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Quando il cibo è un nemicoSvegliatevi! 1999 | 22 gennaio
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Quando il cibo è un nemico
Ripensando agli anni dell’adolescenza, Jean ricorda molto bene quanto gli altri la prendevano in giro. Come mai? Era la ragazza più alta e più grossa della classe. Ma non bastava. “Non solo ero grossa; la cosa peggiore era che ero timida e impacciata”, dice Jean. “Spesso soffrivo di solitudine: desideravo essere accettata, ma mi sentivo quasi sempre esclusa”.
Jean era convinta che la sua corporatura fosse la causa di tutti i suoi problemi e che se fosse diventata magra tutto si sarebbe aggiustato. Non che fosse obesa. Al contrario, essendo alta 1 metro e 83 e pesando 66 chili non era certo in sovrappeso. Eppure si sentiva grassa, e a 23 anni decise di dimagrire. ‘Quando sarò magra’, pensava, ‘gli altri mi vorranno con loro. Finalmente sarò accettata e apprezzata’.
“Questo sciocco modo di pensare portò a dodici anni di una schiavitù che si chiama anoressia nervosa e bulimia”, spiega Jean. “Altro che se dimagrii: divenni così magra che rischiai di morire, ma anziché raggiungere la felicità mi rovinai la salute e mi procurai più di dieci anni di depressione e sofferenze”.
QUELLO di Jean non è un caso isolato. Secondo una stima, ben l’1 per cento delle americane diventano anoressiche da adolescenti o da giovani, e il numero delle bulimiche potrebbe essere tre volte maggiore. “Sono anni che lavoro nelle scuole e nei campus universitari”, dice la dott. Mary Pipher, “e vedo con i miei occhi che i disordini alimentari sono ancora molto diffusi”.
I disordini alimentari sono anche diversi fra loro. Mentre un tempo venivano considerati un problema dei ricchi, oggi si ritiene che colpiscano persone di ogni razza e condizione sociale ed economica. Anche il numero degli uomini a cui vengono diagnosticati questi disturbi è in aumento, al punto che la rivista Newsweek ha definito i disturbi del comportamento alimentare un problema “che non fa discriminazioni di sesso”.
Ma la cosa più preoccupante è che l’età media dei pazienti in cura per disordini alimentari sembra abbassarsi. “Nei centri ospedalieri finiscono bambine che hanno meno di 10 anni, alcune di soli 6 anni”, dice Margaret Beck, vicepresidente di un centro di Toronto per la cura dei disordini alimentari. “Non sono ancora molte”, aggiunge, “ma stanno aumentando”.
In sostanza, i disordini alimentari colpiscono milioni di persone, soprattutto ragazze e donne giovani.a Le vittime “non pensano al cibo e non usano il cibo come gli altri”, osserva Nancy Kolodny, un’assistente sociale. “Anziché mangiare perché hanno fame, per nutrirsi e stare bene, per il piacere di mangiare o per stare in compagnia, sviluppano un rapporto distorto con il cibo e fanno cose che non sono considerate ‘normali’, come ad esempio seguire strani rituali prima di mettersi a mangiare, o provare il bisogno di liberare immediatamente il proprio corpo del cibo ingerito”.
Esaminiamo da vicino due disordini alimentari molto diffusi: l’anoressia nervosa e la bulimia nervosa.
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Anoressia e bulimia: realtà e pericoliSvegliatevi! 1999 | 22 gennaio
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Anoressia e bulimia: realtà e pericoli
“Il cibo è investito di una carica emotiva che non si può misurare in termini di calorie o di grammi”. — Janet Greeson, scrittrice.
ANORESSIA e bulimia sono i due disordini alimentari più diffusi. Ciascuno ha le sue caratteristiche specifiche. Eppure, come vedremo, entrambi possono essere pericolosi, addirittura mortali.
