Risurrezione
(gr. anàstasis, il far alzare o l’alzarsi (da anà, su, e hìstemi, far stare ritto)].
Questo termine ricorre spesso nelle Scritture Greche Cristiane a proposito della risurrezione dei morti. In Osea 13:14 le Scritture Ebraiche, citate dall’apostolo Paolo (I Cor. 15:54, 55), dicono che la morte sarebbe stata abolita e lo Sceol (ebr. she’òhl; gr. hàides) sarebbe stato reso impotente. In varie traduzioni she’òhl è stato reso “tomba” e “fossa”, dove, viene detto, vanno i morti. (Gen. 37:35; I Re 2:6; Eccl. 9:10) L’uso di questo termine nelle Scritture Ebraiche, come pure l’uso dell’equivalente greco hàides nelle Scritture Greche Cristiane, indica che non si riferisce a una singola tomba, ma alla comune tomba di tutto il genere umano. (Ezec. 32:21-32; Riv. 20:13; vedi ADES; SCEOL.). Rendere impotente lo Sceol significa allentare la presa che ha su quelli che vi si trovano, vale a dire vuotare le tombe. Questo naturalmente richiede una risurrezione dalla condizione di morte o dalla tomba.
PER MEZZO DI GESÙ CRISTO
Quanto si è detto dimostra che l’insegnamento della risurrezione è presente nelle Scritture Ebraiche. Comunque era Gesù Cristo che doveva fare “luce sulla vita e sull’incorruzione per mezzo della buona notizia”. (II Tim. 1:10) Gesù disse: “Io sono la via e la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me”. (Giov. 14:6) Come poteva esserci vita eterna, e anzi, per alcuni incorruzione, fu spiegato mediante la buona notizia intorno a Gesù Cristo.
Cristo stesso quando era sulla terra risuscitò dei morti. (Luca 7:11-15; 8:49-56; Giov. 11:38-44) Solo per mezzo di Gesù Cristo è possibile la risurrezione, seguita dalla vita eterna. — Giov. 5:26.
SICURO PROPOSITO DI DIO
Gesù Cristo fece notare ai sadducei, setta che non credeva nella risurrezione, che gli scritti di Mosè contenuti nelle Scritture Ebraiche, che essi possedevano e nelle quali dichiaravano di credere, dimostrano che c’è una risurrezione; che dicendo di essere “l’Iddio di Abraamo e l’Iddio d’Isacco e l’Iddio di Giacobbe” (che in realtà erano morti), Dio li considerava vivi grazie alla risurrezione che Lui, ‘l’Iddio non dei morti, ma dei viventi’, si era proposto di dar loro. Dio, grazie alla sua potenza, “fa vivere i morti e chiama le cose che non sono come se fossero”. Paolo menziona questo fatto parlando della fede di Abraamo. — Matt. 22:23, 31-33; Rom. 4:17.
Dio ha il potere di risuscitare i morti
Per Colui che ebbe la capacità e potenza di creare l’uomo a Sua immagine, con un corpo perfetto e la possibilità di esprimere pienamente le meravigliose qualità di cui era dotata la personalità umana, risuscitare un singolo individuo non costituisce un problema insormontabile. Se in base a principi scientifici stabiliti da Dio gli scienziati sono in grado di conservare e poi ricostruire una scena visibile e udibile mediante l’uso di videoregistrazioni, com’è facile per il grande Creatore e Sovrano Universale risuscitare una persona ricostituendo la stessa personalità in un corpo nuovo. A proposito del rinnovato vigore di Sara che poté avere un figlio nella vecchiaia, l’angelo disse: “È alcuna cosa troppo straordinaria per Geova?” — Gen. 18:14; Ger. 32:17, 27.
SCOPO DELLA RISURREZIONE
La risurrezione manifesta non solo l’illimitata potenza e sapienza di Geova ma anche il suo amore e la sua misericordia, e rivendica Colui che conserva in vita quelli che lo servono. (I Sam. 2:6) Avendo il potere di risuscitare i morti, egli è in grado di dimostrare che i suoi servitori saranno fedeli a lui fino alla morte. Può rispondere all’accusa di Satana che aveva asserito: “Pelle per pelle, e l’uomo darà tutto ciò che ha per la sua anima”. (Giob. 2:4) Geova può permettere che Satana vada sino in fondo, perfino che uccida qualcuno nel vano tentativo di sostenere le sue false accuse. (Matt. 24:9; Riv. 2:10; 6:11) Il fatto che i servitori di Geova sono disposti a dare anche la vita nel suo servizio dimostra che compiono questo servizio non per ragioni egoistiche, ma per amore. Giobbe ne fu un esempio. (Giob. 27:5) Dimostra inoltre che riconoscono che è l’Onnipotente, in grado di risuscitarli, il Sovrano Universale e il Dio di amore. Dimostra che rendono esclusiva devozione a Geova per le sue meravigliose qualità, e non per egoistici motivi materiali. (Vedi alcune espressioni dei suoi servitori, riportate in Romani 11:33-36; Rivelazione 4:11; 7:12). La risurrezione è anche un mezzo mediante il quale Geova fa sì che si adempia il suo proposito riguardo alla terra, dichiarato ad Adamo. — Gen. 1:28.
