Come si risolve la contesa della proprietà
“Ecco, a Geova tuo Dio appartengono i cieli, pure i cieli dei cieli, la terra e tutto ciò ch’è in essa. — Deut. 10:14.
1. Qual è la prima prova che Dio è il proprietario del cielo e della terra, e come la Bibbia sostiene questo?
“IN PRINCIPIO Dio creò i cieli e la terra”. (Gen. 1:1) Queste parole iniziali della Sacra Bibbia danno direttamente prova che Dio è il proprietario dei cieli e della terra. Egli li creò, cioè li produsse e li fece esistere. Ne è il Fattore. Essi furono e sono suo possesso, sua proprietà, avendo l’esclusivo e assoluto diritto di possederli. Dio tiene il titolo di tutta questa proprietà, e la Sacra Bibbia ne costituisce la prova legale. È la sua documentazione. Questo è ripetuto in tutta la Parola di Dio fino al suo ultimo libro, Rivelazione. — Riv. 4:11; 10:6; 14:7.
2. Come la Bibbia dà ulteriori prove della proprietà di Dio?
2 Il primo capitolo di Genesi continua a sostenere quanto precede in termini inconfondibili. In ogni passo della creazione fu Dio a dire la parola circa quello che si doveva fare. Più volte leggiamo che Dio “faceva” l’una o l’altra delle sue opere, in cielo e sulla terra, animate e inanimate. Inoltre dava loro un nome. “Dio chiamava la luce Giorno, ma chiamò le tenebre Notte”. Infine, “Dio vide poi tutto ciò che aveva fatto, ed ecco, era molto buono”. Aveva l’impronta della sua approvazione. Ogni cosa apparteneva a lui, il solo vero Dio, “nel tempo in cui furono creati, nel giorno che Geova Dio fece la terra e il cielo”. (Gen. 1:5, 31; 2:4) In seguito, Mosè fu ispirato a confermarlo, quando disse a Israele: “Ecco, a Geova tuo Dio appartengono i cieli, pure i cieli dei cieli, la terra e tutto ciò ch’è in essa. Poiché Geova vostro Dio è l’Iddio degli dèi e il Signore dei signori, l’Iddio grande, potente e tremendo”. — Deut. 10:14, 17.
3. Riguardo a ciò, perché la creazione dell’uomo richiede speciale attenzione?
3 La creazione dell’uomo fu l’atto culminante della creazione terrestre, e ciò merita la nostra speciale attenzione. Questa dichiarazione subito indica uno sviluppo, un ampliamento del soggetto della proprietà. Si menzionano diversi aspetti, come la sottomissione, e sono indicati sotto vari gradi e responsabilità le proprietà relative o limitate. Notate quello che si dice a questo riguardo.
4. (a) Che cosa apprendiamo dall’espressione: “Facciamo l’uomo a nostra immagine”? (b) Come la Parola di Dio identifica l’agente creativo impiegato?
4 Per la prima volta nel racconto, qualcuno è invitato a cooperare nella creazione. “E Dio proseguì, dicendo: ‘Facciamo l’uomo a nostra immagine, secondo la nostra somiglianza, e tenga sottoposti i pesci del mare e le creature volatili dei cieli e gli animali domestici e tutta la terra e ogni animale che si muove sopra la terra’”. Implica questa cooperazione la rinuncia da parte di Dio alla proprietà in qualche grado, o una proprietà associata? No. L’iniziativa, la responsabilità e il controllo erano interamente nelle mani di Dio, come in seguito leggiamo: “E Dio creava l’uomo a sua immagine, lo creò a immagine di Dio; li creò maschio e femmina”. (Gen. 1:26, 27) Da altre scritture apprendiamo che fu colui che ora si chiama Gesù Cristo a essere da Geova impiegato nella sua esistenza preumana come suo speciale agente creativo. Egli, come la Sapienza personificata, fu ‘il principio delle imprese di Geova’, l’“artefice” di Geova. Fu la “Parola”, mediante cui “tutte [le altre] cose son venute all’esistenza”. “È l’immagine dell’invisibile Iddio, il primogenito di tutta la creazione”, quindi prese appropriatamente parte alla creazione dell’uomo, dato che anche l’uomo fu creato a immagine di Dio. È vero che di Gesù Cristo si parla come del “nostro solo Proprietario [o, Padrone] e Signore”, ma, come considereremo in seguito, questo titolo gli fu dato a motivo dell’acquisto che fece, non a causa del suo ruolo quale agente creativo di Dio. — Prov. 8:22, 30; Giov. 1:1-3; Col. 1:15, 16; Giuda 4.
