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IspirazioneAusiliario per capire la Bibbia
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l’Apostolo intende un suggerimento spirituale, una presunta predizione, espressione di un profeta...”. In Word Studies in the New Testament (Vol. IV, p. 63) Vincent dice: “Per spirito: Mediante espressioni profetiche di individui nelle assemblee cristiane, che vantavano l’autorità di rivelazioni divine”. Per cui, mentre alcune traduzioni, in questo e in altri casi analoghi, rendono pnèuma semplicemente “spirito” (Co), altre traduzioni hanno “messaggio dello Spirito” (AT) “pretese rivelazioni” (PIB), “false ispirazioni” (Ri), “espressione ispirata” (NM).
Le parole di Paolo indicano chiaramente che ci sono “espressioni ispirate” vere e altre false. In I Timoteo 4:1 si riferisce sia alle une che alle altre dicendo: “L’espressione ispirata [dallo spirito santo di Geova] dice definitamente che in successivi periodi di tempo alcuni si allontaneranno dalla fede, prestando attenzione a ingannevoli espressioni ispirate e a insegnamenti di demoni”. Questo identifica i demoni come la fonte delle false “espressioni ispirate”. Ciò è confermato dalla visione che ebbe l’apostolo Giovanni in cui vide “tre impure espressioni ispirate” simili a rane nell’aspetto, che procedevano dalla bocca del dragone, della bestia selvaggia e del falso profeta, espressioni che egli dichiara in tutte lettere essere “ispirate da demoni”, allo scopo di radunare i re della terra per la guerra di Har-Maghedon. — Riv. 16:13-16.
A ragione dunque Giovanni esortava i cristiani: “Provate le espressioni ispirate per vedere se hanno origine da Dio”. (I Giov. 4:1-3; confronta Rivelazione 22:6). Quindi proseguiva spiegando che le espressioni realmente ispirate da Dio si avevano solo per mezzo dell’autentica congregazione cristiana e non per mezzo di fonti mondane non cristiane. Le parole di Giovanni erano naturalmente ispirate da Geova Dio, ma anche a prescindere da ciò, la lettera di Giovanni costituiva un solido fondamento per la schietta dichiarazione: “Chi acquista la conoscenza di Dio ci ascolta; chi non ha origine da Dio non ci ascolta. Ecco come notiamo l’ispirata espressione della verità e l’ispirata espressione dell’errore”. (I Giov. 4:6) Lungi dall’essere semplicemente dogmatico, Giovanni aveva spiegato che lui e altri veri cristiani manifestavano il frutto dello spirito di Dio, prima di tutto amore, e con la loro condotta retta e le loro parole veraci dimostravano senz’altro di ‘camminare nella luce’ unitamente a Dio. — I Giov. 1:5-7; 2:3-6, 9-11, 15-17, 29; 3:1, 2, 6, 9-18, 23, 24; paragona Tito 1:16.
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IsraeleAusiliario per capire la Bibbia
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Israele
(Israèle) [Dio contende o colui che contende (persevera) con Dio].
1. Nome che Dio diede a Giacobbe quando aveva circa novantasette anni. Una notte, dopo aver attraversato la valle del torrente Iabboc mentre andava incontro a suo fratello Esaù, Giacobbe si mise a lottare con quello che si rivelò essere un angelo. Per la sua perseveranza nella lotta il nome di Giacobbe fu cambiato in Israele in segno della benedizione di Dio. A ricordo di questi avvenimenti egli chiamò il luogo Peniel o Penuel. (Gen. 32:22-28; vedi GIACOBBE). Più tardi, a Betel, il cambiamento del nome venne confermato da Dio, e da quel momento fino alla fine della sua vita Giacobbe fu spesso chiamato Israele. (Gen. 35:10, 15; 50:2; I Cron. 1:34) Tuttavia in molti degli oltre 2.500 casi in cui ricorre, il nome Israele si riferisce ai discendenti di Giacobbe come nazione. — Eso. 5:1, 2.
