Capitolo XII
Accresciuti gli averi del Re
1. (a) Quale domanda sorge riguardo ai coeredi del Regno ancora fra noi? (b) Se osserviamo che avvengono loro tali cose, di quale fatto questo dà prova?
POICHÉ tutte le prove indicano che il millenario regno di Dio si è avvicinato, sorge questa domanda: Che cosa dovremmo attenderci da quelli che dovranno unirsi al millenario Re di Dio nel governo celeste? Mentre sono fra noi, dovremmo attenderci di osservarli quando son provati e ispezionati sul modo in cui fanno uso di ciò che appartiene al Re celeste col quale sono chiamati a governare in qualità di re. Come hanno cura di tutti gli interessi che il Re celeste ha sulla terra? Se osserviamo che fra noi ha luogo un esame e ispezione dei coeredi di quel Regno, è fornita una vigorosa prova che il messianico Re di Dio domina. Egli è presente sul suo trono reale!
2, 3. (a) Ciò che vediamo avvenire è l’adempimento di quale parabola di Gesù, e in parte la sua risposta a quale domanda dei suoi apostoli? (b) Come cominciò quella parabola?
2 Questo interessante avvenimento che ha avuto luogo in questo ventesimo secolo sotto l’osservazione degli occhi umani fu raffigurato per noi in una parabola o illustrazione che Gesù Cristo incluse nella sua rimarchevole profezia mentre era seduto sul monte degli Ulivi e guardava verso Gerusalemme, l’undicesimo giorno del mese primaverile di Nisan nell’anno 33 E.V. Egli stava ancora dando la sua particolareggiata risposta alle domande fatte dai suoi apostoli: “Quando avverranno queste cose, e quale sarà il segno della tua presenza [pa·rou·siʹa, greco] e del termine del sistema di cose?” (Matteo 24:3) Aveva appena finito di dire ai suoi apostoli la parabola delle “dieci vergini” e di trarne una lezione, e ora dice loro un’altra parabola mediante il cui adempimento si indicherà che la sua invisibile parusia è cominciata ed è in corso. Questa parabola è molto comunemente chiamata “la parabola dei talenti”. Essa comincia dicendo:
3 “Poiché è come quando un uomo, stando per fare un viaggio all’estero, chiamò i suoi schiavi e affidò loro i suoi averi. E ad uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro ancora uno, a ciascuno secondo la sua capacità, e andò all’estero”. — Matteo 25:14, 15.
4. (a) Secondo il contesto di questa parabola, che cosa è “come quando” un uomo ricco fece un viaggio all’estero, avendo affidato ai suoi schiavi cose di valore? (b) Chi raffigura quest’“uomo”, e perché?
4 Che cos’è, però, che è “come quando” un uomo ricco affida i suoi averi ai suoi schiavi prima di partire per l’estero? Ecco, sono le circostanze relative al Regno di cui Gesù Cristo ha parlato. Questo si capisce dalla sua precedente parabola, quella delle “dieci vergini”, che introdusse con queste parole: “Il regno dei cieli diverrà allora simile a dieci vergini che, prese le loro lampade, andarono incontro allo sposo”. (Matteo 25:1) Si capisce anche dalla parabola che Gesù dice dopo la sua parabola relativa ai “talenti”. (Matteo 25:31-34) Nella parabola che ora consideriamo l’uomo ricco che fa il viaggio all’estero è, naturalmente, il Signore Gesù Cristo stesso. Era stato interrogato sul “segno” della sua presenza.
5. Quale precedente parabola assomiglia sotto alcuni aspetti alla parabola dei “talenti”, ma come le due parabole differiscono in ciò che esse intesero mostrare?
5 Questa parabola dei “talenti” somiglia sotto diversi aspetti a una parabola precedente che Gesù ha detta e che è comunemente chiamata “la parabola del denaro” (o, delle mine). È curioso che nella parabola dei “talenti” si intese provare dal suo adempimento nel nostro giorno che la presenza o parusia reale del Signore Gesù Cristo è stata in corso, mentre la parabola dei denari o delle mine fu detta dal Signore Gesù per mostrare ai suoi ascoltatori che, in quel tempo, il regno messianico era ancora nel lontano futuro. Quindi, il racconto che introduce la parabola delle mine dice: “Mentre ascoltavano queste cose egli disse in aggiunta un’illustrazione”. Perché? “Perché era vicino a Gerusalemme ed essi immaginavano che il regno di Dio stesse per manifestarsi istantaneamente. Perciò disse: ‘Un uomo di nobile nascita andò in un paese lontano per assicurarsi il potere reale e tornare. Chiamati dieci dei suoi schiavi, diede loro dieci mine e disse loro: “Negoziate finché io venga”’”. (Luca 19:11-13) Si trattava di fare un lungo viaggio per andare in un paese lontano e tornare, e questo avrebbe significato molto tempo prima che l’uomo nobile tornasse con il suo potere reale.
6. (a) Che cosa era accaduto solo due giorni prima che Gesù dicesse la parabola dei “talenti”, e che cosa non si manifestò allora? (b) Così quale domanda ora si pone?
6 Similmente, in realtà quando il Signore Gesù disse la sua parabola dei “talenti” il messianico regno di Dio era ancora molto lontano; non doveva apparire all’istante. Solo due giorni prima, la domenica 9 Nisan 33 E.V., Gesù aveva fatto il suo ingresso trionfale in Gerusalemme a cavallo di un puledro d’asina e le moltitudini giubilanti avevan gridato: “Benedetto colui che viene nel nome di Geova! Benedetto il regno, che viene, del nostro padre Davide! Salva, preghiamo, nei luoghi altissimi!” Eppure il Regno non s’era allora manifestato. (Marco 11:9, 10) Si sta manifestando questo Regno nel nostro giorno? Questa è ora per noi la domanda essenziale! Da quando Gesù fu qui nella carne è passato molto tempo.
7, 8. (a) Come determiniamo quando cominciò l’adempimento della parabola dei “talenti”? (b) Come lo conferma Atti 1:2-5?
7 La parabola dei “talenti”, il cui adempimento ha a che fare con la parusia o presenza di Gesù, cominciò a realizzarsi diciannove secoli fa ai giorni degli apostoli. L’“uomo” della parabola, Gesù Cristo stesso, era ancora personalmente con loro fino al giorno della sua ascensione in cielo, dieci giorni prima che si osservasse a Gerusalemme la Festa di Pentecoste. La parabola comincia con un uomo che stava per fare “un viaggio all’estero” e, chiamati i suoi schiavi, affidò loro i suoi averi. Il risuscitato Gesù non si avviò per andare “all’estero” in un “paese lontano” fino al giorno che ascese in cielo e scomparve. Così, prima di quell’avvenimento, egli dovette chiamare i “suoi schiavi”, i suoi discepoli allora fedeli, e dovette affidar loro i suoi averi. Anche per questo la parabola dovette cominciare fra il tempo della sua risurrezione dai morti e la sua ascensione alla presenza del suo Padre celeste. In armonia con ciò, in Atti 1:2-5, leggiamo:
8 “Fino al giorno che fu assunto, [Gesù dovette negoziare con i suoi discepoli. Fu assunto] dopo aver dato comandamento per mezzo dello spirito santo agli apostoli che aveva scelti. E a questi con molte positive prove si mostrò vivente dopo aver sofferto, essendo da essi visto durante quaranta giorni e dicendo le cose concernenti il regno di Dio. E mentre era radunato con loro diede gli ordini: ‘Non vi ritirate da Gerusalemme, ma continuate ad aspettare ciò che il Padre ha promesso, di cui avete udito da me; perché Giovanni, in realtà, battezzò con acqua, ma voi sarete battezzati nello spirito santo fra non molti giorni’”.
9. (a) Nella parabola dei “talenti”, com’è indicato lo scopo del viaggio all’estero dell’uomo? (b) Nella corrispondente parabola delle mine, quale fu lo scopo per cui l’uomo andò in un paese lontano, e come lo confermò Gesù nella Cena del Signore?
9 Il paese “estero” in cui doveva fare il viaggio l’“uomo” della parabola era il cielo stesso, dove risiede il Padre celeste del Signore Gesù Cristo. Luca 19:12 ne parla appropriatamente come di un “paese lontano”. Nella parabola dei “talenti”, Gesù non ci dice lo scopo per cui l’“uomo” fece il viaggio all’estero. Ciò nondimeno, egli indica che fu per ottenere una speciale “gioia” e per aumentare realmente i suoi “averi” di “molte cose”. Così, quando l’uomo ebbe realizzato lo scopo del suo viaggio all’estero, entrò nella sua “gioia” come Signore di quegli “schiavi” che aveva lasciati. La parallela o corrispondente parabola delle mine indica che lo scopo del viaggio all’estero fu quello di “assicurarsi il potere reale e tornare”. Il possesso del regno era perciò la sua “gioia”. Indicando che questo era lo scopo per cui andava in cielo, Gesù disse ai suoi fedeli apostoli dopo aver mostrato loro come celebrare annualmente la Cena del Signore: “Faccio un patto con voi, come il Padre mio ha fatto un patto con me, per un regno, affinché mangiate e beviate alla mia tavola nel mio regno, e sediate su troni per giudicare le dodici tribù d’Israele”. — Luca 22:29, 30.
