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Aquila, IIAusiliario per capire la Bibbia
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Alcuni avanzano delle riserve sul termine “aquile” in Matteo 24:28 e Luca 17:37, sostenendo che i versetti si riferiscano piuttosto ad avvoltoi, che si radunano intorno a un cadavere. Comunque, anche se l’aquila non si nutre principalmente di carogne come l’avvoltoio, a volte mangia animali morti. (Palestine Exploration Quarterly, aprile 1955, p. 9) Inoltre l’aquila, pur essendo di solito un cacciatore solitario, a differenza del gregario avvoltoio, è risaputo che a volte attacca in coppie, e nel libro The Animal Kingdom (1954, a cura di Frederick Drimmer, Vol. II, p. 965) viene citato un caso in cui “diverse [aquile] lanciarono un attacco in massa contro un’antilope dalle corna ramificate”.
Un altro versetto che molti studiosi ritengono si riferisca all’avvoltoio più che all’aquila è Michea 1:16, in cui si parla figurativamente di Israele che ‘allarga la sua calvizie come quella dell’aquila’. La testa dell’aquila è ben fornita di piume, anche quella dell’aquila di mare dalla testa bianca che a distanza dà l’impressione di essere calva. L’avvoltoio grifone, comune in Palestina, ha solo una specie di lanugine bianca sul capo, e penne sparse sul collo. Se il versetto si applica a tale animale, ciò indicherebbe che l’ebraico nèsher ha un significato più ampio del termine aquila. Si noti che l’avvoltoio grifone, pur non essendo classificato dagli ornitologi nella stessa “specie” o “genere” dell’aquila è considerato della stessa “famiglia” (Accipitridi). Tuttavia alcuni ritengono che Michea 1:16 si riferisca al fatto che l’aquila muta le penne, anche se questo è un processo piuttosto graduale e poco appariscente. Il cambio delle penne provoca una certa riduzione di attività e forza ed è seguito da un ritorno alla vita normale, e potrebbe essere quello che intese il salmista dicendo che la propria giovinezza “continua a rinnovarsi proprio come quella dell’aquila”. (Sal. 103:5) Altri vedono in questo un riferimento alla vita relativamente lunga dell’aquila, che a volte raggiunge gli ottant’anni d’età.
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ArabaAusiliario per capire la Bibbia
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Araba
(Àraba) [pianura desertica; da una radice che significa arido, riarso].
Parte della straordinaria depressione o Rift Valley che dalle pendici del monte Ermon si spinge a S, include il Mar di Galilea e il Giordano, scende molto al di sotto del livello del mare per formare il bacino del Mar Morto, quindi prosegue verso S fino al golfo di ‘Aqaba nel Mar Rosso. — Deut. 3:17; Gios. 3:16; 11:16; Ger. 52:7.
Questa valle, che scende in direzione N–S, lunga e stretta, spesso arida e poco abitata, è delimitata da entrambi i lati da una lunga serie di montagne. Larga da 800 m a 16 km, e lunga circa 435 km, la valle deve la sua esistenza a una “faglia”, o lunga fenditura nella crosta terrestre. Il Giordano si snoda lungo la parte settentrionale di questa valle diritta, e il costante flusso delle sue acque rende verdeggiante la parte centrale del fondovalle. A S del Mar Morto invece l’Araba è alimentata solo da torrenti stagionali insufficienti a rendere fertile quel terreno arido.
Il Mar Morto è chiamato “mare dell’Araba”. (Deut. 3:17; 4:49; II Re 14:25) Senza l’articolo determinativo la parola ʽaravàh è usata anche in senso generico e può essere giustamente tradotta “pianura desertica”. Il plurale (ʽaravòhth) spesso si applica alle pianure desertiche di Gerico e di Moab, la parte della valle del Giordano immediatamente a N del Mar Morto. — Num. 22:1; 26:3, 63; 31:12; Gios. 4:13; 5:10; Ger. 39:5.
