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ArareAusiliario per capire la Bibbia
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all’aratura (lavoro molto più duro per una giovenca che non la trebbiatura) per rappresentare il lavoro faticoso o servile che stranieri avrebbero probabilmente imposto alle apostate Giuda e Israele. Quello di cui Giuda e Israele avevano bisogno, secondo Geremia 4:3, 4 e Osea 10:12, 13, era di cambiar vita, preparando, intenerendo e ripulendo il proprio cuore (confronta Luca 8:5-15) come quando si ara e si tolgono le spine, affinché, invece di faticare e lavorare invano per cose sbagliate che portano solo a cattivi risultati, potessero raccogliere benedizioni divine.
I metodi ordinati, sensati e giudiziosi seguiti dall’agricoltore nell’arare, erpicare, seminare e trebbiare sono descritti in Isaia 28:23-29 per illustrare le vie di Geova, che è “meraviglioso per consiglio, che ha fatto cose grandi in opere efficaci”. Come il lavoro di arare ed erpicare ha dei limiti, serve solo in preparazione della semina, così anche Geova non disciplina o punisce per sempre il suo popolo, ma lo disciplina principalmente per renderlo più docile e disposto ad ascoltare i suoi consigli e la sua guida, che producono benedizione. (Confronta Ebrei 12:4-11). E come la durezza del suolo determina la forza o la profondità dell’aratura, così il tipo di grano determina l’efficacia e il peso degli attrezzi usati per trebbiare ed eliminare la pula; tutto questo illustra la sapienza di Dio nel purificare il suo popolo e nell’eliminare ciò che è indesiderabile, in modi diversi secondo le necessità e le circostanze. — Confronta Isaia 21:10; 1:25.
Una città “arata come un semplice campo” significava una città completamente abbattuta e desolata. (Ger. 26:18; Mic. 3:12) Le parole di Israele a proposito di quelli che avevano ‘arato il suo medesimo dorso, allungando i solchi’, descrivono evidentemente le sofferenze della nazione per colpa dei suoi molti nemici che senza posa e crudelmente la devastarono e maltrattarono, poiché Israele aveva reso il suo dorso “proprio come la terra . . . per i passanti”. (Sal. 129:1-3; Isa. 51:23; confronta Salmo 66:12). Nella profezia di restaurazione di Amos 9:13-15, è spiegato che la benedizione di Geova sul suo popolo lo rende come un campo fertile che produce con tanta abbondanza che si continua a raccogliere quando è già tempo di arare per la stagione successiva. — Confronta Levitico 26:5.
Gesù aveva detto che i suoi discepoli avrebbero dovuto mangiare, bere e alloggiare presso coloro che servivano, poiché “l’operaio è degno del suo salario”, e l’apostolo Paolo sostenne il diritto che avevano coloro che faticavano nel ministero cristiano di ricevere aiuto materiale da altri, proprio come l’uomo che ara lo fa con la legittima speranza di avere una parte del raccolto a cui ha contribuito la sua fatica. Eppure Paolo personalmente e volontariamente preferiva non valersi del diritto di non svolgere un lavoro secolare, per offrire “la buona notizia senza costo” a coloro che serviva. — Luca 10:7; I Cor. 9:3-10, 15, 17, 18.
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AratroAusiliario per capire la Bibbia
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Aratro
Vedi ATTREZZI AGRICOLI.
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AraunaAusiliario per capire la Bibbia
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Arauna
(Aràuna o Araunà) [significato incerto].
Gebuseo proprietario dell’aia acquistata dal re Davide per costruirvi un altare a Geova. Mediante quest’azione voluta da Dio si pose fine al flagello provocato dal censimento della popolazione ordinato da Davide. — II Sam. 24:16-25; I Cron. 21:15-28.
