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di Giosuè attaccò di sorpresa la confederazione dei cananei e li mise in fuga, marciando poi alla conquista delle loro città fino a Baal-Gad ai piedi del monte Ermon a N. (Gios. 11:1-20) La campagna probabilmente richiese un considerevole periodo di tempo e fu seguita da un’altra offensiva nel S, attacco rivolto questa volta contro i giganteschi anachim e le loro città. — Gios. 11:21, 22.
Erano ormai trascorsi sei anni dall’inizio dei combattimenti. Era stata effettuata la conquista della maggior parte di Canaan, e la potenza delle tribù cananee era stata spezzata, permettendo così di iniziare la distribuzione del paese fra le tribù d’Israele. Tuttavia alcune regioni erano ancora da soggiogare, incluse zone importanti come il territorio dei filistei che, pur non essendo cananei, avevano nondimeno usurpato il paese promesso agli israeliti; il territorio dei ghesuriti (confronta I Samuele 27:8); il territorio che va dalla zona di Sidone su fino a Ghebal (Biblo), e tutta la regione del Libano. (Gios. 13:2-6) Inoltre c’erano delle sacche di resistenza sparse in tutto il paese, alcune delle quali furono poi sgominate dalle tribù d’Israele cui era spettata in eredità la zona, mentre altri cananei rimasero indisturbati o fu permesso loro di restare compiendo lavoro forzato per gli israeliti. — Gios. 15:13-17; 16:10; 17:11-13, 16-18; Giud. 1:17-21, 27-36.
MOTIVO DELLO STERMINIO
La storia rivela che la popolazione delle città cananee conquistate dagli israeliti fu votata a completa distruzione. (Num. 21:1-3, 34, 35; Gios. 6:20, 21; 8:21-27; 10:26-40; 11:10-14) Questo fatto ha indotto alcuni critici a dire che le Scritture Ebraiche o “Vecchio Testamento” sono imbevute di uno spirito di crudeltà e sfrenato massacro. La questione però è chiaramente quella di riconoscere o meno la sovranità di Dio sulla terra e i suoi abitanti. Egli aveva promesso in eredità al ‘seme di Abraamo’ il paese di Canaan, confermando la promessa con un patto giurato. (Gen. 12:5-7; 15:17-21; confronta Deuteronomio 32:8; Atti 17:26). Ma Dio non si proponeva semplicemente di scacciare o spodestare gli abitanti del paese. Vi era implicato anche il suo diritto di agire quale “Giudice di tutta la terra” (Gen. 18:25) e di condannare alla pena capitale coloro che lo meritavano, come pure il suo diritto di far rispettare e far eseguire tale condanna.
Come si è già notato, l’equità della maledizione profetica di Dio su Canaan trovò piena conferma nelle condizioni che prevalevano in Canaan all’epoca della conquista israelita. Dal tempo di Abraamo Geova aveva concesso quattrocento anni affinché ‘l’errore degli Amorrei giungesse a compimento’. (Gen. 15:16) Il fatto che le mogli ittite di Esaù fossero “fonte di amarezza di spirito per Isacco e Rebecca” al punto che Rebecca era giunta ‘ad aborrire la sua vita per causa loro’ è certo una prova della malvagità già manifesta fra i cananei. (Gen. 26:34, 35; 27:46) Nei secoli successivi il paese di Canaan giunse agli estremi nel praticare cose detestabili come idolatria, immoralità e spargimento di sangue. La religione cananea era straordinariamente ignobile e degradata, i loro “pali sacri” erano evidentemente emblemi fallici e molti dei riti compiuti sugli “alti luoghi” comportavano gravi eccessi sessuali e depravazione. (Eso. 23:24; 34:12, 13; Num. 33:52; Deut. 7:5) Incesto, sodomia e bestialità facevano parte della ‘via del paese di Canaan’ che lo rese impuro, errore per il quale il paese era destinato a ‘vomitare i suoi abitanti’. (Lev. 18:2-25) Fra le cose detestabili praticate dai cananei c’erano magia, incantesimi, spiritismo e sacrifici dei propri figli nel fuoco. — Deut. 18:9-12.
