Preconoscere, preordinare
Preconoscere significa conoscere una cosa prima che avvenga o esista; sinonimo di preconoscenza è prescienza. Nella Bibbia questo termine si riferisce primariamente, ma non esclusivamente, a Geova Dio, il Creatore, e ai suoi propositi. Preordinare significa ordinare, decretare o determinare qualcosa in anticipo.
“Preconoscenza” traduce il greco prògnosis (da pro, prima, e gnòsis, conoscenza). Il verbo corrispondente, proginòsko, ricorre due volte a proposito di esseri umani: nell’affermazione di Paolo che certi ebrei l’avevano “precedentemente conosciuto”, e nell’accenno di Pietro alla “anticipata conoscenza” che avevano i destinatari della sua seconda lettera. (Atti 26:4, 5; II Piet. 3:17) In quest’ultimo caso è ovvio che la preconoscenza non era infinita; cioè non significava che questi cristiani conoscessero tutti i particolari circa il tempo, il luogo e le circostanze relative a futuri avvenimenti e condizioni menzionati da Pietro. Ma avevano un’idea generale di cosa aspettarsi, dovuta al fatto che Dio aveva ispirato Pietro e altri che avevano contribuito alla stesura della Bibbia.
“Preordinare” traduce il verbo greco proorìzo (da pro, prima, e horìzo, delimitare o stabilire i limiti). (Il termine italiano “orizzonte” deriva dal greco horìzon [kỳklos] che significa “[cerchio] limitante” o appunto “orizzonte”). Un esempio del significato del verbo greco horìzo si trova nelle parole di Gesù Cristo che lui, il “Figlio dell’uomo”, stava per andarsene “secondo ciò che [era] stabilito [horismènon]”. Paolo disse che Dio aveva “decretato [delimitato, horìsas] le stagioni fissate e i limiti stabiliti della dimora degli uomini”. (Luca 22:22; Atti 17:26) Lo stesso verbo è usato a proposito di decisioni umane, come quando i discepoli “determinarono [hòrisan]” d’inviare soccorsi ai loro fratelli bisognosi. (Atti 11:29) Tuttavia nelle Scritture Greche Cristiane riferimenti specifici al preordinare hanno relazione unicamente con Dio.
INTENDIMENTO SULLA BASE DI CERTI FATTORI
Per capire il significato della facoltà di Dio di preconoscere e preordinare, bisogna senz’altro tener conto di certi fattori.
Primo, la capacità di Dio di preconoscere e preordinare è chiaramente affermata nella Bibbia. Geova stesso presenta come prova della propria Divinità questa capacità di preconoscere e preordinare avvenimenti che avrebbero recato salvezza e liberazione, e anche azioni di giudizio e punizione, e quindi portarli a compimento. Il suo popolo eletto è testimone di questi fatti. (Isa. 44:6-9; 48:3-8) Tale capacità divina di preconoscere e preordinare costituisce la base di ogni vera profezia. — Isa. 42:9; Ger. 50:45; Amos 3:7, 8.
Un secondo fattore da tenere in considerazione è il libero arbitrio di cui sono dotate le creature intelligenti di Dio. Le Scritture mostrano che Dio concede a queste creature il privilegio e la responsabilità di fare una libera scelta, di esercitare il libero arbitrio (Deut. 30:19, 20; Gios. 24:15), rendendole così responsabili delle loro azioni. (Gen. 2:16, 17; 3:11-19; Rom. 14:10-12; Ebr. 4:13) Quindi non sono semplici automi o robot. L’uomo non avrebbe potuto veramente essere creato “a immagine di Dio” se non fosse stato dotato di libero arbitrio. (Gen. 1:26, 27; vedi LIBERTÀ). Logicamente non doveva esserci alcun conflitto tra la facoltà di Dio di preconoscere (e anche di preordinare) e il libero arbitrio delle sue creature intelligenti.
Un altro fattore di cui tener conto, che a volte viene trascurato, sono le qualità e norme morali di Dio, fra cui giustizia, onestà e imparzialità, amore, misericordia e benignità, come ce le rivela la Bibbia. L’intendimento dell’uso da parte di Dio delle facoltà di preconoscere e preordinare deve perciò essere in armonia non solo con alcuni, ma con tutti questi fattori.
LA DOMANDA FONDAMENTALE
Chiaramente, qualunque cosa Dio preconosca deve inevitabilmente accadere; infatti Dio è in grado di chiamare “le cose che non sono come se fossero”. (Rom. 4:17) Sorge dunque la domanda: La sua preconoscenza è infinita, illimitata? Prevede e preconosce tutte le azioni future di tutte le sue creature, spirituali e umane? E preordina tali azioni o persino prestabilisce quello che sarà il destino finale di tutte le sue creature, e questo ancor prima che siano venute all’esistenza?
