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  • Un problema mondiale
    Svegliatevi! 2001 | 22 ottobre
    • Un problema mondiale

      “Il suicidio è un grosso problema di sanità pubblica”. David Satcher, “surgeon general”, 1999.

      QUESTA dichiarazione segnò una svolta: era la prima volta in assoluto che un surgeon general (la massima autorità americana in campo sanitario) definiva il suicidio un problema di pubblico interesse. Negli Stati Uniti attualmente sono più le persone che si tolgono la vita che quelle che vengono uccise. Non è strano, dunque, che il senato americano abbia incluso la prevenzione dei suicidi tra gli obiettivi a cui dare la priorità a livello nazionale.

      Eppure negli Stati Uniti il tasso dei suicidi, che nel 1997 era di 11,4 ogni 100.000 abitanti, è inferiore al tasso mondiale pubblicato nel 2000 dall’Organizzazione Mondiale della Sanità: 16 suicidi ogni 100.000 abitanti. Negli ultimi 45 anni il tasso dei suicidi a livello mondiale è aumentato del 60 per cento. Attualmente, ogni anno, in tutto il mondo circa un milione di persone si tolgono la vita: più o meno una ogni 40 secondi!

      Ma le statistiche non dicono tutto. In molti casi i familiari della persona deceduta negano che si sia trattato di suicidio. Inoltre, si calcola che per ogni suicidio portato a termine ne vengano tentati da 10 a 25. Nel corso di un sondaggio condotto negli Stati Uniti il 27 per cento degli studenti delle superiori ha ammesso che durante l’anno precedente aveva pensato seriamente al suicidio; l’8 per cento degli intervistati ha detto che aveva tentato il suicidio. Da altri studi risulta che dal 5 al 15 per cento della popolazione adulta ha avuto in qualche momento della propria vita pensieri suicidi.

      Differenze culturali

      Sul suicidio esistono punti di vista molto diversi. Alcuni lo considerano un reato, altri un atto di codardia, altri ancora un modo onorevole per scusarsi quando si è commesso un grave errore. Secondo alcuni sarebbe addirittura un modo nobile per promuovere una causa. Come mai esistono pareri così diversi? Molto dipende dalla cultura. Non a caso, un periodico medico indica che la cultura potrebbe persino “influire sulla probabilità di commettere suicidio”. — The Harvard Mental Health Letter.

      Prendete un paese dell’Europa centrale: l’Ungheria. Il dott. Zoltán Rihmer definisce l’elevato tasso di suicidi in quella nazione la “triste ‘tradizione’” ungherese. Béla Buda, direttore del locale Istituto nazionale della sanità, ha osservato che gli ungheresi si suicidano con molta facilità, per i motivi più disparati. Secondo Buda, è comune sentire ragionamenti del tipo: “Ha un tumore, sa quale può essere la via d’uscita”.

      In India un tempo esisteva una tradizione religiosa detta sati, in base alla quale la vedova si gettava sul rogo funebre del marito. Anche se questa usanza è proibita da tempo, non è del tutto sparita. Quando una donna si suicidò in questo modo, molte persone del luogo esaltarono il suo tragico gesto. Secondo il quotidiano India Today, la regione dell’India in cui viveva quella donna “ha visto quasi 25 donne immolarsi sul rogo funebre del marito in altrettanti anni”.

      È degno di nota che in Giappone il numero dei suicidi è tre volte superiore a quello delle vittime degli incidenti stradali! Un’enciclopedia dice: “La cultura tradizionale giapponese, che non ha mai condannato il suicidio, è nota per una forma altamente ritualizzata e istituzionalizzata di autosventramento (il seppuku, o harakiri)”. — Japan—An Illustrated Encyclopedia.

      Nel libro Bushidō Inazô Nitobe, che in seguito divenne sottosegretario generale della Lega delle Nazioni, spiegò questa attrazione culturale per la morte. Egli scrisse che il seppuku “iniziò a venir praticato nel Medio Evo, rappresentando il mezzo con cui i guerrieri potevano espiare le loro colpe, ottenere di essere scagionati dagli errori commessi, evitare il disonore, redimere gli amici e offrire prova di fedeltà”.a Anche se in genere questa forma di suicidio rituale appartiene al passato, alcuni vi ricorrono ancora per il suo forte impatto sociale.