All’epoca del diluvio universale Geova aveva esercitato il suo diritto sovrano di eseguire la condanna a morte sulla malvagia popolazione del mondo intero; l’aveva esercitato nell’intero Distretto di Sodoma e Gomorra a motivo ‘dell’alto grido di lamento per le città e del loro gravissimo peccato’ (Gen. 18:20; 19:13); aveva eseguito il decreto di distruzione delle forze militari di Faraone nel Mar Rosso; e inoltre aveva sterminato la famiglia di Cora e altri ribelli fra gli israeliti stessi. In quei casi Dio era ricorso a forze naturali per compiere la distruzione. Ma ora Geova affidò agli israeliti, guidati dai suoi messaggeri angelici e sostenuti dalla sua onnipotente forza, il sacro compito di essere i principali esecutori del decreto divino. (Eso. 23:20-23, 27, 28; Deut. 9:3, 4; 20:15-18; Gios. 10:42) Comunque, per i cananei il risultato sarebbe stato precisamente lo stesso anche se Dio avesse preferito distruggerli mediante qualche fenomeno naturale come un’inondazione, un’esplosione o un terremoto; e il fatto che agenti umani furono impiegati per mettere a morte i popoli condannati, per quanto il loro compito possa sembrare spiacevole, non può alterare la giustezza dell’azione ordinata da Dio. (Ger. 48:10) Servendosi di questo strumento umano, contrapposto a “sette nazioni più popolose e potenti” di loro, Geova magnificò la sua potenza e dimostrò la sua divinità. — Deut. 7:1; Lev. 25:38.
I cananei non erano all’oscuro della vigorosa evidenza che Israele era lo strumento e il popolo eletto di Dio. (Gios. 2:9-21, 24; 9:24-27) Tuttavia, a eccezione di Raab con la sua famiglia, e delle città dei gabaoniti, coloro che subirono la distruzione non cercarono misericordia né si valsero dell’opportunità di scampare, ma anzi preferirono ostinarsi nella ribellione contro Geova. Egli non li costrinse a piegarsi e cedere alla sua espressa volontà, ma piuttosto lasciò “che i loro cuori divenissero ostinati in modo da dichiarar guerra a Israele, per votarli alla distruzione, affinché non fossero considerati con favore, ma per annientarli” nell’esecuzione del suo giudizio contro di loro. — Gios. 11:19, 20.
Saggiamente Giosuè “non tolse una parola a tutto ciò che Geova aveva comandato a Mosè” in quanto alla distruzione dei cananei. (Gios. 11:15) Ma la nazione israelita non seguì il suo buon esempio e non eliminò completamente ciò che contaminava il paese. La continua presenza dei cananei in mezzo a loro influì sugli israeliti al punto che, con l’andar del tempo, senza dubbio provocò maggiori perdite di vite umane (per non menzionare delitti, immoralità e idolatria) di quante non ne avrebbe provocate il decreto di sterminio dei cananei se fosse stato fedelmente eseguito. (Num. 33:55, 56; Giud. 2:1-3, 11-23; Sal. 106:34-43) Geova aveva avvertito gli israeliti che la sua giustizia e i suoi giudizi non sarebbero stati parziali, e che se gli israeliti avessero stretto relazioni con i cananei, avessero contratto matrimoni con loro e ne avessero adottato le usanze religiose e le abitudini degenerate, ciò avrebbe inevitabilmente fatto incorrere gli israeliti nello stesso decreto di sterminio e di conseguenza anch’essi sarebbero stati ‘vomitati dal paese’. — Eso. 23:32, 33; 34:12-17; Lev. 18:26-30; Deut. 7:2-5, 25, 26.