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ArabiaAusiliario per capire la Bibbia
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Arabia
La Penisola Arabica costituisce l’estremità SO del continente asiatico. È limitata a E dal Golfo Persico e dal golfo di Oman, a S dall’Oceano Indiano e dal golfo di Aden, e a O dal Mar Rosso; Mesopotamia, Siria e Palestina formano un arco fertile che ne circonda la parte settentrionale. Attorniata com’è su tre lati dall’acqua, sembra quasi un’immensa isola ed è comunemente chiamata dai suoi abitanti “Isola degli arabi” (Jazirat al-‘arab).
Con una superficie di 2.600.000 km2 circa, quasi l’equivalente di Francia e Spagna messe insieme, l’Arabia è la più grande penisola del mondo. La costa occidentale ha un’estensione di poco meno di 3.000 km e, nel punto più largo, la penisola misura quasi 2.000 km.
Il nome “Arabia” è di origine semitica e si ritiene derivato da una radice che significa “essere arido”. (Confronta la “pianura del deserto” [ebr. ‘aràv; “Arabia”, VR] di Isaia 21:13). La penisola consiste di un tavolato roccioso che dalla catena montuosa parallela alla costa O declina verso E fino al Golfo Persico. Una sola vetta all’estremità SO raggiunge un’altitudine di 3660 m circa.
All’interno della parte meridionale della penisola si stende il grande deserto detto Rub ‘al-Khali, la più grande estensione continua di sabbia che ci sia sulla terra, chiamata infatti “Le sabbie”. A N del Neged o altopiano centrale c’è il meno esteso deserto del Nafud, che culmina nel Deserto Siriaco, altopiano sassoso fra il Giordano e l’Eufrate. Fin dai primi secoli dell’era volgare i geografi hanno diviso l’Arabia in Arabia Petrea, che include la penisola del Sinai, Edom e Moab; Arabia Desertica, il Deserto Siriaco; e Arabia Felice, o Arabia meridionale.
LA VITA DI UOMINI E ANIMALI, CONDIZIONATA DALL’ACQUA
I piccoli corsi d’acqua lungo i margini esterni della penisola e sull’altopiano centrale (o Neged) non sono numerosi e scorrono solo in certe stagioni. Giobbe, che evidentemente visse in quello che oggi è il Deserto Siriaco, descrive il prosciugarsi di tali “torrenti invernali”. — Giob. 6:15-20.
In gran parte questo vasto tavolato è arido, ma lungo la catena montuosa occidentale, sull’altopiano centrale e al S ci sono sufficienti precipitazioni da consentire la vita a una popolazione considerevole. Qui e intorno alle oasi maggiori i “fellahin” o contadini riescono a coltivare miglio, grano, orzo e granturco e vi si trovano palme da datteri (Eso. 15:27) e fichi. Alberi d’acacia, che producono la gomma resinosa detta gomma arabica, e altri alberi e arbusti balsamici e aromatici costituivano la principale ricchezza dell’antica economia araba, ma in tempi moderni il loro valore è stato eclissato dall’“oro nero”, il petrolio. — Gen. 2:12.
Anche nel deserto del Nafud al N a volte d’inverno piove abbastanza da far crescere l’erba di cui si nutrono i cammelli e le pecore dei beduini. In vaste zone però la generale scarsità d’acqua consente solo una vita nomade che dipende da oasi sparse, polle d’acqua e pozzi. La temperatura tocca punte estreme, raggiungendo in certe zone anche 54 °C di giorno, per scendere bruscamente a livelli molto bassi di notte.
In tali condizioni la fauna è necessariamente ridotta, ma pecore, capre, cammelli, asini selvatici, sciacalli, falchi e aquile vi si trovano oggi come nei tempi biblici. (Ezec. 27:21; II Cron. 17:11; Giud. 6:5; Giob. 39:5-8, 26, 27; Isa. 60:7; 34:13) Alcuni animali, come il leone, il toro selvatico e lo struzzo, sono ora estinti in questa zona. (Giob. 38:39, 40;
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