Capitolo VII
Requisiti per essere ammessi nel paradiso spirituale
1, 2. Quali sono i requisiti, esposti in Isaia 55:6, 7, per essere ammessi nel paradiso spirituale?
LA VIA per entrare nel paradiso spirituale è ancora aperta! L’invito a entrarvi e goderne risuona ancora in tutto il mondo! Se chi ode l’invito desidera entrarvi che cosa deve fare? I requisiti sono piacevolmente esposti nelle successive parole dell’ispirata profezia del capitolo cinquantacinque di Isaia:
2 “Ricercate Geova, mentre si può trovare. Invocatelo mentre mostra d’esser vicino. Lasci il malvagio la sua via, e l’uomo dannoso i suoi pensieri; e torni a Geova, che avrà misericordia di lui, e al nostro Dio, poiché egli perdonerà in larga misura”. — Isaia 55:6, 7.
3. (a) Perché ora è il tempo di ‘ricercare Geova’? (b) In che senso egli è “vicino”?
3 Poiché siamo vissuti nel “tempo della fine” di questo sistema di cose mondiale dal 1914 E.V., il tempo rimasto in cui si può trovare il favore di Geova è ora molto breve. Quindi ora è il tempo favorevole per cercarlo. In questa ricerca non si deve andare lontano per trovarlo. Egli è ancora vicino, alla portata di coloro che lo cercano con sincerità. Perciò ora è anche il tempo di invocarlo. Non è troppo lontano per udire. Ora, prima del “grande e tremendo giorno di Geova”, si applicano le rassicuranti parole: “Deve accadere che chiunque invocherà il nome di Geova sarà salvato”. — Gioele 2:31, 32; Romani 10:13.
4. (a) Spiegate il requisito: “Lasci il malvagio la sua via”. (b) Che cosa significa lasciare i ‘pensieri dannosi’, e perché è importante far questo?
4 Ci viene detto cosa fare nel ricercare Geova e per invocare il suo nome. Bisogna prestare attenzione al proprio modo di vivere e anche al proprio modo di pensare, che influisce molto sulla condizione del proprio cuore. Questo è indicato nell’esortazione: “Lasci il malvagio la sua via, e l’uomo dannoso i suoi pensieri; e torni a Geova”. (Isaia 55:7) Certo, se un malvagio desidera cercare Geova e trovarlo e invocarlo in modo accettevole, deve lasciare la sua via malvagia. Geova odia la malvagità. L’uomo malvagio è anche dannoso, e i suoi pensieri sono perciò rivolti a fare danno ad altri. Quindi per cercare Geova, che è un Dio di benevolenza, deve mutare i suoi pensieri dalle intenzioni dannose a pensieri utili, benefici. Deve prendere seriamente quello che Dio dice in Proverbi 21:27: “Il sacrificio dei malvagi è qualche cosa di detestabile. Quanto più allorché lo porta insieme a condotta dissoluta”. La condotta e i pensieri approvati dall’Iddio di giustizia sono un requisito per poter entrare nel paradiso spirituale dei Suoi adoratori e servitori.
5. (a) Come il requisito: “Torni a Geova”, si applicò agli antichi Ebrei esiliati? (b) Quale prospettiva avevano quelli che diedero ascolto a tale requisito?
5 Dell’uomo malvagio e dannoso si dice: “E torni a Geova”. Questo significa che l’uomo malvagio e dannoso si era allontanato da Geova ed era divenuto cattivo. Una volta aveva avuto una buona, pacifica e intima relazione con Geova. Così era stato per l’antico Israele fino al tempo dell’esilio in Babilonia, che il profeta Isaia aveva predetto precedentemente nella sua profezia. Così, nella sua prima e diretta applicazione, l’esortazione “torni a Geova” fu rivolta agli Ebrei esiliati a Babilonia. Dovevano pentirsi della condotta e delle opere cattive che avevano portato alla desolazione della loro patria e all’esilio nella pagana Babilonia. La loro patria doveva rimanere desolata per un tempo limitato, settant’anni, e poi doveva essere rioccupata da un fedele rimanente di Ebrei timorati di Dio che sarebbero stati liberati da Babilonia. Mentre il tempo fissato per la liberazione da Babilonia si avvicinava sempre più, sarebbe stato consigliabile, anzi urgente, che gli Ebrei esiliati si preparassero per essere fra quelli che avrebbero avuto il privilegio di tornare in patria per trasformarla in un paradiso.
6, 7. (a) Quale azione compì il profeta Daniele in armonia con Isaia 55:7, e perché tale azione fu appropriata? (b) In che anno il rimanente degli Ebrei e i loro servitori tornarono in patria?
