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SentinellaAusiliario per capire la Bibbia
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sentinelle che tenevano informati i comandanti militari. (Ger. 51:12) Quando il re Saul era accampato con il suo esercito in aperta campagna anch’egli aveva delle sentinelle incaricate di provvedere alla sicurezza del re. — I Sam. 14:16; 26:15, 16.
Spesso le sentinelle erano appostate sulle torri e le mura della città per osservare da lontano chiunque si avvicinasse. (II Sam. 18:24-27; II Re 9:17-20) A volte le sentinelle facevano anche giri di ispezione per le vie della città. (Cant. 3:3; 5:7) Persone intimorite, sveglie durante le ore pericolose della notte, potevano chiedere più volte alle sentinelle se tutto andava bene (Isa. 21:11, 12), ed era solo naturale che le sentinelle stesse attendessero con ansia la venuta del giorno. (Sal. 130:6) Felice la città che oltre alle sentinelle aveva la protezione di Geova. — Sal. 127:1.
USO FIGURATIVO
Geova suscitò profeti che prestavano servizio come simboliche sentinelle per la nazione di Israele (Ger. 6:17), i quali a loro volta parlarono di sentinelle in senso simbolico. (Isa. 21:6, 8; 52:8; 62:6; Osea 9:8) Quei profeti-sentinelle avevano la responsabilità di avvertire i malvagi dell’incombente distruzione e, se non lo facevano, loro stessi dovevano rendere conto. Naturalmente se questi non prestavano ascolto all’avvertimento il loro proprio sangue ricadeva su di loro. (Ezec. 3:17-21; 33:1-9) Un profeta infedele era inutile come una sentinella cieca o un cane senza voce. — Isa. 56:10.
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SerafiniAusiliario per capire la Bibbia
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Serafini
[ebr. seraphim].
Gli studiosi non sono concordi circa il significato di questo termine. La radice verbale da cui deriva è saràph. Secondo il professor Gesenius, questa radice fondamentalmente significherebbe “succhiare o bere, inghiottire, assorbire”, e perciò, del fuoco, “divorare”, cioè “consumare, bruciare interamente”. Ma potrebbe avere anche un altro significato, per affinità col termine arabo che significa “essere nobile”. Un termine derivato da questa radice araba significa infatti “nobile, principe”.
Gesenius prosegue a proposito del primo significato, citando Numeri 21:6 e Isaia 14:29; 30:6. I primi due versetti parlano di “serpenti velenosi [nehhashìm seraphìm]” e li collegano con una “serpe infuocata [saràph]” (Num. 21:8), menzionata anche in Isaia 30:6. Questi si pensa siano così chiamati a motivo del bruciore causato dal loro morso. Quindi, riferendosi a Isaia 6:2, 6, Gesenius dice dei serafini: “ordine di angeli che servono Geova, forniti di sei ali. I rabbini, quali Abulwalid e Kimchi, lo rendono angeli ardenti cioè splendenti, . . . ma il termine ha il significato di bruciare, non splendere; e perciò è meglio . . . attribuirgli il significato di principi, nobili del cielo, che altrove sono chiamati pure [sarìm]”. Più avanti dice a proposito del termine ebraico seraphìm che, anche se potrebbe essere reso serpenti alati (in Isaia 6:2, 6, come alcuni vorrebbero), il primo significato, cioè principi, nobili, è preferibile, poiché altrove il termine è usato solo a proposito di un serpente velenoso. — Hebrew and English Lexicon of the Old Testament, pp. 977, 978.
Il profeta Isaia ci descrive la sua visione (Isa. 6:1-7) dicendo: “Nell’anno che morì il re Uzzia, io, comunque, vidi Geova, seduto su un trono alto ed elevato, e i lembi delle sue vesti riempivano il tempio. Serafini stavano sopra di lui. Ciascuno aveva sei ali. Con due si copriva la faccia, e con due si copriva i piedi, e con due volava. E questo chiamò quello e disse: ‘Santo, santo, santo è Geova degli eserciti. La pienezza di tutta la terra è la sua gloria’.... E io dicevo: ‘Guai a me! Poiché sono come ridotto al silenzio, perché sono un uomo impuro di labbra, e dimoro fra un popolo impuro di labbra; poiché i miei occhi han visto il Re stesso, Geova degli eserciti!’ Allora, uno dei serafini volò verso di me, e nella sua mano c’era un carbone ardente che aveva preso con le molle dall’altare. E mi toccava la bocca e diceva: Ecco, questo ti ha toccato le labbra, e il tuo errore si è dipartito e il tuo peccato stesso è espiato’”.