Oppure l’esercizio della preconoscenza da parte di Dio è selettivo e discrezionale, di modo che può decidere di prevedere e preconoscere qualsiasi cosa, ma può anche decidere di non farlo? E, anziché decidere il destino eterno delle sue creature prima che vengano all’esistenza, Dio attende di giudicare il corso della loro vita e il loro comportamento nella prova?
Concetto di predestinazione
Il concetto che la prescienza di Dio sia infinita e che egli preordini il corso e il destino di ciascun singolo individuo è chiamato predestinazione. I suoi fautori sostengono che la perfezione e divinità di Dio richiedono che sia onnisciente (che conosca tutto), non solo rispetto al passato e al presente, ma anche riguardo al futuro. Secondo questo concetto il non preconoscere ogni cosa nei minimi particolari sarebbe da parte sua prova di imperfezione. Esempi come quello dei gemelli Esaù e Giacobbe, figli di Isacco, sono addotti come prova che Dio predestini le creature prima della nascita (Rom. 9:10-13); e brani come quello di Efesini 1:4, 5 sono citati per dimostrare che Dio aveva preconosciuto e preordinato il futuro di tutte le sue creature ancor prima dell’inizio della creazione.
Se il Creatore del genere umano avesse effettivamente esercitato la sua facoltà di preconoscere tutto ciò che la storia ha visto accadere dalla creazione dell’uomo in poi, il via a tutta la malvagità verificatasi in seguito sarebbe stato dato deliberatamente da Dio quando pronunciò le parole: “Facciamo l’uomo”. (Gen. 1:26) Questo mette in dubbio la ragionevolezza e coerenza del concetto di predestinazione; tanto più che il discepolo Giacomo spiega che disordine e altre cose vili non hanno origine dalla celeste presenza di Dio, ma sono di origine “terrena, animale, demonica”. — Giac. 3:14-18.
La perfezione non richiede preconoscenza illimitata
L’argomento che il non preconoscere nei minimi particolari tutti gli avvenimenti e le circostanze futuri sarebbe prova di imperfezione da parte di Dio è, in realtà, un concetto arbitrario di perfezione. La perfezione, nel vero senso della parola, non richiede tale estensione totale, assoluta, in quanto la perfezione di qualsiasi cosa in effetti dipende dal fatto che soddisfi completamente le norme di eccellenza stabilite da chi è in grado di valutarne i meriti. (Vedi PERFEZIONE). In ultima analisi, la volontà stessa e il beneplacito di Dio sono i fattori determinanti per stabilire se una cosa è perfetta, e non le opinioni o i concetti umani. — Deut. 32:4; II Sam. 22:31; Isa. 46:10.
Se, sotto certi aspetti, Dio decide di esercitare la sua infinita capacità di preconoscere in modo selettivo e al punto che desidera, certo nessun essere umano o angelo può giustamente dire: “Che fai?” (Giob. 9:12; Isa. 45:9; Dan. 4:35) Non è dunque questione di capacità ciò che Dio può prevedere, preconoscere e preordinare, poiché “a Dio ogni cosa è possibile”. (Matt. 19:26) La questione è cosa Dio ritiene opportuno prevedere, preconoscere e preordinare, poiché “ogni cosa che si dilettò a fare egli ha fatta”. — Sal. 115:3.
Preconoscenza selettiva
Per preconoscenza selettiva s’intende che Dio può decidere di non preconoscere indiscriminatamente tutte le azioni future delle sue creature. Questo significa che tutta la storia dalla creazione in poi non è stata una semplice replica di ciò che era già stato previsto e preordinato, ma anzi Dio poté in tutta sincerità offrire alla prima coppia umana la prospettiva di vivere per sempre su una terra libera da malvagità. Le istruzioni date ai suoi primi due figli umani, quali suoi rappresentanti perfetti e senza peccato, di riempire la terra con la loro progenie e renderla un paradiso, e anche di dominare la creazione animale, poterono quindi rappresentare la concessione di un privilegio veramente amorevole e il suo desiderio nei loro confronti: non un semplice mandato che, per quanto li riguardava, era destinato a fallire. Anche il fatto che Dio provvide a metterli alla prova mediante l’“albero della conoscenza del bene e del male” e che creò l’“albero della vita” nel giardino di Eden non sarebbe stata un’azione cinica o senza senso, resa tale dalla sua preconoscenza che la prima coppia umana avrebbe peccato e non avrebbe mai potuto mangiare il frutto dell’“albero della vita”. — Gen. 1:28; 2:7-9, 15-17; 3:22-24.