Indispensabile alla felicità umana
La risurrezione dei morti, un atto di immeritata benignità da parte di Dio, è indispensabile alla felicità dell’uomo e all’eliminazione di tutto il danno, la sofferenza e l’oppressione che si sono abbattuti sulla razza umana. Queste cose sono la conseguenza delle malattie e dell’imperfezione umana, delle guerre che l’uomo ha combattute, degli omicidi commessi e delle nefandezze perpetrate da uomini malvagi istigati da Satana il Diavolo, durante quasi tutti i 6.000 anni di storia umana. Non si può essere completamente felici se non si crede nella risurrezione. L’apostolo Paolo espresse questo sentimento con le seguenti parole: “Se abbiamo sperato in Cristo solo in questa vita, siamo i più miserevoli di tutti gli uomini”. — I Cor. 15:19.
A QUANDO RISALE LA SPERANZA DELLA RISURREZIONE?
Dopo che Adamo ebbe peccato e recato la morte su se stesso e sulle future generazioni, Dio, rivolgendosi al serpente, disse: “E io porrò inimicizia fra te e la donna e fra il tuo seme e il seme di lei. Egli ti ferirà la testa e tu gli ferirai il calcagno”. — Gen. 3:15.
Si deve eliminare colui che inizialmente causò la morte
Ai capi religiosi ebrei che si opponevano a lui Gesù disse: “Voi siete dal padre vostro il Diavolo e desiderate fare i desideri del padre vostro. Egli fu omicida quando cominciò, e non si attenne alla verità, perché in lui non vi è verità”. (Giov. 8:44) Questa è la prova che fu il Diavolo a parlare per mezzo del serpente, e che fu omicida dall’inizio del suo comportamento diabolico, menzognero. Nella visione che Cristo diede in seguito a Giovanni fu rivelato che Satana il Diavolo è chiamato anche “l’originale serpente”. (Riv. 12:9) Satana riuscì a far presa sul genere umano, acquistando autorità sui figli di Adamo, quando indusse il loro padre Adamo a ribellarsi a Dio. Perciò nella prima profezia, di Genesi 3:15, Geova ha dato la speranza che questo serpente sarà eliminato. (Confronta Romani 16:20). Non solo sarà schiacciata la testa di Satana, ma anche tutte le sue opere saranno distrutte. (I Giov. 3:8) L’adempimento di questa profezia richiede senz’altro l’eliminazione della morte introdotta da Adamo, quindi il ritorno alla vita mediante una risurrezione dei discendenti di Adamo che vanno nello Sceol (Ades) a causa del suo peccato, del quale ereditano gli effetti. — I Cor. 15:26.
Speranza di libertà basata sulla risurrezione
L’apostolo Paolo descrive la situazione che Dio permise esistesse dopo la caduta dell’uomo nel peccato e il Suo obiettivo finale nel far questo: “Poiché la creazione fu sottoposta alla futilità [essendo nata nel peccato e soggetta alla morte], non di propria volontà [i figli di Adamo trovarono questa situazione venendo al mondo, pur senza avere alcuna responsabilità per ciò che Adamo aveva fatto, e non per loro scelta] ma per mezzo di colui [Dio, nella sua sapienza] che la sottopose, in base alla speranza che la creazione stessa sarà pure resa libera dalla schiavitù alla corruzione e avrà la gloriosa libertà dei figli di Dio”. (Rom. 8:20, 21; Sal. 51:5) Per veder realizzata questa speranza di gloriosa libertà quelli che sono morti avrebbero dovuto risorgere; avrebbero dovuto essere liberati dalla morte e dalla tomba. Così, con la promessa del “seme” che schiaccerà la testa del serpente, Dio offre una meravigliosa speranza all’umanità. — Vedi SEME.
Ragione della fede di Abraamo
La Bibbia rivela che quando si accingeva a sacrificare suo figlio Isacco Abraamo aveva fede nella capacità e nel proposito di Dio di risuscitare i morti. E, com’è dichiarato in Ebrei 11:17-19, “in modo illustrativo” riebbe Isacco dai morti. (Gen. 22:1-3, 10-13) Abraamo aveva ragione di aver fede nella risurrezione a motivo della promessa di Dio del “seme”. (Gen. 3:15) Inoltre lui e Sara avevano già avuto esperienza di qualcosa paragonabile a una risurrezione nel rinnovarsi delle loro facoltà di procreare. (Gen. 18:9-11; 21:1, 2, 12; Rom. 4:19-21) Il capofamiglia Giobbe espresse simile fede dicendo, nella sua intensa sofferenza: “Oh mi nascondessi tu nello Sceol,... mi stabilissi un limite di tempo e ti ricordassi di me! Se l’uomo robusto muore può egli tornare a vivere? . . . Tu chiamerai, e io stesso ti risponderò. Bramerai l’opera delle tue mani”. — Giob. 14:13-15.