6 L’anziano profeta Daniele, che era stato portato in esilio a Babilonia già undici anni prima della desolazione di Gerusalemme e di Giuda, prese a cuore l’esortazione di Isaia 55:7. L’antica Babilonia sul fiume Eufrate era appena caduta nelle mani del conquistatore persiano, Ciro il Grande, nel 539 a.E.V. Dario il Medo, alleato di Ciro, ora governava temporaneamente come re di Babilonia. “Nel primo anno del suo regno”, dice Daniele, “io stesso, Daniele, compresi dai libri il numero degli anni riguardo ai quali la parola di Geova era stata rivolta a Geremia il profeta, per compiere le devastazioni di Gerusalemme, cioè settant’anni. E volgevo la mia faccia a Geova il vero Dio, per cercarlo con preghiera e con suppliche, con digiuno e sacco e ceneri. E pregavo Geova mio Dio e facevo confessione”. (Daniele 9:1-4) Nella sua preghiera Daniele confessò di appartenere a una nazione ribelle e di averne condiviso l’iniquità e la disubbidienza a Dio.
7 Personalmente Daniele non aveva seguito una via malvagia e non aveva avuto pensieri dannosi, e perciò la sua preghiera a favore degli Ebrei esiliati trovò favore agli occhi di Dio. L’anziano Daniele, che era rimasto al servizio del re Dario e poi del re Ciro, non tornò nel paese di Giuda, ma ebbe l’indicibile gioia di veder tornare in patria un rimanente di Ebrei pentiti ed emendati, insieme a migliaia di loro servitori non ebrei, per riedificare Gerusalemme e il suo tempio. Questo accadde alla fine dei settant’anni di desolazione nel 537 a.E.V.
8. In che modo la situazione del rimanente dell’Israele spirituale alla fine della prima guerra mondiale era simile a quella degli Ebrei naturali alla fine del loro esilio in Babilonia?
8 In modo simile, finita la prima guerra mondiale l’11 novembre 1918, il moderno rimanente dell’Israele spirituale dovette modificare il suo modo di agire e i suoi pensieri, quando, essendo ancora in vita sulla terra, entrò nel periodo del dopoguerra. L’esilio dal pieno favore di Dio nel reame di Babilonia la Grande stava per finire, ed era tempo che pensassero ai falli e alle mancanze riguardo all’adorazione e al servizio di Dio. Eran venuti a trovarsi sotto la responsabilità collettiva per lo spargimento di sangue e la violenza della prima guerra mondiale. Avevano bisogno di ricercare Geova e di invocare il Suo nome in preghiera. In armonia con questo loro ritorno a Dio, si applicava loro l’esortazione profetica: “Lasci il malvagio la sua via, e l’uomo dannoso i suoi pensieri; e torni a Geova”. — Isaia 55:7.
9. (a) Quale azione compì il rimanente dell’Israele spirituale per ricercare Geova? (b) Per quanto tempo furono obbligati a servire Dio, e quale opera si doveva fare?
9 Nella sua ricerca, accompagnata dall’invocazione del nome divino in preghiera, il rimanente dell’Israele spirituale riesaminò le Sacre Scritture, ora che le cose si erano svolte in maniera diversa da come avevano compreso le profezie bibliche. Avevano bisogno di modificare il loro modo di pensare e agire secondo la nuova e inattesa situazione in cui si trovavano. Erano stati “consacrati” al loro Dio non in vista di una certa data come il 1914 o il 1918 E.V., ma per l’eternità. Questo li obbligava a continuare a servire il vero Dio finché egli li preservava in vita sulla terra. Per mezzo della sua Parola scritta e della sua organizzazione Egli rivelò al rimanente che doveva compiere un’importantissima opera sulla terra riguardo al neonato regno messianico. C’era dunque ogni ragione perché ‘tornassero a Geova’. Ma sarebbe stato vano questo loro tentativo, a causa delle loro passate mancanze?
10. A motivo delle passate mancanze avevano ragione di credere che Dio li avrebbe accolti?
10 Come gli Ebrei esiliati nell’antica Babilonia, il rimanente dell’Israele spirituale aveva ogni ragione di prendere a cuore il proprio ritorno a Dio e farsi coraggio. Perché? A causa di queste rassicuranti parole di Isaia 55:7: “E torni a Geova, che avrà misericordia di lui, e al nostro Dio, poiché egli perdonerà in larga misura”.
LARGA MISURA DEL PERDONO DI DIO
11. Come Dio perdonò gli esiliati dell’Israele naturale “in larga misura”?
11 Quando perdona Dio non è avaro. La sua abbondante misericordia gli fa perdonare “in larga misura”. Egli espresse il suo perdono agli Ebrei esiliati in Babilonia compiendo verso di loro un miracolo di misericordia. Dischiuse la prigione in cui li aveva tenuti prigionieri la Babilonia imperiale e aprì loro la via del ritorno alla patria che era stata desolata per sette decenni senza uomo né animale domestico! Questo sorprese le antiche nazioni circonvicine che lo osservarono, e poterono ascrivere questo miracolo solo all’Iddio d’Israele. “In quel tempo dicevano fra le nazioni: ‘Geova ha fatto una cosa grande in ciò che ha fatto con loro’. Geova ha fatto una cosa grande in ciò che ha fatto con noi. Siam divenuti gioiosi. Riconduci, o Geova, la nostra compagnia di prigionieri, come il letto dei corsi del Negheb [riarso]”. (Salmo 126:2-4) A motivo dei peccati e delle trasgressioni del passato, gli Ebrei esiliati non lo meritavano, ma Dio li perdonò “in larga misura” per il loro sincero pentimento.
