L’archeologia conferma la Bibbia
A UOMINI orgogliosi, che rifiutavano ostinatamente di riconoscerlo come Messia e che disprezzavano i suoi discepoli, Gesù disse: “Se questi tacessero, le pietre griderebbero”. (Luca 19:40) Felicemente Gesù aveva, e ha tuttora, discepoli che rifiutano di tacere. Eppure, in un certo senso, pietre che furono silenziose testimoni di avvenimenti biblici sono state fatte gridare, a sostegno della veracità della Bibbia. La scienza che ha permesso a queste pietre di parlare in difesa della Bibbia è l’archeologia, cioè la “scienza che si occupa delle antichità sotto il profilo storico e artistico”.
Nella sua documentata opera Luci del lontano passato (Aldo Martello editore, Milano, 1957), Jack Finegan afferma che “l’archeologia moderna può dirsi nata nel 1798, quando circa un centinaio di studiosi e artisti accompagnarono Napoleone nell’invasione dell’Egitto”. (P. 4) Nel 1822 l’egittologo francese Champollion riuscì a decifrare i geroglifici della stele di Rosetta. Alla fine del XIX secolo erano ormai sistematicamente in corso scavi archeologici in Egitto, Assiria, Babilonia e Palestina, scavi che continuano tuttora. La pala dell’archeologo ha confermato il racconto biblico?
ORIGINE DEL MONDO E DELL’UOMO
Una scoperta fatta in tombe egiziane ci consente di paragonare la spiegazione biblica dell’origine dell’uomo con il racconto della creazione contenuto in un antico Libro dei morti egiziano (uno di questi libri è esposto in una teca del museo del Louvre a Parigi). Scrivendo nell’autorevole Supplément au Dictionnaire de la Bible, Louis Speleers, direttore del Museo del Cinquantenario di Bruxelles, in Belgio, spiega: “Il Libro dei morti narra che un giorno [il dio sole] Ra lasciò il suo Occhio divino a splendere nel cielo. Shu e Tefnut gli riportarono l’Occhio, che cominciò a piangere, e le lacrime di Ra si mutarono in uomini”.
Un’altra scoperta archeologica che consente un interessante confronto col racconto biblico è quella di una serie di sette tavolette d’argilla contenenti l’Enuma elish o “Epopea della creazione” sumero-babilonese. Secondo questa antica narrazione, il dio Marduk, patrono di Babilonia, sconfisse la dea Tiamat, l’oceano primordiale, e la tagliò in due. “Da una metà formò la volta dei cieli, dall’altra la solida terra. Fatto questo, organizzò il mondo. . . . Poi ‘affinché gli dèi potessero vivere in un mondo che rallegrasse il loro cuore’, Marduk creò l’umanità”. — Larousse Encyclopedia of Mythology.
Credete che l’uomo sia nato dalle lacrime di Ra? Molti egiziani, nonostante tutta la loro grande civiltà e istruzione, ci credevano. Prendereste per buona l’asserzione che i cieli e la terra abbiano avuto origine dal corpo spaccato in due di una dea? Questi sono solo due esempi di miti della creazione diffusi fra le popolazioni del passato.
Oggi molti studiosi vorrebbero farci credere che l’universo e tutte le forme di vita si siano prodotti spontaneamente, senza l’intervento di alcun Essere superiore a noi, nonostante il fatto che lo scienziato francese Louis Pasteur abbia provato in maniera conclusiva che la vita viene da altra vita. Non è più logico accettare il racconto biblico, il quale afferma molto semplicemente che l’universo materiale è un’espressione dell’“energia dinamica” di Dio (Einstein e altri hanno infatti dimostrato che la materia è una forma di energia)? E non è più ragionevole credere alle Sacre Scritture, che mostrano che ogni forma di vita deve la sua esistenza a Dio, la grande Fonte della vita, e che l’uomo è stato creato “a immagine di Dio”? — Gen. 1:27; Sal. 36:9; Isa. 40:26-28; Ger. 10:10-13
L’ARCHEOLOGIA E ABRAAMO
Uno dei personaggi biblici più importanti è Abraamo. Non solo fu l’antenato di tutti gli scrittori biblici, degli ebrei e di molti arabi, ma è anche chiamato “il padre di tutti quelli che hanno fede”. (Rom. 4:11) Per di più, persone di tutte le nazioni dovrebbero essere interessate a sapere se il racconto biblico di Abraamo è autentico. Perché? Perché fu a lui che Dio promise: “Per mezzo del tuo seme tutte le nazioni della terra di certo si benediranno”. (Gen. 22:16-18) Se desideriamo essere fra “quelli che hanno fede” e che saranno benedetti per mezzo del seme di Abraamo, le prove dell’accuratezza dei particolari che la Bibbia fornisce sulla vita di Abraamo e sulla sua epoca dovrebbero essere per noi del massimo interesse.
