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MoglieAusiliario per capire la Bibbia
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onorando così il marito e la famiglia nel paese. Davvero chi ha trovato una buona moglie ha trovato una cosa buona e ottiene buona volontà da Geova. — Prov. 18:22.
USO FIGURATIVO
In senso figurativo Geova parlava di Israele come di una moglie unita a lui a motivo del patto stipulato con la nazione. (Isa. 54:6) L’apostolo Paolo parla di Geova, il Padre dei cristiani generati dallo spirito, e della “Gerusalemme di sopra”, loro madre, come se Geova l’avesse sposata al fine di produrre cristiani generati dallo spirito. (Gal. 4:6, 7, 26) La congregazione cristiana è chiamata la sposa o moglie di Gesù Cristo. — Efes. 5:23, 25; Riv. 19:7; 21:2, 9.
NELLA CONGREGAZIONE CRISTIANA
Nella congregazione cristiana la norma è che un marito abbia una sola moglie vivente. (I Cor. 7:2; I Tim. 3:2) Le mogli hanno il comando di essere sottomesse ai mariti, siano essi credenti cristiani o no. (Efes. 5:22-24) Le mogli non devono trattenere il debito coniugale perché, come il marito, anche la moglie “non esercita autorità sul proprio corpo”. (I Cor. 7:3, 4) L’adornamento della moglie dev’essere prima di tutto quello della persona segreta del cuore, producendo i frutti dello spirito, affinché grazie alla sua condotta il marito possa accettare il cristianesimo. — I Piet. 3:1-6.
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MolecAusiliario per capire la Bibbia
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Molec
(Mòlec) [probabilmente, mèlekh (re) con le vocali di bòsheth (vergogna) in segno di avversione; forse lo stesso di Malcam (II Sam. 12:30; I Cron. 20:2; Ger. 49:1, 3; Sof. 1:5), Molec (Atti 7:43; confronta Amos 5:26) e Milcom (I Re 11:5, 33)].
Divinità associata in particolare con gli ammoniti. (I Re 11:5, 7, 33) In Geremia 32:35 Moloc è menzionato in un parallelismo con Baal; ciò fa pensare che, se non sono la stessa cosa, fra i due ci sia per lo meno una certa relazione.
In genere si conviene che il Malcam di II Samuele 12:30 e I Cronache 20:2 fosse l’immagine idolatrica del dio ammonita Milcom o Molec, anche se il termine ebraico potrebbe essere reso “loro re”. (Confronta VR; ATE e nota in calce). Un po’ prima nella Bibbia il re ammonita è menzionato per nome, “Anun” (II Sam. 10:1-4); è dunque ragionevole concludere che se si trattasse del re anziché dell’idolo, nelle Scritture ricorrerebbe il nome “Anun” e non “Malcam”. Inoltre non è verosimile che un re portasse una corona del peso di 34 kg circa. Per la stessa ragione è stata avanzata l’ipotesi che Davide si fosse messo sulla testa la corona di Malcam solo temporaneamente, forse in segno di vittoria sul falso dio. Secondo la lezione del Targum, che è stata adottata da molti traduttori, la corona aveva un’unica pietra preziosa. Ciò ha dato origine all’idea che sulla testa di Davide fosse stata posta la pietra preziosa, anziché la corona stessa.
SACRIFICI DI BAMBINI A MOLEC
La legge data da Dio a Israele prevedeva la pena di morte per chiunque, anche residente forestiero, avesse dato la sua progenie a Molec. (Lev. 20:2-5) Ciò nonostante, israeliti apostati, sia nel regno di Giuda che nel regno delle dieci tribù, fecero passare la loro progenie per (o attraverso) il fuoco. — II Re 17:17, 18; Ezec. 23:4, 36-39.