Offrire a un altro qualcosa di molto desiderabile a condizioni ritenute a priori irraggiungibili, è notoriamente un’azione ipocrita e crudele. L’invito e l’opportunità di ottenere benefici e benedizioni eterne furono offerti in buona fede da Dio a tutti gli uomini. (Matt. 21:22; Giac. 1:5, 6) Egli può con tutta sincerità esortare gli uomini a ‘convertirsi dalle trasgressioni e continuare a vivere’, come fece col popolo di Israele. (Ezec. 18:23, 30-32; confronta Geremia 29:11, 12). Logicamente non avrebbe potuto far questo se avesse preconosciuto che erano singolarmente destinati a morire nella malvagità. (Confronta Atti 17:30, 31; I Timoteo 2:3, 4). Geova disse infatti a Israele: “Non . . . dissi al seme di Giacobbe: ‘Cercatemi semplicemente per nulla’. Io sono Geova, che proferisco ciò che è giusto, che dichiaro ciò che è retto. . . . Volgetevi a me e siate salvati, voi tutti alle estremità della terra”. — Isa. 45:19-22.
Similmente l’apostolo Pietro scrive: “Geova non è lento riguardo alla sua promessa, come alcuni considerano la lentezza, ma è paziente verso di voi perché non desidera che alcuno sia distrutto ma desidera che tutti pervengano al pentimento”. (II Piet. 3:9, 13) Se Dio avesse già preconosciuto e preordinato con millenni d’anticipo quali individui precisamente avrebbero ricevuto salvezza eterna e quali eterna distruzione, ci si potrebbe chiedere che senso avrebbe la ‘pazienza’ di Dio e quanto sincero sarebbe il suo desiderio che “tutti pervengano al pentimento”. Ispirato, l’apostolo Giovanni scrisse che “Dio è amore”, e l’apostolo Paolo afferma che l’amore “spera ogni cosa”. (I Giov. 4:8; I Cor. 13:4, 7) In armonia con questa notevole qualità divina Dio ha un atteggiamento veramente aperto e benevolo verso tutti, desiderando che ottengano la salvezza, finché non si dimostrino immeritevoli, al di là di ogni speranza. (Confronta II Pietro 3:9; Ebrei 6:4-12). Infatti l’apostolo Paolo parla della “benevola qualità di Dio [che] cerca di condurti al pentimento”. — Rom. 2:4-6.
Infine, non si potrebbe veracemente dire che il sacrificio di riscatto di Cristo Gesù è stato fatto per tutti gli uomini, se l’opportunità di riceverne i benefici fosse già stata irrevocabilmente preclusa ad alcuni — forse a milioni di persone — ancor prima della loro nascita, dalla preconoscenza di Dio che non ne sarebbero mai stati degni. (II Cor. 5:14, 15; I Tim. 2:5, 6; Ebr. 2:9) Chiaramente l’imparzialità di Dio non è una semplice figura retorica. “In ogni nazione l’uomo che lo teme e opera giustizia gli è accettevole”. (Atti 10:34, 35; Deut. 10:17; Rom. 2:11) A tutti gli uomini è offerta una reale e autentica libera scelta, “perché cerchino Dio, se possono brancolare per lui e realmente trovarlo, benché, infatti, non sia lontano da ciascuno di noi”. (Atti 17:26, 27) Certo non su una speranza vuota o su una promessa vana si basa infatti l’esortazione divina alla fine del libro di Rivelazione, che invita: “Chi ode dica: ‘Vieni!’ E chi ha sete venga; chi lo desidera prenda l’acqua della vita gratuitamente”. — Riv. 22:17.
COSE PRECONOSCIUTE E PREORDINATE DA DIO
In tutta la Bibbia, la facoltà di Dio di preconoscere e preordinare si ricollega sempre ai suoi propositi e alla sua volontà. “Proporsi” significa porsi davanti qualche cosa, come una meta o un obiettivo da raggiungere. (Il termine greco pròthesis, tradotto “proposito”, significa letteralmente “messo davanti, posto o dichiarato in anticipo”). Dato che i propositi di Dio sono di sicura realizzazione, egli può preconoscerne il risultato, l’attuazione finale, e può preordinare sia questi che i passi che ritiene opportuno fare per attuarli. — Isa. 14:24-27.