12. Che cosa diede prova che Geova aveva ristabilito nel suo favore il rimanente dell’Israele spirituale?
12 Lo stesso avvenne nel caso del moderno rimanente dell’Israele spirituale. Per il loro sincero pentimento Dio li liberò dal potere di Babilonia la Grande per mezzo del suo più grande Ciro, Gesù Cristo il Re, e li riportò alla loro giusta condizione spirituale sulla terra, condizione di relazioni pacifiche e favori divini. Egli riprese a impiegarli nella proclamazione in tutto il mondo del messaggio del momento, “questa buona notizia del regno”. Così li riportò sulla scena dell’intrepida attività pubblica, e le nazioni ostili si resero conto che Geova Dio aveva fatto per loro qualche cosa di grande, che dimostrava che li aveva ristabiliti nel suo favore e nel suo servizio.
13. Per mezzo del profeta Isaia, come Geova spiega la ragione di tale straordinaria misericordia?
13 Questi atti di liberazione, dalla Babilonia antica e dalla sua controparte moderna, erano inconcepibili alla mente umana. Tutto questo era così contrario all’imperfetto pensiero umano. Era così contrario al modo di trattare degli uomini in questo attuale sistema di cose malvagio. Perché l’Iddio contro cui era stata commessa tale offesa mostrò tale misericordia e perdonò in così grande misura? Egli lo spiega con le successive parole della profezia di Isaia: “‘Poiché i vostri pensieri non sono i miei pensieri, né le mie vie sono le vostre vie’, è l’espressione di Geova. ‘Poiché come i cieli sono più alti della terra, così le mie vie sono più alte delle vostre vie, e i miei pensieri dei vostri pensieri. Poiché proprio come scende il rovescio di pioggia, e la neve, dai cieli e non vi torna, a meno che non saturi effettivamente la terra e la faccia produrre e germogliare, e si dia effettivamente seme al seminatore e pane a chi mangia, così sarà la mia parola che esce dalla mia bocca. Essa non tornerà a me senza risultati, ma per certo farà ciò di cui mi son dilettato, e avrà sicuro successo in ciò per cui l’ho mandata’”. — Isaia 55:8-11.
14. Perché non è prudente abusare della misericordia di Dio?
14 I nostri pensieri e le nostre vie non potranno mai essere alti come quelli di Dio il Creatore, specialmente nella nostra peccaminosa imperfezione. I nostri pensieri e le nostre vie non sono dunque da paragonare con i Suoi. Ma non per questo possiamo abusare della sua misericordia. Non possiamo divenire impunemente come quegli ipocriti descritti in Giuda 4, “uomini empi, che mutano l’immeritata benignità del nostro Dio in una scusa per condotta dissoluta e si mostrano falsi al nostro solo Proprietario e Signore, Gesù Cristo”. Non possiamo abusare impunemente della magnanimità di Dio. Non meritiamo nulla da lui, e non abbiamo alcun diritto di esigere alcuna cosa. Non possiamo andare oltre ciò che la sua dichiarata parola consente.
15. (a) Con che cosa è in piena armonia la manifestazione della misericordia di Dio? (b) Come l’espressa parola di Dio è simile alla pioggia e alla neve che cadono dal cielo?
15 Qualunque cosa Geova Dio abbia fatto mostrandoci tale misericordia, ne ha dato prima parola per iscritto nelle profezie della Sacra Bibbia. Egli intende ciò che dice, e dice ciò che si propone di fare. Perciò la sua parola è degna di fiducia, come lo sono la pioggia e la neve che scendono dal cielo nel compiere il proposito divino per cui cadono sulla terra. Per questa ragione la sua espressa parola non tornerà a lui senza aver ottenuto risultati. Se ha dato la sua parola, farà in modo che sia adempiuta per mezzo del suo onnipotente spirito e dei servitori che ha scelti. Ciò che si compiace o prova diletto di fare si compirà senza fallo secondo la sua parola. Egli ha mandato la sua parola in missione, ed essa non si dimostrerà un semplice discorso vuoto. Avrà di certo successo nella dichiarata missione per cui l’ha mandata.
16. Come Geova mostrò di essere il “Dio di verità” nei confronti dell’Israele naturale e dell’Israele spirituale?
16 Nella sua parola è in gioco lo stesso onore di Dio. Non può lasciare che essa venga meno al suo scopo, poiché per lui questo significherebbe non essere onnipotente. Significherebbe non essere verace, non essere il “Dio di verità”. (Salmo 31:5) La sua parola non venne meno quando si trattò di liberare gli Israeliti esiliati dalla Babilonia imperiale e di ristabilirne il rimanente nella patria desolata proprio a suo tempo. Né la sua parola tornò a lui senza risultati nei tempi moderni quando si trattò di liberare il rimanente dell’Israele spirituale dal potere di Babilonia la Grande e di ristabilirlo nel suo favore e nel suo servizio sulla terra dal 1919 E.V. in poi. Si potrebbero citare molti altri esempi storici, antichi e moderni, per provare la veracità della sua parola espressa in Isaia 55:10, 11.