La Bibbia ci dice che il paese di origine di Abraamo (che allora si chiamava Abramo) fu “Ur dei Caldei”. (Gen. 11:27, 28) Si tratta di un luogo leggendario? Cos’hanno rivelato gli scavi archeologici? Già nel 1854 J. E. Taylor credette di poter identificare Ur con Tell el-Muqayyar (“Cumulo di bitume”), a pochi chilometri a ovest dell’Eufrate. Nel 1869 l’orientalista francese Jules Oppert, in una relazione al Collège de France, a Parigi, identificò con certezza il luogo con Ur, sulla base di cilindri d’argilla recanti iscrizioni cuneiformi trovati sul posto da Taylor. Molti anni dopo, nel periodo 1922-1934, l’archeologo inglese sir Leonard Woolley non solo confermò l’identificazione della città, ma scoprì anche che Ur, al tempo in cui Abraamo la lasciò, era una fiorente e civilissima città con case confortevoli e un’imponente torre-tempio, o ziqqurat, dedicata al culto di Nannar, dio della luna, o Sin. Per lungo tempo gli storici avevano manifestato dubbi sull’esistenza della città di Ur, menzionata dalla Bibbia in relazione ad Abraamo. Ma la pala dell’archeologo ha dimostrato la veracità della Bibbia.
Gli archeologi hanno anche confermato molte usanze alle quali la Bibbia fa cenno in relazione ad Abraamo. Per esempio, a Nuzu, o Nuzi, un’antica città urrita a sud-est di Ninive, sono state trovate tavolette d’argilla che confermano le seguenti usanze: Gli schiavi divenivano eredi del padrone, qualora questi non avesse figli (confronta ciò che disse Abraamo riguardo al suo schiavo Eliezer — Genesi 15:1-4); una moglie sterile doveva provvedere al marito una concubina (Sara, o Sarai, diede ad Abraamo Agar — Genesi 16:1, 2); le transazioni commerciali avvenivano alla porta della città (confronta l’acquisto del campo e della caverna di Macpela, vicino a Ebron, da parte di Abraamo — Genesi 23:1-20). Esempi di come gli scavi effettuati a Nuzi sostengono il racconto biblico occupano più di otto colonne scritte in piccolo della dotta opera francese Supplément au Dictionnaire de la Bible (Volume VI, colonne 663-672). L’Encyclopædia Britannica afferma: “Il materiale raccolto a Nuzi ha chiarito molti brani difficili della narrazione di Genesi relativa ai patriarchi dell’epoca”.
CONFERMATI I NOMI PROPRI
L’archeologo francese André Parrot eseguì estesi scavi sul luogo dell’antica città reale di Mari, sul medio Eufrate. La città-stato di Mari fu una delle potenze dominanti dell’alta Mesopotamia agli inizi del secondo millennio a.E.V., finché fu conquistata e distrutta dal re babilonese Hammurabi. Fra le rovine dell’imponente palazzo scopertovi, la squadra degli archeologi francesi trovò oltre ventimila tavolette d’argilla. Alcune di queste tavolette cuneiformi menzionano città come Peleg, Serug, Nahor, Tera ed Haran. È interessante che tutti questi nomi ricorrono nel racconto di Genesi come nomi di parenti di Abraamo. — Gen. 11:17-26.