Anoressia: lasciarsi morire di fame
L’anoressica rifiuta di mangiare oppure mangia in quantità talmente minime da diventare malnutrita. Prendete il caso di Antoinette, una ragazza di 17 anni che dice di essere arrivata a pesare solo 37 chili: pochissimo, considerando che è alta 1 metro e 70. “Non mangiavo mai più di 250 calorie al giorno e annotavo su un taccuino tutto quello che mangiavo”, dice.
L’anoressica è ossessionata dal cibo, e fa di tutto per non ingrassare. “Cominciai a sputare il cibo nel tovagliolo facendo finta di pulirmi la bocca”, dice Heather. Susan faceva moltissimo esercizio fisico per non aumentare di peso. “Praticamente ogni giorno”, dice, “se non facevo 12 chilometri di corsa, oppure un’ora di nuoto, mi sentivo angosciata e con un terribile senso di colpa. E ogni mattina il mio piacere più grande, spesso l’unico vero piacere che provavo, era salire sulla bilancia e constatare che il mio peso era ben al di sotto dei 45 chili”.
Paradossalmente, alcune anoressiche imparano a cucinare benissimo e servono agli altri piatti succulenti che loro stesse non vogliono nemmeno assaggiare. “Quando toccai il fondo”, dice Antoinette, “a casa cucinavo sempre io e preparavo sempre la merenda per il mio fratellino e la mia sorellina. Non permettevo loro di avvicinarsi al frigorifero. Mi sentivo la padrona assoluta della cucina”.
Secondo un libro specializzato, alcune anoressiche “finiscono per essere ossessionate dall’ordine e a volte pretendono che tutta la famiglia si adegui alle loro norme maniacali e irrealistiche. Guai a lasciare fuori posto per un attimo una rivista o un paio di ciabatte o una tazzina! Possono finire per essere altrettanto ossessionate, se non di più, dall’igiene e dall’aspetto personale, al punto di rinchiudersi per ore nel bagno senza permettere a nessun altro di entrare per prepararsi per andare a scuola o al lavoro”. — A Parent’s Guide to Anorexia and Bulimia.
Come nasce questo insolito disturbo chiamato anoressia? In genere tutto comincia quando un’adolescente o una ragazza più grande — raramente un ragazzo — decide di perdere un certo numero di chili. Quando raggiunge il suo obiettivo, però, non è ancora soddisfatta. Guardandosi allo specchio si vede ancora grassa, per cui decide di perdere qualche altro chilo per stare ancora meglio. Questo ciclo si ripete finché il peso della ragazza scende del 15 per cento o più sotto il valore che sarebbe normale per la sua altezza.
A questo punto amici e familiari cominciano ad esprimere la loro preoccupazione dicendo alla ragazza che è troppo magra, addirittura emaciata. Ma la persona anoressica vede le cose in maniera diversa. “Non mi sembrava di essere magro”, dice Alan, un ragazzo anoressico alto 1 metro e 75 che arrivò a pesare 33 chili. “Più dimagrisci”, dice, “e più la tua mente diventa distorta e non riesci a vederti in maniera obiettiva”.a
Con il tempo l’anoressia può causare gravi problemi di salute, tra cui osteoporosi e disturbi renali. Può anche essere fatale. “Il dottore mi disse che avevo privato il mio organismo di così tante sostanze che se avessi continuato ad alimentarmi in quel modo per altri due mesi sarei morta di malnutrizione”, dice Heather. Un periodico medico riferisce che, nel giro di dieci anni, circa il 5 per cento delle donne a cui viene diagnosticata l’anoressia muore. — The Harvard Mental Health Letter.