“Una risurrezione migliore”
A proposito di quei fedeli dell’antichità Paolo dice: “Delle donne ricevettero i loro morti mediante risurrezione; ma altri uomini furono torturati perché non accettarono la liberazione mediante qualche riscatto, onde ottenessero una risurrezione migliore”. (Ebr. 11:35) Quegli uomini mostrarono fede nella speranza della risurrezione, sapendo che la vita in quel tempo non era la cosa più importante. La risurrezione che loro e altri avranno per mezzo di Cristo ha luogo dopo che lui risorse e si presentò al Padre suo in cielo col valore del suo sacrificio di riscatto. Allora egli riacquistò il diritto alla vita per la razza umana, diventandone il potenziale “Padre eterno”. (Ebr. 9:11, 12, 24; Isa. 9:6) Egli è anche “spirito vivificante” (I Cor. 15:44, 45), e ha “le chiavi della morte e dell’Ades [Sceol]”. (Riv. 1:18) Avendo ora autorità di dare vita eterna, nel tempo da Dio stabilito effettuerà una “risurrezione migliore”, dato che i risuscitati potranno vivere per sempre; nessuno di loro dovrà inevitabilmente morire di nuovo. Se rimarranno ubbidienti, continueranno a vivere.
RISURREZIONE CELESTE
Gesù Cristo è chiamato “il primogenito dai morti”. (Col. 1:18) Egli fu il primo a essere risuscitato alla vita eterna. E la sua risurrezione fu “nello spirito”, alla vita celeste. (I Piet. 3:18) Inoltre fu risuscitato a una forma di vita superiore e a una posizione superiore a quella che aveva avuto nei cieli prima di venire sulla terra. Ricevette immortalità e incorruzione, che nessuna creatura di carne può avere, e fu “innalzato al di sopra dei cieli”, secondo solo a Geova Dio in tutto l’universo. (Ebr. 7:26; I Tim. 6:14-16; Filip. 2:9-11; Atti 2:34; I Cor. 15:27) Fu Geova Dio stesso a risuscitarlo. — Atti 3:15; 5:30; Rom. 4:24; 10:9.
Tuttavia dopo la risurrezione per quaranta giorni Gesù apparve più volte ai discepoli con corpi carnali diversi, come angeli erano apparsi a uomini nell’antichità. Come quegli angeli, egli aveva il potere di formare e di disintegrare quei corpi carnali come voleva, allo scopo di dimostrare visibilmente che era stato risuscitato. (Matt. 28:8-10, 16-20; Luca 24:13-32, 36-43; Giov. 20:14-29; Gen. 18:1, 2; 19:1; Gios. 5:13-15; Giud. 6:11, 12; 13:3, 13) Le sue numerose apparizioni, e in particolare il fatto che si manifestò a più di cinquecento persone in una volta, furono una valida testimonianza che era veramente risuscitato. — I Cor. 15:3-8, 12-21.
La risurrezione dei “fratelli” di Cristo
A coloro che sono “chiamati ed eletti e fedeli”, i quali seguono le orme di Cristo, ai suoi “fratelli”, generati spiritualmente quali “figli di Dio”, è promessa una risurrezione come la sua. (Riv. 17:14; Rom. 6:5; 8:15, 16; Ebr. 2:11) L’apostolo Pietro scrive ai compagni di fede: “Benedetto sia l’Iddio e Padre del nostro Signore Gesù Cristo, poiché secondo la sua grande misericordia ci ha rigenerati ad una speranza viva mediante la risurrezione di Gesù Cristo dai morti, per un’eredità incorruttibile e incontaminata e durevole. Essa è riservata nei cieli per voi”. — I Piet. 1:3, 4.
Pietro descrive inoltre la speranza che questi hanno come “preziose e grandissime promesse, affinché a mezzo d’esse diveniate partecipi della natura divina”. (II Piet. 1:4) Essi devono subire una trasformazione, rinunciare alla natura umana per avere una natura “divina”, un corpo spirituale, come hanno le persone celesti. Devono morire di una morte di integrità simile a quella di Cristo, e rinunciare per sempre alla vita umana. Non più di sangue e carne, mediante una risurrezione ricevono quindi un corpo immortale, incorruttibile come quello di Cristo. (Rom. 6:3-5; I Cor. 15:50-57; II Cor. 5:1-3) L’apostolo Paolo spiega che non viene risuscitato il corpo, ma piuttosto paragona la loro esperienza a quella di un seme che viene piantato e germoglia, in quanto “Dio gli dà un corpo come gli è piaciuto”. (I Cor. 15:35-40) È l’anima, la persona, che viene risuscitata, con un corpo adatto all’ambiente in cui Dio la risuscita.
In quanto a Gesù Cristo, egli rinunciò alla vita umana che offrì come sacrificio di riscatto per il bene dell’umanità. Il quarantesimo salmo viene applicato a lui dallo scrittore cristiano di Ebrei, che descrive Gesù nell’atto di dire, quando venne “nel mondo” quale Messia di Dio: “Non hai voluto né sacrificio né offerta, ma mi hai preparato un corpo”. (Ebr. 10:5) Gesù stesso disse: “Infatti il pane che darò è la mia carne a favore della vita del mondo”. (Giov. 6:51) Ne consegue che Cristo non poteva riprendere il suo corpo dopo la risurrezione, riprendendo in tal modo il sacrificio offerto a Dio per l’umanità. Inoltre Cristo non doveva più dimorare sulla terra. La sua “casa” è nei cieli insieme al Padre suo, che non è carne, ma spirito. (Giov. 14:3; 4:24) Gesù Cristo ricevette dunque un glorioso corpo immortale, incorruttibile, poiché “è il riflesso della sua gloria [di Geova] e l’esatta rappresentazione del suo stesso essere, e sostiene ogni cosa mediante la parola della sua potenza; e dopo aver fatto la purificazione dei nostri peccati si mise a sedere alla destra della maestà negli alti luoghi. Quindi è divenuto migliore degli angeli [che pure sono potenti persone spirituali], in quanto ha ereditato un nome più eccellente del loro”. — Ebr. 1:3, 4; 10:12, 13.