      Nella cristianità, invece, il suicidio è stato considerato per molto tempo un reato. Nel VI e VII secolo la Chiesa Cattolica scomunicava chi moriva suicida e gli negava il funerale religioso. In certi luoghi il fervore religioso ha fatto nascere strane usanze in relazione ai suicidi, come quella di impiccare il loro cadavere o addirittura di trapassare loro il cuore con un piolo.

      Paradossalmente, chi tentava il suicidio poteva incorrere nella pena di morte. Un inglese del XIX secolo che aveva cercato di togliersi la vita tagliandosi la gola fu punito con l’impiccagione. In questo modo le autorità riuscirono laddove lui aveva fallito. Anche se la punizione per il tentato suicidio è cambiata nel corso del tempo, solo nel 1961 il parlamento britannico dichiarò che suicidio e tentato suicidio non costituivano più reato. In Irlanda questo cambiamento è avvenuto solo nel 1993.

      Oggi certi scrittori incoraggiano il suicidio come scelta legittima. Un libro del 1991 dedicato al suicidio assistito per i malati terminali suggeriva alcuni modi per togliersi la vita. In seguito è aumentato il numero di coloro che pur non essendo malati terminali ricorrevano ugualmente a uno dei metodi suggeriti.

      Il suicidio è davvero la soluzione dei propri problemi? Oppure esistono motivi validi per continuare a vivere? Prima di prendere in considerazione queste domande, analizziamo cosa porta al suicidio.

      [Nota in calce]

      a A cura di R. Massi, Edizioni Sannô-kai, Padova, 1976, p. 121.

      [Testo in evidenza a pagina 4]

      Ogni anno in tutto il mondo circa un milione di persone si tolgono la vita: più o meno una ogni 40 secondi!

  • Perché rinunciano a vivere
    Svegliatevi! 2001 | 22 ottobre
    • Perché rinunciano a vivere

      “Ogni strada che porta al suicidio è diversa: del tutto personale, insondabile e terribile”. Kay Redfield Jamison, psichiatra.

      “VIVERE è soffrire”. Questo è ciò che ha scritto Ryūnosuke Akutagawa, famoso scrittore giapponese dell’inizio del XX secolo, poco prima di suicidarsi. Ma prima di questa frase scrisse: “Naturalmente non voglio morire, ma...”

      Al pari di Akutagawa, molti di coloro che si suicidano non vogliono tanto morire quanto “porre fine a qualcosa”, ha detto un docente di psicologia. Le parole che ricorrono nei messaggi lasciati dai suicidi lo confermano. Frasi come ‘Non ce la facevo più’ o ‘Perché continuare a vivere?’ rivelano il profondo desiderio di sfuggire alle dure realtà della vita. Ma per citare un terapista, suicidarsi è “come cercare di curare un raffreddore con una bomba atomica”.

      Anche se i motivi per cui la gente arriva al suicidio variano, di solito ci sono alcuni eventi scatenanti che inducono a commettere questo gesto.

      Eventi scatenanti

      Non è raro che i giovani che cedono alla disperazione e si tolgono la vita lo facciano per motivi che ad altri potrebbero sembrare futili. Quando si sentono feriti e non vedono via d’uscita, i giovani possono considerare la propria morte un modo per vendicarsi di chi li ha fatti soffrire. Hiroshi Inamura, un esperto giapponese specializzato nel trattare persone che hanno tendenze suicide, ha scritto: “I bambini nutrono l’intimo desiderio di punire, attraverso la propria morte, la persona che li ha tormentati”.

      In Gran Bretagna un recente sondaggio ha rivelato che tra i bambini che sono vittime di gravi forme di bullismo i tentativi di suicidio sono quasi sette volte più numerosi che tra gli altri. La sofferenza emotiva di questi bambini è reale. Un tredicenne che si è impiccato ha lasciato un biglietto in cui indicava per nome cinque persone che l’avevano angariato e gli avevano anche estorto del denaro. “Per favore, salvate altri bambini”, ha scritto.