10. Nella parabola, i “suoi schiavi” chi raffigurarono, e come fu mostrato che accettavano questa designazione?
10 Nella parabola, i “suoi schiavi” furono quei battezzati discepoli di Gesù Cristo che avevano la prospettiva di un trono nel “regno dei cieli”. Nemmeno gli apostoli arrossirono confessando d’essere “schiavi” del Signore Gesù. Per esempio, la seconda lettera di Pietro inizia con le parole: “Simon Pietro, schiavo e apostolo di Gesù Cristo”. (2 Pietro 1:1) Nell’introduzione dell’ultimo libro della Bibbia, Rivelazione, l’apostolo Giovanni dice che Gesù Cristo “mandò il suo angelo e per mezzo di lui la presentò in segni al suo schiavo Giovanni”. (Rivelazione 1:1) Il discepolo Giuda comincia la sua lettera, dicendo: “Giuda, schiavo di Gesù Cristo, ma fratello di Giacomo”. (Giuda 1) Il discepolo Giacomo comincia la sua lettera con le parole: “Giacomo, schiavo di Dio e del Signore Gesù Cristo, alle dodici tribù che sono disperse”. (Giacomo 1:1) L’apostolo Paolo comincia la sua lettera ai Filippesi, dicendo: “Paolo e Timoteo, schiavi di Cristo Gesù, a tutti i santi uniti a Cristo Gesù che sono a Filippi”. — Filippesi 1:1.
AFFIDATI I “SUOI AVERI”
11. Di quale specie non furono gli “averi” che Gesù quale “uomo” della parabola lasciò ai suoi “schiavi”?
11 I discepoli che avevano la prospettiva del regno celeste furono gli “schiavi” che Gesù Cristo chiamò prima di partire dalla terra e ai quali affidò i “suoi averi”. (Matteo 25:14) Quali erano questi averi? Egli non lasciò ai suoi discepoli averi materiali, come case, terreni, indumenti, denaro in banca. Si lasciò dietro l’anziana madre Maria e i fratellastri e le sorellastre quando morì al Calvario sul palo di tortura, e a questi fu lasciata qualsiasi proprietà fisica di cui potessero valersi secondo la Legge di Mosè. E durante la sua attività di predicare e insegnare per circa tre anni e mezzo il regno di Dio non accumulò per se stesso “tesori sulla terra”, ma cercò prima il regno del suo Padre celeste. (Matteo 6:19, 20, 33; 12:46, 47; 24:3-47; Atti 1:14) Quindi, che cosa lasciò da poter affidare ai suoi “schiavi”?
12, 13. (a) Che cosa fu, dunque, ciò che Gesù Cristo lasciò come suoi “averi”? (b) Come viene mostrata questa veduta da ciò che Gesù disse ai suoi apostoli in Samaria vicino al pozzo di Giacobbe?
12 Fu un fondamento di ulteriore opera cristiana, un coltivato campo in cui si sarebbe potuto ancora conseguire risultato predicando la buona notizia del messianico regno di Dio e facendo altri discepoli cristiani. Fu una via preparata per i suoi discepoli “schiavi”. Già nell’anno 30 E.V., quando attraversava il paese di Samaria e dopo aver predicato a una donna samaritana alla “fonte di Giacobbe” presso Sichar, Gesù disse ai suoi apostoli:
13 “Ecco, io vi dico: Alzate gli occhi e guardate i campi, che sono bianchi da mietere. Già il mietitore riceve il salario e raccoglie frutto per la vita eterna, affinché il seminatore e il mietitore si rallegrino insieme. A questo riguardo, in realtà, è vera la parola: Uno è il seminatore e un altro il mietitore. Io vi ho mandati a mietere ciò per cui non avete faticato. Altri hanno faticato, e voi siete entrati nel beneficio della loro fatica”. — Giovanni 4:35-38.
14. (a) Come sono in paragone le carriere pubbliche di Giovanni il Battista e Gesù Cristo? (b) Fra chi e in qual modo Gesù lasciò un campo coltivato che poteva fornire ulteriore produzione?
14 Per circa sei mesi Giovanni il Battista aveva prestato servizio come precursore di Gesù e aveva proclamato: “Pentitevi, poiché il regno dei cieli si è avvicinato”. E dopo che nell’anno 30 E.V. Giovanni era stato messo in prigione, Gesù aveva ripreso lo stesso messaggio. Nei successivi tre anni Gesù perseverò nel predicare quel messaggio e nell’insegnare al popolo ovunque se ne offrisse l’opportunità. La libera attività pubblica di Giovanni il Battista fu perciò molto breve, solo di un anno circa, ma l’attività pubblica e privata di Gesù fu tre volte più lunga. Poté dirsi che entrambi gli uomini avevano fatto un’opera di semina e che Gesù l’intraprese dove Giovanni l’aveva interrotta. Gesù cominciò a radunare discepoli, ma non tutti quelli che potevano essere radunati dal suo campo di attività. (Matteo 4:12-23; 3:1-7) Per giunta, Gesù, per mezzo della sua carriera pubblica che incluse la sua morte violenta e la sua risurrezione dai morti, aveva adempiuto le profezie bibliche inerenti al promesso Messia, e questo era tutto di pubblica conoscenza. Questo fece effetto sul popolo giudeo che abitava nel territorio in cui Gesù Cristo divenne il più controverso personaggio pubblico del tempo. Ne risultò un campo coltivato per produrre discepoli cristiani.
15. (a) Così quale cosa di valore dotata di potenzialità Gesù Cristo lasciò ai suoi discepoli? (b) A quanti lasciò all’inizio quegli “averi”?
15 Gesù mise così nel campo delle persone in cui operava una potenzialità, un potere latente e una capacità di produrre discepoli, una preparata condizione del campo che era pronta a reagire favorevolmente o ad accettare la futura opera dei discepoli di Gesù. Questo preparato campo di potenzialità (possibilità cristiane) per coltivare e radunare discepoli cristiani fu ciò che costituì gli “averi” del risuscitato Signore Gesù Cristo. Questo fu ciò che affidò agli schiavi suoi discepoli. Dopo la sua risurrezione dai morti egli era apparso a “più di cinquecento fratelli in una volta”, ma in seguito il giorno della Festa di Pentecoste nella stanza di piano superiore a Gerusalemme eran radunati solo circa centoventi discepoli che furono i primi a ricevere lo spirito santo quando fu versato dal cielo. (I Corinti 15:6; Matteo 28:16-18; Atti 1:13-15) Quindi, prima di fare il viaggio all’estero ascendendo al suo Padre celeste ci furono almeno più di cento “schiavi” cristiani ai quali egli affidò i suoi “averi”.
16. Gli “averi” dell’uomo della parabola ammontarono a quanto denaro, e come distribuì questi “averi” ai suoi “schiavi”?
16 Come fu fatta la distribuzione dei suoi “averi”, e in base a che cosa? Leggiamo: “E ad uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro ancora uno, a ciascuno secondo la sua capacità e andò all’estero”. (Matteo 25:15) Così otto (8) talenti d’argento rappresentarono i suoi “averi” che distribuì ai suoi schiavi. Questo costituiva in quel primo secolo della nostra Èra Volgare una quantità di ricchezza, poiché ciascun talento d’argento equivaleva a sessanta (60) mine o a circa L. 544.000. Lo schiavo che ricevette un talento d’argento ebbe questa quantità di denaro da usare; lo schiavo che ebbe due talenti ricevette due volte questa quantità di denaro; quello che ebbe cinque talenti ricevette cinque volte questa quantità. Ciascuno schiavo ricevette la quantità di denaro che corrispondeva alla “sua capacità” di far uso di tale ammontare e negoziarvi. L’uomo ricco conosceva bene i suoi schiavi e le loro capacità.
17. (a) Quale specie di capacità ebbero gli “schiavi” della parabola, ma che dire dell’adempimento della parabola? (b) Chi ricevette nella parabola la massima responsabilità, e chi la riceve nell’adempimento?