Arauna evidentemente voleva offrire il terreno, insieme al bestiame e agli attrezzi di legno per il sacrificio, gratuitamente, ma Davide insisté di pagarne il prezzo. In II Samuele 24:24 è spiegato che Davide acquistò l’aia e il bestiame per cinquanta sicli d’argento, mentre in I Cronache 21:25 viene detto che Davide pagò 600 sicli d’oro per il terreno. Lo scrittore di II Samuele considera solo l’acquisto del posto per l’altare e del materiale per il sacrificio fatto allora, e quindi il prezzo menzionato evidentemente si limitava a tali cose. Invece lo scrittore di I Cronache considera la cosa in relazione al tempio costruito più tardi sul posto e ne menziona l’acquisto in rapporto a tale costruzione. (I Cron. 22:1-6; II Cron. 3:1) Poiché l’intera area del tempio era molto grande, sembra che la somma di 600 sicli d’oro si riferisca all’acquisto di tale vasta area e non solo al pezzetto necessario per l’altare costruito prima da Davide.
In Cronache Arauna è chiamato Ornan. — I Cron. 21:18-28; II Cron. 3:1.
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ArcaAusiliario per capire la Bibbia
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Arca
[cassa, scatola, contenitore].
L’arca di Noè fu il provvedimento mediante il quale i progenitori di tutto il genere umano sopravvissero nel 2370–2369 a.E.V. al diluvio universale. Noè ricevette da Geova istruzioni particolareggiate riguardo a misure, forma, modo di provvedere luce e ventilazione, e materiali da usare per la costruzione. — Gen. 6:14-16.
FORMA E GRANDEZZA
L’arca era un contenitore rettangolare simile a una cassa, dal fondo piatto. Non aveva bisogno di un fondo arrotondato né di una prua appuntita per solcare rapidamente le acque, e neanche di timone; doveva solo essere impermeabile e stare a galla. Un natante con una forma del genere è molto stabile, non si capovolge facilmente, e ha un piano di carico superiore di un terzo a quello delle navi convenzionali. Anche il tetto probabilmente era piatto o se mai aveva una leggera pendenza.
L’arca era lunga 300 cubiti, larga 50 cubiti e alta 30 cubiti. Secondo un calcolo prudente di un cubito di 44,5 cm circa (alcuni ritengono che il cubito antico misurasse da 55 a 60 cm), l’arca misurava m 133 per 22 per 13. Fra l’altro, a questa proporzione fra lunghezza e larghezza (6 a 1) si attengono anche gli architetti navali moderni. Nessuna nave da carico dell’antichità assomigliava neanche lontanamente all’arca con le sue misure colossali. Rinforzata internamente dall’aggiunta di due piani, i tre ponti provvedevano in totale un’area di quasi 9.000 m2.
A Noè fu detto: “Farai un tsohar (tetto; o, finestra) per l’arca”. Questo tsòhar doveva essere completato “un cubito più su”. (Gen. 6:16) Si ritiene che il tsòhar provvedesse adeguata luce e ventilazione; non si trattava dunque di un finestrino di un solo cubito quadrato, ma di un’apertura di un cubito che si estendeva sotto il tetto lungo i quattro lati dell’arca per 130 m2 circa. Senza dubbio il cornicione sporgente del tetto impediva che la pioggia entrasse nell’arca. Inoltre da un lato dell’arca c’era una porta per le operazioni di carico e scarico.
Con quali materiali si doveva costruire questa immensa arca fu spiegato dal Grande Architetto: “Fatti un’arca di legno d’albero resinoso [letteralmente: “d’albero di gòpher”]”. (Gen. 6:14) Alcuni hanno pensato che questo legno resinoso fosse di cipresso o di un albero simile. Nella zona abbondava quello che oggi è chiamato cipresso; era preferito particolarmente per la costruzione di navi dai fenici e da Alessandro Magno, e lo è ancora attualmente, perché resiste molto bene all’acqua e non marcisce. Porte e pali di cipresso si dice abbiano resistito 1.100 anni. Inoltre
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