Bulimia: abbuffate e vomito
Il disturbo dell’alimentazione noto come bulimia nervosa è caratterizzato da grandi abbuffate in cui si consumano rapidamente grosse quantità di cibo, fino a 5.000 calorie e più, per poi vuotare lo stomaco con pratiche come il vomito autoindotto e l’uso di lassativi.b
A differenza dell’anoressia, la bulimia non è facilmente riconoscibile. La bulimica può non essere insolitamente magra, e le sue abitudini alimentari possono sembrare normali, perlomeno agli altri. Ma per lei la vita è tutt’altro che normale. L’idea del cibo l’ossessiona al punto che tutto il resto non conta. “Più mi abbuffavo e vomitavo, meno mi preoccupavo di altre cose o degli altri”, dice Melinda, una ragazza di 16 anni. “Dimenticai completamente cosa significa divertirsi con gli amici”.
Geneen Roth, scrittrice e insegnante in materia di disordini alimentari, descrive un’abbuffata come “trenta minuti di frenesia, una discesa all’inferno”. Durante un’abbuffata “nulla ha importanza: amici, familiari . . . conta solo il cibo”. Lydia, una bulimica di 17 anni, per descrivere la sua situazione ricorre a un’analogia alquanto vivida. “Mi sento come un tritarifiuti”, dice. “Butta dentro, trita e ributta fuori. E così via, a ripetizione”.
La persona bulimica è disposta a tutto per evitare l’aumento di peso che normalmente risulterebbe dall’ingestione incontrollata di cibo. Immediatamente dopo l’abbuffata, perciò, induce il vomito oppure prende dei lassativi per eliminare il cibo prima che possa essere trasformato in grasso.c Questa pratica potrebbe sembrare ripugnante, ma non lo è per chi soffre da tempo di bulimia. “Più si va avanti a forza di abbuffate e vomito, più facile diventa”, spiega Nancy Kolodny, un’assistente sociale. “Ai sentimenti di ripugnanza o persino di paura subentra presto il bisogno di ripetere questi comportamenti bulimici”.
La bulimia è estremamente pericolosa. Ad esempio, inducendo ripetutamente il vomito la bocca viene in contatto con i corrosivi succhi gastrici, che possono erodere lo smalto dei denti. Anche l’esofago, il fegato, i polmoni e il cuore possono venire danneggiati. In casi estremi, il vomito può provocare la rottura dello stomaco e persino la morte. Anche l’uso eccessivo di lassativi può essere pericoloso. Può compromettere gravemente la funzione intestinale, come pure causare diarrea persistente e sanguinamento rettale. Come nel caso del vomito ripetuto, l’abuso di lassativi può, in casi estremi, portare alla morte.
Secondo l’Istituto Nazionale americano di Igiene Mentale, l’incidenza dei disordini alimentari è in costante aumento. Cosa spinge una ragazza a giocare con la morte privandosi del cibo? Perché un’altra finisce per essere talmente ossessionata dal cibo da abbuffarsi e poi talmente ossessionata dal peso da sentirsi costretta a rigettare quello che ha mangiato? Queste domande verranno prese in considerazione nel prossimo articolo.
[Note in calce]
a Secondo alcuni esperti, quando si perde il 20-25 per cento del proprio peso si possono produrre nel cervello alterazioni chimiche in grado di falsare le proprie percezioni, così che si vede il grasso dove non ce n’è.
b Anche gli eccessi alimentari compulsivi non seguiti da vomito o uso di lassativi vengono considerati da alcuni un disordine alimentare.
c Per non ingrassare, molte bulimiche si sottopongono ogni giorno a estenuanti esercizi fisici. Alcune riescono a dimagrire al punto da diventare anoressiche, e in seguito possono alternare comportamenti anoressici e bulimici.
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Qual è la causa dei disordini alimentari?Svegliatevi! 1999 | 22 gennaio
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Qual è la causa dei disordini alimentari?
“Un disordine alimentare non compare dal nulla. È un sintomo, un segnale che qualcosa non va nella vita di una persona”. — Nancy Kolodny, assistente sociale.