5. Quali scritture si potrebbero citare per indicare un grado di proprietà dell’uomo?
5 Sorge comunque la domanda se l’uomo ricevette una considerevole quantità di proprietà quando fu creato e gli fu dato l’incarico: “Siate fecondi e moltiplicatevi ed empite la terra e soggiogatela, e tenete sottoposti i pesci del mare e le creature volatili dei cieli e ogni creatura che si muove sopra la terra”. (Gen. 1:28) Da ciò si potrebbe argomentare che fu così. Che l’uomo fosse creato a immagine di Dio non incluse forse la capacità di esercitare la proprietà? Potrebbero venire a mente altre scritture che sostengono questo. Dopo il diluvio, riguardo a “ogni creatura vivente”, Dio disse a Noè: “Son ora dati in mano vostra”. E ricordiamo anche le parole che Davide pronunciò quando disse a Geova: “Fai dominare [l’uomo mortale] sulle opere delle tue mani; hai posto ogni cosa sotto i suoi piedi”. Di nuovo, tornerà alla mente la ben nota espressione del salmista: “Riguardo ai cieli, i cieli appartengono a Geova, ma la terra l’ha data ai figli degli uomini”. — Gen. 9:2; Sal. 8:6; 115:16.
6. Perché è importante considerare il contesto di qualsiasi particolare scrittura?
6 Sì, si conviene che le precedenti scritture si riferiscono alla proprietà, ma tutt’al più in maniera relativa o limitata. Questo si comprende quando guardiamo in ciascun caso il contesto, che è sempre importante per acquistare su qualsiasi soggetto il corretto intendimento della Parola di Dio.
7. Riguardo al posto dell’uomo come proprietario, che cosa impariamo da (a) Genesi 2:15-17, (b) Genesi 9:3-6, (c) Salmo 8, e (d) Salmo 115?
7 Sullo stato originale dell’uomo, non c’è dubbio su chi fosse il vero Proprietario quando leggiamo che “Geova Dio prendeva l’uomo e lo poneva nel giardino di Eden perché lo coltivasse e ne avesse cura”. In seguito leggiamo: “E Geova Dio diede all’uomo anche questo comando: ‘D’ogni albero del giardino puoi mangiare a sazietà. Ma in quanto all’albero della conoscenza del bene e del male non ne devi mangiare, poiché nel giorno in cui ne mangerai positivamente morrai’”. (Gen. 2:15-17) L’uomo non ebbe sicuramente nessun motivo o scusa per dimenticare a chi egli appartenesse, dal momento che la sua medesima vita dipendeva dalla propria ubbidienza al suo Creatore e Proprietario. Sullo stesso tono, quando Dio diede tutte le creature viventi nella mano di Noè, immediatamente leggiamo la rigorosa proibizione riguardo al mangiar sangue e allo spargere il sangue dell’uomo. Questo dà enfasi di nuovo a chi fosse il finale Proprietario della vita com’era rappresentata nel sangue di tutte le creature viventi. (Gen. 9:3-6) Rivolgendoci al Salmo 8, osserviamo che, invece di consegnare all’uomo ogni proprietà della terra a cui si fa allusione, l’intero tema riflette che il credito e la lode appartengono a Colui che possiede e controlla ogni cosa: “O Geova nostro Signore [Padrone, Proprietario], come è maestoso il tuo nome in tutta la terra!” (Verss. 1, 9) Osserviamo un tema simile quando guardiamo il Salmo 115. Notiamo specialmente le parole iniziali: “A noi non appartiene nulla, o Geova, a noi non appartiene nulla, ma dà gloria al tuo nome secondo la tua amorevole benignità, secondo la tua verità”. Questo dà risalto che Geova è non solo il Proprietario di fatto, ma un Proprietario buono e degno. Non potrebbe esserci nessuno migliore.
8. (a) In quale posto fu messo l’uomo dal suo Creatore? (b) In genere è riconosciuto questo, e quali domande sorgono?
