Pane quotidiano, perdono, e liberazione
1. A chi si riferiscono le tre precedenti, e le quattro rimanenti invocazioni della preghiera del Signore?
LE PRIME tre invocazioni della preghiera del Signore trattano direttamente gl’interessi di Dio che sono di universale, prima importanza. Le rimanenti quattro invocazioni si riferiscono a noi creature individualmente e personalmente. Essendo il nostro Padre celeste, Iddio s’interessa amorevolmente di queste cose che influiscono in maniera vitale sui suoi figli sulla terra, e Gesù nostro Maestro ci assicura che possiamo presentarle a Geova Dio in preghiera.
2. Con quale considerazione per il domani chiediamo solo il cibo per oggi?
2 “Dacci oggi il nostro pane per questo giorno”. Chiedendo pane o nutrimento e bevanda per non più di oggi la preghiera adotta la corretta attitudine. Essa non presume che saremo in vita domani, tenendo presente Proverbi 27:1: “Non ti vantare del domani, poiché non sai quel che un giorno possa produrre”. Il discepolo Giacomo esprime questo stesso concetto e ci dice che dovremmo dire: “Se Geova vuole, saremo in vita e faremo pure questo o quello”. (Giac. 4:13-15, NM) In armonia con questa preghiera per una porzione di cibo per oggi solo Gesù dice poco dopo in questo stesso sermone sul monte come Iddio nutre gli uccelli e riveste i fiori, e aggiunge: “Quindi non siate mai ansiosi e non dite: ‘Che cosa mangeremo?’ o, ‘Che cosa berremo?’ o, ‘Che cosa indosseremo?’ Poiché tutte queste son le cose che le nazioni ansiosamente perseguono. Poiché il vostro Padre celeste sa che avete bisogno di tutte queste cose. Continuate quindi a cercare prima il regno e la sua giustizia, e tutte queste altre cose vi saranno aggiunte. Perciò, non siate mai ansiosi del giorno seguente, perché il giorno seguente avrà le sue proprie ansietà. Basta a ciascun giorno il suo proprio male”. (Matt. 6:31-34, NM) Perciò oggi noi chiediamo solo il nostro pane quotidiano.
3. In che modo la preghiera del Signore non incoraggia alcuno spirito di avidità?
3 Luca 11:3 (NM) mette la preghiera simile in queste parole: “Dacci oggi il nostro pane per il giorno secondo l’esigenza del giorno”. Questo non incoraggia nessuno spirito d’ammassamento di cose per negare tali cose ad altri figli di Dio, né quello di accantonare o monopolizzare derrate in modo da padroneggiare il mercato, controllare i prezzi e fare profitti pecuniari a spesa della miseria del popolo. La preghiera del Signore non consiglia uno spirito di avidità. Al contrario, raccomanda una sincera dedizione con contentezza, il che significa un gran guadagno in modo effettivo, un guadagno di felicità e benedizione ora e di vita eterna nel giusto nuovo mondo. “Perciò, avendo nutrimento e di che coprirci, con queste cose saremo contenti.” — 1 Tim. 6:6-8, NM.
4, 5. (a) In che modo questo pane quotidiano non è una concessione gratuita non guadagnata? (b) Perché non dobbiamo temere dato che viene sulla base di giorno per giorno?
4 Questa preghiera per il pane quotidiano non vuol dire che Iddio ci tratti come bambini e ci provveda il nutrimento senza sforzo da parte nostra e ce lo metta sulla tavola o addirittura in bocca. No; questo pane materiale non è qualche cosa gratuita, non guadagnata. Iddio ci ha circondati di tutti i mezzi necessari per procurarci il pane, ma noi dobbiamo darci da fare e lavorare per ottenerlo meritatamente. Non c’è nessun motivo per vivere sulle spalle dei nostri conservi che lavorano duramente, ma Dio impone ai suoi figli idonei la regola: ‘Se qualcuno non vuole lavorare neppure mangi.’ (2 Tess. 3:10, NM) In armonia con la nostra preghiera con la quale gli chiediamo la nostra razione quotidiana per oggi, noi confidiamo ch’egli ci provvederà la forza fisica e mentale per lavorare e meritarla. Durante i quarant’anni di peregrinazione degl’Israeliti nel deserto, Iddio fece cadere la manna sotto forma di rugiada ogni giorno della settimana salvo il settimo. Così vi fu abbondanza di nutrimento per loro, ma dovevano uscire a raccogliere la manna e quindi farne pani cotti al forno. Il sesto giorno Iddio ne faceva cadere il doppio, perché il settimo giorno era un giorno di riposo e non ne sarebbe caduta, perché altrimenti si sarebbe guastata dato che per legge era loro vietato di uscire a raccogliere.
5 Così la nostra preghiera di ricevere solo il pane per oggi ci metterebbe alla dipendenza di Dio per il nostro nutrimento giorno per giorno, ma egli ce lo provvederà paternamente durante il nostro viaggio attraverso questo vecchio mondo così fedelmente come provvide la manna agl’Israeliti.