I DISORDINI alimentari non sono una novità. L’anoressia nervosa fu diagnosticata formalmente per la prima volta nel 1873, e pare che i suoi sintomi siano stati osservati già 300 anni fa. Sembra, però, che dopo la seconda guerra mondiale il numero delle persone anoressiche sia aumentato drasticamente. La situazione è analoga nel caso della bulimia. Il problema è noto da secoli, ma un libro spiega che negli ultimi decenni è salito prepotentemente alla ribalta.
Cosa c’è dietro i disordini alimentari? Sono disturbi ereditari o si tratta di reazioni anomale a una cultura che glorifica la magrezza? Che ruolo ha l’ambiente familiare? Non sono domande facili. Per usare le parole dell’assistente sociale citata sopra, riconoscere un disordine alimentare “non è semplice come diagnosticare una malattia come il morbillo o la varicella, nel qual caso il medico sa esattamente qual è la causa, come avviene il contagio, quanto durerà la malattia e qual è la terapia migliore”.
Nondimeno, i ricercatori additano diversi fattori che possono contribuire all’insorgere di disordini alimentari. Analizziamone alcuni.
La cultura della magrezza
Nei paesi ricchi l’industria della moda esibisce modelle magrissime a un pubblico giovane e molto influenzabile, inculcando l’idea che la bellezza femminile è indissolubilmente legata alla magrezza. Questo messaggio distorto spinge molte donne a cercare di raggiungere un peso che non è né sano né realistico. La dott. Christine Davies osserva: “La donna media è alta 1 metro e 65 e pesa 66 chili. La modella media è alta 1 metro e 80 e pesa 50 chili. Il 95 per cento di noi non regge al confronto e non ci riuscirà mai”.
Nonostante questo, ci sono donne che fanno di tutto per avere quello che considerano il fisico ideale. Ad esempio, in un sondaggio condotto nel 1997 su un campione di 3.452 donne, il 24 per cento delle intervistate hanno detto che sarebbero state disposte a rinunciare a tre anni di vita pur di raggiungere il peso ideale. Per una minoranza significativa, evidenziava il sondaggio, “la vita è degna di essere vissuta solo se si è magri”. Dal momento che il 22 per cento delle intervistate diceva che da giovani il modo in cui valutavano il proprio aspetto era stato influenzato dalle modelle proposte dalle riviste di moda, il rapporto concludeva dicendo: “Non si può più negare che le immagini delle modelle presentate dai mezzi di comunicazione influiscono moltissimo sull’immagine che le donne hanno di sé”.
Naturalmente, chi non è contento di sé ha più probabilità di cadere vittima dell’ideale innaturale proposto dai mezzi di comunicazione. Ilene Fishman, operatrice sanitaria, afferma: “In ultima analisi, è una questione di autostima”. Si è notato che è raro che chi accetta il proprio aspetto sviluppi ossessioni in campo alimentare.
Alimentazione ed emozioni
Molti esperti sostengono che nei disordini alimentari non è implicato solo il cibo. “Un disturbo del comportamento alimentare è un campanello d’allarme”, dice l’assistente sociale citata all’inizio, “che segnala il bisogno di affrontare qualche situazione che si sta ignorando o evitando. Ricorda che si stanno reprimendo stress e frustrazioni”.
Che genere di stress e frustrazioni? Per alcuni potrebbe trattarsi di problemi domestici. Ad esempio, Geneen Roth ricorda che durante l’infanzia il cibo, e soprattutto i dolci, divennero per lei “un rifugio quando [i suoi genitori] cominciavano a sbattere le porte e ad alzare la voce”. Essa dice: “Quando vedevo che tra i miei genitori tirava aria di burrasca ‘cambiavo canale’, con la stessa facilità con cui si cambia canale quando si guarda la TV, e da un mondo in cui mi sentivo in balia di mia madre e di mio padre passavo ad un mondo in cui non esisteva nient’altro: solo io e la dolcezza che sentivo sul palato”.