8 Dalle scritture già considerate, possiamo capire che all’uomo fu dato in origine un posto di grande fiducia e responsabilità. Creato a immagine di Dio con il dono del libero arbitrio, egli aveva tutta la capacità necessaria per soddisfare ogni requisito. Geova era il Proprietario della terra. L’uomo era l’affittuario agricoltore, incaricato di aver cura del globo. Gli fu affidato un sacro deposito e una gestione. Questo è chiaro. Ma è ugualmente chiaro che oggi, generalmente parlando, l’uomo non riconosce a questo riguardo nessun obbligo. Infatti, è tutto l’opposto. Come è accaduto questo? In che modo la questione della proprietà è divenuta una contesa, e come sarà risolta? Per giunta, quali individui, come vi siamo noi implicati, e con quali conseguenze per noi stessi? In realtà ci interessa avere a queste domande le giuste risposte.
SUSCITATA LA CONTESA DELLA PROPRIETÀ
9. Che cosa implicò il fatto che si mangiò il frutto proibito?
9 Quando Satana il Diavolo tentò Eva a mangiare il frutto proibito, non si fece nessuna diretta menzione della sua proprietà. Ma considerate per un momento ciò che accade quando mangiate qualche cosa. Una volta che è nella vostra mano o nel vostro piatto, ne avete preso possesso, vi abbiate diritto o no. Dopo averlo mangiato, comunque, ne avete fatto in effetti una parte di voi stessi. L’avete fatto vostro, non importa ciò che potete dire per scusarvi o per confessarvi. Così avvenne a Eva. Pur avendo appena ripetuto il comando di Dio: “Non ne dovete mangiare, no, non lo dovete toccare affinché non moriate”, quindi leggiamo che “ella prendeva dunque del suo frutto e lo mangiava. Ne diede poi anche a suo marito quando fu con lei ed egli lo mangiava”. (Gen. 3:1-6) L’argomento di Satana che li spinse ad agire asseriva che avevano il diritto di mangiare di quel frutto. Così con azione deliberata e ribelle, che è più eloquente delle parole, entrambi Adamo ed Eva classificarono quell’albero proibito come uguale a tutti gli altri alberi di cui avevano avuto il diritto di mangiare. Ma immediatamente dopo che entrambi ebbero mangiato il frutto proibito, si sentirono giustificati nella loro classificazione giudiziaria degli alberi? Il fatto che la loro coscienza li rimorse dice di No! È vero che non poterono ridare all’albero i pezzi di frutto che avevano mangiato, ma avendo assimilato nel loro corpo il frutto che avevano mangiato non fu recato loro nessun senso di proprietà del giusto diritto a mangiare il frutto proibito. Le foglie con le quali si fecero coperture per i lombi per nascondere la loro nudità di cui ora si resero conto non furon prese dall’albero proibito, ma furono prese dal fico. Il risultato dell’intera questione fu come se avessero mangiato uva acerba. — Ezec. 18:2.
10. Come la contesa suscitata non si limitò a qualche cosa di materiale, e quali ulteriori domande si presentano?
10 Inoltre, fu suscitata la contesa sulla giusta proprietà di Dio. Vogliate notare che la contesa non era affatto limitata a qualche cosa di materiale, al frutto di un certo albero. Che dire dell’uomo stesso, non solo della sua vita, ma anche di quelle sue eccellenti qualità morali di lealtà e devozione e apprezzamento? Non dovevano tutte queste qualità essere esercitate in ogni tempo a credito e lode di Geova, dandone prova con una condotta di volontaria ubbidienza e sottomissione a lui? Non dipende l’uomo completamente da Dio per la vita e per tutte le sue possibilità e benedizioni? Non è il costante riconoscimento di tale dipendenza qualche cosa che debitamente appartiene a Dio come un suo giusto possesso?
11. (a) Come Paolo usò un ragionamento simile quando scrisse ai Corinti? (b) Quale nesso si mostra così fra relazione e proprietà?
11 Paolo usò un ragionamento simile a questo quando scrisse ai cristiani di Corinto: “Temo che in qualche modo, come il serpente sedusse Eva con la sua astuzia, le vostre menti siano corrotte lungi dalla sincerità e dalla castità che son dovute al Cristo”. Tale corso di sincerità e castità da parte di questi cristiani apparteneva giustamente al Cristo, perché, come Paolo spiegò: “Vi ho personalmente promessi in matrimonio a un solo marito onde vi presenti come casta vergine al Cristo”. Una corretta comprensione scritturale dell’argomento della relazione ci aiuterà ad acquistare la corretta veduta della proprietà, così che eviteremo d’esser sedotti da astute sofisticherie. — 2 Cor. 11:2, 3.