PROFEZIA DI UN PARADISO
17. Dopo aver dato risalto all’assoluta certezza dell’adempimento della sua parola, cosa promette Geova, come narra Isaia 55:12, 13?
17 Quello che Geova Dio ha detto dell’assoluta certezza che la sua parola si avvererà ci rafforza per accettare con fiducia la splendida profezia che segue. Egli si rivolge a quelli che lo cercano e invocano il suo nome e tornano a lui nel pentimento e nella giustizia. (Isaia 55:6, 7) Rivelando quanto i suoi pensieri e le sue vie siano al di sopra di quelli dell’uomo imperfetto e mortale, egli continua con queste parole: “Poiché andrete con allegrezza, e sarete condotti con pace. I monti e i colli stessi proromperanno dinanzi a voi in grida di gaudio, e i medesimi alberi del campo batteranno tutti le mani. Invece dei cespugli di spini verrà sù il ginepro. Invece della pungente ortica verrà sù il mirto. E deve divenire per Geova qualche cosa di famoso, un segno a tempo indefinito che non sarà stroncato”. — Isaia 55:12, 13, NM; La Bibbia di Gerusalemme; Nardoni; Versione Riveduta; Diodati.
18, 19. (a) Quale splendida liberazione vi è descritta? (b) Chi doveva ‘rallegrarsi’, e in che modo Salmo 126:1, 2 descrive piacevolmente i loro sentimenti?
18 Queste parole profetiche non descrivono piacevolmente la rallegrante liberazione di un popolo esiliato e il ritorno in patria con una gioiosa accoglienza? “Poiché”, vale a dire a conferma di quanto era appena stato detto da Geova circa i suoi elevati pensieri e vie riguardo al suo popolo, “andrete con allegrezza”. Dovevano uscire dal paese di Babilonia come un popolo liberato. Questa liberazione doveva avvenire con allegrezza non delle nazioni gentili in una manifestazione di simpatia verso l’esiliato popolo di Geova, ma del Suo popolo che Egli liberava in tale modo straordinario, così contrario a ciò che si aspettavano o desideravano le nazioni gentili. La gioiosa emozione del rimanente israelita e dei loro devoti compagni di fronte a tale meravigliosa liberazione dalla pagana Babilonia prorompe e riecheggia nelle parole iniziali del Salmo 126:
19 “Quando Geova ricondusse i prigionieri di Sion, divenimmo come quelli che sognavano. In quel tempo la nostra bocca fu piena di riso e la nostra lingua di grido di gioia. In quel tempo dicevano fra le nazioni: ‘Geova ha fatto una cosa grande in ciò che ha fatto con loro’”. — Salmo 126:1, 2; 2 Cronache 36:20-23.
20, 21. Essendo liberati nel 537 a.E.V., come i fedeli Ebrei poterono vedere la potente prova che Geova aveva rivendicato la veracità della sua parola?
20 Quando venne la liberazione nel 537 a.E.V., il fedele rimanente ebraico poté volgersi all’ispirata profezia di Isaia da 44:28 a 45:3, scritta due secoli prima, e poté vedere come il loro Dio aveva rivendicato la propria Parola servendosi del suo unto servitore, Ciro il Persiano, per liberarli. Il racconto storico di Esdra 1:1-5 corrisponde alla profezia di Isaia. Esso dice:
21 “Nel primo anno di Ciro re di Persia, affinché si compisse la parola di Geova dalla bocca di Geremia, Geova destò lo spirito di Ciro re di Persia così che fece passare un bando per tutto il suo reame, e anche per iscritto, dicendo: ‘Ciro re di Persia ha detto questo: “Geova l’Iddio dei cieli mi ha dato tutti i regni della terra ed egli stesso mi ha incaricato di edificargli una casa in Gerusalemme, che è in Giuda. Chiunque fra voi è di tutto il suo popolo, il suo Dio sia con lui. Salga dunque a Gerusalemme, che è in Giuda, e riedifichi la casa di Geova l’Iddio d’Israele — egli è il vero Dio — che era in Gerusalemme. In quanto a chiunque resta da tutti i luoghi dove risiede come forestiero, gli uomini del suo luogo lo assistano con argento e con oro e con beni e con animali domestici insieme a offerta volontaria per la casa del vero Dio, che era in Gerusalemme”’. Quindi si levarono i capi dei padri di Giuda e di Beniamino e i sacerdoti e i Leviti, pure ognuno di cui il vero Dio aveva destato lo spirito, per salire a riedificare la casa di Geova, che era in Gerusalemme”.
22. Perché gli Ebrei non lasciarono Babilonia in una fuga disordinata?
22 Quindi non fu nel panico o in una disordinata fuga che il rimanente ebraico e i loro compagni lasciarono Babilonia nel 537 a.E.V. Non poté avvenire così se dovevano andarsene “con allegrezza”, come era stato profetizzato. Essi uscirono in maniera ordinata, senza urli di terrore alla vista degli inseguitori. Uscirono con la piena fiducia che l’Iddio che aveva operato la loro liberazione sarebbe andato dinanzi a loro per guidarli per via e ne avrebbe protetto la retroguardia. In tal senso aveva fatto loro la promessa: “Dipartitevi, dipartitevi, uscite di là, non toccate nulla d’impuro; uscite di mezzo a lei, mantenetevi puri, voi che portate gli utensili di Geova. Poiché uscirete senza panico, e non ve ne andrete in fuga. Poiché Geova andrà perfino dinanzi a voi, e l’Iddio d’Israele sarà la vostra retroguardia”. — Isaia 52:11, 12.