I fedeli fratelli di Cristo, che lo raggiungono nei cieli, rinunciano alla vita umana. L’apostolo Paolo spiega che devono avere un corpo nuovo rimodellato e adatto al loro nuovo ambiente: “In quanto a noi, la nostra cittadinanza esiste nei cieli, dal qual luogo pure aspettiamo premurosamente il salvatore, il Signore Gesù Cristo, che rimodellerà il nostro corpo umiliato onde sia conforme al suo corpo glorioso secondo l’operazione della potenza che egli ha”. — Filip. 3:20, 21.
Quando avviene la risurrezione celeste
La risurrezione celeste dei coeredi di Cristo inizia dopo che Gesù Cristo, nella gloria celeste, ritorna per rivolgere prima l’attenzione ai suoi fratelli spirituali. Cristo stesso è chiamato “primizia di quelli che si sono addormentati nella morte”. Paolo dice quindi che ciascuno sarà risuscitato nel proprio ordine, “Cristo la primizia, poi quelli che appartengono al Cristo durante la sua presenza”. (I Cor. 15:20, 23) Questi, come “casa di Dio”, sono stati giudicati durante la loro vita cristiana, iniziando coi primi di loro alla Pentecoste. (I Piet. 4:17) Essi sono “certe [lett. “alcune” primizie”. (Giac. 1:18, Int; Riv. 14:4) Come “primizie” Gesù Cristo e questi fratelli spirituali possono essere paragonati alle primizie dell’orzo offerte dagli israeliti il 16 nisan (“Cristo la primizia”) e alle primizie del grano (i suoi seguaci, “certe primizie”) offerte il giorno di Pentecoste, cinquanta giorni dopo. — Lev. 23:4-12, 15-20.
Poiché sono già stati giudicati, al ritorno di Cristo è tempo di dare la ricompensa ai suoi fedeli unti, come aveva promesso agli undici apostoli fedeli la sera prima della sua morte: “Vado a prepararvi un luogo. E . . . verrò di nuovo e vi riceverò a casa presso di me, affinché dove sono io siate anche voi”. — Giov. 14:2, 3; Luca 19:12-23; confronta Rivelazione 11:17, 18.
“Il matrimonio dell’Agnello”
Questi come corpo sono chiamati la sua (futura) “sposa” (Riv. 21:9); gli sono promessi in matrimonio, e il portarli con sé nei cieli costituisce il “matrimonio dell’Agnello”. (II Cor. 11:2; Riv. 19:7, 8) L’apostolo Paolo attendeva di essere risuscitato in quel tempo futuro. (II Tim. 4:8; confronta Giovanni 6:39, 54, dove si parla della risurrezione “nell’ultimo giorno”). Quando ha luogo la “presenza” di Cristo, sono ancora in vita sulla terra alcuni suoi fratelli spirituali, “invitati al pasto serale del matrimonio dell’Agnello”, ma prima viene rivolta l’attenzione a quelli di loro che sono morti, risuscitandoli. (Riv. 19:9) Questo è spiegato in I Tessalonicesi 4:15, 16: “Questo vi diciamo per la parola di Geova, che noi viventi che sopravvivremo alla presenza del Signore non precederemo affatto quelli che si saranno addormentati nella morte; perché il Signore stesso scenderà dal cielo con una chiamata di comando, con voce di arcangelo e con tromba di Dio, e quelli che son morti unitamente a Cristo sorgeranno per primi”. — Confronta I Corinti 15:51, 52; Rivelazione 14:13.
Rivelazione 20:5, 6 definisce la risurrezione di coloro che regneranno con Cristo “la prima risurrezione”. Anche l’apostolo Paolo parla di questa prima risurrezione come della “risurrezione dai morti che ha luogo più presto [lett., parola per parola, “la da-risurrezione la dai morti”]”. (Filip. 3:11, NM; Int) A proposito dell’espressione usata qui da Paolo, Robertson (Word Pictures in the New Testament, Vol. IV, p. 454) dice: “Evidentemente qui Paolo pensa solo alla risurrezione dei credenti di fra i morti e perciò la preposizione ex [da] ripetuta (tén exanastasin tén ek nekrōn). Paolo con questo linguaggio non nega una risurrezione generale, ma dà risalto a quella dei credenti”. Nei suoi Commentaries (su Filippesi 3:11) Ellicott osserva: “‘la risurrezione dai morti’; cioè, come suggerisce il contesto, la prima risurrezione (Riv. xx. 5), quando, alla venuta del Signore i morti in Lui sorgeranno per primi (1 Tessalon. iv. 16), e i vivi saranno rapiti per incontrarLo nelle nuvole (I Tess. iv. 17); confronta Luca xx. 35. La prima risurrezione includerà solo i veri credenti, ed evidentemente precederà la seconda, quella dei non credenti e dei miscredenti, in quanto al tempo;... Qui qualsiasi riferimento a una risurrezione semplicemente etica (Cocceio) è assolutamente fuori luogo”. Uno dei significati fondamentali con cui viene usato il termine exanàstasis è quello di alzarsi dal letto la mattina; quindi può ben indicare una risurrezione che avviene prima, altrimenti detta la “prima risurrezione”. Nella sua Emphasized Bible Rotherham traduce Filippesi 3:11 come segue: “Se in qualche modo io possa giungere alla prima risurrezione che è di fra i morti”.
