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GiuseppeAusiliario per capire la Bibbia
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a Giuseppe di Arimatea. — Matt. 27:57-60; Mar. 15:43-46; Luca 23:50-53; Giov. 19:38-42.
5. Candidato, insieme a Mattia, al posto di sorveglianza reso vacante dall’infedele Giuda Iscariota. Giuseppe, detto anche Barsabba (forse un patronimico o semplicemente un secondo nome) e soprannominato Giusto, era stato testimone dell’opera, dei miracoli e della risurrezione di Gesù Cristo. Tuttavia Mattia e non Giuseppe fu scelto a sorte per sostituire Giuda Iscariota prima della Pentecoste del 33 E.V. e fu “annoverato con gli undici apostoli”. — Atti 1:15–2:1.
6. Levita soprannominato Barnaba e nativo di Cipro. (Atti 4:36, 37) Fu stretto collaboratore dell’apostolo Paolo. — Vedi BARNABA.
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GiustificazioneAusiliario per capire la Bibbia
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Giustificazione
Vedi DICHIARARE GIUSTO.
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GiustiziaAusiliario per capire la Bibbia
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Giustizia
Gestione o amministrazione di ciò che è giusto in modo onesto e imparziale, secondo una norma. Il termine ebraico mishpàt, spesso tradotto “diritto”, “giustizia” o “giudizio” (NM; VR), può anche rendere l’idea di un particolare piano (Eso. 26:30), un’usanza (Gen. 40:13), una regola (II Cron. 4:20) o una procedura (Lev. 5:10) per fare determinate cose.
Uno dei termini greci tradotti “giustizia” (NM) indica qualche cosa di ‘giusto’ (CEI; VR) o meritorio. (Rom. 3:8; Ebr. 2:2) “Giudizio” e “vendetta” sono i significati principali di altri due termini greci resi a volte “giustizia”. — Matt. 12:20; Luca 18:7, NM; VR.
Geova Dio, il supremo Giudice e Datore di statuti (Isa. 33:22), “ama giustizia e rettitudine” (Sal. 33:5) e “non sminuirà il diritto e l’abbondanza di giustizia”. (Giob. 37:23) Questo assicura che non abbandonerà mai i suoi leali. (Sal. 37:28) Nei rapporti con le sue creature Geova non mostra alcuna parzialità, ma accoglie e benedice tutti coloro che lo temono e praticano la giustizia. (Atti 10:34, 35) Singoli o nazioni sono puniti o premiati secondo le loro azioni. (Rom. 2:3-11; Efes. 6:7-9; Col. 3:22–4:1) La giustizia di Geova è inoltre equilibrata dalla misericordia, offre a uomini e nazioni l’opportunità di abbandonare le loro vie malvage e sfuggire così all’esecuzione dei suoi giudizi avversi. — Ger. 18:7-10; Ezec. 33:14-16; vedi DICHIARARE GIUSTO.
La sapienza di Geova è di gran lunga superiore a quella degli uomini imperfetti, e l’uomo, non Dio, deve imparare il sentiero del diritto. (Isa. 40:14) Quindi l’uomo non è in grado di giudicare se l’operato di Dio è giusto o ingiusto, ma deve imparare a conformare il suo pensiero alla norma di giustizia rivelata nella sua Parola. Agli israeliti Dio disse: “In quanto alle mie vie, non sono esse propriamente giuste, o casa d’Israele? Non sono le vie vostre a non essere propriamente giuste?” (Ezec. 18:29) Inoltre il fatto che Geova è il Creatore esclude che si possa mettere in dubbio la giustezza delle sue attività. — Rom. 9:20, 21; vedi anche Giobbe 40:8–41:34.
Perciò Geova ha sempre giustamente voluto che quelli che desiderano avere la sua approvazione imparino la sua norma di giustizia e la seguano. (Isa. 1:17, 18; 10:1, 2; Ger. 7:5-7; 21:12; 22:3, 4; Ezec. 45:9, 10; Amos 5:15; Mic. 3:9-12; 6:8; Zacc. 7:9-12) Devono essere imparziali come lo è Lui, poiché venire meno a questo riguardo costituisce un’ingiustizia e una violazione della legge dell’amore. (Giac. 2:1-9) Tuttavia esercitare il diritto secondo la norma di Dio non è un peso; in effetti da ciò dipende la felicità dell’uomo. (Sal. 106:3; confronta Isaia 56:1, 2). Questa verità è stata riconosciuta dal famoso giurista inglese Blackstone: “[Dio] ha collegato così intimamente, intessuto così inseparabilmente le leggi della giustizia eterna con la felicità di ciascuno, che non si può raggiungere quest’ultima senza osservare la prima; e, ubbidendo puntualmente alla prima, non si può non avere la seconda”. — Chadman’s Cyclopedia of Law, Vol. I, p. 88.
