Gerusalemme
(Gerusalèmme) [possesso (o fondamento) di duplice pace].
Capitale dell’antica nazione d’Israele dal 1070 a.E.V. in poi. Dopo la divisione della nazione in due regni (997 a.E.V.), Gerusalemme continuò a essere la capitale del regno meridionale di Giuda. Nelle Scritture è menzionata più di ottocento volte.
NOME
Il nome più antico della città di cui si abbia memoria è “Salem”. (Gen. 14:18) Anche se qualcuno vorrebbe associare il nome Gerusalemme con quello di una divinità semitica occidentale di nome Salem, l’apostolo Paolo spiega che il vero significato della seconda parte del nome è “pace”. (Ebr. 7:2) La grafia ebraica di quest’ultima parte del nome fa pensare a una forma duale, quindi “duplice pace”. Nei testi accadici (assiro-babilonesi) la città era chiamata Urusalim (o Ur-sa-li-im-mu). Per questo alcuni ritengono che il nome significhi “Città di pace”. Ma la forma ebraica, che logicamente dovrebbe essere determinante, significa “Possesso [o fondamento] di duplice pace”.
Molti altri nomi ed espressioni ricorrono nelle Scritture in riferimento alla città. Una volta il salmista usa il nome più antico, Salem. (Sal. 76:2) Altri appellativi sono: “città di Geova” (Isa. 60:14); “città del gran Re” (Sal. 48:2; confronta Matteo 5:35); “Città di Giustizia” e “Città Fedele” (Isa. 1:26); “Sion” (Isa. 33:20) e “città santa” (Nee. 11:1; Isa. 48:2; 52:1; Matt. 4:5; il nome “El Quds”, che significa “Città Santa”, è tuttora usato in arabo).
POSIZIONE
La grandezza e l’importanza di Gerusalemme non erano dovute alla sua posizione geografica come avviene per un centro commerciale o per una città portuale o su un fiume, e neanche a dintorni particolarmente fertili. Relativamente lontana dalle principali vie carovaniere internazionali, sorgeva al limite di un deserto riarso (il deserto di Giuda), e aveva riserve idriche limitate.
Tuttavia due vie carovaniere interne s’incontravano nei pressi della città. Una in direzione N–S lungo il crinale dell’altopiano che costituiva la ‘spina dorsale’ dell’antica Palestina collegava le città di Dotan, Sichem, Betel, Betleem, Ebron e Beer-Seba. La seconda in direzione E–O da Rabbat-Ammon scendeva lungo le valli dei torrenti fino al bacino del Giordano, risaliva i ripidi pendii della Giudea per ridiscendere serpeggiando fino alla costa del Mediterraneo e al porto di Ioppe a O. Al centro dell’intera Terra Promessa, Gerusalemme era perciò un’appropriata sede amministrativa.
Distante oltre 55 km dal Mediterraneo e quasi 25 km dall’estremità settentrionale del Mar Morto, è circondata dalle alture della catena montuosa centrale. (Confronta Salmo 125:2). Con un’altitudine media di 780 m sul livello del mare, era una delle capitali più alte del mondo. La sua “elevazione” è menzionata nelle Scritture, e per raggiungere la città dalla pianura costiera i viaggiatori dovevano ‘salire’. (Sal. 48:2; 122:3, 4; Isa. 2:1-3) Il clima è piacevole, le notti fresche, la temperatura media annuale si aggira sui 17° C e, principalmente fra novembre e aprile, ci sono circa 600 mm di precipitazioni.
Nonostante l’altezza Gerusalemme non sovrasta il terreno circostante. Il viaggiatore gode una veduta completa della città solo quando è quasi arrivato. A E di Gerusalemme si elevano colline calcaree tondeggianti. La più alta raggiunge un’altitudine di 903 m, e altre due rispettivamente di 815 e 812 m circa. Quindi sovrastano di oltre 30 m il pianoro su cui sorge Gerusalemme.
In tempo di guerra questo potrebbe sembrare un grave inconveniente. Ma qualsiasi svantaggio era compensato dal fatto che da tre parti la città era circondata da valli molto ripide: la valle del torrente Chidron a E e la valle di Innom a S e O. Una valle centrale, che Giuseppe Flavio chiama valle del Tiropeon (o “dei Formaggiai”), divideva in due la città formando un colle o sperone orientale e uno occidentale. Nel corso dei secoli questa valle centrale si è notevolmente colmata, ma per attraversare la città il visitatore deve ancora percorrere una discesa piuttosto ripida e poi risalire dall’altra parte. Sembra che oltre alla valle centrale che attraversava la città in direzione N–S, altre due depressioni o valli minori laterali dividessero le alture in direzione E–O, una attraverso il colle orientale e l’altra attraverso quello occidentale. L’intera area della città antica era relativamente piccola, infatti non superò mai i 2 km2.
Sembra che in tutte le epoche i ripidi pendii abbiano fatto parte del sistema difensivo delle mura. L’unico lato della città privo di una difesa naturale era quello a N, dove le mura erano particolarmente forti. Secondo Giuseppe Flavio, quando nel 70 E.V. il generale Tito attaccò la città da questo lato si trovò di fronte tre cinte di mura.
RISERVA IDRICA
In caso di assedio gli abitanti di Gerusalemme soffrivano molto per la mancanza di viveri, ma evidentemente non avevano problemi gravi per l’acqua. Infatti, nonostante la vicinanza del riarso deserto della Giudea, la città aveva accesso a una fonte costante d’acqua dolce ed entro le mura della città c’erano riserve idriche adeguate.
Nei pressi della città c’erano due sorgenti: En-Roghel e Ghihon. La prima, poco più a S del punto d’incontro della valle del Chidron e della valle di Innom, era una preziosa fonte d’acqua, ma a motivo della sua posizione era inaccessibile durante un attacco o un assedio. La sorgente di Ghihon si trova sul pendio O della valle del Chidron, presso la cosiddetta “città di Davide”. Pur trovandosi fuori delle mura della città, era così vicina che fu possibile scavare un tunnel collegato a un pozzo per permettere agli abitanti della città di attingere acqua senza uscire dalle mura di protezione. Questo, secondo l’evidenza archeologica, fu aperto all’inizio della storia della città. Gli scavi compiuti nel 1961 e 1962 hanno riportato alla luce un tratto delle antiche mura, erette sotto la parte superiore o entrata del tunnel, che perciò lo recingevano.