12. Quale fu la reazione di Dio alla ribellione in Eden?
12 I nostri primogenitori scelsero un corso di disubbidienza e indipendenza, un corso di corruzione. In effetti, ripudiarono la proprietà di Dio su di loro. Assunsero la veduta d’appartenere a se stessi e l’uno all’altro, ma non a Dio. Recisero la loro buona relazione con lui. Quale fu la reazione di Dio a questa sfida? Rinunciò egli alla sua proprietà su di loro e alla loro dimora edenica? Niente affatto. Egli era il loro Legislatore e Giudice, e ora agì con questa facoltà. Dopo aver pronunciato la sentenza, protesse la sua proprietà, cacciando l’uomo dal giardino di Eden e rendendogliene impossibile il ritorno, in special modo custodendo “la via dell’albero della vita”. — Gen. 3:24.
13. Per il beneficio di chi fu data la profezia di Genesi 3:15, e quale assicurazione provvide?
13 Nonostante si possa dire che Dio abbandonò in seguito Adamo ed Eva interamente alle loro proprie risorse, non trattò in questo modo la loro progenie. Quando pronunciò la sentenza sul serpente, Dio annunciò profeticamente la venuta di un “seme” della donna che avrebbe ferito la testa del serpente. (Gen. 3:15) Non fu rivelato nessun particolare su quando e come questo sarebbe stato fatto, ma diede una definita promessa che Dio avrebbe fornito una risposta soddisfacente alla sfida suscitata dalla ribellione dell’uomo. Quindi, additò pure che Dio continuava ad essere il proprietario sia della terra che del cielo, compresi tutti i loro abitanti, malgrado il temporaneo permesso del male e dei malfattori.
14. Come Abele, Enoc e Noè riconobbero la proprietà di Dio su di loro?
14 A sostegno di ciò, notate cosa si dice dei tre uomini di fede che Paolo menzionò: Abele, Enoc, e Noè. Essi “camminarono con il vero Dio”, e Paolo lo confermò in Ebrei 11:1-7. (Gen. 5:24; 6:9) Riconobbero che Dio era il loro proprietario e ne diedero prova, mantenendo una condotta di fedele ubbidienza con spirito di leale devozione e sottomissione. Dinanzi alla forte pressione avversa, diedero a Dio ciò che gli era dovuto con ogni sincerità e castità.
15. (a) Quale corso è stato perseguito dall’umanità in genere, e quali contese esso implica? (b) Quali sono l’attitudine e il proposito di Geova riguardo a queste contese? (c) In che modo Gesù diede l’esempio circa la giusta attitudine?
15 A parte i pochi già notati, la maggior parte della famiglia umana se ne andò per la sua propria via. La contesa della proprietà era lungi dall’esser risolta. I pochi, da Abele in poi, esemplificarono con la loro maniera di vivere i giusti princìpi che vi erano implicati, ma, come mostra la storia, la grande maggioranza non tenne conto di tale buon esempio, o se ne risentì e gli fu accanitamente contrario. (Ebr. 11:36-38) Anche il diluvio del giorno di Noè, vigoroso rammemoratore di chi era in effetti il proprietario della terra e dei suoi abitanti, recò solo un arresto temporaneo della condotta volontaria, egoistica e ribelle dell’uomo. Questo rattristò il grande Proprietario, Geova, ma non lo colse di sorpresa. Vi erano implicate altre contese in stretta relazione fra loro: sovranità o dominio, e adorazione. Domande provocatorie erano state suscitate da Satana in quanto a queste contese, e Geova adempiva il suo proposito, essendogli noto già in precedenza dal tempo della ribellione. Il pieno adempimento di questo proposito dimostrerà per ogni tempo non solo il fatto che Dio è il proprietario supremo, ma anche che è assolutamente degno di occupare tale posto e che l’uomo ha l’obbligo di riconoscerlo. Questo riconoscimento è e sarà espresso sino alla prova finale da quelli che mantengono la giusta relazione allo stesso modo in cui Gesù rispose alla tentazione finale nel deserto: “Devi adorare Geova il tuo Dio, e a lui solo devi rendere sacro servizio”. — Matt. 4:10; Giob. 1:7-12; 2:2-5; Isa. 46:9-11; Riv. 20:7-9.