6. Quale assicurazione ha dato Iddio relativamente al nostro pane e alla nostra acqua, e che cosa si può fare per quelli che hanno meno di noi?
6 A quelli che si rifugiano sotto l’organizzazione capitale di Dio, la Sion celeste, Geova fa quest’assicurazione come ha garantito finora: “Quegli dimorerà in luoghi elevati, le rocche fortificate saranno il suo rifugio; il suo pane gli sarà dato, la sua acqua gli sarà assicurata”. (Isa. 33:13-16) Per esempio, durante l’assedio di Gerusalemme ad opera degli eserciti di Nebucadnetsar, Geremia fu imprigionato, ma anche qui i suoi carcerieri gli davano “tutti i giorni un pane dalla via de’ fornai, finché tutto il pane della città fosse consumato”. (Ger. 37:16-21) Similmente, durante questo periodo travagliato della Cristianità e fino oltre la guerra di Harmaghedon Geova ci assicurerà il pane e l’acqua per il nostro bisogno nel nostro fedele servizio a lui. A causa dell’azione del nemico contro di noi, alcuni altri nostri conservi figli di Dio potrebbero ricevere meno di noi. In questo caso abbiamo il privilegio di renderli partecipi di ciò che abbiamo affinché siano fortificati per compiere l’opera di Dio con integrità. Avremo sempre qualche cosa di ciò che Iddio ci provvede da distribuire equamente. Come avveniva agl’Israeliti quando raccoglievano ogni giorno la manna nel deserto, “chi ne aveva raccolto molto non n’ebbe di soverchio; e chi ne aveva raccolto poca non n’ebbe penuria. Ognuno ne raccolse quanto gliene abbisognava per il suo nutrimento”. — Eso. 16:18; 2 Cor. 8:14, 15.
7. In che modo esaudisce Iddio la nostra invocazione in un modo più che materiale? Perché?
7 Sapendo che “l’uomo deve vivere, non di pane solo, ma d’ogni espressione che viene dalla bocca di Geova”, il nostro Padre celeste ci procurerà altresì giornalmente il cibo spirituale mediante la sua organizzazione teocratica, purché veniamo giornalmente alla sua tavola non solo per nutrire la nostra mente della sua Parola scritta ma anche per nutrire il nostro io spirituale facendo la volontà di Dio e condividendo con altri la sua Parola di verità. — Matt. 4:4, NM; Deut. 8:3; Giov. 4:34.
PERDONO DEI NOSTRI DEBITI
8. Quali sono i debiti per i quali chiediamo remissione, e perché questo?
8 Il peccato di trasgressione contro la legge di Dio ci rende debitori verso di lui. “Il salario che il peccato paga è la morte”. (Rom. 6:23, NM) Per il nostro peccato Iddio potrebbe esigere e prendere la nostra vita; egli potrebbe espellerci dalla sua santa organizzazione e dalla comunione e associazione con essa. Potrebbe ritirare la sua pace da noi, rompendo ogni pacifica relazione con noi. Potrebbe farci restituire tutto ciò che abbiamo ottenuto da lui per la sua immeritata benignità. Noi gli dobbiamo amore, che si esprime con l’ubbidienza; e quando pecchiamo manchiamo di pagare il nostro debito di amore verso di lui, perché il peccato vuol dire mancanza d’amore verso Dio. (Rom. 13:8-10) È considerando il peccato come un debito da regolare con Dio che Gesù compose la successiva invocazione nella preghiera del Signore: “E perdonaci i nostri debiti, come anche noi abbiamo perdonato i nostri debitori”. (Matt. 6:12, NM) Come prova che qui il debito significa peccato, Gesù esprime la stessa invocazione nella preghiera corrispondente con queste parole: “E perdonaci i nostri peccati, poiché anche noi stessi perdoniamo chiunque è in debito con noi”. — Luca 11:4, NM.
9. Qual è la ragione del perdono di Dio verso di noi, e perciò che cosa dobbiamo chiedere e accettare per infialzare questa invocazione efficacemente?
9 Questa invocazione non sarebbe autorizzata se non vi fosse qualche ragione per il perdono di Dio verso di noi. Questa ragione non è solo il suo amore e la sua misericordia in modo astratto e senza riguardo per la sua perfetta giustizia che esige la morte per il peccato. La ragione del suo perdono è il suo amore e la sua misericordia espressi nel sacrificio umano del suo Figlio Gesù Cristo che soddisfece completamente tutte le esigenze della giustizia a nostro favore. Quando Gesù insegnò questa preghiera nel sermone del monte egli aveva già pronunziato il perdono dei peccati a un certo numero di persone che aveva guarite. Per cui doveva intendersi che il perdono di Dio sarebbe venuto mediante Cristo Gesù, e questo per mezzo del suo perfetto sacrificio di riscatto. L’apostolo Paolo, che affermava d’essere il primo dei peccatori, dice ai figli di Dio: “Il Figlio del suo amore, per mezzo del quale abbiamo la nostra liberazione con riscatto, il perdono dei nostri peccati”. “Ora egli si è manifestato una volta per sempre alla consumazione dei sistemi di cose per togliere il peccato mediante il sacrificio di se stesso”. Per dire con efficacia questa parte della preghiera del Signore noi dobbiamo quindi credere nel sacrificio di Cristo e accettarlo. — Luca 5:20-24; 7:47-49; Matt. 9:1-8; Col. 1:13, 14 ed Ebr. 9:26, NM; Gal. 1:4.