Quando Dio la creò, la prima coppia umana era perfetta, e Dio poté considerare il risultato di tutta la sua opera creativa e ritenerlo “molto buono”. (Gen. 1:26, 31; Deut. 32:4) Anziché preoccuparsi con diffidenza di quali sarebbero state le azioni future della coppia umana, la Bibbia dice che Dio “si riposava”. (Gen. 2:2) Poteva farlo perché, grazie alla sua onnipotenza e somma sapienza, nessuna azione, circostanza o eventualità futura avrebbe potuto costituire un ostacolo insormontabile o un problema irrimediabile che avrebbe impedito la realizzazione del suo supremo proposito. (II Cron. 20:6; Isa. 14:27; Dan. 4:35) Non ha dunque alcuna base scritturale l’argomento del predestinazionismo secondo il quale astenendosi in tal modo dall’esercitare le proprie facoltà di preconoscenza Dio metterebbe a repentaglio i suoi propositi, così che questi “possano sempre essere frustrati per mancanza di preveggenza, e [che] egli debba continuamente riordinare il sistema, sconvolto dalle azioni di individui dotati di libero arbitrio”. E tanto meno tale esercizio selettivo della preveggenza darebbe alle creature la facoltà “di infrangere le misure [prese da Dio], costringerlo a cambiare di continuo parere, contrariarlo e confonderlo”, come sostengono i predestinazionisti. (M’Clintock e Strong, Cyclopædia, Vol. VIII, p. 556) Se neanche i servitori terreni di Dio hanno alcuna vera necessità di essere “ansiosi del domani”, certamente il Creatore, per il quale nazioni potenti sono come “una goccia dal secchio”, non prova alcuna ansietà. — Matt. 6:34; Isa. 40:15.
Preconoscenza riguardo a classi di persone
Sono riportati inoltre casi in cui Dio preconobbe effettivamente il comportamento di certi gruppi o nazioni o della maggioranza del genere umano, e quindi predisse il corso fondamentale delle loro azioni future e di conseguenza l’azione che avrebbe compiuto a loro riguardo. Comunque questo preconoscere o preordinare non vieta agli individui che compongono tali gruppi collettivi o sezioni dell’umanità di esercitare il libero arbitrio circa la particolare via da seguire. Ciò è evidente dai seguenti esempi:
Prima del diluvio noetico Geova annunciò il suo proposito di attuare quell’azione distruttiva, con conseguente perdita di vite umane e anche animali. La Bibbia mostra tuttavia che tale decisione divina fu presa dopo che le condizioni degenerarono in violenza e altri mali che richiesero un’azione del genere. Inoltre Dio, che è in grado di conoscere “il cuore dei figli del genere umano”, prese in esame e riscontrò che “ogni inclinazione dei pensieri del [loro] cuore era solo male in ogni tempo”. (II Cron. 6:30; Gen. 6:5) Ma alcuni individui, Noè e la sua famiglia, ottennero il favore di Dio e sfuggirono alla distruzione. — Gen. 6:7, 8; 7:1.
Lo stesso dicasi della nazione di Israele; benché Dio avesse dato agli israeliti l’opportunità di diventare “un regno di sacerdoti e una nazione santa” osservando il suo patto, circa quarant’anni più tardi, quando la nazione si trovava ai confini della Terra Promessa, Geova predisse che avrebbero infranto il suo patto e, come nazione, sarebbero stati abbandonati da lui. Questa preconoscenza non era però senza precedenti, poiché l’insubordinazione e ribellione della nazione si erano già manifestate. Per cui Dio disse: “Conosco bene la loro inclinazione che oggi manifestano, prima che io li introduca nel paese circa il quale ho giurato”. (Deut. 31:21; Sal. 81:10-13) I risultati di tale chiara inclinazione alla malvagità potevano essere preconosciuti da Dio senza addossargliene la responsabilità a motivo della sua preconoscenza, come il sapere a priori che un edificio costruito con materiale scadente e manodopera non qualificata si deteriorerà non rende responsabili di tale deterioramento. La regola divina è che ‘si raccoglierà quello che si è seminato’. (Gal. 6:7-9; confronta Osea 10:12, 13). Alcuni profeti diedero avvertimenti profetici delle preordinate espressioni del giudizio di Dio, che si basavano su condizioni preesistenti e inclinazioni del cuore. (Sal. 7:8, 9; Prov. 11:19; Ger. 11:20) Ma anche in questi casi i singoli potevano accettare e accettarono i consigli, la riprensione e gli avvertimenti di Dio e meritarono il suo favore. — Ger. 21:8, 9; Ezec. 33:1-20.