RISURREZIONE TERRENA
Mentre Gesù era appeso al palo, uno dei malfattori accanto a lui, osservando che Gesù non meritava punizione, pregò: “Gesù, ricordati di me quando sarai venuto nel tuo regno”. Gesù rispose: “Veramente ti dico oggi: Tu sarai con me in Paradiso”. (Luca 23:42, 43) Era come se avesse detto: ‘In questo triste giorno, quando il mio diritto a un regno sembra del tutto inverosimile, tu manifesti fede. Certo, quando sarò nel mio regno, mi ricorderò di te’. Questo avrebbe richiesto la risurrezione del malfattore. Quell’uomo non era un fedele seguace di Gesù Cristo. Era un malfattore che aveva trasgredito la legge meritando la pena di morte. (Luca 23:40, 41) Perciò non poteva sperare di essere fra coloro che avrebbero avuto la prima risurrezione. Inoltre morì quaranta giorni prima che Gesù ascendesse al cielo e quindi prima della Pentecoste, celebrata dieci giorni dopo l’ascensione, quando Dio per mezzo di Gesù unse i primi di coloro che avranno la risurrezione celeste. — Atti 1:3; 2:1-4, 33.
Il malfattore, disse Gesù, sarebbe stato in Paradiso. Questo termine significa “giardino o parco”. La Settanta rende il termine ebraico per “giardino” (gan), che ricorre in Genesi 2:8, col termine greco paràdeisos. Il paradiso in cui sarà il malfattore non era il “paradiso di Dio” promesso in Rivelazione 2:7 a “chi vince”, poiché il malfattore non aveva vinto il mondo con Gesù Cristo. (Giov. 16:33) Non farà dunque parte del Regno celeste (Luca 22:28-30), ma sarà un suddito di quel Regno quando quelli che avranno avuto la “prima risurrezione” saranno, quali re di Dio e di Cristo, seduti su troni, per regnare con Cristo per mille anni. — Riv. 20:4, 6.
RISURREZIONE PER LA VITA E PER IL GIUDIZIO
Gesù diede al genere umano la confortante assicurazione: “L’ora viene, ed è questa, in cui i morti udranno la voce del Figlio di Dio e quelli che avranno prestato ascolto vivranno.... Non vi meravigliate di questo, perché l’ora viene in cui tutti quelli che sono nelle tombe commemorative udranno la sua voce e ne verranno fuori, quelli che hanno fatto cose buone alla risurrezione di vita, quelli che hanno praticato cose vili alla risurrezione di giudizio”. — Giov. 5:25-29.
Un giudizio di condanna
In queste parole di Gesù il termine “giudizio” traduce il sostantivo greco krìsis. Il Dizionario illustrato greco-italiano di Liddell e Scott (Ed. Le Monnier, 1975, pp. 741, 742) lo definisce come segue:
“Separazione, distinzione, . . . 2. decisione, giudizio, . . . 3. scelta, elezione, ... 4. interpretazione di sogni o di prodigi, . . . II. in senso legale, giudizio, . . . b. l’esito di un processo, condanna, . . . c.... il giorno del giudizio, N.T. 2. prova, gara, ... 3. disputa, . . . III. evento, esito di una cosa; . . . 2. crisi, momento decisivo di una malattia”.
Un altro dizionario (J. Parkhurst, A Greek and English Lexicon to the New Testament, ed. 1845, p. 342a) dà i seguenti significati di krìsis nelle Scritture Greche Cristiane: “I. Giudizio; II. Giudizio, giustizia, Matteo 23:23; confronta 12:20; III. Giudizio di condanna, condanna, dannazione. Marco 3:29; Giovanni 5:24, 29; IV. La causa o il motivo di una condanna o punizione. Giovanni 3:19; V. Una particolare corte di giustizia presso gli ebrei. Matteo 5:21, 22”.
Se Gesù, nel parlare di una risurrezione di giudizio, intendeva un giudizio il cui risultato poteva essere la vita, non ci sarebbe nessun contrasto tra questo e la “risurrezione di vita”. Quindi il contesto indica che per “giudizio” Gesù intendeva un giudizio di condanna.
