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Filistea, filisteiAusiliario per capire la Bibbia
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Quando Davide fu finalmente unto re di tutto Israele, i filistei invasero il bassopiano di Refaim (a SO di Gerusalemme) ma subirono un’umiliante sconfitta. (II Sam. 5:17-21; I Cron. 14:8-12) Una successiva offensiva filistea terminò pure con la vittoria di Israele. (II Sam. 5:22-25; I Cron. 14:13-16) Durante il suo regno Davide combatté molte altre battaglie contro i filistei e riuscì a soggiogarli. Una volta però per poco non perse la vita. — II Sam. 8:1; 21:15-22; I Cron. 18:1; 20:4-8.
Dal regno di Salomone in poi
Per anni non si ha più notizia di guerre con i filistei. Salomone figlio di Davide ebbe un regno pacifico (1037–997 a.E.V. e i suoi domini si estesero fino alla città filistea di Gaza. — I Re 4:21-25; II Cron. 9:26.
Circa vent’anni dopo la formazione del regno delle dieci tribù i filistei occupavano Ghibbeton, città di Dan. Mentre cercava di impadronirsi della città, Nadab re d’Israele fu ucciso da Baasa, che salì quindi al trono. (Gios. 19:40, 44; I Re 15:27, 28) Ghibbeton era ancora sotto la dominazione filistea ventiquattro anni più tardi quando Omri, comandante dell’esercito di Israele, scese in campo contro la città. — I Re 16:15-17.
Durante il regno di Giosafat (936–911 a.E.V.), i filistei gli erano sottomessi, infatti portavano doni e tributi. (II Cron. 17:11) Ma durante il regno di suo figlio Ieoram, filistei e arabi invasero Giuda e portarono via da Gerusalemme molto bottino. Inoltre fecero prigionieri le mogli e tutti i figli di Ieoram, tranne il minore, Ioacaz. (II Cron. 21:16, 17) Decenni dopo Uzzia re di Giuda riportò una vittoria contro i filistei, conquistando Gat, Iabne e Asdod. Costruì persino delle città in territorio filisteo. (II Cron. 26:6-8) Ma durante il regno di suo nipote Acaz i filistei conquistarono diverse città israelite e si stabilirono in tutta la regione dal Negheb fino al confine settentrionale del regno di Giuda. (II Cron. 28:18) Ezechia figlio di Acaz, adempiendo una profezia di Isaia (14:28, 29), abbatté i filistei fino a Gaza. — II Re 18:8.
NELLE PROFEZIE
La profezia di Gioele indicava che i filistei, poiché avevano venduto i “figli di Giuda e i figli di Gerusalemme ai figli dei Greci”, avrebbero subito lo stesso trattamento. (Gioe. 3:4-8) Le parole del profeta Gioele devono essere state scritte nel IX secolo a.E.V., perciò le sconfitte dei filistei per mano di Uzzia (II Cron. 26:6-8) e di Ezechia (II Re 18:8) potevano far parte dell’adempimento di quella profezia.
Tuttavia un adempimento maggiore ci fu dopo il ritorno degli israeliti dall’esilio in Babilonia. Il biblista C. F. Keil osserva nel suo commento: “Alessandro Magno e i suoi successori rimisero in libertà nei loro paesi molti prigionieri di guerra ebrei (confronta la promessa del re Demetrio a Gionatan: ‘Rimetterò in libertà quei giudei che sono stati fatti prigionieri, e ridotti in schiavitù nel nostro paese’. Giuseppe Flavio, Ant. xii. 2, 3), e parti della Filistea e della Fenicia furono per un tempo sotto la dominazione ebraica”. (Biblical Commentary on the Old Testament [I dodici profeti minori, Vol. I, p. 224]; confronta Abdia 19, 20). Degno di nota è pure il fatto che Alessandro Magno conquistò la città filistea di Gaza. Molti degli abitanti furono uccisi e i superstiti furono venduti schiavi. Diverse altre profezie pure additavano l’esecuzione della vendetta di Geova sui filistei. — Isa. 14:31; Ger. 25:9, 20; 47:1-7; Ezec. 25:15, 16; Amos 1:6-8; Sof. 2:5; Zacc. 9:5-7; per maggiori particolari vedi ASCALON; ASNON; GAZA.