Questo “passare per il fuoco” a Molec indicherebbe secondo alcuni un rito di purificazione mediante il quale i figli venivano votati o dedicati a Molec; secondo altri si tratterebbe di un sacrificio vero e proprio. Non c’è dubbio che i cananei e gli israeliti apostati sacrificassero effettivamente i figli. (Deut. 12:31; Sal. 106:37, 38) Acaz re di Giuda “bruciava i suoi figli [suo figlio, Sy] nel fuoco”. (II Cron. 28:3) Nel brano analogo, in II Re 16:3, si legge: “Perfino il suo proprio figlio fece passare per il fuoco”. Questo dimostra che “passare per il fuoco” almeno in alcuni casi era sinonimo di sacrificare. Probabilmente però l’adorazione di Molec non si svolse sempre e ovunque nello stesso modo. Per esempio il re Salomone, sotto l’influenza delle mogli straniere, eresse alti luoghi a Molec e ad altre divinità, ma solo all’epoca di Acaz si parla di sacrifici di bambini. (I Re 11:7, 8) Senza dubbio se tale orribile pratica fosse già invalsa prima, sarebbe stata denunciata insieme alle altre forme di idolatria esistenti durante il regno dei vari re. Per questa ragione alcuni commentatori sono dell’opinione che l’espressione “passare per il fuoco” si riferisse in origine a un rito di purificazione e solo più tardi assumesse il significato di un vero e proprio sacrificio. Il ‘sacrificio’ a Molec menzionato in Levitico 18:21 (ATE; NW, ed. 1953, nota in calce) sta evidentemente a indicare che i figli venivano votati o dedicati a tale falso dio.
Acaz e Manasse furono gli unici re di Giuda di cui è detto che fecero passare i propri figli per il fuoco. Comunque, dato che questi due re incentivarono il sacrificio di bambini, tale usanza si diffuse evidentemente fra gli israeliti in generale. (II Re 16:3; 21:6; Ger. 7:31; 19:4, 5; 32:35; Ezec. 20:26) I bambini, almeno a volte, venivano prima uccisi, anziché essere arsi vivi. — Ezec. 16:20, 21.
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Mondo
Tale è normalmente la traduzione del termine greco kòsmos, il cui significato fondamentale è “ordine” o “ordinamento”. E poiché il concetto di bellezza è legato all’ordine e alla simmetria, kòsmos esprime anche questa idea e perciò era spesso usato dai greci nel senso di “ornamento”, specie femminile; così è usato in I Pietro 3:3. Da kòsmos deriva anche il termine italiano “cosmetico”. Il relativo verbo kosmèo significa ‘mettere in ordine’ (Matt. 25:7) oppure ‘adornare’. (Matt. 12:44; 23:29; Luca 11:25; 21:5; I Tim. 2:9; Tito 2:10; I Piet. 3:5; Riv. 21:2, 19) L’aggettivo kòsmios viene tradotto “decoroso” (I Tim. 2:9, Mar, Ri) o “ordinato”. — I Tim. 3:2.
A motivo dell’ordine manifesto nell’universo, i filosofi greci usavano a volte il termine kòsmos per indicare l’intera creazione. Ma in proposito non erano tutti della stessa idea; alcuni si limitavano a usarlo in riferimento ai corpi celesti, altri all’intero universo. Il termine kòsmos riferito alla creazione materiale nel suo insieme ricorre in alcuni libri apocrifi (vedi Sapienza 9:9; 11:17, CEI), scritti nel periodo in cui la filosofia greca aveva cominciato a infiltrarsi in molti campi del pensiero ebraico. Tuttavia nelle ispirate Scritture Greche Cristiane tale significato è quasi, se non del tutto, assente. In alcuni versetti potrebbe sembrare che il termine sia usato in tal senso, come nella descrizione del discorso pronunciato da Paolo agli ateniesi nell’Areopago: “L’Iddio che ha fatto il mondo [kòsmos] e tutte le cose che sono in esso, essendo, come Questi è, Signore del cielo e della terra, non dimora in templi fatti con mani”. (Atti 17:22-24) Poiché l’uso di kòsmos nel senso di universo era comune presso i greci, Paolo poteva aver usato il termine con tale significato. Ma anche in questo caso è senz’altro possibile che l’abbia usato in uno dei modi che vengono trattati in questa voce.
RIFERITO AL GENERE UMANO
Il kòsmos o “mondo” si riferisce ed è intimamente
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