Non viene fatta alcuna descrizione del Personaggio Divino. Comunque viene detto che i lembi del suo maestoso abito riempivano il tempio, non lasciando posto per nessuno. Il trono non poggiava sulla terra ma, oltre a essere “alto”, era “elevato”. Il fatto che i serafini “stavano sopra di lui” può significare che “si libravano” mediante un paio delle loro ali, proprio come la nuvola “stava” o si librava all’ingresso della tenda di Geova nel deserto. (Deut. 31:15) Il professor Delitzsch osserva a proposito della posizione dei serafini: “I serafini certamente non torreggiavano al di sopra della testa di Colui che sedeva sul trono, ma si libravano sopra il Suo abito di cui la sala era piena”. (Biblical Commentary on the Prophecies of Isaiah, p. 191) La Vulgata, invece di dire “serafini stavano sopra di lui”, dice che stavano sopra di “esso”.
D’ALTO RANGO
Queste potenti creature spirituali sono angeli, che evidentemente hanno una posizione molto elevata nell’ordinamento di Dio, poiché viene mostrato che prestano servizio presso il trono di Dio. I cherubini visti nella visione di Ezechiele erano simili a corridori che scortavano il celeste carro di Dio. (Ezec. 10:9-13) Questa idea di posizioni autorevoli nei cieli è in armonia con Colossesi 1:16, dove si parla di cose “nei cieli e sulla terra, le cose visibili e le cose invisibili, siano troni o signorie o governi o autorità”.
LORO MANSIONI E COMPITI
Il numero dei serafini non è menzionato, ma si chiamavano l’un l’altro, e questo evidentemente voleva indicare che erano da entrambi i lati del trono e annunciavano la santità e la gloria di Geova con un canto antifonale, in cui uno (o un gruppo) ripeteva dopo l’altro o rispondeva all’altro con una parte della dichiarazione: “Santo, santo, santo è Geova degli eserciti. La pienezza di tutta la terra è la sua gloria”. (Confronta la lettura della Legge e la risposta del popolo, in Deuteronomio 27:11-26). Con umiltà e modestia alla presenza del Supremo, essi si coprivano la faccia con un paio di ali, ed essendo in un luogo santo, si coprivano i piedi con un altro paio, in segno di rispetto per il Re celeste.
Il fatto che i serafini annunciano la santità di Dio dimostra che hanno l’incarico di far proclamare la sua santità e far riconoscere la sua gloria in ogni parte dell’universo, inclusa la terra. Un serafino toccò le labbra di Isaia per purificarlo dal peccato e dall’errore mediante un carbone ardente preso dall’altare; quest’azione può fornirci un’indicazione che la loro opera comporta la purificazione dal peccato fra il popolo di Dio, purificazione basata sul sacrificio di Gesù Cristo sull’altare di Dio.
IL LORO ASPETTO NELLA VISIONE
La descrizione dei serafini aventi piedi, ali, ecc., va intesa in senso simbolico, e la loro somiglianza all’aspetto di creature terrene rappresenta unicamente le capacità che hanno o le mansioni che svolgono, proprio come Dio spesso dice simbolicamente di avere occhi, orecchi e altre caratteristiche umane. A indicare che nessun uomo conosce l’aspetto di Dio, l’apostolo Giovanni dice: “Diletti, ora siamo figli di Dio, ma non è stato ancora reso manifesto che cosa saremo. Sappiamo che quando egli sarà reso manifesto, saremo simili a lui, perché lo vedremo come egli è”. — I Giov. 3:2.
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SeraiaAusiliario per capire la Bibbia
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Seraia
(Serata) [Geova ha prevalso, persiste, è principe].
1. Capo degli alloggi del re Sedechia; figlio di Neria e fratello di Baruc. (Ger. 32:12; 51:59) Nel quarto anno del regno di Sedechia, 614 a.E.V., Seraia accompagnò Sedechia a Babilonia. Geremia gli aveva affidato un rotolo che conteneva la denuncia profetica di Babilonia, e gli aveva ordinato di leggerlo vicino all’Eufrate, quindi di legare una pietra al rotolo e scagliarlo nel fiume, per illustrare che la caduta di Babilonia sarebbe stata definitiva. (Ger. 51:59-64) Seraia probabilmente fece circolare fra gli israeliti già in cattività alcuni brani della profezia.
2. Capo sacerdote quando Babilonia distrusse Gerusalemme nel 607 a.E.V. Seraia fu ucciso per ordine di Nabucodonosor, ma suo figlio Iozadac venne risparmiato e portato prigioniero a Babilonia. (II Re 25:18-21; Ger. 52:24-27) Per mezzo di Iozadac figlio di Seraia la linea dei sommi sacerdoti discendenti di Aaronne non fu interrotta, e Iesua figlio di Iozadac aveva questo incarico al tempo della liberazione e del ritorno degli ebrei. (I Cron. 6:14, 15; Esd. 3:2) Seraia è pure definito “padre” di Esdra, ma in considerazione del fatto che tra la morte di Seraia e il ritorno di Esdra trascorsero 139 anni, fra loro ci furono probabilmente almeno due generazioni innominate, omissione comune nelle genealogie bibliche. — Esd. 7:1.