16. Quando e come la contesa della proprietà fu suscitata a livello nazionale, e quale ne fu il risultato?
16 Subito dopo il Diluvio, si accese di nuovo la contesa della proprietà. Nimrod, pronipote di Noè, cercò di afferrare il controllo di tutto il genere umano. Costruì nel suo proprio paese città di cui assunse il controllo, “il principio del suo regno”. Quindi “da quel paese andò in Assiria” a conquistare e a edificare altre città. Infettato da tale spirito, lanciò un ardito programma. I figli degli uomini compirono un’azione concertata e dissero: “Suvvia! Edifichiamoci una città e anche una torre con la sua cima nei cieli, e facciamoci un nome celebre, affinché non siamo dispersi su tutta la superficie della terra”. Geova andò incontro alla sfida confondendo la loro lingua, e “li disperse di lì [Babele] per tutta la superficie della terra”. Comunque, portarono con sé quella stessa mente e quello stesso spirito. Si formarono gruppi nazionali, e ora la contesa della proprietà e del dominio esisté a livello nazionale, dando luogo ad angusto patriottismo, rivalità e guerre che hanno causato inenarrabili angustie e amarezze fino al nostro proprio giorno. — Gen. 10:8-12; 11:1-9.
17. (a) Come Geova agì a livello nazionale? (b) In quali modi Israele si mostrò infedele e indegno, raggiungendo quale culmine?
17 A suo tempo Geova pure agì a livello nazionale. Dai dodici figli di Giacobbe, il cui nome fu cambiato in Israele, Geova formò la nazione d’Israele. Al monte Sinai, egli disse loro: “Se ubbidirete strettamente alla mia voce e osserverete in realtà il mio patto, per certo diverrete di fra tutti gli altri popoli la mia speciale proprietà, perché l’intera terra appartiene a me”. (Eso. 19:5) Nel libro di Deuteronomio l’espressione “speciale proprietà” ricorre tre volte, e in ciascun caso il contesto dà giustamente enfasi al corretto punto di vista e alla condotta da seguire in quanto all’adorazione e alla proprietà. (Deut. 7:6; 14:2; 26:18) Quale nazione, Israele fallì comunque ripetute volte di rispondere o di sottomettersi al modo di agire di Dio verso di loro oppure di prestare ascolto ai suoi profeti. Ne rifiutarono la proprietà su di loro sia come Re che come Datore di statuti. (1 Sam. 8:7; Isa. 33:22; Ezec. 20:13, 30-32) Il climax giunse quando Dio mandò loro il suo proprio Figlio diletto. Essi avevano ogni ragione per accettarlo come loro Messia. Invece, sotto l’influenza dei loro capi, lo rifiutarono e lo uccisero. Gesù stesso raffigurò accuratamente questo nella sua illustrazione di Geova come il “proprietario della vigna” che “l’affittò a dei coltivatori”. — Luca 20:9-16.
ASSICURATA LA SOLUZIONE DELLA CONTESA
18. (a) Quale nuovo avvenimento ebbe luogo alla Pentecoste del 33 E.V.? (b) Quali importanti verità fece capire Pietro in quell’occasione ai suoi uditori?
18 Quei capi religiosi pensarono di poter ora continuare ad agire come indiscussi padroni della situazione e del popolo comune. Comunque, non fu così. Alla festa di Pentecoste, il cinquantesimo giorno dopo che Gesù era stato messo al palo, lo spirito santo, accompagnato dal miracoloso dono delle lingue, fu versato sui suoi discepoli a Gerusalemme. Presto si radunò una folla. Rivolgendosi loro, l’apostolo Pietro disse chiaramente che avevano la responsabilità d’aver soppresso Gesù, e aggiunse, in ogni modo, che questo era accaduto “per determinato consiglio e prescienza di Dio”. Era una parte essenziale dell’adempimento del proposito di Geova. Pietro proseguì, dicendo che Dio aveva risuscitato Gesù, e lo aveva esaltato alla sua propria destra, e l’aveva “fatto Signore e Cristo”. — Atti 2:22-24, 32-36.