      Altri possono cercare di togliersi la vita quando si mettono nei guai a scuola o con la legge, in seguito a una delusione amorosa, quando ricevono una brutta pagella, sono sotto stress per gli esami o sono molto preoccupati per il futuro. Tra gli adolescenti che ottengono buoni risultati a scuola e magari tendono ad essere perfezionisti un insuccesso o un fallimento — reale o immaginario — può portare a un tentativo di suicidio.

      Nel caso degli adulti, spesso gli eventi scatenanti sono problemi economici o di lavoro. In Giappone, dove la crisi economica dura da anni, di recente i suicidi hanno superato i 30.000 l’anno. Secondo il Mainichi Daily News, quasi tre quarti degli uomini di mezza età che si sono tolti la vita l’hanno fatto “in seguito a problemi legati a debiti, fallimento di qualche attività economica, povertà e disoccupazione”. Anche i problemi familiari possono portare al suicidio. Secondo un quotidiano finlandese uno dei gruppi a rischio è quello degli “uomini di mezza età che hanno divorziato da poco”. Da uno studio effettuato in Ungheria è risultato che la maggioranza delle ragazze con tendenze suicide provengono da famiglie divise.

      Anche il pensionamento e le malattie sono importanti eventi scatenanti, soprattutto tra le persone anziane. Spesso il suicidio è visto come una via d’uscita, non necessariamente quando la malattia è in uno stadio terminale, bensì quando il paziente considera la sofferenza intollerabile.

      Ad ogni modo, non tutti reagiscono a questi eventi suicidandosi. Al contrario, la maggioranza di coloro che si trovano in situazioni stressanti non si tolgono la vita. E allora perché alcuni optano per il suicidio, mentre la maggior parte non lo fa?

      Fattori più profondi

      “La decisione di morire dipende in buona parte da come si interpretano gli avvenimenti”, dice Kay Redfield Jamison, che insegna psichiatria alla Johns Hopkins University. E aggiunge: “In genere, una mente sana non considera nessun evento tanto sconvolgente da giustificare il suicidio”. Eve K. Mościcki, dell’Istituto Nazionale americano di Igiene Mentale, osserva che per arrivare al suicidio entrano in gioco molti fattori concomitanti, alcuni dei quali non sono così evidenti. Tra questi fattori più profondi ci sono disturbi mentali e dipendenze, costituzione genetica e squilibri chimici nel cervello. Analizziamone alcuni.

      I più importanti di questi fattori sono i disturbi mentali e le dipendenze, come depressione, disturbo bipolare dell’umore, schizofrenia, alcolismo e tossicodipendenza. Ricerche fatte sia in Europa che negli Stati Uniti indicano che più del 90 per cento dei suicidi portati a termine sono riconducibili a questi disturbi. Alcuni ricercatori svedesi hanno riscontrato che, mentre tra gli uomini a cui non era stato diagnosticato nessuno di questi disturbi il tasso dei suicidi era di 8,3 su 100.000, tra chi soffriva di depressione la cifra balzava a 650 su 100.000! E secondo gli esperti, anche nei paesi orientali i fattori che portano al suicidio sono analoghi. Eppure, nemmeno quando alla depressione si uniscono eventi scatenanti il suicidio diventa inevitabile.

      La prof. Jamison, che una volta tentò lei stessa il suicidio, spiega: “Sembra che la gente riesca a sopportare o tollerare la depressione fintanto che c’è la speranza che le cose migliorino”. Tuttavia, essa ha riscontrato che quando la disperazione cresce fino a diventare insopportabile, la capacità della mente di reprimere gli impulsi suicidi un po’ alla volta si indebolisce. La Jamison paragona la situazione a ciò che succede ai freni di un’automobile: se vengono usati di continuo si consumano.

