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Atti — Approfondimenti al capitolo 2Traduzione del Nuovo Mondo delle Sacre Scritture (edizione per lo studio)
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morsa della morte Lett. “dolori della morte”. Anche se la Bibbia dice chiaramente che i morti non si rendono conto di nulla e non provano dolore (Sl 146:4; Ec 9:5, 10), qui viene detto che la “morte” provoca “dolori”. Probabilmente l’espressione “dolori della morte” è riconducibile al fatto che la morte viene presentata come qualcosa di amaro e straziante (1Sa 15:32, nt.; Sl 55:4; Ec 7:26). È così non solo per la penosa agonia che di solito la precede (Sl 73:4, 5) ma anche per la cessazione di qualsiasi attività e per la perdita della libertà dovute alla sua morsa paralizzante (Sl 6:5; 88:10). A quanto pare è in questo senso che la risurrezione liberò Gesù dai “dolori della morte”, svincolandolo dalla sua sconvolgente morsa immobilizzante. Il termine greco per “dolori” (odìn) altrove è usato per indicare le doglie (1Ts 5:3), ma si può riferire in senso più ampio a pena, calamità o sofferenza (Mt 24:8). L’espressione “dolori della morte” si trova nella Settanta in 2Sa 22:6 e Sl 18:4 (17:5, LXX), dove il testo ebraico masoretico presenta la lezione “funi della Tomba” e “funi della morte”. È interessante che negli antichi manoscritti ebraici, che erano scritti senza vocali, il termine chèvel — che può essere reso “fune”, “corda”, “legame” — ha le stesse consonanti della parola ebraica per “dolore”. Questo potrebbe spiegare perché nella Settanta si trova la resa “funi”. Sia “dolori della morte” che “funi della morte” trasmettono fondamentalmente lo stesso concetto, ovvero che la morte è qualcosa di amaro e straziante.
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