Nel corso degli anni furono aggiunte altre gallerie e condutture per incanalare le acque di Ghihon. Dall’imboccatura della grotta in cui si trova la sorgente un canale scendeva lungo la valle e intorno al colle SE fino a una piscina che si trovava nel punto in cui la valle di Innom si congiungeva con la valle centrale o Tiropeon. Secondo i ritrovamenti si trattava di una specie di fossato coperto da lastre di pietra e scavato a tratti nel fianco della collina. A intervalli delle aperture permettevano di attingere acqua per irrigare le terrazze coltivate della valle sottostante. Una pendenza di 4-5 mm per metro produceva un flusso dolce e lento che fa pensare alle “acque di Siloe che scorrono dolcemente”. (Isa. 8:6) Pare che tale canale, indifeso e vulnerabile, sia stato costruito durante il regno di Salomone, quando prevalevano pace e sicurezza.
Le case e gli edifici di Gerusalemme erano evidentemente dotati di cisterne sotterranee in aggiunta alle riserve d’acqua sorgiva. Qui veniva conservata, tenuta fresca e pulita l’acqua piovana raccolta sui tetti. Sembra che nell’area del tempio ci fossero cisterne particolarmente grandi, infatti gli archeologi affermano di aver individuato trentasette cisterne con una capacità complessiva di quasi 40 milioni di litri, una delle quali si calcola capace di contenere oltre 7 milioni e mezzo di litri d’acqua.
Bacini idrici, comunemente detti “Piscine di Salomone” (confronta Ecclesiaste 2:6), si trovano presso Betleem ed erogavano acqua per mezzo di due acquedotti o condutture. Anche se il percorso in linea retta non sarebbe neanche di 20 km, l’acquedotto inferiore copre serpeggiando una distanza di quasi 65 km per raggiungere Gerusalemme. L’acquedotto superiore è più diretto e a tratti attraversa in galleria il fianco della collina. Ritenuto di epoca più tarda, forse fu costruito al tempo di Erode. È probabile che entrambi attraversassero la valle centrale o Tiropeon per mezzo di un viadotto e raggiungessero la spianata del tempio, alimentandone le riserve idriche. Il geografo Strabone (I secolo a.E.V.) descriveva Gerusalemme come “una solida fortezza ben recinta; ben fornita d’acqua all’interno, completamente arida all’esterno”.
PRIMI CENNI STORICI
La prima menzione della città risale al decennio fra il 1943 e il 1933 a.E.V., quando ebbe luogo l’incontro di Abraamo con Melchisedec. Melchisedec era “re di Salem” e “sacerdote dell’Iddio Altissimo”. (Gen. 14:17-20) Tuttavia l’origine della città e della sua popolazione rimane oscura come l’origine del suo re–sacerdote Melchisedec. — Confronta Ebrei 7:1-3.
Un altro evento della vita di Abraamo ebbe evidentemente luogo nei pressi di Gerusalemme. Abraamo ricevette il comando di sacrificare suo figlio Isacco su “uno dei monti” del “paese di Moria”. Il tempio costruito da Salomone sorgeva sul “monte Moria” su un terreno che in precedenza era stato un’aia. (Gen. 22:2; II Cron. 3:1) Quindi la Bibbia collega il luogo in cui Abraamo si era accinto a compiere il sacrificio con la regione montuosa intorno a Gerusalemme. (Vedi MORIA). Non è rivelato se in quel tempo Melchisedec fosse ancora in vita; comunque quello di Salem era probabilmente rimasto per Abraamo un paese amico.
Le tavolette di Tell el-Amarna, scritte da sovrani cananei al loro signore in Egitto, includono sette lettere del re o governatore di Gerusalemme (Urusalim). Quelle lettere furono scritte prima della conquista di Canaan da parte degli israeliti. Quindi Gerusalemme, nei circa 450 anni intercorsi fra l’incontro di Abraamo con Melchisedec e la conquista israelita, era caduta nelle mani di pagani cananei di origine camitica ed era sotto la dominazione della potenza camitica dell’Egitto.
La descrizione della travolgente conquista di Canaan da parte di Giosuè include Adoni-Zedec, re di Gerusalemme, fra i re confederati che attaccarono Gabaon. Il suo nome (che significa “signore di giustizia”) è molto simile a quello del più antico re di Gerusalemme Melchisedec (“re di giustizia”), tuttavia Adoni-Zedec non adorava l’Iddio Altissimo, Geova. — Gios. 10:1-5, 23, 26; 12:7, 8, 10.
Nella suddivisione del territorio fra le tribù, Gerusalemme venne a trovarsi al confine fra Giuda e Beniamino, confine che seguiva la valle di Innom. Quindi almeno quella che in seguito divenne la “città di Davide”, situata sul crinale fra la valle del Chidron e il Tiropeon, si trovava nel territorio di Beniamino. Ma la città cananea includeva evidentemente altri insediamenti o “sobborghi”, e parte della zona urbana sconfinava nel territorio di Giuda a O e a S della valle di Innom. In Giudici 1:8 l’iniziale conquista di Gerusalemme è attribuita a Giuda, ma, quando gli eserciti invasori proseguirono l’avanzata, gli abitanti gebusei rimasero (o tornarono) in numero sufficiente da costituire in seguito una sacca di resistenza che né Giuda né Beniamino poterono eliminare. Infatti sia di Giuda che di Beniamino viene detto che ‘i gebusei continuarono a dimorare con loro in Gerusalemme’. (Gios. 15:63; Giud. 1:21) Questa situazione rimase immutata per circa quattro secoli, e la città a volte era chiamata “Gebus”, una “città di stranieri”. — Giud. 19:10-12; I Cron. 11:4, 5.
FINCHÉ IL REGNO ERA UNITO
Il quartier generale del re Saul si trovava a Ghibea nel territorio di Beniamino. La capitale di Davide era dapprima Ebron in Giuda, una trentina di km a S di Gerusalemme. Dopo avervi regnato per ben sette anni e mezzo (II Sam. 5:5), Davide decise di trasferire la capitale a Gerusalemme. Questo avvenne per volere di Dio (II Cron. 6:4-6), infatti secoli prima Geova aveva parlato del ‘luogo che avrebbe scelto per porvi il suo Nome’. — Deut. 12:5; 26:2; confronta II Cronache 7:12.
Sembra che in quel tempo la città gebusea si trovasse sulla parte meridionale del contrafforte orientale. Gli abitanti erano sicuri dell’inespugnabilità della loro cittadella, grazie alla difesa naturale dei ripidi pendii delle valli su tre lati e, probabilmente, a speciali fortificazioni a N. Era nota come il “luogo a cui era difficile appressarsi” (I Cron. 11:7), e i gebusei si fecero beffe di Davide dicendo che persino ‘i ciechi e gli zoppi della città’ potevano respingere i suoi attacchi. Ma Davide conquistò la città, presa d’assalto da Gioab, che evidentemente riuscì a penetrarvi attraverso il “canale dell’acqua”. (II Sam. 5:6-9; I Cron. 11:4-8) Dopo la scoperta del tunnel e del pozzo che portano alla sorgente di Ghihon, è opinione popolare che Gioab alla testa dei suoi uomini abbia sferrato un attacco di sorpresa penetrando nella città attraverso il pozzo verticale e il tunnel inclinato. La città si arrese e Davide vi trasferì la capitale (1070 a.E.V.). La roccaforte gebusea fu quindi chiamata “città di Davide”, detta anche “Sion”. — II Sam. 5:7.