      È molto importante riconoscere tendenze del genere, perché la depressione si può curare. Il senso di impotenza si può vincere. Quando si affrontano i fattori più profondi, si può reagire in maniera diversa ai dispiaceri e alle situazioni stressanti che spesso fanno scattare la molla del suicidio.

      Secondo alcuni la costituzione genetica potrebbe giocare un ruolo in molti suicidi. È vero che i geni contribuiscono a determinare il carattere, e da alcuni studi risulta che in certe linee di discendenza familiare i casi di suicidio sono più numerosi che in altre. Tuttavia, “una predisposizione genetica al suicidio non significa assolutamente che il suicidio sia inevitabile”, afferma la Jamison.

      Anche gli squilibri chimici all’interno del cervello possono entrare in gioco. Nel cervello miliardi di neuroni comunicano tra loro per mezzo di segnali elettrochimici. Sulle estremità ramificate delle fibre nervose ci sono piccoli spazi detti sinapsi attraverso i quali i neurotrasmettitori trasportano l’informazione chimica. La propensione al suicidio può essere legata al livello di uno di questi neurotrasmettitori, la serotonina. Un libro sul cervello spiega: “Un basso livello di serotonina . . . può far sparire la gioia di vivere, al punto che si perde la voglia di vivere e aumenta il rischio di depressione e suicidio”. — Inside the Brain.

      Resta il fatto, però, che nessuno è destinato a suicidarsi. Milioni di persone convivono con dispiaceri e stress. È il modo in cui la mente e il cuore reagiscono ai problemi che induce alcuni a togliersi la vita. Non si devono affrontare solo le cause immediate che innescano il suicidio, ma anche i fattori più profondi che determinano una simile scelta.

      Cosa si può fare, dunque, per creare un atteggiamento più positivo che ridoni in una certa misura la gioia di vivere?

      [Riquadro a pagina 6]

      Suicidio: uomini e donne a confronto

      Da uno studio condotto negli Stati Uniti è emerso che tra le donne la probabilità di tentare il suicidio è da due a tre volte più alta che tra gli uomini, ma per questi ultimi la probabilità di riuscirci è quattro volte maggiore. Tra le donne l’incidenza della depressione è almeno doppia rispetto agli uomini, il che può spiegare in parte il maggior numero di tentati suicidi. Nelle donne, però, le malattie depressive sono in genere meno gravi, per cui i sistemi a cui ricorrono per togliersi la vita tendono ad essere meno violenti. Gli uomini, invece, tendono a ricorrere a sistemi più drastici per raggiungere il loro scopo.

      In Cina, invece, sono le donne a riuscire più spesso a togliersi la vita. Anzi, da uno studio risulta che, a livello mondiale, circa il 56 per cento dei casi in cui una donna si suicida si verificano in Cina, soprattutto nelle zone rurali. Uno dei motivi per cui molte cinesi che tentano il suicidio ci riescono sarebbe la grande disponibilità di pesticidi letali.

      [Riquadro/Immagine a pagina 7]

      Suicidio e solitudine

      La solitudine è uno dei fattori che portano alla depressione e al suicidio. Jouko Lönnqvist, che ha condotto uno studio sui casi di suicidio in Finlandia, ha detto: “La vita quotidiana di molti [di coloro che si sono suicidati] era una vita di solitudine. Avevano tanto tempo libero ma pochi contatti sociali”. Kenshiro Ohara, psichiatra presso l’istituto di medicina dell’Università di Hamamatsu, in Giappone, ha attribuito il boom di suicidi che di recente si è verificato in quella nazione tra gli uomini di mezza età al loro “isolamento”.

      [Immagine a pagina 5]

      Nel caso degli adulti, spesso gli eventi scatenanti sono problemi economici o di lavoro

  • Potete trovare aiuto
    Svegliatevi! 2001 | 22 ottobre
    • Potete trovare aiuto

      ‘QUARANTANOVE pillole di sonnifero in una tazza. Le mando giù o no?’ Questa era la domanda che si faceva un uomo di 28 anni in Svizzera. La moglie e i figli l’avevano lasciato, e lui era caduto in una grave depressione. Dopo aver bevuto quell’intruglio, però, disse a se stesso: ‘No. Non voglio morire!’ Gli è andata bene che è ancora vivo per raccontarlo. Non sempre gli impulsi suicidi portano alla morte.