10. Perché non possiamo ignorare il sacrificio e il sacerdozio di Gesù?
10 Iddio non ignora il sacrificio del suo Figlio per il peccato. La sua assoluta giustizia esige questa disposizione di sacrificio. “Egli ci amò e mandò il suo Figlio come un sacrificio propiziatorio per i nostri peccati”. A differenza di certe sette religiose, come la setta Santità e la setta Scienza Cristiana, ecc., noi dobbiamo essere abbastanza onesti da ammettere le nostre imperfezioni e confessare i nostri peccati. Dobbiamo riconoscere il fatto che il peccato è in noi, precisamente come fece ed espresse l’apostolo Paolo. È assolutamente necessario che confessiamo i nostri peccati a Dio e ci appelliamo a lui per ottenere i benefici del sacrificio del suo Figlio e che riconosciamo la posizione di Gesù come Sommo Sacerdote di Dio. Altrimenti, non possiamo avere nessun perdono. Il sacerdozio aaronnico della tribù di Levi in Israele è tramontato, ma non possiamo negare il sacerdozio di Gesù. Egli è un sacerdote a somiglianza di Melchisedec, e il suo sacerdozio dura per sempre finché egli abbia salvato completamente tutti i peccatori che sono soggetti a riscatto, ‘salvandoli completamente, perché è sempre vivo per intercedere per loro.’ Noi non abbiamo nulla nella nostra propria peccaminosità per pagare il debito. Perciò dobbiamo ricorrere ai benefici del sacerdozio di Gesù. — 1 Giov. 4:10, NM; 1 Giov. 1:8; Rom. 7:17-25; Ebr. 7:24-28, NM.
11. Che cosa deve precedere o accompagnare la nostra richiesta di perdono? Perché?
11 Mentre possiamo egoisticamente implorare il perdono dei peccati per noi stessi mediante Cristo Gesù, Iddio si riserva il diritto di ritirarci questo perdono se siamo spietati non perdonando altri. Perciò alla nostra supplicazione a Dio la preghiera del Signore aggiunge: “Come anche noi abbiamo perdonato i nostri debitori”. Per essere perdonati il nostro perdono deve precedere la nostra preghiera, oppure la nostra buona volontà di perdonare altri deve accompagnarla. Giacomo (2:13, NM) ci avverte: “Colui che non pratica misericordia avrà un giudizio senza misericordia. La misericordia [verso altri] esulta trionfalmente sul giudizio”. Davide, che fu molto misericordioso verso il re Saul e rifiutò di ucciderlo, anche quando l’ebbe in suo potere, spiegò perché ricevette da Dio la misericordia d’essere innalzato al trono d’Israele, dicendo: “Al misericordioso tu ti mostrerai misericordioso”. E immediatamente dopo averci insegnato la preghiera del Signore Gesù, il più Grande Davide, continuò a trattare questo punto vitale del perdono ad altri per ricevere il misericordioso perdono di Dio. Dobbiamo essere riconoscenti e misericordiosi abbastanza per perdonare lo stesso peccatore un certo numero di volte, settantasette volte, se è necessario. Qualunque sia il numero di volte che perdoniamo i nostri simili, esso non potrebbe mai uguagliare l’estensione del perdono e della misericordia di Dio verso noi mediante Cristo. Gesù pagò il debito completo per noi. L’annullamento dei nostri peccati non è un debito che Iddio abbia verso di noi, ma è un atto della benignità e della misericordia sua mediante Cristo Gesù che egli mandò perché fosse un sacrificio di espiazione per i nostri peccati. — Sal. 18:25, 26, RG.
12. Dato che lo chiamiamo Padre, a chi dobbiamo noi dar prova d’essere simili in rapporto al perdono?
12 Poiché ci rivolgiamo a Dio come al nostro Padre celeste, dobbiamo dimostrare d’essere suoi figli assomigliando a lui, rendendoci simili a lui e mostrando le sue caratteristiche, compresa questa caratteristica, della misericordia con perdono. “Sarete figli dell’Altissimo, perché egli è benigno verso gl’ingrati e i malvagi. Continuate a diventare compassionevoli, come il Padre vostro è compassionevole”. “Diventate benigni gli uni verso gli altri, teneramente compassionevoli, perdonandovi liberamente a vicenda come Iddio vi ha liberamente perdonati per mezzo di Cristo. Perciò, diventate imitatori di Dio, come figli diletti”. (Luca 6:35, 36 ed Efes. 4:32; 5:1, NM) Facendo questo eseguiamo la volontà di Dio ora sulla terra.