A volte i disordini alimentari hanno radici ancora più profonde. Un libro, ad esempio, fa notare: “Gli studi indicano che chi ha subìto traumi sessuali (abusi o molestie) può cercare inconsciamente di proteggersi rendendo il proprio corpo sessualmente non attraente e concentrando la propria attenzione su qualcosa di sicuro come il cibo”. (The New Teenage Body Book) Naturalmente non si dovrebbe concludere affrettatamente che se una persona soffre di un disordine alimentare allora avrà subìto molestie sessuali.
Questi disordini possono nascere anche in un ambiente apparentemente tranquillo. Anzi, un’ottima candidata all’anoressia può essere la ragazza che vive in un ambiente in cui non è libera di prendere nessuna decisione né di esprimere la propria insoddisfazione. Esteriormente si adegua, ma dentro di sé è in tumulto e sente di non avere il controllo della propria vita. Non osando ribellarsi apertamente, si concentra sull’unica parte della sua vita su cui può esercitare il controllo: il proprio corpo.
Va detto, comunque, che non sempre i disordini alimentari derivano da problemi familiari o da traumi sessuali. A volte si sviluppano solo perché in famiglia si dà molta importanza al peso. Può darsi che un genitore in sovrappeso o perennemente a dieta generi nei figli un atteggiamento di eccessiva cautela, o addirittura paura, nei confronti del cibo. Per altri il fattore scatenante è l’inizio stesso della pubertà. I cambiamenti fisici che accompagnano il passaggio all’età adulta possono far sì che una ragazza si senta grassa, soprattutto se matura più in fretta delle sue compagne. Se questo passaggio la spaventa, può ricorrere a misure drastiche pur di evitare le normali rotondità del corpo femminile.
Oltre ai fattori psicologici, secondo certi ricercatori potrebbero entrare in gioco anche fattori fisici. Ad esempio, c’è chi dice che la bulimia potrebbe trarre origine da scompensi chimici nel cervello. Questi interesserebbero l’area del cervello che controlla l’umore e l’appetito, e ciò potrebbe spiegare perché a volte l’uso di antidepressivi si rivela utile nell’alleviare i sintomi della persona bulimica.
Quello che è certo è che i ricercatori trovano difficile indicare un unico fattore come causa dell’anoressia o della bulimia. Ma cosa si può fare per aiutare chi sta lottando con questi disturbi?
[Immagine a pagina 7]
L’anoressica spesso ha un concetto distorto del proprio aspetto
[Immagine alle pagine 8 e 9]
I mezzi di comunicazione promuovono l’idea che “magro è bello”
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Disordini alimentari: Cosa si può fare?Svegliatevi! 1999 | 22 gennaio
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Disordini alimentari: Cosa si può fare?
SE VOSTRA figlia soffre di un disordine alimentare, ha bisogno di aiuto. Non lasciate passare il tempo pensando che il problema si risolverà da solo. I disordini alimentari sono malattie complesse, che hanno sia una componente fisica che una psicologica.
Naturalmente gli esperti hanno proposto molti tipi di terapie, e questo può creare confusione. C’è chi raccomanda l’uso di farmaci. Altri sono favorevoli alla psicoterapia. Molti dicono che i risultati migliori si hanno combinando le due cose. Ci sono poi forme di terapia che coinvolgono i familiari, cosa che secondo alcuni è particolarmente importante se la paziente vive ancora con la famiglia.a
Anche se gli esperti spesso affrontano il problema in maniera diversa, quasi tutti sono d’accordo almeno su un punto: i disordini alimentari non hanno a che fare solo con il cibo. Esaminiamo alcune delle questioni più profonde che in genere bisogna affrontare quando si aiuta qualcuno ad uscire dall’anoressia o dalla bulimia.