Il Figlio di Dio, che pure poteva leggere nei cuori umani (Matt. 9:4; Mar. 2:8; Giov. 2:24, 25), era divinamente dotato della facoltà di preconoscere e predisse futuri avvenimenti, condizioni ed espressioni del giudizio di Dio. Predisse il giudizio della Geenna per gli scribi e i farisei come classe (Matt. 23:15, 33), ma non disse che per questo ciascun singolo fariseo o scriba fosse predestinato alla distruzione, come dimostra il caso dell’apostolo Paolo. (Atti 26:4, 5) Gesù predisse guai per l’impenitente popolazione di Gerusalemme e di altre città, ma non indicò che il Padre suo avesse preordinato che ogni singolo individuo in quelle città dovesse soffrire in tal modo. (Matt. 11:20-23; Luca 19:41-44; 21:20, 21) Egli preconosceva pure che cosa avrebbero prodotto l’inclinazione del cuore e il comportamento dell’umanità e predisse le condizioni che sarebbero prevalse fra gli uomini al tempo del “termine del sistema di cose”, e anche il modo in cui gli stessi propositi di Dio si sarebbero attuati. (Matt. 24:3, 7-14, 21, 22) Anche gli apostoli di Gesù pronunciarono profezie che manifestavano la preconoscenza che Dio aveva di certe classi, come quella dell’“anticristo” (I Giov. 2:18, 19; II Giov. 7), e anche la fine a cui tali classi sono destinate. — II Tess. 2:3-12; II Piet. 2:1-3; Giuda 4.
Preconoscenza riguardo a individui
Oltre alla preconoscenza riguardo a certe classi, alcuni individui sono stati specificamente oggetto di previsioni divine. Fra questi sono Esaù e Giacobbe (già menzionati sopra), il faraone dell’Esodo, Sansone, Salomone, Giosia, Geremia, Ciro, Giovanni il Battezzatore, Giuda Iscariota, e lo stesso Figlio di Dio, Gesù.
Nel caso di Sansone, Geremia e Giovanni il Battezzatore, Geova esercitò la preconoscenza prima della loro nascita. Questa preconoscenza però non specificava quale sarebbe stato il loro destino finale. Piuttosto, in base a tale preconoscenza, Geova preordinò che Sansone vivesse secondo il voto del nazireato e desse inizio alla liberazione di Israele dai filistei, che Geremia servisse come profeta, e che Giovanni il Battezzatore svolgesse un’opera preparatoria come precursore del Messia. (Giud. 13:3-5; Ger. 1:5; Luca 1:13-17) È vero che furono altamente favoriti da tali privilegi, ma questo non garantiva che avrebbero avuto salvezza eterna e neanche che sarebbero rimasti fedeli fino alla morte (come tuttavia rimasero tutti e tre). Geova predisse che uno dei molti figli di Davide si sarebbe chiamato Salomone e preordinò che fosse impiegato per edificare il tempio. (II Sam. 7:12, 13; I Re 6:12; I Cron. 22:6-19) Ma, per quanto fosse stato favorito in questo modo e avesse persino avuto il privilegio di scrivere alcuni libri delle Sacre Scritture, negli ultimi anni della sua vita Salomone cadde nell’apostasia. — I Re 11:4, 9-11.
Anche nel caso di Esaù e Giacobbe, la preconoscenza di Dio non stabilì il loro destino eterno, ma piuttosto determinò o preordinò quale dei gruppi nazionali discesi dai due figli avrebbe avuto il predominio sull’altro. (Gen. 25:23-26) Il previsto predominio dava risalto anche all’acquisto della primogenitura da parte di Giacobbe, diritto che comportava il privilegio di appartenere alla discendenza dalla quale sarebbe venuto il “seme” abraamico. (Gen. 27:29; 28:13, 14) In questo modo Geova Dio rese chiaro che la sua scelta di certi individui per determinati scopi non è vincolata da consuetudini o procedure conformi alle aspettative umane. Né i privilegi divinamente accordati vengono accordati unicamente in base alle opere, così che uno possa ritenere di ‘avere diritto’ a tali privilegi e che questi gli siano ‘dovuti’. L’apostolo Paolo mise in risalto questo punto spiegando perché Dio, per immeritata benignità, poté concedere alle nazioni gentili privilegi un tempo riservati a Israele. — Rom. 9:1-6, 10-13, 30-32.