13. Come possiamo noi esser così misericordiosi verso la gente del nostro territorio, e con quale assicurazione per noi relativamente ad Harmaghedon?
13 Ricordate altresì, che quelli che sono misericordiosi ora riceveranno la misericordia di Dio durante le distruzioni di Harmaghedon e sopravvivranno nel nuovo mondo. La nostra presente opera di predicazione della buona novella del regno di Dio è un’opera di salvezza di vite dalla distruzione di Harmaghedon. I misericordiosi operatori della salvezza saranno salvati e preservati durante Harmaghedon. Dobbiamo esercitare misericordia verso la gente alla quale predichiamo, anche se è ingrata. Se non perdonassimo alla gente alla quale proclamiamo la buona novella nel nostro territorio ma che ci ignora oppure ci maltratta, non ritorneremmo a lavorare nuovamente il nostro territorio col vivificante messaggio del Regno. Noi rappresentiamo il regno di Dio, e il suo regno è un governo di perdono verso l’uomo, poiché Gesù Cristo il Re dei re è il Sommo Sacerdote di Dio e i suoi seguaci che saranno re nel cielo con lui sono essi pure sacerdoti di Dio con lui. — Apoc. 20:6; 1 Piet. 2:9.
NON INDOTTI IN TENTAZIONE
14. In vista di quali fatti riguardanti Gesù, Abrahamo e Giobbe è difficile comprendere l’invocazione “Non c’indurre in tentazione”?
14 Mentre preghiamo che i nostri peccati siano perdonati perché ci affliggiamo dei nostri peccati contro Dio, noi preghiamo anche di non essere indotti nella tentazione di peccare. Perciò la preghiera del Signore continua: “E non c’indurre in tentazione”. (Matt. 6:13, NM; Luca 11:4) Come poteva Gesù chieder questo, quando la Scrittura ci dice che, immediatamente dopo il suo battesimo nel Giordano, “Gesù fu condotto dallo spirito [di Dio] su nel deserto, per esser tentato dal diavolo,” e che il Tentatore gli si avvicinò per allontanarlo da Dio? Gesù è pure chiamato “Figlio d’Abrahamo”, a proposito del quale è scritto: “Dopo avvenute queste cose, Dio tentò Abramo”. Lo tentò comandandogli di sacrificare Isacco, il suo diletto figlio avuto da Sara. (Gen. 22:1, Ma) E quando poi Satana sfidò Dio, Dio gli cedette il fedele Giobbe perché fosse tentato, se possibile, a rinnegare Dio in faccia. E la notte che Gesù fu tradito da Giuda, egli disse ai suoi undici fedeli discepoli: “Voi siete quelli che avete continuato a star meco nelle mie tentazioni”. (Giob. 1:1 fino a 2:13; Luca 22:28, Ma) Da quale punto di vista, quindi, possiamo pregare il nostro Padre celeste che non c’induca in tentazione? Per cercare di risolvere l’apparente difficoltà I quattro Evangeli, di C. C. Torrey, rende l’invocazione: “E non permettere che cediamo alla tentazione”. Mentre The Emphatic Diaglott lo rende: “E non ci abbandonare alla Prova”. — Matt. 6:13.
15. (a) In qual senso, dunque, Dio non ci sottomette alla prova? (b) Perché non fu lui che tentò Eva riguardo al frutto proibito?
15 Una cosa è sicura: Il nostro Padre celeste ci sottopone alla prova, ma non per il male o per la tentazione al peccato. Perciò Giacomo scrive: “Quando si è nella prova, nessuno dica: ’Sono messo alla prova da Dio.’ No; perché Iddio non può esser messo alla prova per cose cattive né egli stesso mette alcuno alla prova. Ma ciascuno è provato essendo attirato e adescato dal suo proprio desiderio. Quindi il desiderio, quando è divenuto fertile, partorisce il peccato; a sua volta, il peccato, quando è stato compiuto, produce la morte”. (Giac. 1:13-15, NM) Quando Geova Dio fece a Adamo e ad Eva il divieto di mangiare dell’albero della conoscenza del bene e del male, egli non li tentò con questo per il male, poiché l’albero non era male in se stesso. Geova li avvertì che non dovevano mangiarne disubbidientemente e li informò delle cattive conseguenze. Perciò non potevano esserne tentati per ignoranza. Fu quando Eva diede ascolto al seduttore discorso del serpente che divenne tentata. L’ammonimento di Dio di non mangiarne non creò in lei nessuna bramosia o desiderio per l’albero, ma la falsa descrizione del serpente sui risultati che ne sarebbero derivati mangiandolo contrariamente al divieto e all’avvertimento di Dio creò in lei un illecito desiderio. Fu questo che produsse in lei una tentazione, come dice Giacomo nel passo citato sopra. Non avendo scacciato questo desiderio come illecito e contrario a Dio, ma avendolo accolto, la tentazione la trasse nel peccato e la imbrogliò — Gen. 3:1-7; 2 Cor. 11:3.