17 Nella parabola, le capacità erano capacità naturali o capacità che gli schiavi avevano coltivate e accresciute. Nell’adempimento della parabola dei “talenti”, la “capacità” non è una semplice capacità fisica o mentale, sebbene tale specie di capacità possa essere apprezzata e utile. Piuttosto, la “capacità” rappresenta le possibilità spirituali che si devono trovare nello schiavo cristiano il quale ha la prospettiva del regno celeste. Lo zelo, la volontà, la premura di cui lo schiavo cristiano è dotato contribuiscono alle sue possibilità di usare la ricchezza spirituale affidatagli. Chi secondo la propria capacità riceve ciò che assomiglia a cinque talenti ha, naturalmente, la massima responsabilità. Il Signore Gesù Cristo pose così sui suoi schiavi apostolici la massima responsabilità, ed essi dovettero fare un’opera da pioniere di grandi proporzioni, oltre a essere fondamenta secondarie della congregazione cristiana. — Rivelazione 21:14; Efesini 2:20-22.
18. (a) Che cosa rappresentarono gli “schiavi” essendo solo tre? (b) Nella parabola gli “schiavi” furono tutti uomini, ma che dire dell’adempimento?
18 Certo, il Signore Gesù Cristo ha più di tre “schiavi” spirituali per i quali ha stipulato il patto di un regno celeste. Quindi i tre “schiavi” della parabola rappresentano tre rispettive classi di futuri eredi del regno celeste. Dobbiamo ricordare che la congregazione cristiana generata dallo spirito contiene molte donne credenti. Il giorno della Festa di Pentecoste del 33 E.V., Maria madre di Gesù fu una di tali donne, e probabilmente Maria e Marta della città di Betania vicino a Gerusalemme furono fra “alcune donne” menzionate in Atti 1:14, che quel notevole giorno di Pentecoste ricevettero lo spirito santo. (Giovanni 11:1-45) Inoltre, quando sotto la pressione della persecuzione che c’era a Gerusalemme l’evangelizzatore Filippo andò verso nord a Samaria, trovò donne samaritane credenti, poiché leggiamo: “Ma quand’ebbero creduto a Filippo, che dichiarava la buona notizia del regno di Dio e del nome di Gesù Cristo, erano battezzati, uomini e donne”. — Atti 8:12.
19. (a) Nella parabola, l’“uomo” cosa attese che gli schiavi facessero con i suoi “averi”? (b) Che cosa si attende Gesù Cristo in quanto agli “averi” che lasciò ai suoi discepoli “schiavi”?
19 Nella parabola l’uomo viaggiatore si attese che gli schiavi negoziassero durante la sua assenza e facessero aumentare quei talenti. Egli non desiderò che tenessero il denaro inutilizzato e improduttivo. In modo simile il Signore Gesù Cristo quando affidò ai suoi discepoli “schiavi” tutti i suoi averi sulla terra, si attese, infatti diede loro comando, che non lasciassero il campo preparato e coltivato che egli aveva loro affidato senza ulteriore attenzione e sviluppo in modo da non produrre di più. Né il campo doveva essere lasciato nelle sue proporzioni originali senza fargli nessuna aggiunta, estensione, allargamento. No, ma l’assente Signore Gesù Cristo si attendeva un aumento, e, di conseguenza, la mancanza di recare l’aumento avrebbe dato luogo alla punizione di chi non avesse assolto la propria responsabilità.
NEGOZIARE CON I “TALENTI”
20. Che cosa si attese l’“uomo” dagli schiavi ai quali erano stati affidati i talenti, e come valse la pena che gli schiavi soddisfacessero quelle attese?
20 Gli schiavi della parabola, se non fu detto specificamente, compresero che si attendeva da loro un aumento. La parabola lo rende manifesto, poiché leggiamo: “Immediatamente quello che aveva ricevuto cinque talenti se ne andò e vi negoziò e ne guadagnò altri cinque. Nello stesso modo quello che ne aveva ricevuti due ne guadagnò altri due”. (Matteo 25:16, 17) È evidente che questi due schiavi non depositarono il denaro in una banca lasciando che producesse interesse secondo le operazioni dei banchieri; ma essi stessi si impegnarono in imprese nelle quali negoziarono con abilità e discernimento e desta accortezza. I loro sforzi personali valsero la pena d’esser compiuti, poiché il loro rispettivo denaro raddoppiò di quantità. Ciascuno fece uso della “sua capacità”, con lealtà e devozione verso il proprio signore, e anche col desiderio di guadagnare la sua approvazione.
21, 22. Come gli “averi” di Gesù Cristo dovevano essere aumentati di quantità, e fino a qual punto? In quale zona?
21 Ora, nell’adempimento della parabola, in che modo quella parte degli “averi” del Signore Gesù Cristo che è affidata al futuro erede del Regno è raddoppiata di quantità? Il Signore Gesù disse come doveva farsi e il racconto biblico fornisce le illustrazioni di come si fece diciannove secoli fa. Alcuni giorni prima della sua ascesa in cielo il Signore Gesù si materializzò e apparve ai suoi discepoli in un luogo prestabilito su un monte nella provincia di Galilea. Ivi disse loro: “Ogni autorità mi è stata data in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate discepoli delle persone di tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello spirito santo, insegnando loro ad osservare tutte le cose che vi ho comandate. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni fino al termine del sistema di cose”. (Matteo 28:16, 20) Ma il giorno della sua ascensione in cielo egli fu più preciso sul corso che doveva seguire l’opera di aumentare i suoi “averi”. Su ciò leggiamo:
22 “Or quando si furono riuniti, gli chiesero: ‘Signore, ristabilirai in questo tempo il regno d’Israele?’ Egli disse loro: ‘Non appartiene a voi d’acquistar conoscenza dei tempi o delle stagioni che il Padre ha posti nella propria autorità; ma riceverete potenza quando lo spirito santo sarà arrivato su di voi, e mi sarete testimoni in Gerusalemme e in tutta la Giudea e la Samaria e fino alla più distante parte della terra’”. — Atti 1:6-8.
23. (a) A quali zone aveva limitato Gesù la sua predicazione e il suo insegnamento, e con quale risultato? (b) Quindi, dove i discepoli trovarono gli “averi” di Cristo, per lavorarvi fino al tempo stabilito da chi?
23 Durante la sua attività terrena come predicatore e insegnante del Regno, Gesù aveva limitato i suoi sforzi a Gerusalemme e alle province di Galilea e di Giudea (compresa Samaria) e alla Perea sulle sponde orientali del fiume Giordano. In quelle zone Gesù aveva prodotto fra i Giudei e i Samaritani la preparata, coltivata condizione per fare altri discepoli. In quelle zone, questa era la condizione di cui i discepoli dovevano valersi per aumentare il numero dei discepoli cristiani; essa era gli “averi” che Gesù loro Signore aveva affidati loro come “schiavi”. Così, prima di tutto, dovevano lavorare in quelle zone preparate fino al tempo o alla stagione che il Padre celeste aveva posto entro la propria autorità. Dovevano far questo, ricordando che “Cristo divenne effettivamente ministro di quelli che sono circoncisi a favore della veracità di Dio, onde confermasse le promesse che Egli aveva fatte ai loro antenati”. — Romani 15:8.
24. (a) Dopo aver ricevuto lo spirito santo, come i discepoli misero subito all’opera gli “averi” del loro Signore, e con quale quantità di produzione? (b) Tornati a casa dopo la Pentecoste, quale campo trovarono per la produttività i credenti giudei?
24 In armonia con ciò a quel tempo gli “schiavi” discepoli capitalizzarono la preparata, coltivata proprietà che il Signore Gesù aveva loro affidata come suoi “averi” per i quali egli aveva lavorato, ed essi misero quella proprietà spirituale all’opera per produrre un aumento dei discepoli. Fecero subito ciò, proprio quel giorno della Festa di Pentecoste del 33 E.V. a Gerusalemme, e subito si produssero circa tremila battezzati che ebbero la prospettiva del Regno essendo stati battezzati con lo spirito santo. Queste erano tutte persone circoncise, sia Giudei naturali che proseliti della fede giudaica. Gli averi del Signore Gesù che erano stati affidati ai discepoli continuarono a essere usati ancora di più, essendo compiuto con tali “averi” negozio cristiano, così che qualche tempo dopo a Gerusalemme il numero dei discepoli era salito a “circa cinquemila”. (Atti 4:4) Senza dubbio, centinaia di quei Giudei e proseliti che dopo la celebrazione della Pentecoste eran partiti da Gerusalemme ed erano tornati alle loro case in varie parti della terra trovarono fra i vicini giudei del proprio paese un campo di attività a favore del cristianesimo.
25. (a) Come Gesù aveva già operato per alcuni “averi” nel caso dei Giudei e dei proseliti che avevano assistito alle feste a Gerusalemme? (b) In che modo la persecuzione fece divulgare la fede cristiana in comunità giudaiche lontane?