I “morti” che udirono parlare Gesù sulla terra
Considerando le parole di Gesù, notiamo che quando parlava alcuni “morti” udivano la sua voce. Pietro usa un’espressione simile dicendo: “Infatti, per questo scopo la buona notizia fu dichiarata anche ai morti, affinché fossero giudicati in quanto alla carne dal punto di vista degli uomini ma vivessero in quanto allo spirito dal punto di vista di Dio”. (I Piet. 4:6) Questo perché coloro ai quali Cristo parlava, prima di udire erano ‘morti nei loro falli e peccati’, ma grazie alla fede nella buona notizia avrebbero cominciato a ‘vivere’ spiritualmente. — Efes. 2:1; confronta Matteo 8:22; I Timoteo 5:6.
Giovanni 5:29 si riferisce alla fine di un periodo di giudizio
Ma una cosa molto importante da notare, che aiuta a determinare il fattore tempo nelle parole di Gesù circa ‘la risurrezione di vita e la risurrezione di giudizio’, è quello che disse prima nello stesso contesto, parlando di persone allora in vita che erano spiritualmente morte (come viene spiegato al sottotitolo “Passare dalla morte alla vita”): “L’ora viene, ed è questa, in cui i morti udranno la voce del Figlio di Dio e quelli che avranno prestato ascolto (lett., parola per parola, “gli aventi udito”] vivranno”. (V. 25, Int) Questo indica che non parlava semplicemente di qualcuno che avesse percepito udibilmente la sua voce, ma piuttosto di quelli “aventi udito”, cioè di quelli che dopo aver udito riconoscono la verità di ciò che odono. I verbi “udire” e “ascoltare” sono usati molto spesso nella Bibbia nel senso di “prestare ascolto” o “ubbidire”. (Vedi UBBIDIENZA). Quelli che dimostrano di essere ubbidienti vivranno. (Confronta l’uso dello stesso verbo greco [akoùo], “udire o ascoltare”, in Giovanni 6:60; 8:43, 47; 10:3, 27). Sono giudicati, non in base a ciò che avevano fatto prima di udire la sua voce, ma in base a ciò che fecero dopo averla udita.
Evidentemente Gesù, parlando di “quelli che hanno fatto cose buone” e di “quelli che hanno praticato cose vili”, si riferiva alla fine del periodo di giudizio, come guardando indietro o facendo un esame retrospettivo delle azioni di quei risuscitati dopo che avevano avuto l’opportunità di ubbidire o disubbidire alle “cose scritte nei rotoli”. Solo alla fine del periodo di giudizio sarebbe stato dimostrato chi aveva agito bene o male. Il risultato per “quelli che hanno fatto cose buone” (secondo le “cose scritte nei rotoli”) sarebbe stato il premio della vita; per “quelli che hanno praticato cose vili”, un giudizio di condanna. La risurrezione sarebbe dunque risultata di vita o di condanna.
Quindi il punto di vista assunto in Giovanni 5:29 non è identico a quello assunto in Atti 24:15 dove Paolo parla della risurrezione “sia dei giusti che degli ingiusti”. Paolo si riferisce chiaramente a quelli ritenuti giusti o ingiusti agli occhi di Dio durante questa vita, e che saranno risuscitati, cioè “quelli che sono nelle tombe commemorative”. (Giov. 5:28) In Giovanni 5:29 Gesù considera queste persone dopo che saranno venute fuori dalle tombe commemorative e dopo che, col loro modo di comportarsi durante il regno di Gesù Cristo e dei re e sacerdoti a lui associati, si saranno dimostrati ubbidienti, ricevendo come premio la ‘vita’ eterna, o disubbidienti, e quindi meritevoli di ‘giudizio (condanna)’ da parte di Dio.
L’ANIMA È LIBERATA DALLO SCEOL, NON IL CORPO
In tutte le Scritture è evidente che non esiste un’“anima incorporea” separata e distinta dal corpo. L’anima muore quando il corpo muore. Anche di Gesù Cristo è scritto che “versò la sua anima alla medesima morte”. La sua anima fu nello Sceol. In quel tempo egli non esisteva come anima o persona. (Isa. 53:12; Atti 2:27; confronta Ezechiele 18:4; vedi ANIMA). Quindi nella risurrezione non avviene la riunione dell’anima e del corpo. Tuttavia, sia egli spirituale o terreno, ciascuno deve avere un corpo o organismo, poiché tutte le persone, celesti o terrene, possiedono un corpo. Per essere di nuovo una persona chi è morto dovrà avere un corpo, fisico o spirituale. La Bibbia dice: “Se vi è un corpo fisico, ve n’è anche uno spirituale”. — I Cor. 15:44.
Ma nella risurrezione viene ricostituito il vecchio corpo? o si tratta di una riproduzione esatta del corpo precedente, esattamente com’era quando la persona è morta? Le Scritture rispondono negativamente a proposito della risurrezione degli unti fratelli di Cristo: “Tuttavia, qualcuno dirà: ‘Come saranno destati i morti? Sì, con quale sorta di corpo verranno?’ Irragionevole! Ciò che semini non è reso vivente se prima non muore; e in quanto a ciò che semini, tu semini non il corpo che nascerà, ma un nudo granello, forse di grano o d’alcuno degli altri; ma Dio gli dà un corpo come gli è piaciuto, e a ciascun seme il proprio corpo”. — I Cor. 15:35-38.
