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IntegritàAusiliario per capire la Bibbia
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L’integrità è possibile non mediante la propria forza morale, ma solo grazie a profonda fede e fiducia in Geova e nel suo potere salvifico. (Sal. 25:21) Dio promette che sarà uno “scudo” e una “fortezza” a protezione di coloro che camminano nell’integrità. (Prov. 2:6-8; 10:29; Sal. 41:12) La costante preoccupazione di avere l’approvazione di Geova dà stabilità alla loro vita, permette loro di seguire la retta via fino alla meta. (Sal. 26:1-3; Prov. 11:5; 28:18) Anche se, come osservò perplesso Giobbe, l’irriprovevole può soffrire perché il malvagio domina e può morire insieme ai malvagi, Geova assicura che sa riconoscere chi è irriprovevole, e una persona del genere avrà un’eredità a tempo indefinito, il suo futuro sarà pacifico ed entrerà in possesso del bene. (Giob. 9:20-22; Sal. 37:18, 19, 37; 84:11; Prov. 28:10) Come nel caso di Giobbe, l’integrità più che la ricchezza rende una persona veramente degna, meritevole di rispetto. (Prov. 19:1; 28:6) Felici i figli che hanno simili genitori (Prov. 20:7), poiché ricevono una splendida eredità nell’esempio della vita paterna, godono del suo buon nome e del rispetto che si è guadagnato!
L’INTEGRITÀ NELLE SCRITTURE GRECHE CRISTIANE
Anche se nelle Scritture Greche Cristiane non compare un esatto corrispondente del termine “integrità”, l’idea è presente in tutta questa parte della Bibbia. Il Figlio di Dio, Gesù Cristo, diede il migliore esempio di integrità e di suprema fiducia nella forza e nella protezione del Padre celeste. Perciò fu “reso perfetto” quale sommo sacerdote di Dio e anche unto re del regno celeste, regno più grande di quello di Davide. (Ebr. 5:7-9; 4:15; 7:26-28; Atti 2:34, 35) L’integrità è inclusa nel comandamento indicato da Gesù come il più grande di tutti, quello di amare Geova Dio con tutto il cuore, la mente, l’anima e la forza. (Matt. 22:36-38) Il suo comando “dovete dunque esser perfetti, come è perfetto il vostro Padre celeste” (Matt. 5:48), pure sottolinea la completezza della propria devozione alla giustizia. (Il termine greco per perfezione rende l’idea di qualche cosa che è ‘portato a compimento’ ed è perciò simile nel significato ai termini ebraici già considerati).
L’insegnamento di Gesù dava risalto a purezza di cuore, unicità di vedute e intenti, assenza di ipocrisia, tutte qualità che caratterizzano l’integrità. (Matt. 5:8; 6:1-6, 16-18, 22, 23; Luca 11:34-36) Come Davide e altri servitori di Dio dell’antichità, l’apostolo Paolo manifestò la stessa preoccupazione di dimostrare l’innocenza e l’irreprensibilità del suo ministero, esente da qualsiasi accusa di corruzione o deviazione nei rapporti con altri. — II Cor. 4:1, 2; 6:3-10; 8:20, 21; I Tess. 1:3-6.
Perseverando in un incarico ricevuto da Dio nonostante l’opposizione, e sopportando privazioni, persecuzione e sofferenza per attenersi a una condotta di santa devozione, Paolo e altri primi cristiani si distinsero quali persone di integrità. — Atti 5:27-41; II Cor. 11:23-27.
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Intendimento
Nelle lingue originali i termini resi “intendimento” nelle Scritture hanno significato ampio, come del resto anche il termine italiano. Si possono riferire a semplice comprensione, oppure possono descrivere una presa di coscienza piena e profonda dell’intima natura, delle ragioni fondamentali e del significato di questioni complesse. Perspicacia, discernimento e percezione sono tutti aspetti dell’intendimento e a volte tali sfumature sono più accentuate e richiedono l’uso di questi termini nella traduzione.