25 È possibile che molti di quei Giudei e proseliti che tornarono fossero venuti in contatto con Gesù Cristo e l’avessero udito in precedenti visite fatte a Gerusalemme per assistere a tutte le feste. Stando così le cose, Gesù aveva anche prodotto una preparata, coltivata condizione nel caso di quei visitatori giudei e proseliti, e a Gerusalemme gli apostoli e i condiscepoli si valsero di questa parte degli averi di Gesù e misero tali “averi” all’opera. (Giovanni 12:20-29; Atti 2:5-11) Avvenne così che, prima ancora che l’apostolo Paolo giungesse a Roma, in Italia, c’era una congregazione di molti cristiani. (Romani 1:1-7; 15:22-24) Inoltre, la persecuzione che sorse a Gerusalemme contro i discepoli di Cristo diede luogo alla divulgazione della fede cristiana a molti Giudei fuori delle province giudaiche. In Atti 11:19 è scritto: “Quindi quelli che erano stati dispersi dalla tribolazione sorta a motivo di Stefano andarono fino in Fenicia e in Cipro e in Antiochia, ma non dichiarando la parola a nessuno se non ai soli Giudei”.
26. (a) La limitazione dell’attività di far discepoli solo al campo giudaico continuò fino a quando e fino a quale avvenimento? (b) Come l’opera in quella zona aperta da poco diede luogo a un aumento di “talenti” spirituali?
26 Questo limitare l’aumento degli “averi” dell’assente Signore Gesù Cristo ai soli Giudei e proseliti giudaici continuò sino all’autunno dell’anno 36 E.V. Quindi giunse il tempo di aumentare il numero dei discepoli cristiani in altre zone, proprio come Gesù stesso aveva comandato, dicendo: “Andate dunque e fate discepoli delle persone di tutte le nazioni, battezzandole”, e, “mi sarete testimoni . . . fino alla più distante parte della terra”. (Matteo 28:19, 20; Atti 1:8) Allora fu il tempo stabilito da Dio perché i discepoli giudei, ai quali Gesù aveva affidato i suoi “talenti” spirituali, facessero uso di quei suoi “averi” per fare altri “talenti” spirituali. Questo cominciò con l’azione da parte della classe dei cinque talenti, quando l’apostolo Pietro fu mandato a Cesarea capitale romana della Giudea per fare di Cornelio un convertito discepolo di Gesù Cristo. (Atti da 10:1 a 11:18) Con ciò l’intero mondo dei Gentili o non Giudei del genere umano fu aperto all’opera di far discepoli. Questa era una zona che Geova Dio non aveva assegnato agli “averi” di Gesù Cristo sulla terra, affinché vi seminasse e vi mietesse e vi facesse discepoli. — Matteo 15:24.
27. Questa apertura di una zona mondiale per la produttività che cosa richiese da parte dei discepoli giudei?
27 Ora qui c’era una vasta zona in cui le persone non erano state condizionate dallo stesso Gesù Cristo, non avendo Gesù come pioniere lasciato ai suoi discepoli nessun preparato, coltivato stato, onde se ne valessero con profitto per far aumentare la congregazione cristiana. Con il beneficio e il vantaggio e l’impulso di ciò che Gesù aveva fatto provvedendo l’originale campo coltivato, essi potevano ora da esperti, qualificati operai seminare il seme e coltivare le possibilità di crescita e in tal modo aggiungere altri campi per produrre discepoli di Gesù il Messia. Questo richiedeva da parte loro sforzi pionieristici, e per non subire perdite dovevano esercitare coraggio, sinceri sforzi, diligente attenzione e perseveranza. Non edificavano più sul fondamento di un altro uomo, ma compivano essi stessi tutte le attività preliminari per far discepoli in una zona del tutto nuova. Questo mostrò ubbidienza al loro Signore. — Romani 15:17-21.
28, 29. (a) Seguendo il modello posto dai discepoli del primo secolo, come i successivi “schiavi” che han seguito Cristo hanno operato secondo la loro capacità? (b) Qual è stato il più essenziale fattore che ha contribuito a recare l’aumento?
28 Gli apostoli e altri discepoli di Gesù Cristo del primo secolo posero il modello circa il modo di ‘negoziare’ con i figurativi “talenti” ch’erano stati loro affidati. Essi aumentarono il numero dei talenti del loro Signore del cento per cento. La classe degli “schiavi” cristiani a cui erano stati affidati “cinque talenti” degli “averi” del Signore guadagnò altri cinque talenti. La classe degli “schiavi” di Cristo che furon resi responsabili per due talenti degli averi del loro Signore guadagnò altri due talenti. Ciascuna classe ebbe un incremento, in proporzione, del cento per cento, così che ciascuno fece tutto ciò che gli era possibile, e nessuno fu migliore di nessun altro. Egli fece quanto si poteva attendere da lui. Ciascuno fece il massimo secondo la “sua capacità”. Comunque, l’aumento ottenuto con gli averi del loro Signore non fu da attribuire tutto all’uso della “capacità” di ciascuno “schiavo”. Nella faccenda rientrò un altro fattore, e questo era il fattore più essenziale di tutti. Quando parla del suo proprio servizio e di quello dell’eloquente discepolo Apollo in maniera comparativa, l’apostolo Paolo si riferisce a questo fattore, dicendo:
29 “Che cos’è dunque Apollo? Sì, che cos’è Paolo? Ministri per mezzo dei quali voi diveniste credenti, come il Signore concesse a ciascuno. Io piantai, Apollo innaffiò, ma Dio faceva crescere; così che né chi pianta né chi innaffia è alcuna cosa, ma Dio che fa crescere. Ora colui che pianta e colui che innaffia sono uno, ma ciascuno riceverà la sua ricompensa secondo la propria fatica. Poiché siamo collaboratori di Dio. Voi siete il coltivato campo di Dio, l’edificio di Dio”. — 1 Corinti 3:5-9.
30. (a) A chi, quindi, si deve primariamente dare il credito dell’aumento? (b) Nel primo secolo, quale prova si ebbe dell’aumento nella zona coltivata dai discepoli?
30 Dio è perciò Colui al quale si deve dare credito per l’aumento, e gli “schiavi” di Cristo sono solo strumenti che egli si compiace di impiegare per conseguire l’aumento. Egli aiuta gli “schiavi” ad adempiere le loro responsabilità. Fornisce agli “schiavi” ciò che loro occorre per compiere con successo l’opera di far discepoli delle persone di tutte le nazioni. Così la preparata, coltivata zona per produrre discepoli che il Figlio di Dio partendo lasciò ai suoi fedeli discepoli è accresciuta, perché tutto intorno al globo sono portate all’esistenza altre zone di questa specie mediante l’ubbidienza degli “schiavi” di Cristo ai suoi comandi e la loro imitazione del suo esempio. Quale prova se ne ebbe nel primo secolo della nostra Èra Volgare? Questa: congregazioni di discepoli che erano eredi del regno dei cieli sorsero fuori di Gerusalemme e di tutta la Giudea e la Galilea e la Samaria. Congregazioni furono istituite in Asia, Africa, Europa e isole del mar Mediterraneo.
31. Come esempio di quanto precede, che cosa indica di lui il luogo da cui Pietro scrisse la sua prima lettera?
31 Per esempio, prendete l’apostolo Pietro. Egli fu uno dei quattro apostoli che, dopo aver udito predire da Gesù la distruzione del magnifico tempio di Gerusalemme, gli fecero la domanda: “Quando avverranno queste cose, e quale segno vi sarà quando tutte queste cose staranno per venire al termine?” (Marco 13:1-4) Ebbene, circa trent’anni dopo, verso il 62-64 E.V., o diversi anni prima che “queste cose” effettivamente accadessero con l’assedio e la distruzione di Gerusalemme e del suo tempio, l’apostolo Pietro faceva opera missionaria fuori dell’Impero Romano. Sì, la prima lettera che egli scrisse ai conservi cristiani entro l’Impero Romano fu scritta nella città di Babilonia sul fiume Eufrate di Mesopotamia, e in questa lettera, verso la fine della sua lettera, si riferisce a quella congregazione cristiana, dicendo: “Colei che è in Babilonia, eletta come voi, vi manda i suoi saluti”. — 1 Pietro 5:13.
32-34. (a) Verso quando e da dove Paolo scrisse la sua lettera ai Colossesi? (b) Come Paolo indica in essa l’aumento mondiale dei “talenti” affidati ai discepoli?