In Ezechiele 16:27 è descritta l’umiliazione subita dalle “figlie dei Filistei” a motivo della condotta dissoluta di Gerusalemme. (Ezec. 16:2) Sembra che la ragione di ciò sia che l’infedeltà di Gerusalemme al suo Dio Geova fu senza uguali, infatti i filistei e altri popoli erano rimasti fedeli all’adorazione dei loro falsi dèi. — Confronta Geremia 2:10, 11.
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FilosofiaAusiliario per capire la Bibbia
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Filosofia
Il sostantivo greco philosophìa significa letteralmente “amore della sapienza”. Nell’uso moderno il termine si riferisce ai tentativi umani di capire e interpretare mediante ragione e speculazione l’intera esperienza umana, i principi e le cause prime della realtà.
I termini greci per “filosofia” e “filosofo” ricorrono una sola volta nelle Scritture Greche Cristiane. (Col. 2:8; Atti 17:18) Quando Paolo scrisse alla congregazione di Colosse in Asia Minore, alcuni evidentemente rischiavano di cadere preda “della filosofia e di un vuoto inganno secondo la tradizione degli uomini”. Allora varie correnti filosofiche greche andavano per la maggiore. Ma il contesto di Colossesi 2:8 indica che Paolo si preoccupava particolarmente dei giudaizzanti che cercavano di riportare i cristiani sotto la legge mosaica, che imponeva la circoncisione, l’osservanza di giorni festivi e l’astinenza da certi cibi. (Col. 2:11, 16, 17) Paolo non era contrario alla conoscenza, anzi pregava che i cristiani ne fossero pieni. Ma, spiegava, per avere vera sapienza e accurata conoscenza bisogna riconoscere il ruolo di Gesù Cristo nello svolgimento del proposito di Dio. (Col. 1:9, 10; 2:2, 3) I colossesi dovevano badare bene di non lasciarsi sviare da argomenti persuasivi divenendo preda di ragionamenti e concezioni umane. Tale filosofia faceva parte delle “cose elementari [stoikhèia] del mondo”, cioè dei principi o elementi fondamentali e degli impulsi di natura mondana, “e non secondo Cristo”. — Col. 2:4, 8.
Mentre era ad Atene Paolo incontrò alcuni “filosofi epicurei e stoici”. (Atti 17:18) Costoro definirono l’apostolo un “chiacchierone”, usando il termine greco spermològos, che letteralmente significa uccello raccattasemi. Il termine rende inoltre l’idea di qualcuno che raccoglie informazioni frammentarie e le ripete senza ordine né metodo. Quei filosofi disprezzavano Paolo e il suo messaggio. Fondamentalmente, secondo la filosofia epicurea la ricerca del piacere, specie del piacere intellettuale, era il primo bene della vita (I Cor. 15:32); pur riconoscendo gli dèi, spiegava che sono estranei all’interesse e all’esperienza umana. La filosofia degli stoici metteva l’accento sul fato o destino naturale; bisogna essere virtuosi ma sforzarsi di essere indifferenti al dolore o al piacere. Né gli epicurei né gli stoici credevano nella risurrezione. Nel discorso che pronunciò in loro presenza Paolo mise in risalto la relazione che ciascuno ha col Creatore a cui deve rendere conto, e quindi accennò alla risurrezione di Cristo e alla “garanzia” che questa era per gli uomini. Per i greci che chiedevano “sapienza” il messaggio di Cristo era “stoltezza” (I Cor. 1:22, 23), e quando Paolo menzionò la risurrezione, molti degli ascoltatori cominciarono a schernire, ma alcuni diventarono credenti. — Atti 17:22-33.
Nelle sue lettere ispirate Paolo mise ripetutamente in risalto che la sapienza e la falsamente chiamata conoscenza del mondo è stoltezza presso Dio e i cristiani devono evitarla. — I Cor. 1:18-31; 2:6-8, 13; 3:18-20; I Tim. 6:20.
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