-
RomaniIndice delle pubblicazioni Watch Tower 1945-1985
-
-
6:23 ad 1106; uw 37, 149; w81 15/3 7; w79 1/2 18; w79 15/2 18-19, 22; g79 8/3 27; gh 85, 103, 121; w75 511; ts 35; w74 132-133; w73 681; g73 22/11 4; g72 22/5 27; w65 243; w64 458; w61 516, 763; w55 406; w53 155; gw 26; w52 25; lg 72; w51 332, 340; w49 131; jo 20
-
-
Romani — Approfondimenti al capitolo 6Traduzione del Nuovo Mondo delle Sacre Scritture (edizione per lo studio)
-
-
il salario del peccato O “il salario che il peccato dà come paga”. Il termine greco qui usato per “salario” (opsònion) significa alla lettera “paga”, “stipendio”. In Lu 3:14 (vedi approfondimento) è usato come termine militare in riferimento alla retribuzione, o paga, di un soldato. In questo contesto il peccato è personificato come un padrone che paga un simbolico salario. Chi pecca “si guadagna” la morte come “salario”, o paga. Una volta che una persona è morta e che ha ricevuto il suo “salario”, i suoi peccati non le vengono più imputati. Inoltre, se non fosse per il sacrificio di Gesù e per il proposito di Dio di risuscitare i morti, quella persona non tornerebbe mai più a vivere.
dono O “dono immeritato”, “dono benevolo”. Il sostantivo greco usato qui per “dono”, chàrisma, indica fondamentalmente un dono gratuito, qualcosa che non si guadagna o non si merita. È affine al termine chàris, spesso tradotto “immeritata bontà”. (Vedi Glossario, “immeritata bontà”.) La bontà di Geova nel provvedere suo Figlio come sacrificio di riscatto è un dono inestimabile, e coloro che esercitano fede nel sacrificio di Gesù possono così ottenere il dono della vita eterna (Gv 3:16; vedi Ro 5:15, 16, dove in greco compare due volte il termine chàrisma).
-