Commentando sulla somiglianza di questi antichi nomi propri, John Bright scrive nel suo libro History of Israel: “In nessuno di questi casi . . . sono effettivamente menzionati i patriarchi biblici. Ma questa profusione di documenti contemporanei mostra chiaramente che i loro nomi si inquadrano perfettamente nella nomenclatura della popolazione amorrea degli inizi del secondo millennio, più che in quella di qualsiasi altra epoca successiva. Sotto questo aspetto, quindi, c’è motivo di ritenere che le narrazioni relative ai patriarchi siano autentiche”.
Nel 1976 archeologi italiani e siriani localizzarono, nella Siria settentrionale, l’antica città-stato di Ebla. Come Mari, Ebla non è menzionata nella Bibbia, ma entrambi i nomi compaiono in testi antichi che risalgono all’epoca dei patriarchi. Cosa vi hanno scoperto gli archeologi? Nell’archivio del palazzo reale sono state trovate migliaia di tavolette d’argilla, risalenti alla fine del terzo millennio (o al principio del secondo) avanti l’èra volgare. Parlando di questa scoperta, il settimanale francese Le Point del 19 marzo 1979 affermava: “I nomi propri sono sorprendentemente simili [a quelli delle Scritture]. Nella Bibbia troviamo ‘Abraamo’, nelle tavolette di Ebla ‘Ab-ra-um’; Esaù, ‘E-sa-um’; Michele, ‘Mi-ki-ilu’; Davide, ‘Da-u-dum’; Ismaele, ‘Ish-ma-ilum’; Israele, ‘Ish-ra-ilu’. Gli archivi di Ebla contengono anche i nomi di Sodoma e Gomorra, città menzionate nella Bibbia, ma la cui storicità è stata a lungo messa in dubbio dagli studiosi. . . . Ciò che più conta, le tavolette elencano le città esattamente nel medesimo ordine in cui sono menzionate nel Vecchio Testamento: Sodoma, Gomorra, Adma, Zeboiim e Bela [Gen. 14:2]”. Secondo Boyce Rensberger, che scrive sul New York Times, “alcuni eruditi biblici credono che [le tavolette di Ebla] possano rivaleggiare con i Rotoli del Mar Morto in quanto a confermare e ampliare ciò che sappiamo della vita nei tempi biblici”.
USANZE E LEGGI
L’archeologia ha permesso di spiegare diverse usanze alle quali la Bibbia accenna, e ha così mostrato l’accuratezza del racconto biblico. Ne abbiamo un esempio nella narrazione di Genesi, al capitolo 31, dove è detto che Rachele, moglie di Giacobbe, “rubò i terafim che appartenevano a suo padre”, Labano. (V. 19) Viene spiegato il motivo per cui Labano si prese la briga di inseguire la figlia e il genero per sette giorni, e cioè per riprendersi i suoi “dèi”. (Vv. 23, 30) È interessante notare che una scoperta archeologica nell’antica città di Nuzi, nella Mesopotamia settentrionale, ha rivelato l’esistenza di una legge patriarcale secondo cui il possesso degli dèi domestici costituiva per un uomo il titolo di proprietà sui beni del suocero deceduto. Se si ricorda che Labano era nativo della Mesopotamia settentrionale e in quale modo ingannevole aveva trattato Giacobbe, la conoscenza di questa legge fa luce sullo strano furto di Rachele e sui disperati tentativi di Labano di ricuperare i suoi “dèi”. Al museo del Louvre, a Parigi, sono esposte diverse di queste “divinità domestiche” rinvenute in varie città della Mesopotamia. Le dimensioni ridotte dei terafim (10-15 centimetri) aiutano anche a capire come Rachele poté nasconderli sedendosi sul cesto della sella in cui erano contenuti e rifiutando di alzarsi quando Labano cercava di trovarli. — Vv. 34, 35.