16. Perché Iddio ci assoggetta alla prova, ma in che modo noi entriamo in tentazione?
16 Tuttavia, Iddio ci assoggetta alla prova, non per provocare la nostra caduta, ma per provare che cosa siamo, per mettere quello che siamo in evidenza. Egli non ci tenta all’empietà col male, ma noi stessi sotto l’influenza di Satana produciamo la tentazione pensando come sarebbe bello fare o avere qualche cosa contraria alla volontà di Dio, e non scacciando quindi il desiderio creato da tale illecito pensare, ma accarezzandolo sempre più. In questo modo siamo trascinati fuori di strada e indotti a ignorare il consiglio e avvertimento di Dio. Noi entriamo in tentazione.
17. Perché Iddio condusse Israele nel deserto, ma in che cosa mutarono essi l’occasione?
17 Geova condusse gl’Israeliti nel deserto per “provarli” per conoscere quello che avevano in cuore, ma non per farli cadere. No; poiché egli li portò via dal politeistico ambiente d’Egitto e anche lungi dagli idolatri Cananei, e in tali condizioni avrebbe dovuto esser loro più facile procedere rettamente dopo ch’egli aveva dato loro una prova della sua Divinità. Essi avrebbero ora potuto mostrare la loro sincerità e il loro zelo adorando Geova e ubbidendogli. Ma essi mutarono questa opportunità di coltivare la pura adorazione in un “dì della tentazione nel deserto” per Dio, mettendolo alla prova. Essi cercarono di fargli compromettere i suoi principi di giustizia e non attenersi strettamente alla sua parola data e alla sua Legge del patto fermato con loro o di non darne corso alle penalità. Così. migliaia di loro furono abbattuti nel deserto per aver ceduto alle tentazioni che si crearono lasciando sorgere in loro desideri egoistici, e cedendo poi a questi desideri e ribellandosi contro Geova Dio. — Deut. 8:2, 16; Sal. 95:8; Ebr. 3:7-9; 1 Cor. 10:9.
18. Che cosa dimostra Iddio mettendoci alla prova, come nei casi di Abrahamo e di Giobbe?
18 Iddio dimostra che cosa siamo mediante la prova. (Giov. 6:6) Questo non assomiglia a ciò che fecero i nemici di Gesù i quali lo tentarono per provocare la sua caduta se fosse stato possibile, forzandolo in un compromesso onde sfuggisse alle critiche, alle difficoltà e alla violenza. (Matt. 22:18, 35; 16:1; 19:3) Quando Geova provò Abrahamo, mise alla prova la fede di Abrahamo e si servì di lui, non a scopo di male, ma per produrre un meraviglioso dramma profetico facendogli sacrificare il suo diletto ragazzo Isacco. Iddio non chiedeva ad Abrahamo di fare qualche cosa ch’Egli stesso non avrebbe fatto, poiché qui Abrahamo raffigurò Geova Dio. Nella grande prova di Dio riguardo alle profondità del suo amore per il genere umano egli dimostrò di avere un cuore grande abbastanza per sacrificare il suo unigenito Figlio Gesù Cristo. (Giov. 3:16; Ebr. 11:17-19) Per smascherare la falsa accusa di Satana contro Giobbe, Iddio permise che Giobbe fosse tentato e dimostrò la lealtà di Giobbe. Similmente egli permette che la controparte di Giobbe, la classe di Giobbe che inizia particolarmente con Gesù, sia messa alla prova e venga dimostrata la loro lealtà e il loro merito della ricompensa di Dio. — Giac. 5:10, 11.