      Alex Crosby, che lavora per i Centri americani per il Controllo e la Prevenzione delle Malattie, ha detto a proposito dei tentativi di suicidio da parte degli adolescenti: “Se si riesce a guadagnare anche solo qualche ora, si può dissuadere l’aspirante suicida. Quando si interviene, spesso si riesce a impedirgli di andare sino in fondo. Gli si può salvare la vita”.

      Lavorando in un’unità di rianimazione presso un ospedale giapponese, il prof. Hisashi Kurosawa ha aiutato centinaia di persone che avevano tentato il suicidio a ritrovare la voglia di vivere. Sì, con qualche forma di intervento si possono salvare delle vite. Che tipo di aiuto è necessario?

      Affrontare i problemi di fondo

      Come faceva notare l’articolo precedente, secondo i ricercatori il 90 per cento di coloro che si tolgono la vita soffre di disturbi psichiatrici o ha problemi di alcool o di droga. Per questo motivo Eve K. Mościcki, dell’Istituto Nazionale americano di Igiene Mentale, dice: “La misura più efficace per prevenire i suicidi in tutte le fasce d’età è prevenire i disturbi mentali e le dipendenze”.

      Triste a dirsi, molti che hanno problemi di questo genere non sono propensi a chiedere aiuto. Perché no? “Perché nella società vi sono forti pregiudizi”, osserva Yoshitomo Takahashi, dell’Istituto Metropolitano di Psichiatria di Tokyo. Egli aggiunge che per questo motivo anche chi si rende vagamente conto di avere qualche problema esita a rivolgersi subito a un medico.

      Alcuni, invece, non si lasciano condizionare dalla vergogna. Hiroshi Ogawa, un famoso presentatore televisivo giapponese che conduce uno spettacolo da 17 anni, ha ammesso pubblicamente di soffrire di depressione e di essere stato quasi sul punto di suicidarsi. “La depressione è un po’ come un raffreddore della mente”, ha detto Ogawa. Chiunque può soffrirne, ha spiegato, ma si può guarire.

      Parlate con qualcuno

      “Quando si è soli con il proprio problema, di solito questo assume dimensioni spropositate e sembra insolubile”, dice Béla Buda, il già citato funzionario della sanità ungherese. Le sue parole sottolineano la saggezza dell’antico proverbio biblico che dice: “Chi si isola cercherà la sua propria brama egoistica; irromperà contro ogni saggezza”. — Proverbi 18:1.

      Date ascolto a queste sagge parole. Non dibattetevi da soli in un mare di problemi più grandi di voi. Cercate una persona di fiducia con cui potete confidarvi. Forse, però, dite: ‘Non c’è nessuno con cui possa confidarmi’. Secondo la dott. Naoki Sato, esperta di igiene mentale, molti la pensano così. La Sato osserva che i pazienti a volte evitano di confidarsi con altri perché non vogliono rivelare le proprie debolezze.

      Dove ci si può rivolgere per essere ascoltati? In molti paesi si può chiamare un centro prevenzione suicidi o un telefono amico, oppure si può trovare un bravo psichiatra specializzato in disturbi emotivi. Secondo alcuni esperti, però, esiste anche un’altra fonte di aiuto: la religione. In che modo la religione può essere d’aiuto?

      Trovare l’aiuto necessario

      Marin, un invalido che vive in Bulgaria, aveva cominciato a desiderare intensamente di uccidersi. Un giorno gli capitò fra le mani il periodico religioso La Torre di Guardia, pubblicato dai testimoni di Geova. La rivista offriva l’opportunità di ricevere una visita da parte dei testimoni di Geova, e lui accettò. Marin spiega cosa accadde: “Da loro ho imparato che la vita è un dono del nostro Padre celeste e che non abbiamo il diritto di farci del male o di farla finita. Così ho vinto il desiderio di morire e ho ricominciato ad amare la vita!” Marin è stato anche aiutato amorevolmente dalla congregazione cristiana. La sua invalidità non è sparita, ma adesso dice: “Ora le mie giornate sono gioiose e tranquille, e sono piene di attività piacevoli: anche più di quante riesca a svolgere! Tutto questo lo devo a Geova e ai suoi Testimoni”.