Quelli in cielo avranno un corpo spirituale, poiché Dio si compiace di dar loro un corpo adatto all’ambiente celeste in cui vivranno. Ma a quelli che avranno una risurrezione terrena che specie di corpo darà Dio? Non lo stesso corpo, fatto esattamente degli stessi atomi. Se uno muore e viene sepolto, il suo corpo si decompone e si trasforma in sostanze chimiche che sono assorbite dalla vegetazione. Altri possono mangiare quella vegetazione. Gli elementi, gli atomi che facevano parte della persona originale, ora si trovano in molte altre persone.
È ovvio che nella risurrezione gli stessi atomi non possono trovarsi nella persona originale e allo stesso tempo in tutte le altre.
Inoltre il corpo risuscitato non dovrà necessariamente essere neanche la copia esatta del corpo al momento della morte. Se uno è stato mutilato prima di morire, tornerà con lo stesso corpo? Sarebbe irragionevole, perché potrebbe non essere in condizione di udire e fare le “cose scritte nei rotoli”. (Riv. 20:12) Diciamo che uno sia morto dissanguato. Tornerebbe in vita senza sangue? No, perché non potrebbe vivere in un corpo terreno senza sangue. (Lev. 17:11, 14) Piuttosto gli verrà dato un corpo come piace a Dio. Poiché è volontà e desiderio di Dio che i risuscitati ubbidiscano alle “cose scritte nei rotoli”, dovranno avere un corpo sano, in possesso di tutte le sue facoltà. (Gesù risuscitò Lazzaro con un corpo completo, sano dopo che si era già in parte decomposto. [Giov. 11:391] Solo così ciascuno potrà essere ritenuto responsabile delle sue azioni durante il periodo di giudizio. Eppure quando sarà riportato in vita non sarà perfetto, poiché dovrà esercitare fede nel riscatto di Cristo e dovrà beneficiare delle funzioni sacerdotali di Cristo e del suo “regal sacerdozio”. — I Piet. 2:9; Riv. 5:10; 20:6.
‘PASSARE DALLA MORTE ALLA VITA’
Gesù parlò di quelli che ‘hanno vita eterna’ perché odono le sue parole con fede e ubbidienza e quindi credono nel Padre che l’ha mandato. Di ciascuno di questi disse: “Non viene in giudizio ma è passato dalla morte alla vita. Verissimamente vi dico: L’ora viene, ed è questa, in cui i morti udranno la voce del Figlio di Dio e quelli che avranno prestato ascolto vivranno”. — Giov. 5:24, 25.
Quelli che erano ‘passati dalla morte alla vita’ allora non erano persone letteralmente morte che si trovavano effettivamente nella tomba. Al tempo in cui Gesù parlava, tutto il genere umano si trovava sotto la condanna a morte di fronte a Dio, il Giudice di tutti. Quindi quelli di cui Gesù parlava erano evidentemente persone sulla terra un tempo morte in senso spirituale. (Efes. 2:1, 2, 4-6) Gesù doveva riferirsi a persone del genere, spiritualmente morte, quando disse all’ebreo che voleva andare prima a casa a seppellire suo padre: “Continua a seguirmi, e lascia che i morti seppelliscano i loro morti”. — Matt. 8:21, 22.
IMMERITATA BENIGNITÀ DI DIO
Il provvedimento di una risurrezione per il genere umano è senz’altro un atto di immeritata benignità da parte di Geova Dio, poiché non era obbligato a provvedere una risurrezione. L’amore per il mondo del genere umano lo spinse a dare il suo unigenito Figlio affinché milioni, anzi miliardi di persone che sono morte senza conoscere realmente Dio potessero avere l’opportunità di conoscerlo e amarlo, e affinché quelli che lo amano e lo servono possano avere questa speranza ed essere incoraggiati a rimanere fedeli, anche fino alla morte. (Giov. 3:16) L’apostolo Paolo conforta i cristiani con la speranza della risurrezione. — I Tess. 4:13, 14.
Applicato il riscatto a tutti quelli per cui è stato pagato
La grandezza e la portata dell’amore e dell’immeritata benignità di Dio nel dare suo Figlio affinché ‘chiunque avrebbe creduto in lui potesse avere vita’ non potevano limitare l’applicazione del riscatto solo a quelli che Dio sceglie per la chiamata celeste. (Giov. 3:16) Infatti il sacrificio di riscatto di Cristo non verrebbe applicato in modo completo se fosse limitato a quelli che fanno parte del Regno dei cieli. Non adempirebbe interamente lo scopo per cui Dio l’ha provveduto, poiché Dio si è proposto che il Regno abbia sudditi terreni. Gesù Cristo è Sommo Sacerdote non solo sui suoi sottosacerdoti, ma anche a favore del mondo del genere umano che vivrà quando altri regneranno quali re e sacerdoti con lui. (Riv. 20:4, 6) Egli “è stato provato sotto ogni aspetto come noi [suoi fratelli spirituali], ma senza peccato”. Perciò può comprendere le debolezze di coloro che in coscienza cercano di servire Dio; e anche i re e sacerdoti a lui associati sono stati provati nello stesso modo. (Ebr. 4:15, 16; I Piet. 4:12, 13) A favore di chi potrebbero essere sacerdoti durante il periodo di giudizio e il regno millenario, se non a favore del genere umano, inclusi i risuscitati?