19. Facendo che cosa in anticipo per noi Iddio non c’induce in tentazione?
19 Come avviene dunque che, esaudendo la nostra preghiera Iddio non c’induce in tentazione? Per una ragione: Iddio lo fa fortificandoci affinché sormontiamo la prova che lascia venire su di noi e anche preavvertendoci. Prima di permettere che lo spirito conducesse Gesù nel deserto perché fosse tentato da Satana il Padre celeste riempì il Figlio di spirito santo e anche aprì i cieli alla sua vista. Egli lo riconobbe pure ad alta voce come suo approvato Figlio. (Matt. 3:13-17) Iddio non permette che ci procuriamo innocentemente una tentazione per ignoranza, come quando il suo servitore Paolo ammonì le coppie di sposi. Essi pensavano di far bene astenendosi dai rapporti sessuali, ma Paolo li consigliò diversamente, “onde Satana non continui a tentarvi [con l’adulterio] a motivo della vostra incontinenza”. Paolo avverte che i Cristiani determinati d’arricchire contrariamente al consiglio delle Scritture “cadono in tentazione e in un laccio e in molti insensati e dannosi desideri che immergono gli uomini nella distruzione e nella rovina. Poiché l’amore del denaro è una radice d’ogni sorta di cose nocive”. (1 Cor. 7:1-5 e 1 Tim. 6:9, 10, NM) Anche Gesù ammonì contro il seduttore potere delle ricchezze. (Matt. 13:22) Così Iddio non ci lascia nell’ignoranza sulla sorgente delle tentazioni. Per proteggere un novizio cristiano contro le sue debolezze, l’apostolo Paolo diede istruzione che nessun nuovo convertito doveva esser fatto sorvegliante di congregazione. Perché no? “Per tema che diventi gonfio d’orgoglio e cada sotto il giudizio pronunziato sul Diavolo”. — 1 Tim. 3:2, 6, NM.
20. Quali consimili avvertimenti anticipati furono dati da altri, e come ci ha preservati Iddio dall’ora della prova che è venuta sul mondo?
20 Gesù premunì i suoi discepoli contro la tentazione ammonendoli in anticipo delle dure prove future. In tal modo non se ne sarebbero risentiti. Il suo apostolo Pietro disse che i Cristiani non dovevano considerare le infuocate prove che venivano su loro come qualche cosa di strano e insolito. Invece d’esserne sorpresi, feriti e risentiti, essi avrebbero dovuto rallegrarsi di queste opportunità di dar prova della loro fede e dedizione. Anche Paolo ci dice di attendere tali prove simili a quelle che si abbatterono sugli Israeliti nel deserto, tentazioni ‘comuni agli uomini’. (Giov. 16:1-4; 1 Piet. 4:12, 13; 1 Cor. 10:6-13) Così Iddio ci preserva dall’esser tentati col mondo avvertendoci in che cosa realmente consistono e aprendo i nostri occhi dell’intelletto affinché non restiamo sedotti col mondo e così trascinati col mondo nella tentazione. In questo modo egli ci trae dalla tentazione che oggi è venuta su tutto il mondo come ci promise per mezzo di Cristo. (Apoc. 3:10; 2 Piet. 2:9) La mensa spirituale ch’egli c’imbandisce non diventa una rete per noi solo perché su questa tavola sono poste cose contrarie a ciò che il mondo s’aspetta o desidera. E il Figlio di Dio come Re del nuovo mondo non è causa per noi d’intoppo ma è una cosa preziosa per noi, una pietra preziosa posta in Sion, l’organizzazione capitale di Dio. Questo prezioso Re è il nostro Sommo Sacerdote presso Dio. Egli fu provato come siamo provati noi e perciò può simpatizzare con noi e soccorrerci. — Rom. 11:9; 9:32, 33; 1 Piet. 2:7, 8; Ebr. 2:18; 4:15.
ENTRARE IN ESSA
21 Come ci ammonisce Iddio contro le tentazioni provocate dalla vanteria e dalle critiche?
21 Iddio ci ammonisce di non crearci tentazioni vantandoci presuntuosamente e criticando altri senza misericordia su punti nei quali noi stessi siamo deboli e vulnerabili, senza saperlo. Quando ci vantiamo fidando in noi stessi è indicata per noi una prova su questo particolare punto. Quando noi critichiamo altri ritenendo noi stessi giusti è necessario che siamo messi alla prova per mostrare se la nostra critica è fondata o no. La notte che Gesù fu tradito Pietro si vantò sugli altri apostoli e soccombette rinnegando il suo Maestro tre volte. Le preghiere di Gesù specialmente per Pietro gli furono d’aiuto perché non perdesse completamente la fede. Gesù non indusse i suoi discepoli in tentazione quella notte conducendoli nel giardino di Getsemani, ma li ammonì di non soccombere alla tentazione mancando di tenersi desti e pregare come faceva lui. Egli indicò la condotta che avrebbe sormontato o controbattuto la tentazione e li avrebbe messi in grado di sormontare la prova della loro lealtà. — Matt. 26:33-35, 40-45; Gal. 6:1.
22. Dato che è un padre, come avviene che Iddio non c’induce in tentazione?
22 Da questo risulta chiaro che Iddio ‘non ci induce in tentazione’. Egli ci sottomette alla prova correggendoci, ma non ci punisce oltre ciò che possiamo sopportare tanto da farci soccombere e cadere in tentazione. “Come un uomo corregge il suo figliuolo, così l’Iddio tuo, l’Eterno, corregge te”. (Deut. 8:5) Il padre che ama il suo figliuolo non andrebbe troppo oltre nelle sue correzioni, tanto da oltrepassare ciò che il figliuolo può sopportare. Egli gli darebbe solo quanto potrebbe sopportare sul momento. Così agisce il nostro Padre celeste. Egli ci edifica per la prova affinché possiamo sormontarla con successo.