Davide cominciò a costruire nella zona, migliorando anche il sistema difensivo della città. (II Sam. 5:9-11; I Cron. 11:8) Il “Terrapieno” (ebr. Millòh) menzionato qui (II Sam. 5:9) e in descrizioni successive (I Re 9:15, 24; 11:27) era un aspetto geografico o architettonico della città, ben noto allora ma non identificabile attualmente. Quando in seguito Davide dalla casa di Obed-Edom trasferì la sacra “arca di Geova” a Gerusalemme, la città diventò il centro religioso, oltre che amministrativo, della nazione. — II Sam. 6:11, 12, 17.
Verso la fine del suo regno, Davide cominciò a preparare il materiale per la costruzione del tempio. (I Cron. 22:1, 2; confronta I Re 6:7). Le pietre già squadrate potevano provenire da cave della zona, infatti la viva roccia su cui è costruita Gerusalemme è facile da tagliare e lavorare, ma, esposta alle intemperie, si indurisce formando resistenti e belle pietre da costruzione. Pare che nei pressi dell’attuale Porta di Damasco ci fosse un’antica cava da cui nel corso del tempo è stata estratta una gran quantità di pietra.
Durante il regno di Salomone si fecero notevoli lavori di costruzione (e forse di ricostruzione) all’interno della città che cominciò a espandersi. (I Re 3:1; 9:15-19, 24; 11:27; confronta Ecclesiaste 2:3-6, 9). Il tempio, la sua opera più notevole, con i cortili e gli edifici circostanti fu costruito sul contrafforte orientale del monte Moria, a N della “città di Davide”, evidentemente sull’area occupata attualmente dalla “Cupola della Roccia”. (II Cron. 3:1; I Re 6:37, 38; 7:12) Altri imponenti edifici costruiti da Salomone furono la sua stessa casa o palazzo reale, la Casa della Foresta del Libano in legno di cedro, il Portico delle Colonne e il Portico del Trono dove si amministrava la giustizia. (I Re 7:1-8) Questo complesso si trovava evidentemente a S del tempio sul declivio che scendeva verso la “città di Davide”.
DOPO LA DIVISIONE DEL REGNO (997–607 a.E.V.)
La ribellione di Geroboamo spaccò in due la nazione, e Gerusalemme rimase la capitale del regno delle due tribù, Beniamino e Giuda, sotto Roboamo figlio di Salomone. Anche i sacerdoti e i leviti si trasferirono nella città su cui era invocato il nome di Geova, rafforzando così il regno di Roboamo. (II Cron. 11:1-17) Gerusalemme non era più il centro geografico del regno, poiché si trovava solo a pochi chilometri dal confine dell’ostile regno settentrionale delle dieci tribù. Nei cinque anni che seguirono alla morte di Salomone la città subì la prima di una serie di invasioni. Sisac re d’Egitto attaccò il regno di Giuda, senza dubbio considerandolo vulnerabile ora che era così ridotto. A motivo dell’infedeltà della nazione, riuscì a penetrare in Gerusalemme e a portare via i tesori del tempio e altri preziosi. Solo perché fu mostrato pentimento, Dio concesse una certa protezione, onde evitare la completa rovina della città. — I Re 14:25, 26; II Cron. 12:2-12.
Durante il regno del fedele re Asa, Baasa re del regno settentrionale fece il vano tentativo di ammassare un esercito lungo la frontiera settentrionale di Giuda per isolare Gerusalemme e impedire le comunicazioni (e forse ogni espressione di lealtà al regno di Giuda da parte dei suoi sudditi). (I Re 15:17-22) Per la fedeltà alla pura adorazione, manifestata anche durante il regno di Giosafat figlio di Asa, la città ebbe la protezione di Dio e grandi benefici, fra cui migliori provvedimenti per risolvere i casi giudiziari. — II Cron. 19:8-11; 20:1, 22, 23, 27-30.
La stessa cosa si verificò per tutto il resto della storia di Gerusalemme quale capitale del regno di Giuda. La vera adorazione portava la benedizione e la protezione di Geova; l’apostasia provocava problemi e vulnerabilità all’attacco. Durante il regno dell’infedele figlio di Giosafat, Ieoram (913-906 a.E.V.), la città venne invasa e saccheggiata una seconda volta da una coalizione arabo–filistea, nonostante le forti mura difensive. (II Cron. 21:12-17) Durante il secolo successivo, siccome il re Ioas abbandonò la retta via, eserciti siri “invadevano Giuda e Gerusalemme”, e sembra dal contesto che riuscissero a penetrare nella città. (II Cron. 24:20-25) Durante il regno dell’apostata Amazia il regno settentrionale d’Israele invase Giuda, e abbatté quasi 180 m delle importanti mura settentrionali fra la Porta dell’Angolo (all’estremità NO) e la Porta di Efraim (a E della Porta dell’Angolo). (II Cron. 25:22-24) Può darsi che in un tempo precedente la città si fosse estesa oltre la valle centrale fino al crinale occidentale.
Il re Uzzia (829–777 a.E.V.) accrebbe notevolmente la difesa della città, fortificando la Porta dell’Angolo (NO) e la Porta della Valle (all’estremità SO) con torri, e costruendo anche una torre presso “il Contrafforte” (“sul Cantone”, CEI, PIB; “sullo svolto”, VR), evidentemente una parte delle mura orientali non lontano dagli edifici reali, di Davide o di Salomone. (II Cron. 26:9; Nee. 3:24, 25) Suo figlio Iotam continuò tale programma edilizio. — II Cron. 27:3, 4.