23. (a) Quale ragione avevano di confidare che sarebbero giunti sani e salvi a destinazione? (b) Quando furono di ritorno in patria, e come questo dà prova che la parola di Geova non torna e lui senza risultati?
23 Pacificamente, avendo fra loro buona organizzazione, essi lasciarono l’antica Babilonia, e in pace, sotto la protezione e la guida divina, sarebbero giunti a destinazione. Di ciò li aveva assicurati l’infallibile parola divina: “Poiché andrete con allegrezza, e sarete condotti con pace”. (Isaia 55:12) Sarebbero stati “condotti” nella loro patria che era rimasta desolata per settant’anni. Come dice la traduzione dal testo originale della Versione Riveduta: “Sì, voi partirete con gioia, e sarete ricondotti in pace”. O, come dice la versione di Fulvio Nardoni: “Con gioia uscirete e con pace ve ne andrete”. Accadde proprio così, e, nel settimo mese (Tishri) del 537 a.E.V., il rimanente degli Ebrei e i loro leali compagni erano tornati e si erano stabiliti nei luoghi delle loro città, e avevano cominciato a restaurare nella loro patria l’adorazione del loro Dio. (Esdra da 2:68 a 3:2) Proprio come la pioggia e la neve cadono dal cielo e adempiono il proposito di Dio, così la profetica parola di Geova non tornò a lui senza risultati a proprio credito. — Isaia 55:10, 11.
24, 25. (a) Giunti a destinazione, gli ex esiliati trovarono forse che la loro patria era un paradiso? (b) Secondo la promessa di Dio cosa avrebbe avuto luogo a suo tempo dopo che si fossero messi all’opera?
24 L’itinerario che il rimanente degli Ebrei e i loro compagni timorati di Dio seguirono uscendo da Babilonia non attraversava un paradiso, né il paesaggio lungo il percorso si trasformò miracolosamente in un paradiso dinanzi a loro per rallegrarli durante il viaggio di diversi mesi. Né la loro patria, per lungo tempo desolata e ricoperta di spini, assunse all’improvviso un aspetto paradisiaco dinanzi ai loro occhi. Ma quali erano le loro prospettive secondo la promessa di Dio dopo essersi ristabiliti nel diletto paese nativo ed essere diligentemente tornati al lavoro, senza attendere nessun diretto miracolo di trasformazione? Ah, in quanto a questo il loro sommo sacerdote Giosuè figlio di Iozadac o Zorobabele figlio di Sealtiel che era stato nominato governatore poterono leggere loro le incoraggianti e stimolanti parole di Isaia 55:12, 13:
25 “I monti e i colli stessi proromperanno dinanzi a voi in grida di gaudio, e i medesimi alberi del campo batteranno tutti le mani. Invece dei cespugli di spini verrà sù il ginepro. Invece della pungente ortica verrà sù il mirto. E deve divenire per Geova qualche cosa di famoso, un segno a tempo indefinito che non sarà stroncato”. — Vedi Aggeo 1:1.
26. Come indica la profezia, a chi sarebbe andato il merito della trasformazione del paese, e perché appropriatamente?
26 Ci sarebbe stata davvero una bella trasformazione del paese trascurato e incolto! Questa non sarebbe avvenuta tuttavia senza lo zelante e premuroso lavoro del popolo rimpatriato. Ma il merito della meravigliosa trasformazione sarebbe stato attribuito e doveva essere attribuito a Geova, perché era Lui che avrebbe benedetto i loro sinceri sforzi. La sua benedizione era necessaria e li avrebbe accompagnati purché mettessero al primo posto la Sua adorazione e adempissero lo scopo per cui li aveva liberati dall’oppressiva Babilonia ristabilendoli nella loro diletta patria.
27. Che cosa diede prova che il paese di Giuda, negli anni della desolazione, era stato come terra maledetta?
27 Al loro ritorno nel paese abbondavano senza dubbio cespugli spinosi, e nel terreno da lungo tempo trascurato cresceva la pungente ortica. Tali piante non erano state un notevole e invitante aspetto del paradiso originale dell’uomo. Piuttosto, quando condannò il primo uomo e la prima donna come peccatori a vivere fuori del Giardino di Eden, Dio disse all’uomo: “La terra è maledetta per causa tua. Con pena ne mangerai i prodotti tutti i giorni della tua vita. Ed essa ti produrrà spine e triboli”. (Genesi 3:17, 18) Così il paese di Giuda, nei settant’anni di desolazione, era divenuto come terra maledetta: “Se produce spine e triboli, è stata rigettata ed è presso ad esser maledetta; e finisce con l’esser bruciata”. — Ebrei 6:8; confronta Deuteronomio 28:15-18; Isaia 24:6.