23. Come possiamo indebolire noi stessi per la prova, e perciò come fu che Gesù non indusse i suoi discepoli in tentazione conducendoli al Getsemani?
23 Ma noi possiamo indebolirci alla prova con la mancanza di vigilanza e preparazione fatta con preghiera, con la nostra noncuranza e ignorando le istruzioni e i consigli di Dio, cosicché, sotto la prova, entriamo nella tentazione di commettere peccato e soccombiamo ad essa a causa dei desideri che abbiamo coltivati e contrariamente alla volontà di Dio. Così lasciamo che questo si muti per noi in un’esperienza di male spirituale piuttosto che in una vittoria per noi che ci edifichi nella nostra forza in Dio, rinvigorendo la ‘provata qualità della nostra fede’ e facendoci acquistare l’approvazione di Dio. Dovremmo sempre ricordare l’avvertimento di Gesù: “Lo spirito, certamente, è volenteroso, ma la carne è debole”. (Mar. 14:38, NM; Luca 22:40, 46) Prima di andare al Getsemani, Gesù li aveva avvertiti che la profezia da lui citata si doveva adempiere. Perciò l’adempimento della profezia non veniva imposta su di loro contrariamente alla loro volontà. Si avverò perché la loro carne era debole ed essi non avevano fortificato il loro volenteroso spirito mantenendosi desti e in preghiera. Non si valsero del soccorso divino del quale abbisognavano. Per conseguenza entrarono in tentazione a causa del loro egoistico desiderio di salvare la loro propria pelle, e fuggirono abbandonando Gesù, e Pietro andò anche più oltre rinnegandolo tre volte.
24. Com’è mostrato che non fu Iddio ad indurli in tentazione nel Getsemani?
24 Non fu Iddio che li indusse in questa tentazione allo scopo di adempiere la sua propria profezia, poiché Gesù il Figlio di Dio sormontò la prova e chiese che i suoi discepoli fossero lasciati andare senza molestie. La loro mancanza di dare ascolto a Gesù e vigilare, pregare ed imitare il suo coraggioso esempio di sacrificio di se stesso operò facendoli entrare in tentazione. Poiché Gesù sormontò la prova, Iddio non aveva indotto gli apostoli in tentazione sottoponendoli a una prova superiore alle loro forze. La fermezza di Gesù mediante la potenza di Dio avrebbe dovuto raffermarli e soccorrerli. Fu Satana che ‘vagliò gli apostoli come si vaglia il grano’, disperdendoli perché temettero di morire col loro Padrone. (Luca 22:31-34; Amos 9:9, 10; Sal. 59:11; Isa. 30:28) Che Iddio non li indusse in questa tentazione, ma che furono loro stessi ad entrarvi, è dimostrato dal fatto che in seguito essi trovarono in Dio la forza di esporsi all’arresto per amor di Gesù, di essere gettati in carcere ed esservi tenuti per venire giustiziati. Così mediante il soccorso di Geova avrebbero potuto sormontare anche la prova del Getsemani. Ne deriva che il Padre celeste li sottopose alla prova nel Getsemani ma non li indusse in tentazione.
25. Pregando di non essere indotti in tentazione che cosa invochiamo dunque dal Padre celeste? Quali garanzie abbiamo a questo riguardo?
25 Essendo dunque consci della nostra debolezza e delle nostre limitazioni noi innalziamo la preghiera del Signore al Padre celeste affinché egli non ci provi e non ci punisca più di quanto un padre terreno punirebbe un suo figlio. Non è questa un’appropriata preghiera di un figlio al padre suo? Abbiamo da Dio la garanzia scritta ch’egli non lo farà. “Poiché egli conosce la nostra natura; egli si ricorda che siam polvere. Come un padre è pietoso verso i suoi figliuoli, così è pietoso l’Eterno verso quelli che lo temono”. Ed egli dice: “Essi saranno, nel giorno ch’io preparo, saranno la mia proprietà particolare; dice l’Eterno degli eserciti; e io li risparmierò, come uno risparmia il figlio che lo serve”. (Sal. 103:13, 14; Mal. 3:17) Sostenendo questo concetto, l’apostolo Paolo rivendica Dio da qualsiasi accusa d’indurci in tentazione dicendo: “Chi pensa di avere una salda posizione guardi di non cadere. Nessuna tentazione vi ha colti se non ciò che è comune agli uomini [come agl’Israeliti nel deserto]. Ma Iddio è fedele e non permetterà che siate tentati oltre quello che potete sopportare, ma insieme alla tentazione egli farà pure la via d’uscita affinché la possiate sopportare”. — 1 Cor. 10:12, 13, NM.