Succeduto all’apostata Acaz, suo figlio, il fedele re Ezechia, purificò e riparò l’area del tempio, e indisse la celebrazione di una grande Pasqua che fece convenire a Gerusalemme adoratori da tutto il paese, regno settentrionale incluso. (II Cron. 29:1-5, 18, 19; 30:1, 10-26) A questo slancio per la vera adorazione fece però presto seguito un attacco da parte di pagani, schernitori del vero Dio il cui nome era invocato su Gerusalemme. Nel 732 a.E.V., otto anni dopo la conquista assira del regno settentrionale d’Israele, Sennacherib re d’Assiria invase la Palestina e mandò un distaccamento del suo esercito a minacciare Gerusalemme. (II Cron. 32:1, 9) Ezechia aveva preparato la città a un assedio. Tappò le sorgenti d’acqua fuori della città per nasconderle e accrescere le difficoltà del nemico, rafforzò e fortificò le mura. (II Cron. 32:2-5, 27-30) Sembrerebbe che la “conduttura” per portare l’acqua in città dalla sorgente di Ghihon fosse già stata costruita, probabilmente in tempo di pace. (II Re 20:20; II Cron. 32:30) Se, come si ritiene, si trattava della conduttura che include il tunnel scavato attraverso il pendio della valle del Chidron e che termina nella Piscina di Siloam nella valle del Tiropeon, non era impresa da portare a termine in qualche giorno. Ad ogni modo la forza della città non dipendeva dai suoi sistemi difensivi né dai rifornimenti, ma dalla potente protezione di Geova Dio, che aveva detto: “Per certo io difenderò questa città per salvarla per amore di me stesso e per amore di Davide mio servitore”. (II Re 19:32-34) Il miracoloso sterminio di 185.000 soldati assiri indusse Sennacherib a tornare precipitosamente in Assiria. (II Re 19:35, 36) Nel descrivere questa campagna gli annali assiri vantavano il fatto che Sennacherib aveva rinchiuso Ezechia all’interno di Gerusalemme come ‘un uccello in gabbia’, ma non accennavano a una conquista della città. — Vedi SENNACHERIB.
Il regno di Manasse (716–661 a.E.V.) portò nuove aggiunte alle mura lungo la valle del Chidron. Ma vide anche la nazione allontanarsi sempre più dalla vera adorazione. (II Cron. 33:1-9, 14) Suo nipote Giosia arrestò temporaneamente tale declino e durante il suo regno la valle di Innom, usata per ignobili cerimonie dagli idolatri, venne ‘resa non idonea per l’adorazione’; probabilmente fu profanata trasformandola in un immondezzaio per la città. (II Re 23:10; II Cron. 33:6) La “Porta dei Mucchi di Cenere” si apriva evidentemente verso quella valle. (Nee. 3:13, 14; vedi GEENNA; INNOM, VALLE DI). All’epoca di Giosia viene menzionato per la prima volta il “secondo quartiere” (“nuovo quartiere”, PIB) della città. (II Re 22:14; II Cron. 34:22) In genere si pensa che questo “secondo quartiere fosse la parte della città a O o NO dell’area del tempio. — Sof. 1:10; vedi PORTA (Porte di Gerusalemme).
Dopo la morte di Giosia la condizione di Gerusalemme si deteriorò rapidamente a motivo del succedersi di quattro re infedeli. Nell’ottavo anno del re Ioiachim (621–620 a.E.V.) il regno di Giuda diventò vassallo di Babilonia. Tre anni dopo la rivolta di Ioiachim provocò l’assedio di Gerusalemme, il saccheggio dei tesori della città e la deportazione di Ioiachin, allora re, e di altri cittadini. (II Re 24:1-16; II Cron. 36:5-10) Il re Sedechia, designato da Babilonia, cercò di sottrarsi al giogo babilonese e nel nono anno del suo regno (609–608 a.E.V.) Gerusalemme venne nuovamente assediata. (II Re 24:17-20; 25:1; II Cron. 36:11-14) Forze armate egiziane mandate in aiuto di Gerusalemme riuscirono a far ritirare solo temporaneamente gli assedianti. (Ger. 37:5-10) Come Geova aveva predetto per mezzo di Geremia, i babilonesi tornarono e ripresero l’assedio. (Ger. 34:1, 21, 22; 52:5-11) Geremia trascorse l’ultima parte dell’assedio imprigionato nel “Cortile della Guardia” (Ger. 32:2; 38:28), collegato con la “Casa del Re”. (Nee. 3:25) Infine, diciotto mesi dopo l’inizio dell’assedio, con conseguenti fame, malattie e morte, nell’undicesimo anno di Sedechia fu aperta una breccia nelle mura di Gerusalemme e la città fu presa. — II Re 25:2-4; Ger. 39:1-3.
DESOLAZIONE E RESTAURAZIONE
La città cadde il 9 tammuz del 607 a.E.V. Un mese dopo, il 10 ab, Nebuzaradan, inviato di Nabucodonosor, entrò nella città vinta e cominciò a demolirla, incendiando il tempio e altri edifici e abbattendo le mura. Il re e gran parte della popolazione furono esiliati a Babilonia e i tesori di Gerusalemme portati via come bottino. — II Re 25:7-17; II Cron. 36:17-20; Ger. 52:12-20.
Le parole di un archeologo, C. R. Conder, secondo il quale “la storia della città in rovina rimane una pagina bianca fino all’epoca di Ciro”, sono vere non solo a proposito di Gerusalemme, ma anche di tutto il regno di Giuda. A differenza degli assiri, il re di Babilonia non sostituì la popolazione della regione conquistata. Come era stato profetizzato, iniziarono settant’anni di desolazione. — Ger. 25:11; II Cron. 36:21.
Nel “primo anno” (evidentemente quale sovrano di Babilonia) di Ciro il Persiano (538–537 a.E.V.) fu emanato il decreto reale che permetteva agli ebrei esiliati di ‘salire a Gerusalemme, che è in Giuda, e riedificare la casa di Geova l’Iddio d’Israele’. (Esd. 1:1-4) Circa 50.000 uomini rimpatriati compirono il lungo viaggio fino a Gerusalemme, portando con sé i tesori del tempio. Arrivarono in tempo per celebrare la festa delle capanne nel mese di tishri (settembre–ottobre) del 537 a.E.V. (Esd. 2:64, 65; 3:1-4) La ricostruzione del tempio prese il via sotto la direttiva del governatore Zorobabele e, nonostante le gravi interferenze e la presenza di una certa apatia fra gli ebrei rimpatriati, fu finalmente ultimata nel marzo del 515 a.E.V. Altri esiliati tornarono col sacerdote e scriba Esdra nel 468 a.E.V., portando altre cose “per abbellire la casa di Geova, che è in Gerusalemme” (Esd. 7:27), questo con l’autorizzazione del re Artaserse (Longimano). — Esd. 8:25-27.
Circa un secolo e mezzo dopo la conquista di Nabucodonosor le mura e le porte della città erano ancora in rovina. Neemia ottenne da Artaserse il permesso di andare a Gerusalemme per porre rimedio a tale situazione. (Nee. 2:1-8) La descrizione dell’ispezione notturna da parte di Neemia e della suddivisione del lavoro di costruzione fra diversi gruppi familiari costituisce un’importante fonte di informazioni circa la configurazione della città in quel tempo, specie per quanto riguarda le porte. (Nee. 2:11-15; 3:1-32) Tale opera di ricostruzione adempiva la profezia di Daniele e segnava l’inizio delle settanta “settimane” profetiche relative alla venuta del Messia. (Dan. 9:24-27) Nonostante le difficoltà, in soli cinquantadue giorni, nel 455 a.E.V., le mura e le porte di Gerusalemme furono ultimate. — Nee. 4:1-23; 6:15; 7:1.