3. Uno dei comandanti militari rimasti in Giuda dopo la deportazione generale a Babilonia; figlio di Tanumet. Seraia e gli altri comandanti appoggiarono la nomina di Ghedalia a governatore, lo avvertirono che Ismaele attentava alla sua vita e poi cercarono di vendicarne la morte. Tuttavia, temendo i babilonesi, Seraia e gli altri comandanti condussero in Egitto gli ebrei rimasti. — II Re 25:23, 26; Ger. 40:8, 13-16; 41:11-18; 43:4-7.
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Sepoltura, luoghi di sepolturaAusiliario per capire la Bibbia
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Sepoltura, luoghi di sepoltura
Questi termini italiani sono intesi generalmente nel senso di fossa scavata nella terra, in cui seppellire i defunti. Ma poiché presso gli ebrei e altri popoli orientali i morti venivano di solito deposti in grotte naturali oppure in tombe o cripte scavate nella roccia, un lettore occidentale della Bibbia potrebbe facilmente farsi un’idea inesatta. (Gen. 47:30; 49:30) L’espressione ampia, generica, “luogo di sepoltura”, rende quindi meglio il sostantivo ebraico qèver, comunemente usato per indicare un luogo di inumazione, una tomba o un cimitero. (Gen. 23:4, 7-9; Isa. 22:16) Il termine affine qevuràh pure si può riferire a una sepoltura nella terra o a una tomba scavata nella roccia. — Gen. 35:20; Deut. 34:6.
In greco il termine comunemente reso sepoltura o tomba è tàphos (Matt. 27:66; 28:1), derivato dal verbo thàpto, che significa “seppellire. (Matt. 8:21, 22) I termini mnèma (Luca 23:53; Atti 2:29) e mnemèion (Mar. 6:29; Luca 23:55) si riferiscono invece a un sepolcro o tomba commemorativa. — Vedi TOMBA COMMEMORATIVA.
Poiché questi termini ebraici e greci si riferiscono a singoli luoghi di sepoltura, spesso sono usati al plurale per indicare più tombe del genere. Sono quindi nettamente distinti dall’ebraico she’òhl e dal suo equivalente greco hàides, che si riferiscono alla comune tomba di tutto il genere umano e perciò sono usati sempre al singolare. Per questa ragione molte traduzioni moderne si limitano a traslitterare i termini she’òhl e hàides anziché renderli di volta in volta “inferno”, “tomba” o “fossa. — Vedi ADES; SCEOL.
Comunque, dal momento che l’ingresso nello Sceol ha luogo in concomitanza con l’inumazione in una singola tomba o luogo di sepoltura, i termini che si riferiscono a luoghi del genere sono usati come parallelismi non come equivalenti di Sceol. (Giob. 17:1, 13-16; 21:13, 32, 33; Sal. 88:3-12) La tomba può inoltre essere rappresentata da espressioni figurative come “casa di lunga durata” dell’uomo, e, forse, “terra di sotto” (contrapposta al “paese dei viventi”), anche se queste espressioni possono benissimo riferirsi a Sceol che, rappresentando il soggiorno dei morti, ha significato molto più ampio. — Confronta Ecclesiaste 12:5-7 con Giobbe 17:13; Ezechiele 32:24, 25 con Ezechiele 32:21.
In Romani 3:13 l’apostolo Paolo cita Salmo 5:9, paragonando la gola di uomini malvagi e menzogneri a “un sepolcro aperto”. Come un sepolcro aperto deve essere riempito di morti e di corruzione, così la loro gola si apre per emettere parole mortifere e corrotte. — Confronta Matteo 15:18-20.
Benché la tomba sia paragonata a una fossa da cui l’uomo desidera giustamente essere liberato, Giobbe richiama l’attenzione sulla disperazione di quelle persone che soffrono e, non avendo una speranza precisa né intendimento dei propositi del loro Creatore, desiderano morire ed “esultano perché trovano un luogo di sepoltura”. (Giob. 3:21, 22) Un atteggiamento del genere è in netto contrasto con quello di coloro che hanno dedicato la propria vita al servizio del Creatore e hanno piena fiducia nella promessa di una risurrezione. — Sal. 16:9-11; Atti 24:15; Filip. 1:21-26; II Tim. 4:6-8; Ebr. 11:17-19.
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