Giudici 3:1, 2 afferma che Geova lasciò sussistere alcune nazioni cananee “per provare mediante esse Israele, cioè tutti quelli che non avevano fatto l’esperienza di alcuna delle guerre di Canaan; fu solo onde le generazioni dei figli d’Israele avessero esperienza, per insegnar loro la guerra, cioè solo quelli che prima non avevano avuto esperienza di tali cose”. Questo non contraddice la precedente dichiarazione (Giud. 2:20-22) che Geova non aveva scacciato queste nazioni a causa dell’infedeltà d’Israele e anche per “provare mediante esse Israele, se osserveranno la via di Geova”. Anzi è in armonia con quella ragione e dimostra che le successive generazioni degli israeliti avrebbero così avuto l’opportunità di dimostrare ubbidienza ai comandi di Dio relativi ai cananei, provando la loro fede fino al punto di mettere a repentaglio la vita in guerra per dimostrarsi ubbidienti. Le guerre con le nazioni di Canaan descritte poi nel libro dei Giudici, e le successive guerre combattute da Saul e Davide, ne sono un esempio.
Tenuto conto di ciò, è chiaro che le opinioni di alcuni critici, secondo cui la distruzione dei cananei da parte di Israele non sarebbe in armonia con lo ‘spirito’ delle Scritture Greche Cristiane, non corrispondono ai fatti, come dimostrerà un esame dei versetti di Matteo 3:7-12; 22:1-7; 23:33; 25:41-46; Marco 12:1-9; Luca 19:14, 27; Romani 1:18-32; II Tessalonicesi 1:6-9; 2:3; Rivelazione 19:11-21.
STORIA DEI SECOLI SUCCESSIVI
Dopo la conquista, fra cananei e israeliti si stabilì una situazione di coesistenza relativamente pacifica, ma a scapito di Israele. (Giud. 3:5, 6; confronta Giudici 19:11-14). Sovrani siri, moabiti e filistei si susseguirono nel prevalere temporaneamente sugli israeliti, ma solo all’epoca di Iabin, chiamato “re di Canaan”, i cananei avevano riacquistato sufficiente potenza da riuscire a soggiogare Israele per vent’anni. (Giud. 4:2, 3) Dopo la definitiva sconfitta di Iabin a opera di Barac, le difficoltà di Israele nel periodo precedente al regno vennero principalmente da fonti non cananee: da madianiti, ammoniti e filistei. Anche durante il regno di Saul, fra le tribù cananee sono menzionati brevemente solo gli amorrei. (I Sam. 7:14) Il re Davide scacciò i gebusei da Gerusalemme (II Sam. 5:6-9), ma le sue campagne più importanti furono quelle contro filistei, ammoniti, moabiti, edomiti, amalechiti e siri. Quindi i cananei pur essendo ancora in possesso di alcune città e terre nel territorio di Israele (II Sam. 24:7, 16-18), non costituivano più una minaccia dal punto di vista militare. Due guerrieri ittiti sono menzionati fra i combattenti Davide. — I Sam. 26:6; II Sam. 23:39.
Durante il suo regno Salomone mise i rimanenti delle tribù cananee ai lavori forzati in molte sue imprese (I Re 9:20, 21), estendendo i lavori di costruzione fino alla città cananea di Amat molto più a nord. (II Cron. 8:4) Ma le mogli cananee contribuirono poi alla rovina di Salomone, con conseguente perdita di gran parte del regno per il suo erede e corruzione religiosa della nazione. (I Re 11:1, 13, 31-33) Dal regno di Salomone (1037–997 a.E.V.) fino a quello di Ieoram su Israele (ca. 917–905 a.E.V.) solo gli ittiti sembrano aver conservato una certa importanza e forza come tribù, pur trovandosi evidentemente a N del territorio d’Israele e in Siria o nelle vicinanze. — I Re 10:29; II Re 7:6.