Le parole citate da Paolo a proposito ‘dell’amore di Geova per Giacobbe [Israele] e del suo odio per Esaù [Edom]’ sono tratte da Malachia 1:2, 3, scritto in epoca molto posteriore a quella di Giacobbe e Esaù. La Bibbia quindi non dice necessariamente che Geova avesse tale opinione dei gemelli prima della loro nascita. È scientificamente provato che la tendenza generale e il temperamento di un bambino sono determinati al momento del concepimento, a motivo dei caratteri genetici ereditati da ciascun genitore. Va da sé che Dio può vedere questi caratteri; Davide dice che Geova aveva visto ‘il suo stesso embrione’. (Sal. 139:14-16; vedi anche Ecclesiaste 11:5). Non si può dire fino a che punto tale capacità di penetrazione abbia influito su ciò che Geova preordinò circa i due ragazzi, ma, ad ogni modo, la sua scelta di Giacobbe a preferenza di Esaù non condannò di per sé Esaù o i suoi discendenti, gli edomiti, alla distruzione. Persino alcuni singoli individui di fra i maledetti cananei ebbero il privilegio di unirsi al popolo del patto e furono benedetti da Dio. (Gen. 9:25-27; Gios. 9:27) Il “mutamento di mente” che Esaù cercò ansiosamente con lacrime fu tuttavia solo un tentativo infruttuoso di modificare la decisione di suo padre Isacco che la speciale benedizione del primogenito spettava interamente a Giacobbe. Perciò questo non indicava che Esaù fosse pentito di fronte a Dio per la sua tendenza materialistica. — Gen. 27:32-34; Ebr. 12:16, 17.
La profezia di Geova relativa a Giosia richiedeva che un discendente di Davide si chiamasse così, e prediceva che sarebbe intervenuto contro la falsa adorazione nella città di Betel. (I Re 13:1, 2) Più di tre secoli dopo un re che aveva quel nome adempì questa profezia. (II Re 22:1; 23:15, 16) Egli però non prestò ascolto alle “parole di Neco dalla bocca di Dio”, e per questo venne ucciso. (II Cron. 35:20-24) Quindi, pur essendo stato preconosciuto da Dio e preordinato a svolgere un’opera particolare, Giosia era libero di decidere se prestare ascolto o ignorare il consiglio.
Similmente Geova predisse con quasi due secoli di anticipo che si sarebbe servito di un conquistatore di nome Ciro per liberare gli ebrei da Babilonia. (Isa. 44:26-28; 45:1-6) Ma la Bibbia non dice che il persiano a cui a suo tempo venne dato quel nome adempiendo la divina profezia sia diventato un sincero adoratore di Geova, e la storia secolare indica che continuò a adorare dèi pagani.
Questi casi di preconoscenza anteriori alla nascita dei singoli individui non sono in conflitto con le rivelate qualità di Dio e le sue norme dichiarate. Né vi è alcuna indicazione che Dio li costringesse ad agire contro la loro volontà. Nel caso del faraone, di Giuda Iscariota, e dello stesso Figlio di Dio, non c’è alcuna prova che la preconoscenza di Geova fosse stata esercitata prima che venissero all’esistenza.
Quello che dice l’apostolo Paolo di Geova e del faraone viene spesso erroneamente inteso nel senso che Dio indurisca arbitrariamente il cuore di alcuni secondo il suo preordinato proposito, senza riguardo per la precedente tendenza o inclinazione del cuore dell’individuo. (Rom. 9:14-18) Similmente, secondo molte traduzioni, Dio avvertì Mosè che avrebbe ‘indurito il cuore di Faraone’. (Eso. 4:21; confronta Esodo 9:12; 10:1, 27). Tuttavia alcune traduzioni rendono il testo ebraico: “Lascerò imbaldanzire il cuore [di Faraone]” (Rotherham); “lascerò che il suo cuore divenga ostinato”. (NM) A sostegno di tale lezione, l’Appendice alla traduzione di Rotherham spiega che in ebraico l’occasione o il permesso che un avvenimento si verifichi è spesso espresso come se fosse la causa dell’avvenimento, e che “anche comandi positivi a volte vanno intesi come un semplice permesso”. Infatti in Esodo 1:17 il testo ebraico originale dice letteralmente che le levatrici “fecero vivere i bambini maschi”, mentre in realtà permisero loro di vivere evitando di metterli a morte. Dopo aver citato a sostegno di ciò gli ebraicisti M. M. Kalish, H. F. W. Gesenius e B. Davies, Rotherham dichiara che in ebraico il senso dei versetti che riguardano il faraone è che “Dio permise a Faraone di indurire il proprio cuore — lo risparmiò — gli diede l’opportunità, l’occasione, di mettere in atto la malvagità che era in lui. Questo è tutto”. — J. B. Rotherham, The Emphasised Bible, Appendice, p. 919; confronta Isaia 10:5-7.
Questa tesi è corroborata dal fatto che la Bibbia indica chiaramente che il faraone stesso “rese inflessibile il proprio cuore”. (Eso. 8:32, Ga; “rese il suo cuore insensibile”, NM). Egli fece quindi una libera scelta e seguì la propria tendenza ostinata; furono i risultati di questa tendenza che Geova previde e predisse accuratamente. Le ripetute opportunità dategli da Geova costrinsero il faraone a prendere decisioni e così facendo egli si ostinò nel proprio atteggiamento. (Confronta Ecclesiaste 8:11, 12). Come mostra l’apostolo Paolo citando Esodo 9:16, Geova permise che le cose andassero in questo modo per tutta la durata delle dieci piaghe al fine di rendere manifesta la propria potenza e far sì che il suo nome fosse conosciuto in tutta la terra. — Rom. 9:17, 18.