Ora Gerusalemme era “ampia e grande, [ma] in essa era poca gente”. (Nee. 7:4) Dopo la lettura pubblica delle Scritture e le celebrazioni tenute “nella pubblica piazza che era dinanzi alla Porta delle Acque” nella parte E della città (Nee. 8:1-18), si presero disposizioni per accrescere la popolazione della città stabilendo che un israelita su dieci vi venisse ad abitare. Questo fu deciso a sorte, ma evidentemente ci furono anche dei volontari. (Nee. 11:1, 2) Fu compiuta un’opera di purificazione spirituale per dare alla popolazione un solido fondamento in quanto alla vera adorazione. (Nee. 12:47–13:3) Il governatorato di Neemia durò dodici anni o più, durante i quali egli si recò alla corte del re di Persia. Ritornato a Gerusalemme, vide che era necessaria un’ulteriore purificazione. (Nee. 13:4-31) Con la descrizione di quanto fu fatto per estirpare alla radice l’apostasia si concluse la stesura delle Scritture Ebraiche, qualche tempo dopo il 443 a.E.V.
DOMINAZIONE ELLENICA E MACCABEA
Il passaggio dalla dominazione medo–persiana a quella greca avvenne nel 333 a.E.V. con la conquista di Alessandro Magno. Gli storici greci non parlano di un’entrata di Alessandro in Gerusalemme. Tuttavia la città venne a trovarsi sotto la dominazione greca ed è ragionevole presumere che non sia stata completamente ignorata da Alessandro. Nel I secolo E.V. Giuseppe Flavio menziona la tradizione ebraica secondo la quale, mentre Alessandro si avvicinava a Gerusalemme, il sommo sacerdote gli andò incontro e gli mostrò le profezie divinamente ispirate del libro di Daniele che predicevano le fulminee conquiste greche. (Dan. 8:5-7, 20, 21) Comunque siano andate le cose, Gerusalemme superò senza alcun danno il passaggio dei poteri.
Dopo la morte di Alessandro, Gerusalemme e la Giudea finirono sotto la dominazione dei Tolomei d’Egitto. Nel 198 a.E.V. Antioco il Grande re di Siria, dopo essersi impadronito della città fortificata di Sidone, conquistò Gerusalemme, e Giuda passò sotto la dominazione dei Seleucidi. (Confronta Daniele 11:16). Gerusalemme rimase soggetta ai siri per trent’anni. Quindi nel 168 a.E.V. il re di Siria Antioco IV (Epifane), nel tentativo di ellenizzare completamente gli ebrei, ridedicò a Zeus (Giove) il tempio di Gerusalemme e profanò l’altare con un sacrificio impuro. (I Maccabei 1:57, 62; II Maccabei 6:1, 2, 5) Questo provocò l’insurrezione dei Maccabei (o Asmonei). Dopo tre anni di lotta Giuda Maccabeo s’impadronì della città e del tempio, e il 25 chislev 165 a.E.V., nell’anniversario della sua profanazione, ridedicò l’altare di Geova alla vera adorazione. — I Maccabei 4:52-54; II Maccabei 10:5; confronta Giovanni 10:22.
La guerra contro i Seleucidi non era terminata. Gli ebrei chiesero aiuto a Roma e così, nel 161 a.E.V., entrò in scena a Gerusalemme una nuova potenza. (I Maccabei 8:17, 18) Gerusalemme si trovava ormai sotto l’influenza della crescente potenza romana. Verso il 142 a.E.V. Simone Maccabeo riuscì a fare di Gerusalemme la capitale di una regione apparentemente autonoma e non soggetta a pagare tasse ad alcuna nazione gentile. Aristobulo I, sommo sacerdote di Gerusalemme, nel 104 a.E.V. assunse persino il titolo di “re”. Egli non era però di discendenza davidica.
In quel periodo Gerusalemme non era affatto una ‘città di pace’. Dissidi interni, alimentati da ambizioni egoistiche e acuiti da fazioni religiose rivali — sadducei, farisei, zeloti e altri — indebolirono assai la città. Un violento dissidio fra Aristobulo II e suo fratello Ircano provocò il ricorso all’arbitrato di Roma. Nel 63 a.E.V. reparti romani al comando del generale Pompeo assediarono per tre mesi Gerusalemme prima di poter penetrare nella città e sedare la disputa. Viene riferito che 12.000 ebrei morirono, molti per mano di altri israeliti.
Nel descrivere la conquista della città da parte di Pompeo, Giuseppe Flavio menziona per la prima volta il viadotto che attraversava la valle del Tiropeon. Collegava la parte occidentale della città con quella orientale e consentiva a coloro che abitavano nella parte occidentale di accedere direttamente all’area del tempio.
L’idumeo Antipatro venne quindi nominato governatore romano della Giudea, mentre un Maccabeo rimase sommo sacerdote ed etnarca locale di Gerusalemme. In seguito il figlio di Antipatro, Erode (il Grande), venne nominato da Roma “re” della Giudea. Egli non riuscì a impadronirsi di Gerusalemme fino al 37 o 36 a.E.V., data in cui ebbe effettivamente inizio il suo regno.
SOTTO ERODE IL GRANDE
Il regno di Erode si distinse per un ambizioso programma edilizio e notevole prosperità. La città si arricchì di un teatro, una palestra e un ippodromo, e di altri edifici pubblici. Erode costruì inoltre un palazzo reale ben fortificato, evidentemente all’estremità NO della città, dove gli archeologi ritengono di aver trovato le fondamenta di una delle torri. Un’altra fortezza, l’Antonia, sorgeva vicino al tempio con cui era collegata da un corridoio. (Antichità giudaiche, Libro XV, cap. XI, 7) La guarnigione romana poteva così accedere rapidamente all’area del tempio, come probabilmente avvenne quando i soldati liberarono Paolo dalla turba che vi si era radunata. — Atti 21:31, 32; vedi ANTONIA, FORTEZZA.
La massima opera di Erode fu però la ricostruzione del tempio e del complesso di edifici annessi, iniziata nel diciottesimo anno del suo regno. (Antichità giudaiche, Libro XV, cap. XI, 1) Il santuario venne ultimato in un anno e mezzo, ma il lavoro degli edifici e cortili adiacenti proseguì anche dopo la sua morte. (Giov. 2:20) Complessivamente includevano un’area di 6–8 ettari circa, il doppio dell’area del tempio precedente. Esiste ancora parte del muro occidentale del cortile del tempio, detto “Muro del pianto”. Secondo gli archeologi i diciannove corsi inferiori di enormi massi alti quasi 1 m appartengono alla costruzione di Erode.
DAL 2 A.E.V. AL 70 E.V.