Il verbo ebraico bin e il sostantivo binàh sono quelli più spesso resi intendimento, intendere, ecc. A volte bin e binàh possono sottolineare in modo particolare precisi aspetti del discernimento (I Sam. 3:8; II Sam. 12:19; Sal. 19:12; Dan. 9:2), dell’attenta considerazione (Deut. 32:7; Prov. 14:15; 23:1; Ger. 2:10; Dan. 11:37) o attenzione (Giob. 31:1; 32:12; 37:14; Sal. 37:10) da prestare a qualche cosa, e così sono tradotti. Il professor R. C. Dentan (in The Interpreter’s Dictionary of the Bible, Vol. IV, pp. 732, 733) dice: “La radice בין [bin] in primo luogo significa ‘discernere coi sensi’, ‘cogliere le differenze’, quindi ‘prestare molta attenzione’, e infine — specie nei derivati — ‘comprendere’ o ‘far comprendere’ ad altri”. L’ebraicista Gesenius (Hebrew and English Lexicon, p. 140) dà come significato fondamentale “separare, distinguere . . . quindi discernere, notare, intendere, tutti dipendenti dalla facoltà di separare, distinguere, discriminare”. Altri sostantivi, tavùn e tevunàh, derivano evidentemente dalla stessa radice da cui deriva binàh, e possono giustamente venir tradotti “discernimento” (Prov. 10:23; 11:12) o “intendimento” (Eso. 31:3; Deut. 32:28) secondo il contesto.
Il significato fondamentale di questi termini rivela che chi ha intendimento è in grado di esaminare una questione, individuarne le componenti separando i singoli elementi o aspetti che compongono o si uniscono per formare il tutto, percepire la relazione che c’è fra gli elementi stessi e così comprendere o afferrare l’importanza o il significato della cosa. Si può fare l’esempio di una lingua. Per capire il discorso, chi sente i suoni pronunciati in una certa lingua deve essere in grado di distinguere le singole parole che compongono le frasi, conoscerne il significato e capire che relazione hanno fra loro. (Deut. 28:49) Tuttavia, anche se uno capisce grosso modo quello che gli viene detto, l’intendimento può andare oltre tale semplice comprensione e afferrare il vero significato e senso del messaggio, essere in grado di valutarlo, trarne beneficio e agire di conseguenza. Quando il sacerdote Esdra lesse la Legge al popolo radunato a Gerusalemme, erano presenti “tutti quelli abbastanza intelligenti [dall’ebr. bin] da ascoltare”, ma, anche se avevano una mente matura capace di intendere tutte le parole, i leviti “spiegavano [o davano intendimento, forma di bin] la legge al popolo, . . . E continuarono a leggere ad alta voce dal libro, dalla legge del vero Dio, esponendola, e dandole significato; e continuarono a dare intendimento nella lettura”. — Nee. 8:2, 3, 7, 8.
Anche il verbo ebraico sakhàl e il sostantivo sèkhel hanno relazione con l’intendimento. Di sakhàl il professor Dentan dice che, nell’uso biblico, “ha assunto in particolare il significato di ‘avere perspicacia’ o ‘essere prudente’. (Confronta I Samuele 18:5, 30; I Re 2:3; I Cronache 28:19; Daniele 1:17). A volte questi termini danno risalto anche alla discrezione. — Sal. 47:7; Prov. 10:19.
Nelle Scritture Greche, “intendimento”, nel significato di percezione, di afferrare il senso di una cosa, traduce in special modo il verbo synìemi e il sostantivo synesis, che corrispondono all’ebraico bin e forme derivate. Altri termini simili sono epìstamai, che significa fondamentalmente conoscere bene, e noèo, pensare, considerare, e quindi avere intendimento.
LA FONTE DELL’INTENDIMENTO
Geova Dio è la Fonte dell’intendimento, Colui che
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