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Lago di fuocoAusiliario per capire la Bibbia
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tale lago non può rappresentare la morte che l’uomo ha ereditato da Adamo (Rom. 5:12) e neanche si riferisce all’Ades (o Sceol), perché l’Ades, insieme alla morte, dev’essere distrutto nel lago di fuoco. Deve dunque rappresentare una distruzione eterna, a cui potrà sempre essere soggetto chiunque in qualsiasi tempo futuro meritasse di essere distrutto da Dio. È dunque simbolo di una morte che non può essere annullata, infatti la Bibbia non dice che il lago renda quelli che sono in esso, come fanno la morte adamica e l’Ades (Sceol). (Riv. 20:13) Quindi coloro che non sono scritti “nel libro della vita” vengono scagliati nel lago di fuoco o seconda morte, come Satana e la “bestia selvaggia” e il “falso profeta”. — Riv. 19:20; 20:10, 15.
Benché questi versetti e tutto il contesto del libro di Rivelazione rendano evidente la natura simbolica del lago di fuoco, alcuni l’hanno preso per un letterale luogo infuocato, adducendo come prova Rivelazione 20:10, dove viene detto che il Diavolo, la bestia selvaggia e il falso profeta “saranno tormentati giorno e notte per i secoli dei secoli”. Il verbo “saranno tormentati” traduce una voce del verbo greco basanìzo. Il Grande Lessico del Nuovo Testamento (iniziato da Gerhard Kittel, ed. Paideia 1966, Vol. II, coll. 131, 132) dice che l’infinito significa “propriamente trattare con la pietra di paragone (ossia sfregare contro di essa), saggiare l’autenticità, mettere alla prova, analizzare e secondariamente usare strumenti di tortura per appurare la verità nell’interrogatorio e nel giudizio, ricorre nel N.T. soltanto col significato generico di tormentare, opprimere”. Come prova, sono citati versetti come Matteo 8:6, 29; Marco 5:7; Luca 8:28; II Pietro 2:8 e Rivelazione 12:2. Spiegazioni simili vengono date a proposito dei termini affini basanismòs (Riv. 9:5; 18:7) e basanistès. (Matt. 18:34) Di basanistès l’opera summenzionata dice che “ricorre nel N.T. unicamente in Mt. 18,34 col significato non di ‘inquisitore, analizzatore’, ma soltanto di carnefice”. Poiché il carcere era spesso un luogo di tormento, il carceriere era a volte chiamato “tormentatore” o “carnefice” (basanistès) come in Matteo 18:34. Coloro che vengono scagliati nel “lago di fuoco” vanno nella “seconda morte” da cui non c’è risurrezione; quindi sono ‘confinati’ o trattenuti nella morte e come affidati alla custodia di carcerieri; “tormentatori”, per così dire, per l’eternità. Che una condizione di restrizione possa essere chiamata tormento è dimostrato dai brani paralleli di Matteo 8:29 e Luca 8:31. — Vedi GEENNA.
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LamecAusiliario per capire la Bibbia
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Lamec
(Làmec) [forse, giovane forte].
1. Figlio di Metusael e discendente di Caino. (Gen. 4:17, 18) Lamec nacque mentre Adamo era ancora in vita. È il primo poligamo menzionato nella Bibbia, infatti aveva contemporaneamente due mogli, Ada e Zilla. (Gen. 4:19) Da Ada ebbe i figli Iabal, “fondatore di quelli che dimorano in tende e hanno bestiame”, e Iubal, “fondatore di tutti quelli che maneggiano l’arpa e il flauto”. (Gen. 4:20, 21) Da Zilla generò Tubal-Cain, “artefice d’ogni sorta di arnese di rame e di ferro”, e una figlia di nome Naama. — Gen. 4:22.
I versi che Lamec compose per le mogli (Gen. 4:23, 24) riflettono lo spirito violento dell’epoca:
“Udite la mia voce, mogli di Lamec;
Prestate orecchio al mio dire:
Ho ucciso un uomo perché mi ha ferito,
Sì, un giovane perché mi ha dato un colpo.