Quaranta giorni dopo la nascita Gesù, figlio primogenito di Maria, fu portato a Gerusalemme e presentato al tempio. Gli anziani Simeone e Anna si rallegrarono al vedere il promesso Messia, e Anna ne parlava “a tutti quelli che aspettavano la liberazione di Gerusalemme”. (Luca 2:21-38; confronta Levitico 12:2-4). Quante altre volte sia stato portato a Gerusalemme durante gli anni della sua infanzia non è precisato; solo la visita fatta quando aveva dodici anni è menzionata in modo particolare. Quella volta rimase a parlare con i maestri nell’area del tempio, e perciò ‘nella casa del Padre suo’, nella città che il Padre aveva scelta. — Luca 2:41-49.
Dopo il battesimo e nei tre anni e mezzo del suo ministero Gesù si recò periodicamente a Gerusalemme, e certo era là per le tre feste annuali alle quali tutti gli ebrei maschi avevano l’obbligo di assistere. (Eso. 23:14-17) Tuttavia trascorse molto tempo lontano dalla capitale, predicando e insegnando in Galilea e in altre regioni.
Oltre all’area del tempio, dove Gesù spesso insegnava, alcuni altri luoghi della città sono menzionati in relazione al suo ministero. La piscina di Betzata coi suoi cinque colonnati (Giov. 5:2) si ritiene sia quella rinvenuta a N dell’area del tempio. La piscina di Siloam (Siloe), situata nella parte S del crinale orientale, è alimentata dalla sorgente di Ghihon attraverso l’acquedotto e il tunnel ritenuti dell’epoca di Ezechia. (Giov. 9:11) Della sua ultima visita a Gerusalemme abbiamo un quadro più dettagliato.
Sei giorni prima della Pasqua del 33 E.V. Gesù si recò a Betania, sul pendio orientale del Monte degli Ulivi, a soli 3 km circa da Gerusalemme. L’indomani, 9 nisan, si diresse verso la capitale quale unto Re di Geova, cavalcando il puledro di un’asina, in adempimento della profezia di Zaccaria 9:9. (Matt. 21:1-9) Mentre scendeva dal Monte degli Ulivi si soffermò ad ammirare la città e pianse su di essa, predicendone l’assedio e la desolazione. (Luca 19:37-44) Quando giunse in città, probabilmente da una porta delle mura orientali, “l’intera città si commosse” dato che la notizia si sparse rapidamente in tutta la zona relativamente piccola. — Matt. 21:10.
Durante il tempo che restava trascorreva la giornata a Gerusalemme e la notte a Betania. (Luca 21:37, 38) Purificò l’area del tempio dai commercianti (Matt. 21:12, 13) come aveva fatto tre anni prima. (Giov. 2:13-16) L’11 nisan andò con quattro discepoli sul Monte degli Ulivi, da dove si potevano ammirare la città e il tempio, e pronunciò la grande profezia relativa alla prossima distruzione di Gerusalemme, al “termine del sistema di cose” e anche alla sua presenza. (Matteo 24; Marco 13; Luca 21) Il 13 nisan i discepoli fecero i preparativi per la cena di Pasqua in una stanza superiore di Gerusalemme dove, quella sera (l’inizio del 14 nisan), Gesù consumò il pasto con loro. Dopo aver conversato coi discepoli, insieme uscirono dalla città, attraversarono il “torrente invernale di Chidron” e salirono il pendio del Monte degli Ulivi fino al giardino chiamato Getsemani. — Matt. 26:36; Luca 22:39; Giov. 18:1, 2; vedi GETSEMANI.
Quella notte Gesù venne arrestato, riportato a Gerusalemme dai sacerdoti Anna e Caiafa e poi nella sala del sinedrio per essere processato. (Matt. 26:57-27:1; Giov. 18:13-27) Di là all’alba fu condotto da Pilato, forse nella fortezza Antonia a N del tempio (Matt. 27:2; Mar. 15:1), poi da Erode Antipa, probabilmente nel palazzo di Erode all’estremità NO della città. (Luca 23:6, 7) Alla fine venne rimandato da Pilato per il giudizio finale nel “luogo chiamato Lastrico, ma, in ebraico, Gabbata”. (Luca 23:11; Giov. 19:13) Un tratto lastricato scoperto nell’area della fortezza Antonia è ritenuto da molti il luogo dove Pilato emise il verdetto.
Il Golgota, che significa “Luogo del Teschio”, fu la zona in cui Gesù venne messo al palo. (Matt. 27:33-35; Luca 23:33) Ovviamente si trovava fuori delle mura della città, pare verso N e perciò non lontano dalla fortezza Antonia, ma non può essere identificato con sicurezza. (Vedi GOLGOTA) Lo stesso dicasi per il luogo dove Gesù fu sepolto. La Tomba del Giardino, scoperta dal generale Charles Gordon, a N dell’attuale Porta di Damasco, dà almeno un’idea della tipica tomba di un ricco nei primi secoli dell’Era Volgare, scavata nella roccia, con una grande lastra di pietra rotonda nell’apposita scanalatura che serviva per chiuderne l’entrata.
Il “campo del vasaio per seppellirvi gli estranei”, acquistato col denaro del tradimento che Giuda riportò ai sacerdoti (Matt. 27:5-7), sarebbe secondo la tradizione un luogo sul pendio S della valle di Innom quasi nel punto in cui si congiunge col Chidron. Nella zona ci sono molte tombe.
Durante il periodo apostolico
Dopo la risurrezione, Gesù ordinò ai discepoli di non andarsene per il momento da Gerusalemme. (Luca 24:49; Atti 1:4) Di là si doveva cominciare a predicare il pentimento per il perdono dei peccati in base al nome di Cristo. (Luca 24:46-48) Dieci giorni dopo la sua ascensione al cielo, i discepoli radunati in una stanza superiore ricevettero l’unzione mediante spirito santo. (Atti 1:13, 14; 2:1-4) Gerusalemme era affollata di ebrei e proseliti provenienti da ogni parte dell’impero romano, venuti per la festa di Pentecoste. Il risultato della testimonianza data da quei cristiani pieni di spirito fu che migliaia diventarono discepoli e furono battezzati. In una città con un’estensione di appena 2,5 km2 circa, e con migliaia di persone che davano testimonianza della propria fede, non meraviglia che gli adirati capi religiosi gridassero: “Ecco, avete empito Gerusalemme del vostro insegnamento”! (Atti 5:28) I miracoli, come la guarigione del mendicante cieco alla “porta del tempio chiamata Bella”, probabilmente la porta E del cortile delle donne, davano maggior forza alla testimonianza. — Atti 3:2, 6, 7.