I matrimoni con cananei costituivano ancora un problema fra gli israeliti tornati dall’esilio dopo la prigionia in Babilonia (Esd. 9:1, 2), ma i regni cananei, inclusi quelli ittiti, erano evidentemente scomparsi sotto l’impatto dell’invasione sira, assira e babilonese. Il nome “Canaan” fini per riferirsi principalmente alla Fenicia, come nella profezia di Isaia relativa a Tiro (Isa. 23:1, 11, NW, nota in calce) e nel caso della donna “fenicia” (lett. cananea [gr. Kananàia]) della regione di Tiro e Sidone che si era rivolta a Gesù. — Matt. 15:22; confronta Marco 7:26.
IMPORTANZA COMMERCIALE E GEOPOLITICA
Il paese di Canaan formava un ponte fra l’Egitto e l’Asia e, più in particolare, la Mesopotamia. Benché l’economia del paese fosse fondamentalmente agricola, anche il commercio era fiorente e le città portuali di Tiro e Sidone divennero importanti centri commerciali le cui flotte navali erano famose in tutto il mondo allora conosciuto. (Confronta Ezechiele cap. 27). Infatti, fin dal tempo di Giobbe, il nome “Cananeo” era diventato sinonimo di ‘commerciante’ o ‘mercante’ ed è così tradotto. (Giob. 41:6; Sof. 1:11; nota anche il riferimento a Babilonia come “paese di Canaan”, Ezechiele 17:4, 12). Canaan occupava una posizione davvero strategica e fu l’obiettivo dei grandi imperi della Mesopotamia, dell’Asia Minore e dell’Africa che cercavano di controllare il traffico militare e commerciale che avveniva entro i suoi confini. Il fatto che Dio pose il suo popolo eletto in questo paese doveva perciò attirare senz’altro l’attenzione delle nazioni e avere effetti di lunga portata; in senso geografico e, cosa ancor più importante, in senso religioso, si poteva ben dire che gli israeliti dimoravano “al centro della terra”. — Ezec. 38:12.
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Canali
Corsi d’acqua, di solito artificiali, per l’irrigazione, la regolazione del livello della piena, la navigazione e il rifornimento idrico di villaggi e città. L’uso di canali risale ai tempi più remoti.
IN PALESTINA
In Palestina l’irrigazione non era così importante per l’economia come in Egitto e in Babilonia, dove pioveva meno, e dove sorgenti, corsi d’acqua e pozzi scarseggiavano. (Deut. 11:10, 11) Esistevano poche possibilità di irrigare il deserto o la parte meridionale di Giuda. Comunque anche in Palestina si irrigavano orti, e furono costruite condutture specie per portare l’acqua a Gerusalemme.
L’acquedotto, che probabilmente entrava in Gerusalemme presso la Porta di Giaffa e secondo alcuni fu costruito da Erode il Grande, iniziava dal Wadi el-Biyar a N di Tecoa. Può darsi che servisse per fornire l’acqua alla cittadella e al palazzo di Erode e ai canali dei giardini del suo palazzo (Giuseppe Flavio, Guerra giudaica, Libro V, cap. IV, 4). Quest’acquedotto percorreva una galleria e passava sopra la valle dove si trovavano le “Piscine di Salomone”. Evidentemente ad un certo punto era applicato il principio del sifone.
IN EGITTO
In Egitto, dove in pratica non piove mai, il rifornimento idrico dipendeva dalla piena del Nilo. Ogni anno il Nilo inondava la pianura e depositava il limo trasportato dal corso superiore del fiume, arricchendo il suolo di un nuovo strato di terriccio. Le messi erano abbondanti. Per controllare il flusso dell’acqua e conservarla fra un’inondazione e l’altra, fu costruito un sistema d’irrigazione mediante dighe, canali, bacini e fossati, controllato dal governo. Un metodo per sollevare
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