Se Caino dev’essere vendicato sette volte,
Quindi Lamec settanta volte e sette”.
Lamec sosteneva evidentemente che il suo era stato un caso di legittima difesa e si giustificava dicendo che il suo non era stato un omicidio volontario come quello di Caino. Affermava che, nel difendersi, aveva ucciso l’uomo che l’aveva colpito e ferito. Perciò la sua poesia invocava l’immunità da chiunque desiderasse vendicarsi su di lui perché aveva ucciso il suo assalitore.
Evidentemente nessuno dei discendenti di Caino, fra cui la progenie di Lamec, sopravvisse al Diluvio.
2. Discendente di Set; figlio di Metusela e padre di Noè. (Gen. 5:25, 28, 29; I Cron. 1:1-4) Anche questo Lamec nacque mentre Adamo era ancora in vita. Lamec aveva fede in Dio e, dopo aver dato al figlio il nome Noè (che significa “riposo, consolazione”), soggiunse: “Questo ci recherà conforto dalla nostra opera e dalla pena delle nostre mani derivante dalla terra che Geova ha maledetta”. (Gen. 5:29) Queste parole si adempirono durante la vita di Noè quando fu tolta la maledizione sulla terra. (Gen. 8:21) Lamec ebbe altri figli e figlie. Visse 777 anni e morì circa cinque anni prima del Diluvio. (Gen. 5:30, 31) Il suo nome figura nella genealogia di Gesù Cristo in Luca 3.36.
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Lamentazioni, libro diAusiliario per capire la Bibbia
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Lamentazioni, libro di
In tempi biblici lamentazioni o canti funebri venivano composti ed eseguiti per amici defunti (II Sam. 1:17-27), nazioni devastate (Amos 5:1, 2) e città ridotte in rovina (Ezec. 27:2, 32-36). Il libro di Lamentazioni è un esempio ispirato di questo genere di composizione. Consiste di cinque liriche (cinque capitoli) che piangono la distruzione di Gerusalemme per mano dei babilonesi avvenuta nel 607 a.E.V.
Il libro riconosce che Geova ha punito giustamente Gerusalemme e Giuda per l’errore del Suo popolo. (Lam. 1:5, 18) Dà risalto anche all’amorevole benignità e misericordia di Geova Dio e mostra che è buono con chi spera in lui. — Lam. 3:22, 25.
IL NOME
In ebraico il nome di questo libro è ’Ehkhàh, che significa “come!”, dalla parola iniziale. I traduttori della Settanta l’hanno chiamato Thrènoi, che significa “canti funebri; lamenti”. Nel Talmud è identificato col nome Qinòhth, che significa “canti funebri; elegie”, e Girolamo (in latino) lo chiama Lamentationes, da cui il nome italiano “Lamentazioni”.
COLLOCAZIONE NEL CANONE BIBLICO
Nel canone ebraico Lamentazioni di solito fa parte dei cinque Meghillòhth (rotoli), che comprendono il Cantico di Salomone, Rut, Lamentazioni, Ecclesiaste ed Ester. Tuttavia in antiche copie delle Scritture Ebraiche pare che Lamentazioni seguisse il libro di Geremia, come nelle Bibbie italiane moderne.
LO SCRITTORE
Nella Settanta questo libro è introdotto dalle parole: “E dopo che Israele era stato fatto Prigioniero e Gerusalemme era stata devastata, Geremia si sedette piangendo e pronunciò questa lamentazione su Gerusalemme e disse”. Anche i Targum identificano in Geremia lo scrittore, introducendo il libro come segue: “Geremia il profeta e gran sacerdote disse”. La Vulgata ha la seguente introduzione: “E dopo che Israele era stato condotto in cattività e Gerusalemme era rimasta deserta, Geremia il profeta sedette piangendo e gemette con questa lamentazione su Gerusalemme; e con spirito amareggiato, sospirando e gemendo disse”.
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