Anche dopo che la testimonianza cominciò a estendersi alla “Samaria e fino alla più distante parte della terra” (Atti 1:8), Gerusalemme continuò a essere la sede del corpo direttivo della congregazione cristiana. A motivo della persecuzione “tutti, eccetto gli apostoli, furono dispersi in tutte le regioni della Giudea e della Samaria”. (Atti 8:1; confronta Galati 1:17-19; 2:1-9). Da Gerusalemme alcuni apostoli e discepoli furono mandati ad aiutare nuovi gruppi di credenti, per esempio in Samaria. (Atti 8:14; 11:19-22, 27) Poco dopo Saulo di Tarso (Paolo) ritenne opportuno abbreviare la sua prima visita a Gerusalemme quale cristiano a motivo dei tentativi di sopprimerlo (Atti 9:26-30), ma ci furono anche periodi di calma. (Atti 9:31) Sempre a Gerusalemme Pietro riferì all’assemblea cristiana che Dio aveva accolto credenti gentili e furono risolti anche il problema della circoncisione e alcune questioni relative. — Atti 11:1-4, 18; 15:1, 2, 22-29; Gal. 2:1, 2.
Gesù aveva detto: “Gerusalemme, Gerusalemme, che uccidi i profeti e lapidi quelli che ti sono mandati”. (Matt. 23:37; confronta i versetti Matt. 23:34-36). Anche se molti degli abitanti manifestarono fede nel Figlio di Dio, la città nel suo insieme continuò a seguire l’esempio del passato. Per questo ‘la sua casa le fu abbandonata’. (Matt. 23:38) Nel 66 E.V., in seguito alla rivolta ebraica, gli eserciti romani al comando di Cestio Gallo circondarono la città e attaccarono proprio le mura del tempio. (Confronta Luca 21:20). All’improvviso e senza ragione apparente, Cestio Gallo si ritirò. Questo permise ai cristiani di mettere in atto le istruzioni di Gesù: “Quindi quelli che sono nella Giudea fuggano ai monti, e quelli che sono in mezzo [a Gerusalemme] si ritirino, e quelli che sono nei luoghi di campagna non entrino in essa”. (Luca 21:20-22) Nella sua Storia ecclesiastica (III, 5:3) Eusebio, basandosi sugli scritti di Egesippo del II secolo, afferma che i cristiani abbandonarono Gerusalemme e fuggirono nelle vicinanze di Pella, nella regione montuosa di Galaad.
Gerusalemme ebbe un po’ di sollievo in seguito al ritiro dei romani, ma di breve durata, come era avvenuto quando i babilonesi si erano ritirati temporaneamente per respingere gli egiziani. Gli eserciti romani tornarono ancora più numerosi al comando del generale Tito e cinsero d’assedio la città affollata per la celebrazione della Pasqua. I romani innalzarono terrapieni ed eressero un muro o palizzata continua tutto intorno alla città per impedire la fuga di giorno o di notte. Anche questo adempiva la profezia di Gesù. (Luca 19:43) All’interno della città fazioni rivali litigavano e lottavano, molte delle riserve alimentari andarono distrutte, e coloro che venivano sorpresi nel tentativo di abbandonare la città erano uccisi come traditori. Giuseppe Flavio, fonte di queste informazioni, riferisce che la carestia diventò così grave che la gente si ridusse a mangiare manciate di fieno e cuoio, e perfino i propri figli. (Confronta Lamentazioni 2:11, 12, 19, 20; Deuteronomio 28:56, 57). Le offerte di pace di Tito erano costantemente respinte dagli ostinati capi della città.
Infine le mura furono sistematicamente abbattute dai romani, e i soldati invasero la città. Nonostante l’ordine di risparmiarlo, il tempio fu incendiato e sventrato. Secondo Giuseppe Flavio, ciò ebbe luogo proprio nell’anniversario della distruzione del primo tempio ad opera di Nabucodonosor avvenuta secoli prima. La sua storia precisa che fu appiccato fuoco anche agli “archivi” che contenevano le registrazioni genealogiche della discendenza e dei diritti ereditari di ogni tribù e famiglia. Quindi non sarebbe più stato possibile stabilire legalmente l’appartenenza alla tribù messianica di Giuda e alla tribù sacerdotale di Levi.
La conquista era avvenuta in soli quattro mesi e venticinque giorni, dal 3 aprile al 30 agosto del 70 E.V. La tribolazione, anche se intensa, fu assai breve. Le azioni e il comportamento irragionevole degli ebrei all’interno della città senza dubbio contribuirono ad abbreviarla. Giuseppe Flavio fa ammontare a 1.100.000 il numero dei morti, ma ci furono superstiti. (Confronta Matteo 24:22). Novantasettemila furono presi prigionieri, molti dei quali furono venduti schiavi in Egitto e in altri paesi. Anche questo adempiva la profezia divinamente ispirata. — Deut. 28:68.
La città fu rasa al suolo; rimasero solo le torri del palazzo di Erode e un tratto del muro occidentale come testimonianza per le future generazioni che la potenza difensiva non era valsa a nulla. Giuseppe osserva che, a parte quei resti, la distruzione fu “così radicale, che chiunque fosse arrivato in quel luogo non avrebbe mai creduto che vi sorgeva una città”. (Guerra giudaica, Libro VII, cap. I, 1) Un bassorilievo dell’arco di Tito a Roma rappresenta soldati romani che portano via i sacri arredi del tempio distrutto. — Confronta Matteo 24:2.
IMPORTANZA DELLA CITTÀ
Gerusalemme era molto più che la capitale di una nazione terrena. Era l’unica città al mondo su cui Geova Dio aveva posto il suo Nome. (I Re 11:36) Dopo che vi fu trasferita l’arca del patto, simbolo della presenza di Dio, e ancor più quando vi fu costruito il santuario del tempio o casa di Dio, Gerusalemme diventò figurativamente la “dimora” di Geova, il suo “luogo di riposo”. (Sal. 78:68, 69; 132:13, 14; 135:21; confronta II Samuele 7:1-7, 12, 13). Poiché i re della discendenza di Davide erano gli unti di Dio e sedevano sul “trono di Geova” (I Cron. 29:23; Sal. 122:3-5), la città stessa era pure chiamata “il trono di Geova”, e quelle tribù o nazioni che si volgevano verso Gerusalemme riconoscendo la sovranità di Dio si radunavano in effetti nel Nome di Geova. (Ger. 3:17; Sal. 122:1-4; Isa. 27:13; confronta 33:17, 20-22). Coloro che si mostravano ostili o combattevano contro Gerusalemme, si opponevano in realtà all’espressione della sovranità di Dio. Questo doveva accadere, secondo le parole profetiche di Genesi 3:15.