“UN SEGNO A TEMPO INDEFINITO”
28. Come il linguaggio della parte di Isaia 55:13 qui citata indica che Dio avrebbe di nuovo dato la benedizione al suo popolo?
28 Ora ecco la prova che Dio tornava a benedire il suo popolo devoto che l’aveva cercato e che aveva invocato il suo nome con pentimento e coi giusti frutti che si addicevano al pentimento! “Invece dei cespugli di spini verrà sù il ginepro. Invece della pungente ortica verrà sù il mirto”. (Isaia 55:13) Invece delle basse piante spinose da evitare, crebbero sempreverdi come il mirto e il ginepro che raggiunge un’altezza di circa venti metri. Vi possono fare il nido gli uccelli dei cieli, perfino la cicogna. (Salmo 104:16, 17) Dal mirto i ristabiliti Israeliti avrebbero potuto prendere i rami frondosi per costruirsi le capanne quando celebravano la festa delle capanne (o dei tabernacoli) durante la terza settimana del mese lunare di Tishri. (Neemia 8:15, 16; Zaccaria 1:8-11) Quale ristoratore e piacevole cambiamento dalle piante pungenti e spinose ad alberi sempreverdi come il ginepro e il mirto!
29. Spiegate il significato della promessa: “I medesimi alberi del campo batteranno tutti le mani” e “i monti e i colli stessi proromperanno dinanzi a voi in grida di gaudio”.
29 Ci furono altri alberi che adornarono il paese di nuovo coltivato. Infatti “i medesimi alberi del campo batteranno tutti le mani”. Applaudiranno il Creatore celeste che li fa crescere. Insieme all’altra vegetazione ricca di fiori selvatici, ricopriranno i pendii dei monti e dei colli. L’aspetto di queste alture del paese di Giuda sarà rallegrante. Essi annunceranno un messaggio di lode a Dio, e sarà come se prorompessero “in grida di gaudio”. L’ambiente naturale assume un aspetto di felicità, riflettendo la felicità di Dio per la restaurazione del suo popolo nella libertà di adorazione a Gerusalemme e in tutto il paese di Giuda. (Isaia 55:12) Come potevano gli abitanti di questo paese trasformato non prorompere dinanzi a Lui in grida di ringraziamento e di gaudio?
30, 31. (a) L’aspetto del paese ripopolato con che cosa avrebbe indotto a paragonarlo? (b) Che cosa Dio aveva ispirato Ezechiele a profetizzare al riguardo?
30 La bellezza che doveva coronare il paese ripopolato induceva a fare dei paragoni con il Giardino di Eden, originale dimora paradisiaca dell’uomo. Coloro che osservavano l’abbellito paese un tempo desolato avrebbero fatto tali paragoni. Questo fu predetto nella profezia che Dio ispirò Ezechiele a proferire nel 607 a.E.V. dopo che erano stati distrutti Gerusalemme e il suo tempio e che era iniziata la desolazione del paese di Giuda.
31 “Il Sovrano Signore Geova ha detto questo: ‘Nel giorno che vi purificherò da tutti i vostri errori per certo farò anche abitare le città, e dovranno essere riedificati i luoghi devastati. E lo stesso paese desolato sarà coltivato, mentre era divenuto una distesa desolata dinanzi agli occhi di ogni passante. E la gente per certo dirà: “Quel paese laggiù che era desolato è divenuto simile al giardino d’Eden, e le città che erano devastate e che giacevan desolate e che erano demolite sono fortificate; sono divenute abitate”. E le nazioni che vi saranno lasciate rimanere all’intorno dovranno conoscere che io stesso, Geova, ho edificato le cose demolite, ho piantato ciò che era stato desolato. Io stesso, Geova, ho parlato e ho fatto’”. — Ezechiele 36:33-36, NW.
32. Come il nome e le reputazione di Dio erano implicati in ciò che accadeva al popolo d’Israele?
32 Nessuno avrebbe potuto capovolgere completamente la situazione a favore dell’esiliata nazione d’Israele, internazionalmente odiata, eccetto il loro Dio, che rispettava il suo patto con loro. Quindi, adempiuto ciò secondo la sua promessa, si era reso famoso in tutta la terra. Il suo nome, la sua fama, la sua rinomanza erano in gioco in questa importante questione, perché il popolo implicato in questo volgere di avvenimenti era il popolo chiamato col suo stesso nome. Ciò che accadeva loro si rifletteva sul suo nome. Si dovevano correggere le errate conclusioni che le nazioni gentili avevano tratte dal modo in cui aveva castigato e disciplinato il popolo del suo patto. Ciò avrebbe influito sull’opinione che le nazioni non ebraiche si erano fatta di lui quale dio. Per rispetto verso se stesso e per il suo proprio onore doveva dimostrare a tutte le nazioni che era il vero Dio, degno di fiducia, di parola.
33. (a) Quale fu lo scopo primario per cui ricondusse il suo popolo Israele nel suo paese? (b) Che cosa rese possibile trasformare quel paese in un paradiso?