      Anche il giovane svizzero menzionato all’inizio è stato aiutato dai testimoni di Geova. Oggi egli parla della “benignità di una famiglia cristiana” che lo accolse in casa. E aggiunge: “In seguito, i membri della congregazione [di testimoni di Geova] stabilirono un turno per invitarmi ogni giorno a mangiare da loro. Quello che mi ha aiutato non è stata solo l’ospitalità che mi è stata mostrata, ma anche il fatto di poter parlare con qualcuno”.

      Quest’uomo ha tratto molto incoraggiamento da ciò che ha studiato nella Bibbia, specialmente dal sapere che il vero Dio, Geova, ama l’umanità. (Giovanni 3:16) Sì, Geova Dio è pronto ad ascoltarvi quando “versate il vostro cuore” dinanzi a lui. (Salmo 62:8) “I suoi occhi scorrono tutta la terra”, non per trovare difetti nelle persone, bensì “per mostrare la sua forza a favore di quelli il cui cuore è completo verso di lui”. (2 Cronache 16:9) Geova ci rassicura dicendo: “Non aver timore, poiché io sono con te. Non guardare in giro, poiché io sono il tuo Dio. Di sicuro ti fortificherò. Sì, realmente ti aiuterò. Sì, davvero ti sorreggerò fermamente con la mia destra di giustizia”. — Isaia 41:10.

      Riguardo alla promessa di Dio di portare un nuovo mondo, il giovane svizzero ha detto: “Mi ha aiutato moltissimo ad alleviare la mia frustrazione”. Questa speranza, che è definita “un’àncora per l’anima”, include la promessa della vita eterna su una terra paradisiaca. — Ebrei 6:19; Salmo 37:10, 11, 29.

      La vostra vita è importante per altri

      È vero che potete trovarvi in una situazione tale da sentirvi completamente soli, tanto da pensare che la vostra morte non importerebbe a nessuno. Ma ricordate: C’è una grossa differenza tra sentirsi soli ed essere soli. Nell’antichità il profeta Elia attraversò un momento molto difficile della sua vita. Disse a Geova: “Hanno ucciso i tuoi profeti con la spada, tanto che io solo sono rimasto”. Sì, Elia si sentiva completamente solo, e aveva i suoi buoni motivi. Moltissimi altri profeti erano stati uccisi. Lui stesso era stato minacciato di morte e stava scappando per mettersi in salvo. Ma era davvero solo? No. Geova gli fece sapere che c’erano circa 7.000 persone leali che, come lui, si sforzavano fedelmente di servire il vero Dio in quel periodo difficile. (1 Re 19:1-18) Che dire di voi? Potrebbe darsi che siate meno soli di quanto pensiate?

      Ci sono persone che vi vogliono bene. Potreste pensare ai vostri genitori, al vostro coniuge, ai figli e agli amici. Ma ce ne sono anche altre. Nella congregazione dei testimoni di Geova potete trovare cristiani maturi che si interessano di voi, che sono pronti ad ascoltarvi e a pregare con voi e per voi. (Giacomo 5:14, 15) E anche se tutti gli esseri umani imperfetti dovessero deludervi, c’è Uno che non vi abbandonerà mai. Nell’antichità il re Davide disse: “Nel caso che il mio proprio padre e la mia propria madre davvero mi lasciassero, pure Geova stesso mi accoglierebbe”. (Salmo 27:10) Sì, Geova “ha cura di voi”. (1 Pietro 5:7) Non dimenticate mai che ai suoi occhi siete preziosi.