Gerusalemme rappresentava dunque la sede del governo divinamente costituito o del tipico regno di Dio. Da essa emanavano la legge di Dio, la sua parola e la sua benedizione. (Mic. 4:2; Sal. 128:5) Coloro che contribuivano alla pace di Gerusalemme e al suo bene contribuivano al successo del giusto proposito di Dio, all’attuazione della sua volontà. (Sal. 122:6-9) Benché situata fra i monti di Giuda e senza dubbio imponente, la vera grandezza e bellezza di Gerusalemme derivava dal fatto che Geova Dio l’aveva onorata e glorificata, affinché potesse essere per lui una “corona di bellezza”. — Sal. 48:1-3, 11-14; 50:2; Isa. 62:1-7.
Sono principalmente le creature intelligenti che lodano Geova e fanno la sua volontà, per cui non erano gli edifici della città ma i suoi abitanti, governanti e governati, sacerdoti e popolo, a determinare il destino della città. (Sal. 102:18-22; Isa. 26:1, 2) Finché erano fedeli, onoravano il nome di Geova con le parole e con la loro condotta, egli benediceva e difendeva Gerusalemme. (Sal. 125:1, 2; Isa. 31:4, 5) Ma il disfavore di Geova colpì ben presto la popolazione e i sovrani a motivo della condotta apostata della maggioranza. Per questa ragione Geova dichiarò il suo proposito di rigettare la città che aveva portato il suo nome. (II Re 21:12-15; 23:27) Avrebbe tolto alla città “sostegno e appoggio”, col risultato che si sarebbe riempita di tirannia, delinquenza minorile, mancanza di rispetto per chi aveva una posizione onorevole; grande sarebbe stata la degradazione e l’umiliazione di Gerusalemme. (Isa. 3:1-8, 16-26) Anche se settant’anni dopo aver permesso che fosse distrutta da Babilonia Geova Dio restituì alla città la sua bellezza facendone di nuovo il centro della vera adorazione sulla terra (Isa. 52:1-9; 65:17-19), gli abitanti e i loro capi caddero di nuovo nell’apostasia.
Geova preservò la città finché mandò suo Figlio sulla terra. Doveva esistere perché si adempissero le profezie messianiche. (Isa. 28:16; 52:7; Zacc. 9:9) L’apostasia di Israele giunse al culmine quando venne messo al palo il Messia, Gesù Cristo. (Confronta Matteo 21:33-41). Questo avvenne a Gerusalemme, per istigazione dei capi della nazione con l’appoggio della popolazione, e rese certo il completo e irreversibile ripudio da parte di Dio della città che non poteva più rappresentarLo e portare il Suo Nome. (Confronta Matteo 16:21; Luca 13:33-35). Né Gesù né gli apostoli predissero la restaurazione della Gerusalemme terrena da parte di Dio dopo la distruzione da Lui decretata, che si abbatté sulla città nel 70 E.V.
Eppure il nome Gerusalemme continuò a simboleggiare qualche cosa di più grande della città terrena. L’apostolo Paolo, per divina ispirazione, rivelò che c’era una “Gerusalemme di sopra”. Ne parlò come della “madre” dei cristiani unti. (Gal. 4:25, 26) Questo attribuisce alla “Gerusalemme di sopra” la posizione di moglie di Geova Dio, il grande Padre e Datore di vita. Quando la Gerusalemme terrena era la capitale della nazione eletta di Dio, anche di lei si parlava come di una donna, la moglie di Dio, legata a lui dai santi vincoli di un patto (Isa. 51:17, 21, 22; 54:1, 5; 60:1, 14), e rappresentava l’intera congregazione dei servitori umani di Dio. Perciò la “Gerusalemme di sopra” deve rappresentare l’intera congregazione dei servitori spirituali di Dio.
La Nuova Gerusalemme
Nella Rivelazione ispirata, l’apostolo Giovanni parla della “nuova Gerusalemme”. (Riv. 3:12) Vede in visione questa “città santa . . . scendere dal cielo, da Dio, e preparata come una sposa adorna per il suo marito”. Tutto questo in relazione alla visione di “un nuovo cielo e una nuova terra”. Questa “sposa”, viene precisato, è “la moglie dell’Agnello”. (Riv. 21:1-3, 9-27) Altri scrittori apostolici applicano la stessa illustrazione alla congregazione cristiana degli unti. (II Cor. 11:2; Efes. 5:21-32) In Rivelazione capitolo 14 è descritto l’“Agnello” Cristo Gesù sul monte Sion, nome pure associato a quello di Gerusalemme (confronta I Pietro 2:6), e con lui sono 144.000 che hanno il nome suo e il nome del Padre suo scritto sulla fronte. — Riv. 14:1-5; vedi NUOVA GERUSALEMME.
La Gerusalemme infedele
Dal momento che molto di quanto viene detto di Gerusalemme nelle Scritture viene detto a sua condanna, è chiaro che solo quando era fedele Gerusalemme simboleggiava o prefigurava la vera congregazione cristiana, l’“Israele di Dio”. (Gal. 6:16) Quando era infedele, era rappresentata come una prostituta e un’adultera; era diventata simile agli amorrei e agli ittiti pagani che un tempo avevano dominato la città. (Ezec. 16:3, 15, 30-42) Come tale poteva solo rappresentare gli apostati, coloro che ‘si prostituiscono’ seguendo una condotta di infedeltà al Dio il cui nome affermano di portare. — Giac. 4:4.
È dunque chiaro che “Gerusalemme” ha più di un significato e in ciascun caso si deve esaminare il contesto per avere il corretto intendimento.
[Cartina a pagina 527]
(Per la corretta impaginazione, vedi l’edizione stampata)
GERUSALEMME e dintorni
MONTE SCOPUS
MONTE MORIA
MONTE DEGLI ULIVI
MONTE SION
COLLE OCCIDENTALE
Valle di Innom
Valle del Tiropeon
Valle del t. Chidron
Ghihon
En-Roghel
[Cartina a pagina 532]
(Per la corretta impaginazione, vedi l’edizione stampata)
GERUSALEMME AL TEMPO DEL MINISTERO DI GESÙ E DEGLI APOSTOLI
Tomba del Giardino(?)
Golgota(?)
(Mura esterne a N iniziate da Erode Agrippa I, che regnò dal 41 al 44 E.V. circa)
Piscina di Betzata
Fortezza Antonia
Tempio
Sinedrio(?)
Palazzo di Erode
TIROPEON
Piscina di Siloam
VALLE DI INNOM O GEENNA
Akeldama(?)
VALLE DEL CHIDRON
Colonnato di Salomone
Getsemani(?)
MONTE DEGLI ULIVI
[Figura a pagina 529]
La cosiddetta Torre di Davide nella parte O di Gerusalemme, ritenuta da alcuni dell’epoca del re Erode
[Figura a pagina 533]
Moneta romana che commemora la resa di Gerusalemme nel 70 E.V. Judaea capta (“Giudea conquistata”). SC (“Senatus Consultu” vale a dire “Per decreto del senato”)