32 Quindi ci fu anche l’apostolo Paolo. Egli era infine giunto nella capitale imperiale di Roma, ma come prigioniero che s’era appellato a Cesare per un processo imparziale. Dal suo luogo di custodia di Roma scrisse alla congregazione cristiana di Colosse, in Asia Minore, verso il 60-61 E.V. Questo avveniva quasi dieci anni prima di “queste cose” predette dal Signore Gesù Cristo, eppure già in quel tempo prima della fine del sistema di cose giudaico accentrato in Gerusalemme, l’apostolo Paolo parlò dell’aumento in tutto il mondo dei figurativi “talenti” che Gesù aveva affidato ai suoi “schiavi”. Allorché Paolo si riferisce al fatto che si annunciò loro “la buona notizia”, scrive:
33 “Abbiamo udito della vostra fede riguardo a Cristo Gesù e dell’amore che avete per tutti i santi a causa della speranza che vi è riservata nei cieli. Di questa speranza avete già udito mediante l’annuncio della verità di quella buona notizia che s’è presentata a voi, come sta portando frutto e crescendo in tutto il mondo, come fa anche tra voi, dal giorno che udiste e imparaste a conoscere l’immeritata benignità di Dio in verità. Questo è ciò che avete imparato da Epafra nostro diletto compagno di schiavitù che è un fedele ministro del Cristo a nostro favore, e che ci ha rivelato il vostro amore in modo spirituale.
34 “In realtà, voi che una volta eravate alieni e nemici perché le vostre menti eran volte alle opere malvage, egli ha ora di nuovo riconciliati mediante il corpo carnale di lui per mezzo della sua morte, per presentarvi santi e senza difetto e non esposti a nessuna accusa dinanzi a sé, purché, naturalmente, rimaniate nella fede, stabiliti sul fondamento e saldi e non essendo smossi dalla speranza di quella buona notizia che avete udita, e che è stata predicata in tutta la creazione che è sotto il cielo”. — Colossesi 1:4-8, 21-23.
35. Questa testimonianza allo zelo dei discepoli del primo secolo si ebbe durante quale limitato periodo di tempo, e in adempimento di quale profezia di Gesù?
35 Quale testimonianza furono quelle ispirate parole dell’apostolo Paolo circa lo zelo di quegli “schiavi” del Signore Gesù Cristo nel primo secolo, onde ‘negoziassero’ con i “talenti” che egli aveva loro affidati! Quale impresa questa fu per loro in tale breve periodo di tempo: la buona notizia ‘portava frutto e cresceva in tutto il mondo’, la buona notizia già “predicata in tutta la creazione che è sotto il cielo”! Pensate: Gesù Cristo si era “manifestato una volta per sempre al termine dei sistemi di cose”, negli anni 29-33 E.V., eppure prima ancora che nell’anno 70 E.V. terminasse il sistema di cose giudaico, con l’annientamento della loro capitale religiosa, i Giudei avevano ricevuto in tutto il mondo allora conosciuto testimonianza intorno al messianico regno di Dio. In realtà, tutte le nazioni gentili pure avevan ricevuto tale testimonianza, in un adempimento tipico della profezia di Gesù sul “segno” del “termine del sistema di cose”, cioè: “Questa buona notizia del regno sarà predicata in tutta la terra abitata, in testimonianza a tutte le nazioni; e allora verrà la fine”. — Matteo 24:14; Ebrei 9:26.
CULMINE DELL’ODIERNO ADEMPIMENTO DELLA PARABOLA
36. Il Signore dei discepoli “schiavi” venne di nuovo prima o dopo che fu distrutta Gerusalemme, e che cosa indicano circa la venuta di Cristo le conclusive parole di Giovanni nella Rivelazione?
36 Quegli “schiavi” del primo secolo che aumentarono i preziosi “talenti” in tale proporzione mondiale nonostante guerre, pestilenze, carestie, terremoti e persecuzioni morirono tutti, ma il loro dipartito Signore e Proprietario non tornò nel loro giorno, né prima né dopo la distruzione di Gerusalemme da parte delle legioni romane. Circa ventisei anni dopo che quell’orribile avvenimento aveva scosso il mondo religioso giudaico, la condanna alla prigione che l’apostolo Giovanni scontava nell’isola di Patmos fu illuminata dalla Rivelazione divina che ricevette, nella quale additò il futuro dicendo: “Ecco, egli viene con le nubi, e ogni occhio lo vedrà, e quelli che lo trafissero”. E Giovanni terminò il racconto della Rivelazione con la preghiera: “‘Amen! Vieni, Signore Gesù’. L’immeritata benignità del Signore Gesù Cristo sia con i santi”. (Rivelazione 1:7; 22:20, 21) Quella fervida preghiera perché venisse il Signore non fu effettivamente esaudita prima che passassero più di diciotto secoli.
37. (a) Quando tornò il Signore Gesù Cristo, e contrariamente a quale attesa? (b) Da allora in poi, quale nuovo significato assunse la predicazione del Regno, e perché?
37 Il culmine dell’adempimento della parabola dei “talenti” sarebbe venuto solo col ritorno del Signore Gesù Cristo e con la sua parusia o presenza. Nella seconda metà del trascorso diciannovesimo secolo si pensò che il Signore fosse tornato nell’anno 1874 E.V. e che con quell’anno fosse iniziata la sua invisibile presenza in spirito. Ma in realtà il “segno” della sua presenza e del termine del sistema di cose non si presentò durante i successivi quattro decenni. Non sino alla fine dei Tempi dei Gentili nell’anno 1914, verso il 4/5 ottobre o la metà del mese lunare giudaico di Tishri. In quel tempo la predicazione della buona notizia di un regno messianico di Dio avvenire si mutò nella predicazione della buona notizia del regno di Dio istituito. Gli avvenimenti mondiali che seguirono accumularono le prove che nel preannunciato anno critico era nato il celeste regno di Dio con l’intronizzazione e incoronazione del suo Messia, Gesù il figlio di Davide figlio di Abraamo. (Matteo 1:1) Era venuto colui che ne ha il “diritto legale”. Infatti, egli era tornato! — Ezechiele 21:25-27.
38. La parabola dei “talenti” fu detta come parte di quale profezia, e così come se ne dovrebbe indicare nel nostro giorno il culmine dell’adempimento?
38 La parabola dei “talenti” fu detta da Gesù Cristo come parte del “segno” dai molti aspetti per indicare il fatto della sua parusia o presenza. Quindi l’adempimento della parabola portato a termine nel nostro tempo dovrebbe accrescere la testimonianza che egli è tornato in spirito e che è presente su di noi. Certo se diciamo che la reale presenza del Signore Gesù Cristo cominciò alla fine dei Tempi dei Gentili nel 1914, dovrebbero esserci quindi i fatti disponibili per verificare che l’adempimento della parabola sta giungendo nel nostro giorno al suo culmine. Quali sono i fatti?
39. Che cosa fece lo schiavo con un solo talento, e quando cominciarono i conti con gli schiavi?
39 Prima, guardiamo per vedere come terminò la parabola. Leggiamo dunque ulteriormente la parabola di Gesù, come segue: “Ma quello che ne aveva ricevuto solo uno se ne andò, e scavato in terra nascose il denaro d’argento del suo signore. Dopo lungo tempo il signore di quegli schiavi venne e fece i conti con loro”. — Matteo 25:18, 19.
40. (a) Nella parabola, con che cosa tornò il “signore di quegli schiavi”? (b) L’anno 1914 E.V. ebbe relazione in particolare con quale “potere reale”, e come mai?
40 Quando il “signore di quegli schiavi” venne, ritornò con ciò che era andato a guadagnare all’estero. Le sue proprie parole mostrano in seguito che aveva guadagnato una “gioia” da condividere con i suoi schiavi fedeli; tornò con “molte cose” che non aveva quando affidò loro gli otto talenti d’argento. Una parabola precedente detta da Gesù, la parabola delle “dieci mine”, precisa che ciò con cui tornò era il “potere reale”. (Luca 19:12-15) I Tempi dei Gentili, o “fissati tempi delle nazioni”, hanno relazione col “potere reale”, in particolar modo col “potere reale” della famiglia del re Davide di Gerusalemme, potere reale della cui famiglia davidica il re Nabucodonosor di Babilonia rovesciò nell’anno 607 a.E.V. Quel disastroso anno fu la data in cui si cominciarono a contare i 2.520 anni dei Tempi dei Gentili che terminarono nell’anno 1914 E.V. Così la fine di quei Tempi dei Gentili verso il 4/5 ottobre 1914 dovrebbe logicamente attestare un capovolgimento della situazione di tale lunga durata. Non fu dunque senza significato che il 4/5 ottobre 1914 le nazioni gentili si trovarono in difficoltà, già implicate da due mesi nella prima guerra mondiale della storia umana.
41. (a) La prima guerra mondiale uccise il piccolo numero dei discepoli “schiavi” del Signore Gesù Cristo allora sulla terra? (b) Che cosa cercarono di far loro le nazioni rispetto alla loro ulteriore testimonianza?