      La vita è un dono di Dio. È vero che a volte può sembrare più un peso che un dono. Ma riuscite a immaginare come vi sentireste se faceste un dono prezioso a qualcuno e questi lo gettasse via prima ancora di usarlo? Noi esseri umani imperfetti abbiamo appena iniziato a usare il dono della vita. Anzi, la Bibbia indica che agli occhi di Dio la vita che viviamo ora non è nemmeno “la vera vita”. (1 Timoteo 6:19) Sì, nel prossimo futuro la vita sarà molto più piena, più ricca e più felice. Come mai?

      La Bibbia dice: “[Dio] asciugherà ogni lacrima dai loro occhi, e la morte non ci sarà più, né ci sarà più cordoglio né grido né dolore. Le cose precedenti sono passate”. (Rivelazione [Apocalisse] 21:3, 4) Cercate di immaginare come sarà la vostra vita quando queste parole si adempiranno. Prendetevi il tempo di rifletterci. Cercate di crearvi un’immagine mentale completa, vivida. Quell’immagine non è una chimera. Man mano che meditate sul modo in cui Geova ha trattato i suoi servitori in passato, la vostra fiducia in lui crescerà e quell’immagine diverrà sempre più reale per voi. — Salmo 136:1-26.

      Potrà volerci un po’ di tempo prima che riacquistiate del tutto la voglia di vivere. Continuate a pregare “l’Iddio di ogni conforto, che ci conforta in tutta la nostra tribolazione”. (2 Corinti 1:3, 4; Romani 12:12; 1 Tessalonicesi 5:17) Geova vi darà la forza di cui avete bisogno. Vi insegnerà che la vita merita di essere vissuta. — Isaia 40:29.

      [Riquadro/Immagine a pagina 9]

      Come aiutare chi potrebbe avere idee suicide?

      Cosa dovreste fare se qualcuno vi confida che desidera suicidarsi? “Siate buoni ascoltatori”, è il consiglio dei CDC, i Centri americani per il Controllo e la Prevenzione delle Malattie. Lasciate che si esprima. Spesso, però, chi ha tendenze suicide è introverso e taciturno. Riconoscete che il suo dolore o la sua disperazione sono reali. Se menzionate con tatto alcuni specifici cambiamenti che avete notato nel suo comportamento, potreste spingerlo ad aprirsi e a confidarsi con voi.

      Nell’ascoltarlo, mostrate empatia. “È importante ribadire che la sua vita è importante per voi e per altri”, affermano i CDC. Fategli sapere che la sua morte causerebbe un immenso dolore a voi e ad altri. Aiutatelo a capire che il Creatore si interessa di lui. — 1 Pietro 5:7.

      Gli esperti inoltre raccomandano di eliminare tutto ciò che la persona potrebbe usare per togliersi la vita, soprattutto armi da fuoco. Se la situazione sembra grave, potreste incoraggiare la persona a rivolgersi a un medico. In casi estremi potreste non avere altra scelta che chiamare voi stessi qualche tipo di servizio medico di emergenza.

      [Riquadro a pagina 11]

      “Dio mi perdonerà se mi sento così?”

      Frequentare i testimoni di Geova ha aiutato molti a vincere pensieri suicidi. Tuttavia, oggi nessuno può sfuggire alle molte cause di stress o alla depressione. I cristiani che hanno contemplato l’idea di togliersi la vita spesso lottano con profondi sensi di colpa a motivo di questo. Questi sensi di colpa possono solo farli star peggio. Cosa può fare, dunque, chi si sente così?

      È degno di nota che alcuni uomini e donne fedeli dei tempi biblici espressero sentimenti profondamente negativi circa la vita. Rebecca, moglie del patriarca Isacco, una volta era talmente amareggiata da un problema familiare che disse: “Aborro questa mia vita”. (Genesi 27:46) Giobbe, che perse i figli, la salute, i beni e la posizione che aveva nella società, disse: “La mia anima prova certamente disgusto della mia vita”. (Giobbe 10:1) Mosè una volta gridò a Dio: “Ti prego, uccidimi del tutto”. (Numeri 11:15) Elia, un profeta di Dio, una volta esclamò: “Basta! Ora, o Geova, togli la mia anima”. (1 Re 19:4) E il profeta Giona ripeté più volte: “Morire è per me meglio che vivere”. — Giona 4:8.