19. Quali riferimenti fecero Pietro e Giuda circa la giusta posizione di Gesù, e come la confermò Paolo?
19 In tre altre occasioni, in pubblico e dinanzi al Sinedrio, Pietro diede risalto a queste stesse verità, aggiungendo che Gesù era il “principale Agente della vita”, ed era divenuto la pietra posta a “testa dell’angolo” e che “non vi è salvezza in nessun altro”. (Atti 3:15-18; 4:10-12; 5:30-32) Anni dopo, sia Pietro che Giuda misero in guardia nelle loro lettere contro falsi insegnanti che “rinnegheranno anche il proprietario che li ha comprati”, “il nostro solo Proprietario e signore, Gesù Cristo”. (2 Piet. 2:1; Giuda 4) Quindi, è evidente che era preconosciuto proposito di Dio che la soluzione della contesa della proprietà si sarebbe accentrata in Gesù e che mediante la sua morte e risurrezione era assicurato e garantito il primo importante passo, il fondamento. Come Paolo disse agli uomini di Atene: “[Dio] ha stabilito un giorno in cui si propone di giudicare la terra abitata con giustizia mediante un uomo che ha costituito, e ne ha fornito garanzia a tutti in quanto lo ha risuscitato dai morti”. — Atti 17:31.
20. Come Gesù divenne il proprietario del genere umano, in armonia con l’amore e il diritto di Dio?
20 Altre scritture ampliano l’idea come Gesù divenne proprietario dell’intero genere umano. Guardandole brevemente, osserviamo che Paolo spiega, in Romani 5:12-21, in qual modo Adamo, con la sua ribellione, vendé se stesso e i suoi discendenti (che erano ancora nei lombi di Adamo, non generati), come schiavi, così che divennero sudditi dei Re Peccato e Morte. Comunque, Dio, nel suo grande amore e nella sua grande misericordia, ancora in armonia con il rigoroso diritto, produsse un mezzo di riconciliazione. Questo richiese il provvedimento e il pagamento di un prezzo di espiazione mediante cui l’uomo potesse essere redento e liberato dalla condanna. Il prezzo doveva corrispondere esattamente al perfetto uomo Adamo. Con un miracolo, Dio dispose che il suo celeste Figlio venisse sulla terra, per nascere e crescere fino alla perfetta virilità. Gesù intraprese volontariamente questo corso e, come egli disse, diede in effetti “la sua anima come riscatto in cambio di molti”. Come Paolo scrisse: “Vi è un solo Dio, e un solo mediatore fra Dio e gli uomini, l’uomo Cristo Gesù, che diede se stesso quale riscatto corrispondente per tutti”. Dio era sia il Creatore e Proprietario che anche l’Autore della disposizione; per cui, possiamo dire che ora si tratta di proprietà associata. — Matt. 20:28; 1 Tim. 2:5, 6; Atti 20:28.
21. Come e quando i benefici del riscatto divengono disponibili per l’umanità in genere?
21 Della giustizia che Dio attribuisce a chi esercita fede nel sacrificio di riscatto di Cristo e lo accetta si parla come di un “gratuito dono”. (Rom. 5:15-17; 6:23) I benefici del riscatto saranno disponibili per l’umanità in genere durante il regno di mille anni di Dio. Finora, la maggioranza è vissuta e morta nella completa ignoranza di questo provvedimento. Ma sotto il dominio del regno di Dio ci sarà una risurrezione di “tutti quelli che sono nelle tombe commemorative”, e un giusto giudizio per tutti come sarà emanato dal Re, cioè Cristo Gesù. — Giov. 5:28; Riv. 20:11–21:4.
22. Come Gesù indicò una condotta contraria a quella della proprietà, suscitando quali domande?
22 Comunque, prima che cominci quel giorno di giudizio per il genere umano, si attua un’ulteriore parte del proposito di Dio. Essa pure concerne il riconoscimento della proprietà di Dio. In un’occasione Gesù disse: “Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda il suo palo di tortura e mi segua di continuo”. (Matt. 16:24) Che cosa intese dire? Diede egli in qualche modo un esempio che avremmo dovuto seguire durante questo sistema di cose? Che cosa significa oggi questo per noi come individui? Queste domande sorgono naturalmente e attendiamo di prenderle in considerazione nell’articolo che segue.