasciare nulla d’incontestato, adottando invece un’attitudine assai critica? La generazione più giovane non è incline a prendere qualsiasi cosa come dovuta. Molti non sono pronti a mostrar rispetto a qualsiasi cosa, eccetto le cose materiali, come il progresso nelle imprese umane o a qualche eroe politico o militare. Come risultato, sia dentro che fuori dei circoli religiosi, si può dire senza dubbio che la maggioranza delle persone hanno dimenticato come si prega, eccetto quelli che si attengono a un formalismo e pensano di pregare con l’uso di grani o canti.
22, 23. (a) Dove potremo fiduciosamente rivolgerci per essere guidati rispetto alla preghiera? (b) Nel cercare Dio, quale domanda viene posta?
22 Allo stesso modo, crediamo che ci siano innumerevoli uomini i quali, se fossero aiutati a seguire la via giusta, sarebbero molto lieti di apprendere come pregare con l’assicurazione che le loro preghiere sarebbero accettevoli al grande Creatore. Com’è stato menzionato, questo non si può determinare in base all’autorità umana, né può lasciarsi ai sentimenti o alle emozioni individuali. Imparare a pregare non significa apprendere delle parole. Invece, seguendo l’attitudine che abbiamo già assunta, ci rivolgeremo alla Parola di Dio, la Bibbia, con fiduciosa aspettazione. Troveremo che essa dà utili informazioni sui necessari passi per avvicinarci accettevolmente a Dio. In particolare, troveremo che il libro di Ebrei dà consigli e suggerimenti pratici su questo argomento. Ricorderete che il capitolo undici fa un lungo elenco di uomini di fede che ebbero il favore e la benedizione di Dio. Essi credettero tutti che Dio è “il rimuneratore di quelli che premurosamente lo cercano”. — Ebr. 11:6.
23 Comunque, Paolo mostra in quella stessa lettera, non solo riguardo a quegli uomini di fede, ma per tutti noi che siamo dedicati a Dio, che dobbiamo premurosamente cercare per giunta qualche altra cosa. In realtà, è indispensabile se vogliamo avere successo nel trovar favore presso Dio. Che cos’è?
CERCATE PREMUROSAMENTE LA CITTÀ DI DIO
24. Come descrive e identifica Paolo la città che dobbiamo premurosamente cercare?
24 In Ebrei 13:14 Paolo rammenta a quelli ai quali scrive che “non abbiamo qui una città che rimanga, ma cerchiamo premurosamente quella avvenire”. Che cos’è questa città che dobbiamo cercare premurosamente? Prima, riguardo ad Abraamo, Paolo dice che “per fede risiedette come forestiero nel paese della promessa come in un paese straniero . . . Poiché egli aspettava la città che ha reali fondamenta, il cui edificatore e creatore è Dio”. Rispetto ad Abraamo e a suo figlio Isacco e a suo nipote Giacobbe, Paolo dice similmente che “dichiararono pubblicamente d’essere estranei e residenti temporanei nel paese”, cioè che abbandonarono il loro luogo nel vecchio sistema di cose, nel paese dei Caldei, e non ebbero nessun paese in Canaan. Invece, Paolo dice, “aspirano a un luogo migliore, cioè uno che appartiene al cielo [sebbene, notate, non un luogo in cielo.] Quindi Dio non si vergogna di loro, d’esser chiamato loro Dio, poiché ha preparato per loro una città”. In seguito, Paolo identifica chiaramente questa città. Dopo aver menzionato come l’Israele carnale si accostò al monte Sinai sotto la direttiva di Mosè, quindi, in contrasto, dice al veri cristiani che formano l’Israele spirituale: “Ma vi siete accostati al monte Sion e alla città dell’Iddio vivente, alla Gerusalemme celeste”. — Ebr. 11:9, 10, 13-16; 12:18-22.
25. Di che cosa la città è un simbolo appropriato, e com’è ulteriormente identificata la città di Dio?
25 Nelle Scritture la città è usata come simbolo di una comunità di persone che vivono come un’organizzazione strettamente unita sotto un controllo centrale. A Giovanni fu data una visione di questa “città santa, la Nuova Gerusalemme”, e la sua composizione è resa chiara nel libro di Rivelazione. Giovanni la vede e la descrive “preparata come una sposa adorna per il suo marito”, e ode quindi un angelo che identifica i partecipanti come “la sposa, la moglie dell’Agnello”, riferendosi a Cristo Gesù e alla classe della sua sposa, la vera chiesa, o congregazione cristiana. — Riv. 21:2, 9; si veda anche Rivelazione 14:1, 4.
26, 27. (a) Come la figura della città di Dio trova oggi adempimento? (b) Chi è strettamente associato con quelli che hanno la speranza della cittadinanza celeste? (c) A quale domanda attendiamo una risposta?
26 Vedete l’efficacia di questa figura della città di Dio? Nella figura, o tipo, la letterale, terrestre città di Gerusalemme, situata sul monte Sion, era la diletta città capitale di tutto il paese dell’antico Israele carnale. Nell’effettiva realtà, solo alcuni Israeliti poterono pretendere la cittadinanza nella stessa Gerusalemme. In modo simile nell’adempimento, Cristo Gesù e con lui la vera chiesa in cielo, formano l’organizzazione capitale che domina su tutto il reame terrestre di Dio e questa disposizione produce “nuovi cieli e nuova terra”. (2 Piet. 3:13) In questi giorni del termine del vecchio sistema di cose, i cristiani veramente dedicati con speranza e cittadinanza celesti sono già stati ristabiliti in stretta unità. (Filip. 3:20) In stretta associazione con questi è la “grande folla” di uomini e donne dedicati con la speranza della vita sulla terra come sudditi del regno di Dio. Essi “rendono [a Dio] sacro servizio giorno e notte nel suo tempio”, in associazione col rimanente di quelli che formano la casa o tempio spirituale di Dio. (Riv. 7:15; Efes. 2:19-22) Con lo stesso spirito di Abraamo, Isacco e Giacobbe, questi dedicati uomini e donne d’oggi devono abbandonare il vecchio sistema di cose. Devono specialmente fuggire da quella malvagia città simbolica di Babilonia la Grande, l’impero mondiale della falsa religione. Invece, a prova d’una fede vivente, devono premurosamente cercare la città di Dio, la sua disposizione simile a una città, come è chiaramente manifesta fra i testimoni di Geova.
27 Ancora, potete chiedere, in che modo dopo aver trovato la città di Dio questo mi aiuterà nelle mie preghiere? Considereremo questa domanda nell’articolo che segue.
[Immagine a pagina 76]
Abraamo mostrò la propria fede essendo disposto a offrire suo figlio. “Ora davvero so”, disse Geova, “che temi Dio”, e diede ad Abraamo una specialissima rimunerazione