      Geova condannò forse questi individui per il loro stato d’animo? No. Conservò addirittura le loro espressioni nella Bibbia. È essenziale notare, però, che nessuno di quei fedeli lasciò che il proprio stato d’animo lo portasse a commettere suicidio. Geova li apprezzava; voleva che vivessero. Anzi, si preoccupa persino della vita dei malvagi. Li esorta a cambiare per poter ‘continuare a vivere’. (Ezechiele 33:11) Quanto più desidera che continuino a vivere coloro che vogliono avere il suo favore!

      Dio ha provveduto il sacrificio di riscatto di suo Figlio, la congregazione cristiana, la Bibbia e il privilegio della preghiera. Quando comunichiamo con lui attraverso la preghiera non troviamo mai un segnale di occupato. Dio può ascoltare e ascolta tutti coloro che si accostano a lui con cuore umile e sincero. “Accostiamoci perciò con libertà di parola al trono dell’immeritata benignità, affinché otteniamo misericordia e troviamo immeritata benignità per ricevere aiuto al tempo opportuno”. — Ebrei 4:16.

      [Riquadro a pagina 12]

      Un vostro caro si è suicidato?

      Quando qualcuno si suicida, i familiari e gli amici intimi sono tormentati da pensieri angosciosi. Molti si incolpano della tragedia. Dicono cose come: ‘Se solo gli fossi stato un po’ più vicino quel giorno!’, ‘Se solo me ne fossi stato zitto!’, ‘Se solo avessi fatto un po’ di più per aiutarlo!’ In altre parole, dicono: ‘Se solo avessi fatto la cosa giusta, questa persona a cui volevo bene sarebbe ancora viva’. Ma è giusto addossarsi la colpa del suicidio di qualcun altro?

      Ricordate che una volta che la persona si è tolta la vita è fin troppo facile riconoscere i segnali che facevano presagire le sue intenzioni suicide. Riconoscerli in anticipo, però, è un altro paio di maniche. La Bibbia dice: “Tu solo conosci le tue sofferenze, nessun estraneo può condividere la tua gioia”. (Proverbi 14:10, Parola del Signore) A volte non è proprio possibile discernere ciò che un’altra persona pensa o prova. Molti che hanno pensieri suicidi non riescono a comunicare i loro sentimenti più profondi ad altri, nemmeno ai familiari più stretti.

      Un libro, a proposito dei segnali che indicano che qualcuno ha propositi suicidi, dice: “La realtà è che in genere non è facile riconoscere questi segnali”. (Giving Sorrow Words) Lo stesso libro aggiunge che anche se aveste riconosciuto certi segnali premonitori, questo di per sé non significa che avreste potuto evitare che la persona si suicidasse. Anziché tormentarvi, potete trovare conforto nelle parole del saggio re Salomone: “I viventi sono consci che moriranno; ma in quanto ai morti, non sono consci di nulla”. (Ecclesiaste 9:5) Il vostro caro non viene tormentato in un inferno di fuoco. E l’angoscia mentale ed emotiva che l’ha spinto a togliersi la vita è cessata. Il vostro caro non sta soffrendo; sta semplicemente riposando.

      Ora sarebbe meglio concentrarsi sul benessere di chi è vivo, voi compresi. Salomone proseguì dicendo: “Tutto ciò che la tua mano trova da fare, fallo con la tua medesima potenza [finché sei vivo]”. (Ecclesiaste 9:10) Siate certi che le prospettive di vita futura di chi si è suicidato sono nelle mani di Geova, “il Padre delle tenere misericordie e l’Iddio di ogni conforto”. — 2 Corinti 1:3.a

      [Nota in calce]

      a Un punto di vista equilibrato circa le prospettive di chi è morto suicida è esposto nell’articolo “Il punto di vista biblico: Ci sarà una risurrezione per i suicidi?” in Svegliatevi! dell’8 settembre 1990.

      [Immagini a pagina 8]

      Parlate con qualcuno

      [Immagine a pagina 10]

      La vostra vita è importante per altri

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