41 Che dire, però, degli “schiavi” cristiani del celeste Signore Gesù Cristo a cui egli aveva affidato i suoi preziosi “talenti”? Fino a questo giorno c’è ancora un piccolo numero di quegli “schiavi” fedeli che in quel tempo segnato erano nella scena terrestre e compresero dalle Sacre Scritture il significato della prima guerra mondiale. Questo conflitto internazionale che alla fine trascinò nella guerra totale ventotto nazioni e imperi non uccise quei leali “schiavi” del celeste Re, Gesù Cristo, di recente posto sul trono. I nemici terrestri, i quali non volevano che Gesù Cristo regnasse su di loro come Re di tutta la terra, avrebbero preferito uccidere questi “suoi schiavi”, ma non vi riuscirono. In effetti, tentarono di togliere loro quei figurativi “talenti” che avevan ricevuti dal loro Signore e Proprietario celeste. Tentarono di disfare tutte le eccellenti opere e i guadagni spirituali che questi “schiavi” avevano fatto per il celeste Re di recente intronizzato. A tal fine cercarono di sopprimerne l’influenza presso il popolo di tutte le nazioni. Cercarono disperatamente di minarne il preparato, coltivato fondamento per la futura testimonianza del Regno.
42, 43. (a) La fine della prima guerra mondiale nel 1918 in quale condizione trovò gli “schiavi” del Signore celeste? (b) Secondo tutte le apparenze, che cosa era accaduto dei “talenti” loro affidati?
42 La fine della prima guerra mondiale l’11 novembre 1918 trovò gli “schiavi” del dominante Re celeste effettivamente uccisi rispetto a quella buona reputazione presso il popolo entro la cristianità e fuori. La reputazione quali cristiani che avevano presso il popolo era effettivamente morta, sotto un manto di errate rappresentazioni e denigrazioni da parte di patrioti nazionalistici e fanatici guerrafondai. Avevano avuto luogo contro di loro violenti assalti di turbe. La loro letteratura biblica era stata messa al bando o erano stati proscritti essi stessi. Molti di loro, i più noti dei quali erano il presidente della Società Torre di Guardia di Bibbie e Trattati, e il suo segretario-tesoriere e sei altri preminenti associati, erano in prigione con accuse false dalle quali poterono essere assolti solo dopo che si spense la follia della guerra.
43 Apparentemente, questi “schiavi” del giusto Governante di questo globo terrestre furono spogliati di ogni cosa. Sembrò che i “talenti” che egli aveva loro affidati fossero stati spazzati via. I loro nemici si rallegrarono d’aver tolto quegli “schiavi” dal servizio del loro celeste Signore per ogni tempo avvenire, poiché parve che la loro capacità di cominciare tutto di nuovo fosse stata messa in dubbio.
44. (a) Quando ci fu un capovolgimento di situazione, e come? (b) Quale domanda ora sorse in quanto agli “schiavi” sopravvissuti, e perché?
44 Non fu che oltre quattro mesi più tardi, dopo la fine della guerra, che i nemici furono sorpresi, stupiti al capovolgimento di situazione che cominciò a manifestarsi. Questo avvenne quando quegli otto rappresentanti della Società Torre di Guardia di Bibbie e Trattati furono rilasciati dalla prigionia nel Penitenziario Federale di Atlanta (Georgia) il 25 marzo 1919, e il giorno dopo, a Brooklyn, in New York, fu concessa loro la libertà provvisoria dietro pagamento di cauzione. Dopo breve termine fu concesso a suo tempo l’esonero dalle accuse grossolanamente false mosse contro di loro. Ma quanto contò questo per le persone prostrate dalla guerra in cui la propaganda bellica e il delirio della guerra avevano suscitato punti di vista preconcetti e alterati riguardo agli “schiavi” di Gesù Cristo? Era qualche cosa che gli “schiavi” dovevano considerare. Potevano riprendere ad andare avanti di fronte a tali proibitive circostanze? Avevano il coraggio e la fiducia del loro Signore celeste per farlo? Per questi schiavi cristiani fu invero un tempo di prova.
45. (a) Secondo la parabola, cos’era tempo che facesse il “signore di quegli schiavi’? (b) Riguardo al loro possesso dei “talenti”, che cosa si doveva fare a favore di quegli schiavi cristiani?
45 La parabola dei “talenti” raffigurò che quando il viaggiatore tornò dall’estero fece i conti con loro. Questo significava una loro ispezione. Era del tutto logico che, con tale volgere di avvenimenti nella primavera del 1919, fosse il tempo dovuto per la loro ispezione da parte del celeste “signore di quegli schiavi”. Ma quale conto potevano rendere essi rispetto ai suoi “talenti” ch’erano stati affidati alla classe dello schiavo? Qualsiasi incremento avessero conseguito prima del culmine della persecuzione del tempo di guerra nel 1918 sembrò spazzato via. Erano come se non avessero in loro possesso nessun figurativo “talento”. Se, ora, dovevano mostrare qualche aumento dei “talenti” del loro Signore, dovevano produrre questo aumento nel periodo del dopoguerra e rendergli tale aumento dei suoi averi nel futuro. Si doveva dar loro una nuova e ulteriore opportunità di ‘negoziare’ con i suoi preziosi “talenti”. Storicamente questo è proprio ciò che accadde, data la misericordiosa considerazione del loro Signore celeste.
46. (a) Che cosa era tempo che scacciassero, e per che cosa avevano bisogno di riorganizzarsi? (b) In vista del possesso del “potere reale” da parte del loro Signore celeste, per che cosa la situazione era opportuna e il tempo propizio?
46 L’anno 1919 fu il tempo essenziale per scacciare il timore degli uomini che si era creato fra la classe dello schiavo durante la violenza e l’isterismo della prima guerra mondiale e che aveva considerevolmente fatto ritrarre la classe dello schiavo dal negoziare quali responsabili schiavi del dominante Re, Gesù Cristo. Quindi era ormai tempo che cominciassero a riorganizzare le loro rotte e impedite file per compiere, nel servizio al loro Signore che ora possedeva il potere reale, il più grande sforzo della loro vita. Ora, come non era mai avvenuto prima, il loro Signore aveva il diritto legale su tutta la terra come campo a sua disposizione per produrre altri discepoli favoriti con la speranza del regno celeste. Egli poteva affidare loro questa situazione opportuna affinché ‘negoziassero’ nel suo servizio. Era il tempo propizio perché sorgessero la classe dei discepoli “schiavi” com’era stata raffigurata dallo schiavo a cui furono affidati “cinque talenti” e anche la classe raffigurata dallo schiavo a cui furono affidati due talenti. Essi fecero questo, poiché la parabola dei “talenti” non poteva restare inadempiuta, specialmente al suo culmine.
47. Nel 1919, come furono rafforzati onde non avessero timore ma si presentassero per l’opera del dopoguerra?
47 Non si perse tempo. Nel 1919 quelle due classi di “schiavi” si diedero da fare. Ricevettero vigorosa rassicurazione dagli articoli de La Torre di Guardia del 1º e del 15 agosto 1919 sul tema “Benedetti gli intrepidi”. Accolsero l’annuncio di un congresso di otto giorni da tenere a Cedar Point, nell’Ohio, dal 1º all’8 settembre 1919. Non si trattennero dall’assistere a quel congresso generale per timore di dover affrontare l’opera del dopoguerra che avrebbe richiesto da parte loro grande energia e coraggio, con ulteriore persecuzione.
48. (a) In che modo i congressisti di Cedar Point ricevettero l’annuncio di una nuova rivista come compagna de La Torre di Guardia? (b) Com’è stata usata finora quest’altra rivista?
48 Col vivo desiderio di apprendere come Geova si proponeva di far compiere loro l’opera che li attendeva, seimila che vennero in particolar modo dal Canada e dagli Stati Uniti d’America assisterono quotidianamente alle sessioni di questo congresso dell’Associazione Internazionale degli Studenti Biblici. Con sorpresa e tuttavia con apprezzamento di cuore, ricevettero l’annuncio che a cominciare dal 1º ottobre 1919 si sarebbe pubblicata una nuova rivista, The Golden Age (L’Età d’oro), come compagna de La Torre di Guardia e Araldo della presenza di Cristo. Questa nuova rivista sarebbe stata un altro ausilio per annunciare l’istituito, messianico regno di Dio. Sarebbe stata per loro un altro strumento da usare nell’opera di piantare, innaffiare e coltivare nuove zone, per produrre altri discepoli del Signore Gesù Cristo. Con La Torre di Guardia questa nuova rivista (ora Svegliatevi!) ha operato finora a fianco a fianco in una crescente divulgazione, suscitando nuovo interesse nelle persone di cuore onesto e preparandole a ricevere le cose più profonde della Parola di Dio. Essa ha compiuto un’eccellente opera di preparazione.
49. Che cosa si fece riguardo alle filiali della Società Torre di Guardia, e fino a qual punto sono state aumentate le zone portate in tal modo sotto coltivazione?