2. Tutti i discendenti di Giacobbe, collettivamente, in qualsiasi periodo. (Eso. 9:4; Gios. 3:7; Esd. 2:2b; Matt. 8:10) Essendo progenie e discendenti dei dodici figli di Giacobbe, molto spesso erano chiamati “i figli d’Israele”, altre volte “casa d’Israele”, “popolo d’Israele”, “uomini d’Israele”, “stato d’Israele” o “Israeliti”. (Gen. 32:32; Matt. 10:6; Atti 4:10; 5:35; Efes. 2:12; Rom. 9:4; vedi ISRAELITA). Nel 1728 a.E.V. una carestia spinse la famiglia di Giacobbe a recarsi in Egitto dove i suoi discendenti rimasero per 215 anni come residenti forestieri. Tutti gli israeliti appartenenti alla “casa di Giacobbe che vennero in Egitto”, senza contare le mogli dei suoi figli, erano settanta. Ma mentre erano in quel paese diventarono una numerosissima società di schiavi, forse due, tre milioni o più. — Gen. 46:26, 27; Eso. 1:7; vedi ESODO.
Sul letto di morte Giacobbe benedisse i dodici figli in quest’ordine: Ruben, Simeone, Levi, Giuda, Zabulon, Issacar, Dan, Gad, Aser, Neftali, Giuseppe e Beniamino. Per mezzo di questi fu tramandato il sistema patriarcale tribale. (Gen. 49:2-28) Ma durante la schiavitù di Israele gli egiziani istituirono un proprio sistema di sorveglianza, indipendente dall’istituto patriarcale, designando come responsabili alcuni israeliti. Questi tenevano il conto dei mattoni prodotti e aiutavano i padroni egiziani, che facevano lavorare gli israeliti. (Eso. 5:6-19) Mosè invece faceva conoscere alla congregazione le istruzioni di Geova mediante gli “anziani d’Israele”, cioè i capi ereditari delle famiglie patriarcali. Questi inoltre lo accompagnavano quando si presentava al faraone. — Eso. 3:16, 18; 4:29, 30; 12:21.
Nel 1513 a.E.V., alla fine dei predetti 400 anni di afflizione, Geova annientò la dominante potenza mondiale egiziana e, con un’imponente dimostrazione della sua onnipotenza sovrana, liberò dalla schiavitù il suo popolo Israele. Con loro c’era una “numerosa compagnia mista” di non israeliti che furono felici di unirsi all’eletto popolo di Dio. — Eso. 12:37, 38, 40, 41; Gal. 3:17.
NASCITA DELLA NAZIONE
Secondo il patto fatto con Abraamo, la risultante congregazione di Israele era considerata come un singolo individuo, e perciò uno stretto parente poteva ricomprarlo o redimerlo dalla schiavitù. Secondo il patto della Legge questo parente stretto era Geova Dio, il loro Padre, e quale legittimo Ricompratore ricorse alla forza punitiva uccidendo il primogenito del faraone perché questi si era rifiutato di rimettere in libertà Israele, Suo figlio “primogenito”. (Eso. 4:22, 23; 6:2-7) Così, liberato legalmente dall’Egitto, Israele diventò l’esclusiva proprietà di Geova. “Voi soli ho conosciuto di tutte le famiglie della terra”, disse Dio. (Amos 3:2; Eso. 19:5, 6; Deut. 7:6) Da allora tuttavia ritenne opportuno trattarli non precisamente come società patriarcale, ma come stato di Israele, stato che creò dandogli un governo teocratico che aveva come costituzione il patto della Legge.
Entro tre mesi da che aveva lasciato l’Egitto Israele era diventato una nazione indipendente sotto il patto della Legge inaugurato al monte Sinai. (Ebr. 9:19, 20) Le Dieci Parole o Dieci Comandamenti scritti “col dito di Dio” costituirono la struttura di quel codice nazionale, a cui furono aggiunti circa altri seicento fra leggi, statuti, regolamenti e decisioni giudiziarie. Era il più completo codice di leggi posseduto da qualsiasi nazione antica, poiché regolava nei minimi particolari i rapporti dell’uomo con Dio e con il prossimo. (Eso. 31:18; 34:27, 28) Essendo una teocrazia pura, ogni potere, giudiziario, legislativo ed esecutivo, dipendeva da Geova Dio stesso. — Isa. 33:22; Giac. 4:12.
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