33 Non primariamente per amore del popolo del suo patto, Israele, che aveva recato biasimo al suo nome fra le nazioni, ma per amore del suo proprio nome egli li liberò dall’antica Babilonia e li ricondusse nel paese a cui aveva concesso un periodo sabatico di settant’anni. (Levitico 26:41-45; 2 Cronache 36:20, 21) Terminato questo periodo sabatico nel 537 a.E.V., vi ristabilì quindi i legittimi coltivatori. Dando loro la sua benedizione lo trasformò in un paese splendido, che assomigliava al Paradiso di Delizie, il Giardino di Eden. Questo aveva un grande significato. C’era uno scopo in tutto questo.
34. Quale ne fu lo scopo, come dichiara Isaia 55:13?
34 Dio ne spiega il motivo, poiché egli stesso dice: “E deve divenire per Geova qualche cosa di famoso [letteralmente, per un nome, Young], un segno a tempo indefinito che non sarà stroncato”. (Isaia 55:13) Avendo rivestito di paradisiaca bellezza il paese per lungo tempo desolato, suscitò l’invidia delle nazioni gentili che osservavano e accrebbe il loro rispetto per lui.
35. Per comprendere il “segno” a cui si riferisce Isaia 55:13, che cosa si deve ricordare del paese e dei suoi abitanti?
35 Poiché il paese era lì, bonificato e glorioso, era un “segno” di qualche cosa di molto importante. Si deve ricordare, prima di tutto, che era un paese dato da Dio, poiché Geova lo aveva dato al suo popolo eletto nel quindicesimo secolo a.E.V., adempiendo la promessa fatta ai loro antenati Abraamo, Isacco e Giacobbe (o Israele). Poi, a causa della persistente disubbidienza e infedeltà del suo popolo aveva, per così dire, capovolto il paese come una scodella e l’aveva vuotato dei suoi abitanti, esiliandoli nel paese di Babilonia e lasciando desolato il paese contaminato per un sabato di settant’anni. (Isaia 24:1-6; 2 Re 21:13) E ora aveva fatto rinascere il paese popoloso e anche rigenerato la nazione riportando il suo popolo per lungo tempo esiliato nella terra data loro da Dio. A onore di chi sarebbe dunque stata un “segno” la trasformazione del paese in un paradiso?
36. (a) Come la trasformazione del paese in un paradiso era un “segno” che onorava Geova? (b) Che cosa ne ha fatto un “segno a tempo indefinito”?
36 Per bocca del profeta Isaia, Geova stesso dà la verace risposta: “E questo renderà Yahweh famoso, un segno per sempre, incancellabile”. (Isaia 55:13, La Bibbia di Gerusalemme, ediz. inglese) Oppure: “Tutto questo farà ottenere al SIGNORE un gran nome, imperituro, un segno sempiterno”. (The New English Bible) Questo smentì il detto secondo cui “Dio è morto”. Le sue meravigliose opere rispetto al paese mostrarono che Egli è un Dio vivente, e che le profezie relative al suo nome Geova sono veraci. Grande e glorioso fu il nome che si fece. E il ripopolato paese di Giuda, simile a un paradiso, era un “segno” della sua Divinità, della sua sovranità universale, della sua onnipotenza, della sua fedeltà e della sua misericordia, alta quanto il cielo, per il popolo pentito che era in un patto con lui. Questo divenne un “segno a tempo indefinito”, fino ad oggi; un segno che non è stato “stroncato”, nemmeno dopo che gli eserciti romani distrussero Gerusalemme e resero desolato il paese di Giuda nel 70 della nostra Èra Volgare. Perché no? Perché la storia dell’adempimento della sua profezia è conservata nell’imperituro documento della Bibbia.
37. (a) In quale popolo troviamo la controparte moderna di quel “segno”? (b) Al tempo della loro liberazione da Babilonia la Grande, qual era la condizione del loro paese simbolico?
37 Poiché questo è un segno imperituro, incancellabile, “a tempo indefinito”, ne cerchiamo una controparte moderna. Per corrispondere al modello antico, questa dovrebbe riguardare il moderno rimanente dell’Israele spirituale, che è nel “nuovo patto” per mezzo del più grande Mediatore, Gesù Cristo. La storia moderna conferma che questo rimanente è stato liberato da Babilonia la Grande, l’impero mondiale della falsa religione, nella primavera del 1919 E.V. Sulla terra, la loro condizione religiosa o spirituale era del tutto desolata poiché essi e la loro operante organizzazione erano stati depredati da Babilonia la Grande e dai suoi patrocinatori politici, militari e giudiziari. Il loro paese simbolico, la loro condizione spirituale, era divenuto per così dire sgradevole poiché ne era deturpato l’aspetto da cose simili a cespugli spinosi e pungenti ortiche. Non presentava un aspetto invitante e attraente che invogliasse le persone dall’inclinazione religiosa a partecipare alle credenze e alle attività di questi adoratori di Geova Dio.