LIBERAZIONE DAL MALVAGIO
26. Con quale invocazione si conclude la preghiera, e perché in modo appropriato?
26 Quando un figlio si dimostra leale nella prova, non lo salverà il padre terreno dal malvagio aggressore e oppressore? Certamente; e così farà anche il Padre celeste. Gesù concluse dunque in modo appropriato la sua preghiera con questa invocazione: “E non c’indurre in tentazione, ma liberaci dal malvagio”. (Matt. 6:13, NM) E quali liberazioni ha operato Dio da quando stabilì il suo regno nel 1914! È come se avesse esaudito l’antica preghiera: “Comanda liberazioni per Giacobbe”. Egli è un Liberatore. — Sal. 44:4-8, RG; 2 Cor. 1:10; 2 Tim. 3:11; 4:17, 18.
27. Per quali classi ha Iddio compiuto una liberazione dal 1919 in poi?
27 Fin dal 1919 d.C. Iddio ha liberato il rimanente sulla terra dei suoi eredi del Regno dalla grande Babilonia mistica, il mondo di Satana. Egli ha mandato il suo Figlio Gesù Cristo al posto di potere nella Sion celeste onde agisca come Liberatore in loro favore e allontani da loro ogni empietà della Babilonia mistica liberandoli dalle loro paure. Questa liberazione egli compì in adempimento della profezia: “Tutte le estremità della terra vedranno la salvezza del nostro Dio,” perché in tutta la terra quelli del suo rimanente sono attivi come suoi liberati servitori e testimoni e stanno dimostrando la loro liberazione da Babilonia. (Isa. 59:18, 19; 52:1, 2, 10-14; Rom. 11:26) Perciò tutte le persone di buona volontà in tutte le nazioni vedono la salvezza e liberazione effettuata da Geova Dio per il suo rimanente e a loro anche è mostrata la via per arrivare alla liberazione da Babilonia. Così Dio Onnipotente compie ora la liberazione di questa gran folla di “altre pecore”, come in antico liberò Lot dalla condannata Sodoma. — 2 Piet. 2:7, 9.
28. Date le malvage caratteristiche dell’attuale situazione, di quale provvedimento divino dobbiamo noi far uso per protezione e vittoria?
28 Frattanto dobbiamo rivestire la completa armatura di Dio, rimaner saldi in essa e continuare a pregare. Così facendo evitiamo che l’empio Satana ci afferri quantunque siamo nel mondo che giace nel potere di quell’empio. (1 Giov. 5:18, 19) Sappiamo che i giorni sono malvagi e che uomini malvagi e impostori come fu preannunziato avrebbero proceduto di male in peggio, ed essi hanno raggiunto il colmo dell’empietà in questi ultimi giorni. Perciò se vogliamo sperare di resistere all’aggressione dell’empio e dei suoi demoni in questo giorno malvagio, dobbiamo indossare la completa armatura di Dio. Col suo scudo della fede possiamo “spegnere tutti i dardi infuocati del malvagio e in questo modo sormontare la prova della nostra fede: “Questa è la conquista che ha conquistato il mondo, la nostra fede”. — Efes. 5:15; 6:11-18, NM; 1 Piet. 1:6, 7; 1 Giov. 5:4, NM.
29. Se noi facciamo così la nostra parte, che cosa farà Iddio?
29 Se noi eseguiamo così la nostra parte Iddio eseguirà fedelmente la parte sua per la nostra liberazione. Infatti è scritto: “La fede non è in possesso di tutti. Ma il Signore è fedele, ed egli vi renderà saldi e vi guarderà dal malvagio. Continui il Signore a dirigere i vostri cuori con successo all’amore di Dio e alla perseveranza per il Cristo”. — 2 Tess. 3:2, 3, 5, NM.
30, 31. Ma che cosa significa ora l’esaudimento dell’invocazione per la liberazione, e come si conclude la preghiera?
30 Per noi che viviamo nel “tempo della fine di questo mondo” l’esaudimento del Padre celeste della nostra preghiera, “Liberaci dal malvagio,” significa più che semplicemente tenerci liberi dal potere di Satana e salvarci dalla sua potente organizzazione mentre Egli lascia lui e la sua organizzazione ancora sciolti. Esaudire oggi quella preghiera significa la liberazione col preservarci dagli attacchi finali del malvagio Satana in questo tempo della fine e distruggere lui e tutta la sua organizzazione mentre sopravviviamo alla fine del suo mondo. Il nostro Padre effettua questa salvezza o liberazione per mezzo del suo regno per il quale preghiamo, invocando ch’esso venga contro l’organizzazione di Satana e la distrugga. È qui sulla terra dunque sulla quale Satana e i suoi demoni sono stati confinati che si deve fare la volontà di Dio, e dopo che quegli empi spiriti saranno stati inabissati ad Harmaghedon essi non molesteranno più nessuno sulla terra durante i mille anni del regno di Cristo.
31 Così la preghiera del Signore si conclude con una nota di trionfo nella piena fiducia della vittoria di Geova. Il completo esaudimento e ora vicino.