Il debito esercizio della giustizia da parte dell’autorità governativa contribuisce similmente alla felicità e al benessere dei sudditi. (Confronta Proverbi 29:4). Poiché Cristo Gesù, il Re del regno di Dio, e tutti coloro che svolgono compiti amministrativi sotto di lui, eserciteranno sempre la giustizia, i suoi leali sudditi proveranno piacere nel sottomettersi a tale giusto governo. — Isa. 9:6, 7; 32:1, 16-18; 42:1-4; Matt. 12:18-21; Giov. 5:30; confronta Proverbi 29:2.
Per quanto riguarda l’amministrazione della giustizia e i principi relativi, vedi CAUSA LEGALE; CORTE DI GIUSTIZIA; LEGGE.
I termini ebraici tsèdheq, tsedhaqàh (giustizia, diritto) e quello greco dikaiosỳne (giustizia, diritto) hanno anche il significato di “rettitudine”, “dirittura”, e indicano una norma che determina ciò che è giusto. Si parla spesso di “giustizia” a proposito di un giudice o di un giudizio (Sal. 35:24; 72:2; 96:13; Isa. 11:4; Riv. 19:11), conferendo al termine un sapore legale (ragion per cui i rispettivi termini nella lingua originale possono essere tradotti “diritto”). Nella legge mosaica, in Levitico 19:36 ricorre quattro volte il termine tsèdheq in relazione a operazioni commerciali: “Dovreste mostrare d’avere bilance accurate [tsèdheq, “eque”, ATE; “giuste”, CEI, VR], pesi accurati, efa accurata e hin accurato”.
La giustizia si misura dalla conformità alla volontà di Dio e ai suoi comandi. I suoi specifici comandi possono variare nel tempo e da persona a persona: il comando dato a Noè di costruire un’arca non è più stato ripetuto e il comando relativo alla circoncisione non riguarda i cristiani nel nuovo patto. Tuttavia le norme personali di Dio, la sua personalità, ciò che è — com’è espresso nelle sue parole e azioni — rimangono sempre costanti e quindi costituiscono una norma perfetta, ferma e stabile come la ‘roccia’, secondo cui giudicare la condotta di tutte le creature. — Deut. 32:4; Giob. 34:10; Sal. 92:15; Ezec. 18:25-31; 33:17-20.
BONTÀ E GIUSTIZIA
Sembra che l’apostolo Paolo faccia una distinzione fra bontà e giustizia poiché, parlando della morte di Cristo in sacrificio, dice: “Difficilmente alcuno morirà per un uomo giusto; in realtà, per un uomo buono, forse, qualcuno osa morire. Ma Dio ci raccomanda il suo proprio amore in quanto, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo morì per noi”. (Rom. 5:7, 8) Un uomo può esser definito “giusto” se fa il suo dovere, è retto, imparziale, onesto, non commette errori o immoralità, se è noto per la sua dirittura e l’integrità della sua condotta. Le parole di Paolo indicano però una certa superiorità dell’uomo “buono”. Se è “buono” non può naturalmente essere ingiusto; tuttavia altre qualità lo distinguono dall’uomo noto principalmente per la sua giustizia. L’uso del termine greco indica che la persona che si distingue per la sua bontà è pronta a fare del bene ad altri ed esprime la sua bontà in maniera concreta. Non si preoccupa semplicemente di fare ciò che è giusto, ma fa di più, spinta da sano interessamento per gli altri e dal desiderio di aiutarli e fare loro del bene. — Confronta Matteo 12:35; 20:10-15; Luca 6:9, 33, 35, 36; Giovanni 7:12; Atti 14:17; Romani 12:20, 21; I Tessalonicesi 5:15.
Paolo vuole dunque dimostrare che mentre l’uomo
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