38. Quando Geova aprì loro la via del ritorno, come reagì il rimanente dell’Israele spirituale?
38 Nondimeno, quando il loro Dio vivente aprì loro la via, il rimanente dell’Israele spirituale se ne andò “con allegrezza” dalla schiavitù sotto Babilonia la Grande. Furono riempiti di speranza, quando videro le possibilità religiose che offriva il futuro pur rendendosi conto che ci voleva coraggio per valersene di fronte a un mondo ostile. La guerra mondiale era finita e si era arrivati a una pace provvisoria, e così furono “condotti con pace” nella loro legittima condizione spirituale, la loro restaurazione nel favore di Dio, la loro riconciliazione con lui, essendo di nuovo approvati per il servizio di ambasciatori del suo regno messianico ora istituito. (2 Corinti 5:20) Si riorganizzarono per l’opera avvenire predetta da Gesù Cristo per il “termine del sistema di cose”, cioè: “Questa buona notizia del regno sarà predicata in tutta la terra abitata, in testimonianza a tutte le nazioni; e allora verrà la fine”. Cominciarono a eliminare le cose che erano riprovevoli o che ostacolavano la vera adorazione di Dio. — Matteo 24:3, 14.
39. Come si è prodotto un mondiale paradiso spirituale perché vi dimori il popolo di Dio dei tempi moderni?
39 Fedele alle sue promesse scritte e conforme all’antico prototipo, Geova benedisse gli sforzi del restaurato rimanente degli Israeliti spirituali. Ne risultò un paradiso spirituale, che oggi costituisce una meraviglia in tutto il mondo. È come se i monti e i colli della loro proprietà spirituale si rallegrassero dinanzi a loro con grida di gioia, e come se gli alberi della fertilità cristiana battessero le mani. In senso figurativo i cespugli spinosi e la pungente ortica sono stati sostituiti da bei ginepri e mirti sempreverdi. Non ha più l’aspetto di un paese maledetto da Dio! È divenuto un luogo di dimora per i veri cristiani, che seguono veramente l’esempio di Gesù Cristo, l’unto Servitore di Geova. Ci sono anche centinaia di migliaia di persone dalla giusta inclinazione che cercavano Geova, l’Iddio del restaurato rimanente dell’Israele spirituale. Costoro sono i leali compagni del fedele unto rimanente.
40. Come l’abbellita condizione dell’Israele spirituale è divenuta un “segno” che onora Geova, e che non sarà “stroncato”?
40 Questa straordinaria trasformazione della condizione spirituale del rimanente ha reso Geova famoso in tutta la terra. Il nome personale di Dio è conosciuto in tutto il mondo. La ravvivata, abbellita condizione del rimanente spirituale è divenuta un “segno”, e durerà a tempo indefinito. Perdura finora nonostante la seconda guerra mondiale e altri tumulti e disastri mondiali. Non è stato “stroncato” fino al tempo attuale, e non lo sarà mai. — Isaia 55:12, 13.
41, 42. Nella restaurazione dell’Israele spirituale, come si svolsero le cose secondo le parole di Isaia 55:8, 9?
41 Specialmente agli occhi del ristabilito rimanente dell’Israele spirituale tutto questo è stato così meraviglioso, sorprendente. Durante l’oppressione della prima guerra mondiale e durante la loro schiavitù a Babilonia la Grande, non immaginavano mai che potesse avvenire una cosa del genere. Secondo il loro intendimento delle profezie bibliche non potevano neanche immaginare una tal cosa! Sarebbe stato considerato presuntuoso aspettarsi o predire che si sarebbe verificata una cosa del genere per questo prigioniero, esiliato rimanente dell’Israele spirituale mentre era ancora sulla terra. Certo i loro pensieri non erano all’altezza dei pensieri di Dio né le loro vie sul piano delle sue vie. Avvenne proprio come Geova stesso aveva detto:
42 “‘I vostri pensieri non sono i miei pensieri, né le mie vie sono le vostre vie’, è l’espressione di Geova. ‘Poiché come i cieli sono più alti della terra, così le mie vie sono più alte delle vostre vie, e i miei pensieri dei vostri pensieri’”. — Isaia 55:8, 9.
43. Secondo tutta l’evidenza, chi è l’autore di questo paradiso spirituale?
43 Tutto contribuisce a provare che questa non è opera dell’uomo ma dell’Iddio Onnipotente. Vale anche oggi la regola dichiarata dall’avvocato Gamaliele al Sinedrio di Gerusalemme ai giorni degli apostoli nel primo secolo E.V.: “Se questo progetto o quest’opera è dagli uomini, sarà rovesciata; ma se è da Dio, non li potrete rovesciare [il progetto o l’opera]”. (Atti 5:38, 39) Quindi il paradiso spirituale dei cristiani testimoni di Geova che fino a questo giorno non è stato stroncato è un “segno” di cui è autore l’Iddio Onnipotente. Per questo Egli è divenuto famoso in tutta la terra; si è fatto un gran nome. Possono essere grati tutti i timorati di Dio che hanno i requisiti per essere ammessi nel paradiso spirituale che egli ha istituito, ricercandolo mentre si può trovare e invocando il suo nome personale mentre egli è ancora vicino, durante questo “termine del sistema di cose”. — Isaia 55:6; Matteo 24:3.
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Cicogne nel nido in cima a un ginepro