49 Inoltre, le comunicazioni fra la sede principale della Società Torre di Guardia di Bibbie e Trattati e le sue organizzazioni filiali intorno al globo che erano state interrotte dalla guerra mondiale furono ristabilite e rafforzate, e, mentre il tempo e le circostanze ne rivelavano il bisogno, in vari paesi furono istituite nuove filiali. Questo accrebbe le zone che vennero portate sotto la più stretta sovrintendenza degli “schiavi” del celeste Signore Gesù Cristo e furono di grande aiuto per intensificare l’opera di coltivare tali zone al fine di radunare altri discepoli delle persone di tutte le nazioni. Dalle poche filiali che allora esistevano il numero è asceso oggi a novantacinque filiali. Queste hanno la sorveglianza sull’opera di semina e coltivazione che si compie in duecentootto paesi e isole del mare.
50. (a) Perché quelli che assisterono al congresso di Cedar Point del 1922 si videro nel tempio nella posizione di Isaia? (b) La risposta di Isaia all’invito di Geova quale domanda suscitò riguardo a loro?
50 Nel settembre del 1922 questi schiavi cristiani che hanno la prospettiva del regno celeste furono vigorosamente informati che ora sono in realtà sotto l’ispezione del Re dei re e Signore dei signori, il dominante Signore Gesù. In adempimento di Malachia 3:1, egli ha accompagnato Geova Dio quando è venuto nel suo tempio spirituale per l’opera di giudizio riguardo ai suoi “schiavi” generati dallo spirito che sono nel tempio. Quelli che assistevano a Cedar Point, in Ohio, al secondo congresso dell’Associazione Internazionale degli Studenti Biblici (I.B.S.A.), nel suo quarto giorno, 8 settembre 1922, nominato “Il Giorno”, videro d’essere ora nella posizione del profeta Isaia, quando ebbe una visione di Geova Dio nel suo tempio. Isaia sentì il bisogno d’essere spiritualmente purificato, e la purificazione necessaria gli fu misericordiosamente concessa. Ciò lo pose nella favorevole condizione di rispondere all’invito di Geova con la sollecita esclamazione: “Eccomi! Manda me”. (Isaia 6:1-8) Sorgeva dunque la domanda: Avrebbero i congressisti dell’I.B.S.A. risposto in modo simile all’invito di Geova che allora li chiamava a rendere servizio?
51. Concludendo il suo discorso del “Giorno”, quali domande fece ai congressisti il presidente della Società e quale finale esortazione rivolse loro?
51 Nel penultimo paragrafo del suo discorso che trattava la visione di Isaia, il presidente della Società Torre di Guardia, J. F. Rutherford, fece ai congressisti diverse domande, comprese queste finali: “Credete che il Signore è ora nel suo tempio, e che giudica le nazioni della terra? Credete che il Re della gloria ha cominciato il suo regno?” Con grande entusiasmo le migliaia di congressisti gridarono affermativamente. Allora l’oratore portò al culmine il suo discorso, dicendo: “Quindi tornate al campo, o figli dell’Iddio Altissimo! Indossate l’armatura! Siate sobri, siate vigilanti, siate attivi, siate coraggiosi. Siate testimoni fedeli e veraci per il Signore. Avanzate nel combattimento finché non sia desolata ogni traccia di Babilonia. Annunciate il messaggio per lungo e per largo. Il mondo deve conoscere che Geova è Dio e che Gesù Cristo è il Re dei re e Signore dei signori. Questo è il giorno di tutti i giorni. Ecco, il Re regna! Voi ne siete gli agenti di pubblicità. Perciò annunciate, annunciate, annunciate il Re e il suo regno”. — Si veda La Torre di Guardia (inglese) in data 1º novembre 1922, pagina 332-337.
52. (a) Nel 1920, che cosa fece la Società per aumentare la distribuzione di letteratura biblica? (b) Nel 1924, quali altri mezzi cominciò a usare la Società per annunciare il Regno, accresciuti in seguito da quali altri mezzi di pubblicità?
52 Con più zelo e sforzo che mai gli “schiavi” del ritornato Signore Gesù Cristo andarono ad annunciarlo come Re dominante, predicando pubblicamente sia di casa in casa che dal podio pubblico. Dal 1920 essi avevano cominciato a servirsi del loro proprio stabilimento tipografico di Brooklyn, in New York, e questo permise loro di venire in possesso di maggiori quantità di letteratura biblica, riviste, opuscoli, trattati, libri e infine delle stesse Bibbie, con più grande economia, da usare nell’annuncio del Re messianico e del suo regno. Dalla domenica 24 febbraio 1924, le radiostazioni possedute dalle società legali di questi “schiavi” cominciarono a essere usate per diffondere il messaggio del Regno a un innumerevole uditorio invisibile che ascoltava per mezzo dei propri apparecchi radioriceventi. Con l’andar del tempo decine e decine di radiostazioni furono impiegate, a pagamento o gratuitamente, in diversi paesi, per far risuonare la buona notizia del Regno fino ai medesimi confini della terra. A questi mezzi pubblici si aggiunsero, alcuni anni dopo, le auto acustiche con altoparlanti e i fonografi portatili, che gli “schiavi” di Cristo portavano di porta in porta per annunciare il Regno ai padroni di casa.
53. Perché i lettori ebbero ragione di rallegrarsi dell’articolo principale del numero de La Torre di Guardia del 1º marzo 1925?
53 Per i lettori de La Torre di Guardia e Araldo della presenza di Cristo fu una gioia quando ricevettero il loro numero del 1º marzo 1925 e lessero l’articolo principale intitolato “Nascita della Nazione”. Perché? Perché da esso ricevettero un più accurato intendimento di Rivelazione, capitolo dodici. I loro occhi dell’intendimento spirituale furono aperti affinché vedessero che la simbolica nascita del figlio maschio, così commoventemente presentata in quel capitolo che per tanto tempo fu per loro un mistero, raffigurava la nascita del messianico regno di Dio nell’anno 1914, alla fine dei Tempi dei Gentili. L’articolo concludeva, a pagina 74, dicendo: “Il regno del cielo è venuto. Il giorno della liberazione è in vista. Questa buona notizia sia annunciata ai popoli della terra. La vittoria è del nostro Re. Facciamo ora in modo d’esser fedeli sino alla fine della guerra; e ci crogioleremo per sempre al sole del suo amore, dove saranno pienezza di gioia e diletto per sempre”.
54, 55. Come il numero di quelli che parteciparono nel 1925 alla Cena del Signore indicò un aumento nelle zone di attività?
54 La celebrazione annuale della Cena del Signore alla data successiva, mercoledì 8 aprile 1925, portò alla luce qualche cosa d’incoraggiante. A causa dell’opera di piantare, innaffiare e coltivare che s’era compiuta sino ad allora in ulteriori zone d’attività con i nuovi strumenti provveduti per fare pubblicità al Regno, il numero delle congregazioni dei discepoli con speranze celesti aumentò. Aumentarono i componenti delle congregazioni. Così a questa celebrazione della Cena del Signore il numero di quelli che vi presero parte indicò questa crescita e produzione di discepoli di Cristo. Quanti vi presero dunque parte quell’anno? L’edizione (inglese) de La Torre di Guardia del 1º settembre 1925, a pagina 263, nei “Rapporti della Commemorazione”, dice:
55 “Siamo lieti che il numero dei partecipanti alla Commemorazione sia così grande, perché manifesta in ogni luogo molto interesse nella verità, e così dovrebbe essere. La somma totale di cui è stato fatto rapporto finora è 90.434, che è di 25.329 superiore al rapporto di un anno fa”.
56. Che cosa indicò questo riguardo alle attività di ‘negozio’ dei discepoli “schiavi” a cui furono affidati i “talenti”?
56 Veramente gli “schiavi” di Cristo, la classe raffigurata dallo schiavo a cui furono affidati “cinque talenti” e la classe raffigurata dallo schiavo a cui furono affidati due talenti, furono pronti e solleciti a ‘negoziare’ con essi in modo da aggiungere altre zone che sarebbero state fruttuose di altri discepoli di Cristo. I fatti pubblicati provano che questi “schiavi” furono benedetti nei loro sforzi e ricompensati con l’aumento. Questo li incoraggiò ancora di più a proseguire.
GIOIA
57. (a) Perché l’uomo ricco della parabola fece un viaggio all’estero? (b) Quali domande sorgono dunque in quanto a Gesù Cristo nell’adempimento della parabola?