Un concetto equilibrato dell’aspetto fisico
“A 24 anni circa smisi del tutto di comprare riviste di moda”, racconta una donna. “I continui paragoni che facevo tra me e le modelle avevano un effetto molto deleterio”. Come abbiamo già visto, i mezzi di comunicazione possono distorcere l’ideale di bellezza di una ragazza. La madre di una ragazza affetta da un disordine alimentare parla della “martellante pubblicità su giornali, riviste e televisione che spinge ad essere magre, magre, magre”. E dice: “Tanto io che mia figlia ci teniamo alla linea, ma ci sembra che questa continua insistenza ne faccia la cosa più importante della vita, a cui sacrificare tutto il resto”. È chiaro che per guarire da un disordine alimentare può essere necessario modificare i propri canoni di bellezza.
La Bibbia può venire in aiuto a questo proposito. L’apostolo Pietro scrisse: “Il vostro adornamento non sia quello dell’esteriore intrecciatura dei capelli e del mettersi ornamenti d’oro o dell’indossar mantelli, ma sia la persona segreta del cuore nella veste incorruttibile dello spirito quieto e mite, che è di grande valore agli occhi di Dio”. — 1 Pietro 3:3, 4.
Pietro qui sta dicendo che dovremmo preoccuparci più delle nostre qualità interiori che dell’aspetto esteriore. In effetti la Bibbia ci assicura: “Non come vede l’uomo vede Dio, perché il semplice uomo vede ciò che appare agli occhi; ma in quanto a Geova, egli vede il cuore”. (1 Samuele 16:7) Questo è un pensiero confortante, perché mentre non possiamo modificare certi nostri tratti fisici, possiamo sempre migliorare il tipo di persona che siamo. — Efesini 4:22-24.
Visto che i disordini alimentari possono svilupparsi facilmente quando l’autostima è scarsa, può darsi che dobbiate rivalutarvi come persona. È vero che la Bibbia ci dice di non avere un’opinione esagerata di noi stessi. (Romani 12:3) Ma ci dice anche che persino un passero ha valore agli occhi di Dio, e aggiunge: “Voi valete più di molti passeri”. (Luca 12:6, 7) Perciò la Bibbia può aiutarvi a sviluppare una sana autostima. E se apprezzate il vostro corpo, ve ne prenderete cura. — Confronta Efesini 5:29.
Ma che dire se doveste davvero dimagrire? Può darsi che una dieta sana e un programma di esercizio fisico vi aiutino. In effetti la Bibbia afferma che “l’addestramento corporale è utile”, anche se in una misura limitata. (1 Timoteo 4:8) Tuttavia non dovreste mai diventare ossessionati dal peso. “Forse la cosa più saggia”, era la conclusione a cui giungeva un sondaggio sull’aspetto fisico, “è fare molta ginnastica e accettarsi come si è invece di cercare di raggiungere un ideale limitativo e arbitrario”. Una trentatreenne americana ha riscontrato che questo modo di affrontare il problema è utile. “Mi sono imposta un’unica, semplice regola”, dice. “Cerca di migliorare ciò che realisticamente puoi cambiare, e non perdere tempo a preoccuparti del resto”.
Se hai un concetto ottimistico della vita e a questo aggiungi un’alimentazione sana e un programma equilibrato di esercizio fisico è probabile che gli eventuali chili di troppo se ne andranno.
Trovare un “vero compagno”
Dopo aver studiato diverse bulimiche, il prof. James Pennebaker è giunto alla conclusione che in moltissimi casi il ciclo di abbuffate e vomito indotto costringeva queste donne ad avere una doppia vita. Egli dice: “Praticamente tutte si rendevano conto spontaneamente dell’abnorme quantità di tempo e di sforzi necessaria per nascondere le loro abitudini alimentari agli amici intimi e ai familiari. Tutte vivevano una menzogna e odiavano questa situazione”.
Un passo importante per guarire, perciò, è rompere il silenzio. Tanto l’anoressica che la bulimica hanno bisogno di parlare del loro problema. Ma con chi? Un proverbio biblico dice: “Il vero compagno ama in ogni tempo, ed è un fratello nato per quando c’è angustia”. (Proverbi 17:17) Questo “vero compagno” può essere un genitore o un altro adulto maturo. Alcuni hanno anche ritenuto necessario confidarsi con qualcuno esperto nel curare disordini alimentari.