Il tradimento di Giuda Iscariota adempì una profezia divina e dimostrò la preconoscenza di Geova, e anche del Figlio suo. (Sal. 41:9; 55:12, 13; 109:8; Atti 1:16-20) Ma non si può dire che Dio abbia preordinato o predestinato Giuda a comportarsi così. Le profezie avevano predetto che un amico intimo di Gesù sarebbe stato il suo traditore, ma non avevano specificato quale sarebbe stato dei suoi amici.
Sembra dunque evidente che quando venne scelto come apostolo, il cuore di Giuda non dimostrava di essere incline a tradire. Egli lasciò che ‘una radice velenosa spuntasse’ e lo contaminasse, facendolo sviare e seguire non la direttiva di Dio, ma quella suggerita dal Diavolo, diventando ladro e traditore. (Ebr. 12:14, 15; Giov. 13:2; Atti 1:24, 25; Giac. 1:14, 15) A un certo punto Gesù stesso poté leggere nel cuore di Giuda e predire il suo tradimento. — Giov. 13:10, 11.
È vero che in Giovanni 6:64, a proposito dell’occasione in cui alcuni discepoli inciamparono a motivo di certi insegnamenti di Gesù, leggiamo che “dal principio (gr. arkhè) Gesù sapeva chi erano quelli che non credevano e chi era quello che l’avrebbe tradito”. Benché il termine greco arkhè (principio) sia usato in II Pietro 3:4 a proposito dell’inizio della creazione, può riferirsi anche a tempi diversi. (Luca 1:2; Giov. 15:27) Per esempio, quando l’apostolo Pietro disse che lo spirito santo era sceso sui gentili “come su noi in principio”, ovviamente non si riferiva al principio della sua carriera di discepolo o apostolo, ma a un momento importante del suo ministero, il giorno di Pentecoste del 33 E.V., il “principio” del versamento dello spirito santo per un certo scopo. (Atti 11:15; 2:1-4) È perciò interessante notare questo commento su Giovanni 6:64: “[‘Principio’] significa, non metafisicamente dal principio di tutte le cose . . ., e neanche dal principio della Sua [di Gesù] conoscenza di ciascuno . . ., né dal principio del Suo raccogliere i discepoli intorno a sé, o dal principio del Suo ministero messianico . . ., ma dai primi germi segreti di incredulità [che fecero inciampare alcuni discepoli]. Così pure conosceva il Suo traditore dal principio”. — Schaff-Lange, Critical, Doctrinal, and Homiletical Commentary; confronta I Giovanni 3:8, 11, 12.
Preordinato il Messia
L’affermazione dell’apostolo Pietro che Cristo, l’Agnello di Dio destinato al sacrificio, fu “preconosciuto prima della fondazione [gr. gen. di katabolè] del mondo [gen. di kòsmos]” secondo l’interpretazione di alcuni sostenitori del predestinazionismo vuol dire che Dio esercitò tale preconoscenza prima della creazione del genere umano. (I Piet. 1:19, 20) Il termine greco katabolè, tradotto “fondazione”, significa letteralmente “un gettare o deporre” e si può riferire al “concepire seme”, come in Ebrei 11:11. Anche se la “fondazione” di un mondo del genere umano avvenne quando Dio creò la prima coppia umana, com’è indicato in Ebrei 4:3, 4, quella coppia in seguito abbandonò la propria posizione di figli di Dio. (Gen. 3:22-24; Rom. 5:12) Ma, per immeritata benignità di Dio, essi poterono concepire e avere figli, uno dei quali, Abele, come è specificato nella Bibbia, ebbe il favore di Dio e la possibilità di ottenere redenzione e salvezza. (Gen. 4:1, 2; Ebr. 11:4) Si noti che in Luca 11:49-51 Gesù menziona “il sangue di tutti i profeti versato dalla fondazione del mondo” (NW), quindi fa un parallelo dicendo “dal sangue di Abele al sangue di Zaccaria”. Gesù mette dunque in relazione Abele con la “fondazione del mondo”.