Uno dei più preziosi tesori del Louvre è una stele nera, alta due metri e 25 centimetri, comunemente nota come “Codice di Hammurabi”. Sotto un bassorilievo raffigurante Hammurabi, re di Babilonia, nell’atto di ricevere l’autorità dal dio sole Shamash, ci sono 282 leggi incolonnate e scritte in caratteri cuneiformi. Poiché si dice che Hammurabi abbia regnato dal 1728 al 1686 a.E.V., alcuni critici della Bibbia vorrebbero sostenere che Mosè, che mise per iscritto le leggi d’Israele oltre un secolo e mezzo dopo, abbia semplicemente plagiato il codice di questo re babilonese. Smentendo tale accusa, W. J. Martin scrive nel libro Documents from Old Testament Times:
“Nonostante le molte somiglianze, non c’è alcuna base per supporre che gli ebrei abbiano preso direttamente a prestito dai babilonesi. Anche quando le due raccolte di leggi differiscono poco nella lettera, differiscono molto nello spirito. Per esempio, in base al Codice di Hammurabi il furto e la ricettazione erano puniti con la morte (Leggi 6ª e 22ª), ma secondo le leggi d’Israele la punizione consisteva nel dover dare un compenso. (Eso. 22:1; Lev. 6:1-5) Mentre la legge mosaica vietava di consegnare uno schiavo fuggitivo al suo padrone (Deut. 23:15, 16), le leggi babilonesi punivano con la morte chiunque avesse dato asilo a uno schiavo fuggito. — Leggi 15ª, 16ª, 19ª”.
Nel Supplément au Dictionnaire de la Bible, l’orientalista francese Joseph Plessis scrisse: “Non sembra che il legislatore ebreo si sia in alcun modo servito dei vari codici babilonesi e assiri. Nulla nella sua opera può dirsi copiato. Anche se ci sono interessanti somiglianze, non sono tali da non potersi facilmente spiegare con il fatto che popoli delle stesse origini hanno anche usanze simili”.
Mentre il Codice di Hammurabi rivela uno spirito di rappresaglia, la legge mosaica afferma: “Non devi odiare nel tuo cuore il tuo fratello. . . . Non devi far vendetta né aver rancore contro i figli del tuo popolo; e devi amare il tuo prossimo come te stesso”. (Lev. 19:17, 18) Non solo quindi è provato che Mosè non copiò da Hammurabi, ma un confronto fra le leggi bibliche e quelle incise sulle tavolette e sulle stele portate alla luce dagli archeologi mostra che le leggi bibliche sono di gran lunga superiori a quelle che governavano altri popoli antichi.
L’ARCHEOLOGIA E LE SCRITTURE GRECHE
Che dire delle Scritture Greche, comunemente chiamate “Nuovo Testamento”? L’archeologia ha confermato l’accuratezza di questa importante parte della Bibbia? Sono stati scritti libri interi per mostrare che tale conferma esiste. Già nel 1890 l’erudito biblico francese F. Vigouroux pubblicò un libro di oltre 400 pagine, intitolato “Le Nouveau Testament et les découvertes archéologiques modernes” (Il Nuovo Testamento e le moderne scoperte archeologiche), nel quale forniva numerose prove a sostegno dei Vangeli, degli Atti degli Apostoli e delle lettere contenute nelle Scritture Greche. Nel 1895 W. M. Ramsey pubblicò l’ormai classico St. Paul the Traveller and the Roman Citizen (San Paolo, viaggiatore e cittadino romano), che conteneva molte preziose informazioni a conferma dell’autenticità delle Scritture Greche Cristiane.
Più recentemente sono stati pubblicati molti altri libri e articoli scritti da studiosi, che mostrano come l’archeologia conferma la veracità di tutta la Bibbia. Nel suo libro The Archaeology of the New Testament, pubblicato inizialmente nel 1970, E. M. Blaiklock scrive: “Eccezionali conferme della storiografia biblica hanno insegnato agli storici a rispettare l’autorità sia del Vecchio che del Nuovo Testamento, e ad ammirare l’accuratezza, il profondo amore per la verità e l’ispirata introspettiva storica dei numerosi scrittori che diedero alla Bibbia i suoi libri di storia”.
Sì, l’archeologia sostiene chiaramente la Bibbia. Che dire però di altri campi scientifici?
[Cartina a pagina 6]
(Per la corretta impaginazione, vedi l’edizione stampata)
Haran
Ebla
Mari
Nuzi
Babilonia
Lagash
Ur
Sumer
Golfo Persico
[Immagine a pagina 6]
Ziqqurat scoperta a Ur, nell’antica Caldea
[Immagini a pagina 7]
Divinità domestica (trovata a Lagash)
Il Codice di Hammurabi