I testimoni di Geova hanno anche un altro aiuto: gli anziani di congregazione. Questi uomini possono essere “come un luogo per riparare dal vento e un nascondiglio dal temporale, come ruscelli d’acqua in un paese arido, come l’ombra di una gran rupe in una terra esausta”. (Isaia 32:2) Naturalmente gli anziani non sono medici, per cui può darsi che, oltre ai loro utili consigli, abbiate bisogno anche di cure mediche. Nondimeno, questi uomini spiritualmente qualificati possono esservi di grande aiuto nel vostro processo di guarigione.b — Giacomo 5:14, 15.
Ma il vostro più grande confidente può essere il Creatore. Il salmista scrisse: “Getta su Geova stesso il tuo peso, ed egli stesso ti sosterrà. Non permetterà mai che il giusto vacilli”. (Salmo 55:22) Sì, Geova Dio si interessa dei suoi figli terreni. Perciò non trascurate mai di confidargli in preghiera le vostre più profonde preoccupazioni. Pietro ci esorta dicendo: “Gettate su di lui tutta la vostra ansietà, perché egli ha cura di voi”. — 1 Pietro 5:7.
Quando è necessario il ricovero
Il ricovero in ospedale non è di per sé una cura. Ma se a motivo di una grave forma di anoressia una ragazza diventa malnutrita, possono essere necessarie cure specialistiche. È vero che non è facile per un genitore fare questo passo. Prendete il caso di Emily: sua figlia dovette essere ricoverata quando, per usare le parole della madre, la situazione divenne “insostenibile sia per lei che per noi”. Emily aggiunge: “Portarla all’ospedale in lacrime è stata la cosa più difficile che abbia mai dovuto fare; è stato il giorno peggiore della mia vita”. Analoga è l’esperienza di Elaine, che ha dovuto anche lei far ricoverare la figlia. “Credo che il momento più difficile che io ricordi”, dice, “è stato quando lei era in ospedale e non voleva mangiare e l’hanno dovuta alimentare a forza. Sentivo che avevano infranto la sua volontà”.
Il ricovero in ospedale può non essere una prospettiva allettante, ma a volte non c’è altra scelta. Per diverse persone che soffrono di disordini alimentari è il primo passo verso la guarigione. Parlando della figlia, Emily dice: “Aveva bisogno di essere ricoverata. È stato con il ricovero che ha cominciato a star meglio”.
Vivere senza disordini alimentari
Per guarire, l’anoressica e la bulimica devono imparare a vivere senza il disordine alimentare. Può non essere facile. Kim, ad esempio, calcola che nel periodo in cui soffrì di anoressia perse 18 chili in dieci mesi. Eppure, per ricuperare 16 di quei chili ha impiegato nove anni! “Con grande difficoltà”, dice Kim, “un po’ alla volta ho imparato a mangiare di nuovo normalmente, senza contare ogni singola caloria, senza misurare il cibo, senza mangiare solo cibi magri, senza farmi prendere dal panico se non conoscevo gli ingredienti di un piatto o di un dessert, e senza mangiare solo in ristoranti con un self-service per le insalate”.
Ma per guarire Kim ha dovuto fare anche dell’altro. “Ho imparato a riconoscere i miei sentimenti e ad esprimerli a parole anziché attraverso azioni o comportamenti alimentari”, dice. “Scoprire nuovi modi per affrontare e risolvere i conflitti con gli altri mi ha permesso di avere rapporti più stretti con familiari e amici”.
È chiaro che guarire da un disordine alimentare non è facile, ma ne vale la pena. Jean, la donna citata nel primo articolo, ne è convinta. “Tornare a forme di alimentazione patologiche”, dice, “sarebbe come tornare nella cella di un manicomio dopo aver assaporato la libertà”.
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