57 Comunque, storicamente viene ora in piena vista un altro fattore nell’argomento. Nella parabola di Gesù, l’uomo che possedeva gli otto talenti d’argento e i tre schiavi non fece un viaggio all’estero semplicemente per diletto come in una gita turistica. Egli ebbe una ragione seria per andare all’estero; desiderò assicurarsi qualche cosa di valore. Il motivo per cui andò all’estero, come mostra la parabola, fu per guadagnare una certa “gioia”, insieme a “molte cose”. Di conseguenza, dovette viaggiare per una lunga distanza, che richiese un lungo periodo di tempo, al fine di rivolgersi a colui che avrebbe potuto impartirgli quella particolare “gioia”. Questo è implicito nella parabola di Gesù, sebbene la parabola dei “talenti” non lo dica così esplicitamente. Poiché l’uomo ricco della parabola raffigura il Signore Gesù Cristo, che l’uomo facesse il viaggio all’estero per una lunga distanza raffigura che il Signore Gesù andò all’unica Fonte della speciale gioia che aveva in vista. Quindi, a chi andò? Chi era quella Fonte di gioia?
58, 59. (a) A chi andò il risuscitato Gesù Cristo per ottenere quella “gioia”? (b) Per quali altri è Egli la Fonte della gioia, come indica Romani 15:13?
58 Questo ci è indicato in Ebrei 12:2, che dice: “Guardiamo attentamente il principale Agente e Perfezionatore della nostra fede, Gesù. Per la gioia che gli fu posta dinanzi egli sopportò il palo di tortura, disprezzando la vergogna, e si è messo a sedere alla destra del trono di Dio”.
59 Ah, sì, Geova Dio è la Fonte di tale “gioia”. Fu a lui che il risuscitato Gesù Cristo se ne andò, lasciando i suoi fedeli discepoli qui sulla terra, avendo affidato loro i suoi “averi”, i suoi “talenti”. Il Padre celeste era la Fonte della speciale causa di “gioia” di Gesù. Geova Dio è la Fonte di gioia anche per i discepoli del suo diletto Figlio. Conformemente, uno di quei discepoli, scrivendo ai conservi cristiani di Roma, disse: “L’Iddio che dà speranza vi empia di ogni gioia e pace mediante il vostro credere, affinché abbondiate nella speranza col potere dello spirito santo”. (Romani 15:13) Dio fu in grado di esaudire quella giusta preghiera.
60. (a) A chi era opportuno dare la dovuta preminenza, ora che Gesù Cristo era tornato con la sua “gioia”? (b) Come Gli fu resa la preminenza che gli spettava in quanto al suo nome?
60 Nel dovuto succedersi degli avvenimenti sarebbe stato il tempo opportuno per dare a Dio, la celeste Fonte di gioia, la preminenza che gli spettava agli occhi degli “schiavi” del Signore Gesù Cristo in seguito al suo gioioso ritorno, ora che il messianico regno di Dio era nato nei cieli. Era venuto il tempo perché questa divina Fonte di gioia si facesse un nome, e questo richiedeva che si facesse prima conoscere il Suo nome personale. Questo Nome fu debitamente fatto conoscere. In modo degno, se ne fece regolare uso tra i suoi riverenti adoratori sulla terra e sull’intera terra è stato pubblicato come non lo era mai stato in nessun tempo precedente. Quando iniziò l’anno 1926, il primo numero de La Torre di Guardia presentò il suo principale articolo intitolato “Chi onorerà Geova?” Da allora in poi, il nome divino, che compare migliaia di volte nel testo originale ebraico della Sacra Bibbia, fu esaltato alla sua giusta altezza tra gli “schiavi” del Figlio di Dio. Essi cominciarono a essere principalmente Suoi testimoni, ma senza diminuire la loro testimonianza al suo Figlio Gesù Cristo. Amorevolmente agirono secondo il loro obbligo d’esser testimoni per l’Unico che ha nome Geova.
61. (a) Nel 1931, in una risoluzione i discepoli schiavi di Gesù Cristo si dichiararono contrari all’esser chiamati con quali nomi? (b) Con quale nome desiderarono esser chiamati da ora in poi?
61 Seguirono cinque anni e mezzo di tale testimonianza al Nome divino. Venne poi il tempo che gli “schiavi” cristiani si identificassero, per differenziarsi da tutti i professanti cristiani della religiosa cristianità. A tal fine, gli “schiavi” di Gesù Cristo, la domenica pomeriggio 26 luglio 1931, al congresso internazionale tenuto a Columbus, nell’Ohio, U.S.A., entrarono in azione. Alle ore 16,00, fu presentata e letta alle migliaia di congressisti una risoluzione, di cui citiamo qui con piacere i paragrafi quarto, quinto e sesto:
ORA PERCIÒ, affinché sia fatta conoscere la nostra vera posizione, e credendo che questo sia in armonia con la volontà di Dio, com’è espressa nella sua Parola, SI PRENDA la seguente RISOLUZIONE, cioè:
CHE proviamo grande amore per il fratello Charles T. Russell, a causa della sua opera, e che lietamente riconosciamo che il Signore lo impiegò e grandemente benedisse il suo lavoro, tuttavia in armonia con la Parola di Dio non possiamo consentire d’esser chiamati col nome “Russelliani”; che la Società Torre di Guardia di Bibbie e Trattati e l’associazione Internazionale degli Studenti Biblici e l’associazione del Pulpito dei Popoli sono semplicemente nomi di enti legali i quali possediamo, controlliamo e impieghiamo come un gruppo di persone cristiane, per compiere la nostra opera in ubbidienza ai comandamenti di Dio, tuttavia nessuno di questi nomi ci si applica o ci si addice correttamente come gruppo di cristiani che seguiamo le orme del nostro Signore e Maestro, Cristo Gesù; che siamo studenti della Bibbia, ma, come corpo di cristiani costituiti in associazione, ci rifiutiamo di assumere o accettare il nome “Studenti biblici” o nomi simili come mezzo di identificazione della nostra corretta posizione dinanzi al Signore; ci rifiutiamo di portare o accettare il nome di qualsiasi uomo;
CHE, essendo stati comprati col prezioso sangue di Gesù Cristo nostro Signore e Redentore, giustificati e generati da Geova Dio e chiamati al suo regno, dichiariamo senza esitazione la nostra intera lealtà e devozione a Geova Dio e al suo regno; che siamo servitori di Geova Dio da lui incaricati di fare un’opera in suo nome, e, in ubbidienza al suo comandamento, di dare la testimonianza di Gesù Cristo e di far conoscere al popolo che Geova è il vero e Onnipotente Dio; perciò abbracciamo e prendiamo con gioia il nome che la bocca del Signore Dio ha proferito, e desideriamo esser conosciuti e chiamati col nome, cioè testimoni di Geova. — Isa. 43:10-12; 62:2; Riv. 12:17.
62. Quale invito faceva l’ultimo paragrafo della risoluzione?
62 L’ottavo e ultimo paragrafo della Risoluzione diceva:
Umilmente invitiamo tutte le persone che sono interamente devote a Geova e al suo regno a unirsi nella proclamazione di questa buona notizia ad altri, affinché si elevi la giusta insegna del Signore, affinché i popoli del mondo conoscano dove trovare la verità e la speranza di sollievo; e, soprattutto, affinché sia rivendicato ed esaltato il grande e santo nome di Geova Dio.
63. (a) Da chi, nell’insieme, fu adottata questa risoluzione sul nuovo Nome? (b) Come in seguito si fece pubblicità alla risoluzione e in tal modo se ne diede notificazione al mondo?
63 Questa risoluzione fu adottata con entusiasmo non solo da quelli riuniti nel congresso di Columbus, in Ohio, ma, in seguito, anche dalle congregazioni degli “schiavi” di Gesù Cristo intorno a tutto il globo. Così abbracciarono volontariamente il nome “testimoni di Geova”. Questa Risoluzione sul nome fu anche pubblicata nell’opuscolo presentato al congresso e intitolato “Il Regno, la speranza del mondo”. Questo titolo fu anche il soggetto della conferenza pubblica che il presidente della Società, J. F. Rutherford, tenne sia all’uditorio visibile del congresso che all’uditorio invisibile in ascolto da mezzogiorno in poi per mezzo di una vasta rete radiofonica. In seguito questo opuscolo che conteneva sia la conferenza pubblica che la Risoluzione fu collocato direttamente da portatori personali nelle mani di religiosi ecclesiastici, cattolici e protestanti, e poi nelle mani di preminenti uomini politici e professionisti. Ci fu anche una più estesa divulgazione tra il popolo in genere. In questo modo si diede a tutto il mondo la notificazione che questi adoratori dell’Iddio Altissimo giustificati e generati dallo spirito avrebbero camminato nel nome del loro Dio e avrebbero riconosciuto solo il nome di testimoni di Geova. — Michea 4:5.
64. Perché essi riconoscono d’esser cristiani testimoni di Geova?
64 Poiché ci furono pure testimoni del solo vivente e vero Dio avanti la prima venuta del Signore Gesù Cristo, essi riconoscono d’esser cristiani testimoni di Geova. — Isaia 43:10-12; 44:8; Ebrei da 11:1 a 12:1. Si veda anche La Torre di Guardia (inglese) del 15 settembre 1931, pagine 278, 279.