Il Messia o Cristo doveva essere il Seme promesso per mezzo del quale tutti i giusti di tutte le famiglie della terra sarebbero stati benedetti. (Gal. 3:8, 14) La prima menzione di questo “seme” si ebbe dopo che la ribellione in Eden era già iniziata, ma prima della nascita di Abele (Gen. 3:15), cioè più di quattromila anni prima che venisse fatta la rivelazione del “sacro segreto” dell’amministrazione affidata al Messia; quindi fu davvero ‘taciuto per tempi di lunga durata’. — Rom. 16:25-27; Efes. 1:8-10; 3:4-11.
A suo tempo Geova Dio incaricò il suo stesso Figlio primogenito di assumere il profetizzato ruolo di “seme” e diventare il Messia. Nulla indica che questo Figlio sia stato “predestinato” a tale ruolo ancor prima della sua creazione o prima della ribellione in Eden. La scelta che Dio fece di Gesù per adempiere le profezie non venne similmente fatta senza un buon fondamento. Il periodo di intima relazione fra Dio e il Figlio suo prima che questi venisse inviato sulla terra senza dubbio permise a Geova di ‘conoscere’ il Figlio al punto di poter essere certo che avrebbe adempiuto fedelmente le promesse e i quadri profetici. — Confronta Romani 15:5; Filippesi 2:5-8; Matteo 11:27; Giovanni 10:14, 15.
Preordinati i ‘chiamati ed eletti’
Rimangono i versetti che parlano dei cristiani “chiamati” o “eletti”. (Giuda 1; Matt. 24:24) Di loro viene detto che sono stati “eletti secondo la prescienza di Dio” (I Piet. 1:1, 2), ‘eletti prima della fondazione del mondo’, ‘preordinati all’adozione come figli di Dio’ (Efes. 1:3-5, 11), ‘scelti dal principio per la salvezza e chiamati a questo stesso destino’. (II Tess. 2:13, 14) Per capire questi versetti bisogna determinare se contengono l’idea di preordinare certi singoli individui, o se descrivono la preordinazione di una classe di persone, cioè la congregazione cristiana, il “solo corpo” (I Cor. 10:17) di coloro che saranno coeredi di Cristo Gesù nel suo regno celeste. — Efes. 1:22, 23; 2:19-22; Ebr. 3:1, 5, 6.
Se queste parole si riferissero a particolari individui preordinati a salvezza eterna, ne conseguirebbe che costoro non potrebbero mai diventare infedeli o venir meno alla loro chiamata, poiché la preconoscenza che Dio ebbe di loro non poteva risultare inaccurata e il fatto di averli preordinati a un certo destino non poteva fallire o essere vano. Eppure gli stessi apostoli che furono ispirati a scrivere le suddette parole mostrarono che alcuni i quali erano stati “comprati” e ‘santificati’ dal sangue del sacrificio di riscatto di Cristo e che avevano “gustato il gratuito dono celeste”, che erano “divenuti partecipi dello spirito santo, e che [avevano] gustato . . . le potenze del sistema di cose avvenire” si sarebbero sviati senza possibilità di pentimento e avrebbero recato su di sé la distruzione. (II Piet. 2:1, 2, 20-22; Ebr. 6:4-6; 10:26-29) Gli apostoli, concordi, esortarono quelli a cui scrivevano: “Fate tutto il possibile per rendere sicura la vostra chiamata ed elezione; poiché se continuate a fare queste cose non verrete mai meno”; e anche: “Continuate a operare la vostra salvezza con timore e tremore”. (II Piet. 1:10, 11; Filip. 2:12-16) Paolo, che era stato “chiamato ad essere apostolo di Gesù Cristo” (I Cor. 1:1) certo non si riteneva individualmente predestinato a salvezza eterna, poiché parla dei suoi strenui sforzi per raggiungere “la mèta per il premio della superna chiamata di Dio” (Filip. 3:8-15), e della sua preoccupazione di essere “in qualche modo disapprovato”. — I Cor. 9:27.
Riferiti a una classe, la congregazione cristiana o la “nazione santa” dei chiamati nel suo insieme (I Piet. 2:9), i versetti succitati indicherebbero che Dio preconobbe e preordinò la costituzione di tale classe (ma non dei singoli individui che l’avrebbero formata). Inoltre questi versetti indicherebbero che prescrisse o preordinò il ‘modello’ al quale dovevano conformarsi tutti quelli che a suo tempo sarebbero stati chiamati a farne parte, tutto questo secondo il suo proposito. (Rom. 8:28-30; Efes. 1:3-12; II Tim. 1:9, 10) Dio preordinò anche le opere che essi avrebbero dovuto compiere e che sarebbero stati provati a motivo delle sofferenze che il mondo avrebbe procurato loro. — Efes. 2:10; I Tess. 3:3, 4.
Per i versetti in cui si parla di ‘nomi scritti nel libro della vita’, vedi NOME.