Com’è la vostra generosità?
NON riscontrate che il sapersi accontentare aiuta a vivere serenamente e a rimanere in pace con gli altri? Ecco perché l’apostolo Paolo scrisse: “Davvero, è un mezzo di grande guadagno, questa santa devozione con autosufficienza. Poiché non abbiamo portato nulla nel mondo, e non ne possiamo portare fuori nulla. Quindi, avendo [cibo] e [vestiario], di queste cose saremo contenti [o soddisfatti]”. L’apostolo andò oltre, raccomandando di sapersi accontentare della propria sorte, sia che si fosse schiavi o liberi, sposati o celibi. — I Tim. 6:6-8; I Cor. 7:12-27.
Comunque, quando si tratta di esprimere le virtù cristiane, come la generosità, facciamo bene a chiederci se è giusto accontentarci di quanto stiamo facendo. Ci riteniamo sufficientemente generosi, anche se potremmo fare molto di più?
Che dire per esempio di contribuire a una causa veramente degna, o di aiutare una persona meritevole che ne ha bisogno? Anche una piccola contribuzione può ritenersi una buona cosa, nel senso che è senz’altro meglio di niente; e a prescindere dall’ammontare, servirà a qualcosa. A questo proposito, alcuni si vantano di dare la decima dei loro guadagni. Questo è certamente buono, anche se nella Parola di Dio non c’è nulla che obblighi i cristiani a dare la decima. Resta però il fatto che per la persona poverissima o indigente la decima può costituire un vero sforzo finanziario, mentre per il ricco non rappresenta alcun sacrificio.
C’è qualcosa di meglio? Sì, e sarebbe quello di dare in proporzione alle proprie possibilità. Questo è quanto Geova Dio richiedeva dagli israeliti in occasione delle loro feste annuali. Egli aveva comandato loro: “Tre volte l’anno ogni tuo maschio dovrebbe comparire dinanzi Geova tuo Dio nel luogo che sceglierà: nella festa dei pani non fermentati [in occasione della Pasqua] e nella festa delle settimane [al tempo della Pentecoste] e nella festa delle capanne [alla fine del periodo della raccolta], e nessuno dovrebbe comparire dinanzi a Geova a mani vuote. Il dono della mano di ciascuno dovrebbe essere in proporzione alla benedizione di Geova tuo Dio che egli ti ha data”. — Deut. 16:16, 17.
Era senz’altro un’esigenza giusta, come riconobbe anche l’apostolo Paolo. Infatti, incoraggiando i prosperi cristiani di Corinto a contribuire per i loro fratelli bisognosi di Gerusalemme, egli scrisse: “Poiché se vi è prima la prontezza, è specialmente accettevole secondo ciò che la persona ha, non secondo ciò che la persona non ha. Poiché non voglio dire che sia facile per altri, ma difficile per voi; ma che mediante un’uguaglianza il vostro avanzo supplisca ora alla loro indigenza, onde il loro avanzo pure supplisca alla vostra indigenza, affinché vi sia un’uguaglianza. Come è scritto: ‘Chi aveva molto non ebbe di più, e chi aveva poco non ebbe di meno’”. — II Cor. 8:12-15.
Si può dire che il principio di dare in proporzione a ciò che si ha è sia confortante che scrutatore. In che senso? È un principio confortante per il cristiano che può dare poco. Finché ciò che dà è proporzionato ai suoi mezzi, egli può ritenersi soddisfatto. D’altra parte, è un principio scrutatore nel caso del cristiano che possiede molte cose, che è ricco, perché lo spinge a chiedersi se il suo dono, sebbene più cospicuo di quello di altri, è proporzionato alla sua ricchezza.
Se la generosità proporzionata ai propri mezzi può considerarsi un’ottima cosa, quale potrebbe essere la massima forma di generosità? È quella di dare con grande sacrificio personale. Sotto questo aspetto il Creatore, Geova Dio, ci dà l’esempio migliore, come leggiamo in Giovanni 3:16: “Dio ha tanto amato il mondo che ha dato il suo unigenito Figlio”, ciò che aveva di più caro, “onde chiunque esercita fede in lui non sia distrutto ma abbia vita eterna”. E lo stesso può dirsi di Gesù Cristo, il Figlio di Dio, perché, come egli stesso disse, “nessuno ha amore più grande di questo, che qualcuno ceda la sua anima a favore dei suoi amici”. — Giov. 15:13.
Sotto questo aspetto Gesù costituisce per noi un modello da seguire strettamente, come egli stesso dichiarò: “Vi do un nuovo comandamento, che vi amiate l’un l’altro; come vi ho amati io, che voi pure vi amiate l’un l’altro. Da questo tutti conosceranno che siete miei discepoli, se avrete amore fra voi”. — Giov. 13:34, 35; I Piet. 2:21.
I cristiani di Filippi mostrarono questa specie di amore. In II Corinti 8:1-4 leggiamo: “Ora vi facciamo conoscere, fratelli, l’immeritata benignità di Dio che è stata conferita alle congregazioni della Macedonia, che durante una grande prova d’afflizione la loro abbondanza di gioia e la loro profonda povertà han fatto abbondare la ricchezza della loro generosità. Poiché questo è stato secondo la loro effettiva capacità, sì, lo attesto, oltre la loro effettiva capacità, mentre spontaneamente ci imploravano con molte suppliche per il privilegio di dare benignamente e per partecipare al ministero destinato ai santi”, cioè ai cristiani bisognosi di Gerusalemme. Non fu senza buon motivo che l’apostolo Paolo consigliò ai ricchi cristiani di Corinto: “Possiate abbondare anche voi in questo benigno dare”. — II Cor. 8:7.
Perché non dovremmo accontentarci di una generosità puramente simbolica, nominale, quando siamo in grado di dare di più, forse molto di più? Perché, come abbiamo visto, si tratta di un obbligo imposto ai cristiani dalla Parola di Dio, sia sotto forma di comando che sotto forma di esempio. Ci si sente inoltre soddisfatti, sapendo di aver vinto l’egoistico istinto di tenere tutto per sé, e di aver dato generosamente. E, in aggiunta a questo, c’è anche un pertinente principio scritturale al quale non è possibile sfuggire, e cioè: “Chi semina scarsamente mieterà pure scarsamente; e chi semina generosamente mieterà pure generosamente”. Mieterà che cosa? Ricompense non di natura materiale, ma spirituali, in armonia con le parole di Gesù: “Vi è più felicità nel dare che nel ricevere”. — II Cor. 9:6; Atti 20:35.