I servitori di Dio hanno atteso ansiosamente il giorno in cui avverrà la risurrezione. Nello svolgimento del suo proposito Dio ha stabilito esattamente il tempo in cui dovrà avvenire, quando la sua sapienza e longanimità saranno state pienamente rivendicate. (Eccl. 3:1-8) Sia Lui che suo Figlio, entrambi capaci e desiderosi di risuscitare i morti, porteranno a termine la risurrezione entro il tempo stabilito.
ALCUNI NON SARANNO RISUSCITATI
Anche se è vero che il sacrificio di riscatto di Cristo è stato offerto per l’umanità in generale, Gesù ha indicato che la sua applicazione sarebbe stata tuttavia limitata: “Il Figlio dell’uomo non è venuto per essere servito, ma per servire e per dare la sua anima come riscatto in cambio di molti”. (Matt. 20:28) Geova Dio ha diritto di non accettare il riscatto per chiunque ritenga indegno. Il riscatto di Cristo copre i peccati che uno ha essendo figlio del peccatore Adamo, ma chi a questi aggiunge una ostinata e volontaria condotta peccaminosa, morirà per questo peccato che non può essere coperto dal riscatto.
Il peccato contro lo spirito santo
Gesù Cristo disse che chi peccava contro lo spirito santo non poteva essere perdonato né nel presente sistema di cose né in quello avvenire. (Matt. 12:31, 32) Chi è giudicato da Dio colpevole di aver peccato contro lo spirito santo nei presente sistema di cose non avrà risurrezione poiché, visto che i suoi peccati non saranno mai perdonati, per lui la risurrezione sarebbe inutile. Gesù pronunciò un giudizio contro Giuda Iscariota chiamandolo “il figlio di distruzione”. Il riscatto non si applicherà a lui e, poiché quello della sua distruzione è un giudizio già giuridicamente stabilito, egli non avrà risurrezione. — Giov. 17:12.
Ai suoi oppositori, i capi religiosi ebrei, Gesù disse: “Come sfuggirete al giudizio della Geenna [simbolo di distruzione eterna]?” (Matt. 23:33; vedi GEENNA). Le sue parole indicano che costoro, se non facevano qualche cosa per tornare a Dio prima di morire, avrebbero ricevuto un irrevocabile giudizio avverso. In tal caso la risurrezione non avrebbe avuto alcuna utilità per loro. La stessa cosa si verifica nel caso dell”‘uomo dell’illegalità”. (II Tess. 2:3, 8; vedi UOMO DELL’ILLEGALITÀ). Paolo parla di individui che hanno conosciuto la verità, sono stati partecipi dello spirito santo, e poi si sono allontanati, riducendosi in uno stato in cui è impossibile essere “di nuovo ravvivati a pentimento, perché mettono di nuovo al palo il Figlio di Dio per loro conto e lo espongono a pubblica vergogna”. Il riscatto non poteva più aiutarli; quindi per loro non ci sarà risurrezione. L’apostolo prosegue paragonandoli a un campo che produce solo spine e triboli e viene rigettato, per essere infine bruciato. Questo illustra il futuro che li attende: il completo annientamento. — Ebr. 6:4-8.
Un’altra volta Paolo parla di quelli che praticano “il peccato volontariamente dopo aver ricevuto l’accurata conoscenza della verità”, dicendo che per loro “non rimane più alcun sacrificio per i peccati, ma vi è una certa paurosa aspettazione del giudizio e vi è un’ardente gelosia che consumerà quelli in opposizione”. Quindi fa un esempio: “Chi ha trascurato la legge di Mosè muore senza compassione, sulla testimonianza di due o tre. Di quanto più severa punizione pensate che sarà ritenuto degno chi avrà calpestato il Figlio di Dio e avrà stimato come di valore comune il sangue del patto mediante il quale fu santificato, e che avrà oltraggiato lo spirito dell’immeritata benignità con disprezzo? . . . È pauroso cadere nelle mani dell’Iddio vivente”. Il giudizio è più severo in quanto costoro non saranno semplicemente messi a morte e sepolti nello Sceol, come lo erano i violatori della legge di Mosè. Questi vanno nella Geenna, da cui non c’è risurrezione. — Ebr. 10:26-31.
L’apostolo parla inoltre di alcuni che “subiranno la punizione giudiziaria della distruzione eterna dalla presenza del Signore e dalla gloria della sua forza, al tempo in cui verrà per essere glorificato riguardo ai suoi santi”. (II Tess. 1:9, 10) Questi non sopravvivranno entrando nel regno millenario di Cristo e, dal momento che la loro distruzione è “eterna”, non avranno risurrezione. Pietro scrive ai suoi fratelli facendo notare che il loro giudizio quale “casa di Dio” è in corso, e poi cita Proverbi 11:31 (LXX) avvertendoli del pericolo di disubbidire. Egli quindi intende dire che il loro presente giudizio poteva terminare per loro con un giudizio di distruzione eterna, proprio come aveva scritto Paolo. — I Piet. 4:17, 18.