Cerchiamo la via d’accesso alla Fonte della vita
“Ha decretato le stagioni fissate e i limiti stabiliti della dimora degli uomini, perché cerchino Dio, se possono brancolare per lui e realmente trovarlo”. — Atti 17:26, 27.
1. (a) Da che Adamo venne meno, che cosa si sono chieste le persone timorate di Dio? (b) Perché Geova appariva così distante da loro?
SIN da quando i nostri primi genitori furono cacciati dal giardino di Dio e mandati nell’incompiuto deserto la via d’accesso alla grande Fonte della vita è stata oggetto di considerazione per gli uomini e le donne timorati di Dio. Come avvicinarsi di nuovo al loro grande Creatore e godere dell’intima relazione con lui che Adamo ebbe in origine è stata una questione di primaria importanza per le persone riverenti. Tali persone si sono in qualche modo rese conto della verità che fu in seguito espressa da un profeta di Dio: “Tu [Geova] sei troppo puro di occhi per vedere ciò che è male; e non puoi guardare l’affanno”. Il ricordo di quei cherubini posti all’ingresso orientale d’Eden con “la fiammeggiante lama d’una spada” avrebbe per lungo tempo rammentato all’uomo che solo le creature purificate possono senza pericolo accostarsi a lui. In seguito Mosè rammentò questo al popolo d’Israele, dichiarando: “Geova tuo Dio è un fuoco consumante, un Dio che esige esclusiva devozione”. Le imperfezioni e le impurità dell’uomo decaduto lo resero soggetto al distruttivo fuoco del giusto giudizio di morte da parte di Geova. Come avrebbe mai potuto avvicinarsi senza pericolo alle “conflagrazioni di lunga durata” del santo Sovrano dell’universo? — Abac. 1:13; Gen. 3:24; Deut. 4:24; Isa. 33:14.
2. Che cos’ha fatto Geova circa l’allontanamento dell’uomo da lui?
2 L’uomo, lasciato libero d’agire come voleva, non avrebbe mai potuto scoprire un’accettevole via d’accesso al Creatore. Felicemente, non è stato abbandonato a sé. Geova dimostrò la sua grande compassione per le creature in svantaggio poiché profetizzò circa il finale trionfo della giustizia e nello stesso tempo tenne aperto per gli uomini un mezzo di comunicazione con lui stesso. In Eden c’era stato il ‘cherubino che copre’, il quale indubbiamente aveva una certa responsabilità nella questione di proteggere e promuovere gli interessi della pura adorazione sulla terra. Ora Dio continuò a usare intermediari angelici, offrendo ampia evidenza del fatto che “egli fa suoi angeli gli spiriti, e suoi pubblici servitori una fiamma di fuoco”. — Gen. 3:15; Ezec. 28:14; Ebr. 1:7.
3. Quali esempi abbiamo che Geova provvide per la comunicazione con gli uomini imperfetti che lo cercano?
3 Per esempio, fu per mano di un angelo apparsogli nel rovo ardente che Mosè ricevette l’incarico di governante e liberatore d’Israele. E allorché Gedeone ricevette la divina nomina di liberatore e giudice, il messaggero angelico fece scendere fuoco che consumò miracolosamente il sacrificio offerto. Il messaggero celeste che apparve ai genitori di Sansone per annunciare la nascita di un figlio del tutto eccezionale, dopo aver dato la buona notizia, ascese nella fiamma dell’altare sul quale Manoa e sua moglie rendevano a Geova un olocausto. Nel giorno di Lot furono gli angeli a mettere in salvo quell’uomo santo e le sue figlie, quando venne sulle città del Distretto l’infuocata distruzione. Questi sono casi in cui Dio provvide che uomini santi fossero in comunicazione con lui.
4. In quali vari modi Geova ha impiegato messaggeri angelici con gli amanti della giustizia?
4 L’accurato racconto biblico rivela che gli angeli servirono in molti diversi modi i bisogni dell’uomo e l’adorazione di Dio. Essi annunciarono e insegnarono le parole di Dio agli uomini (Luca 1:19); si accostarono alla presenza di Dio a favore degli uomini (Matt. 18:10); sorvegliarono attentamente gli interessi divini qui sulla terra, riferendo gli avvenimenti al Sovrano che domina. (Dan. 10:12-14; Zacc. 1:10) E in visione sono apparsi a uomini favoriti, col ristretto simbolo di quattro creature viventi o nelle loro innumerevoli miriadi, congregati nel cielo dei cieli dinanzi al Re d’eternità, adorandolo con canti di rendimento di grazie. (Dan. 7:10; Riv. 4:6-8) Possiamo essere solo grati che Geova non abbia tagliato fuori completamente il genere umano dalla comunicazione con lui.
5. Come mostrò Geova di approvare un giusto sistema patriarcale fra gli uomini sulla terra?
5 Il ruolo essenziale degli angeli nel collegamento fra l’uomo e Dio, oltre a proteggere l’uomo peccatore dall’essere direttamente esposto all’inflessibile giustizia di Dio, fu senza dubbio fatto capire a Giacobbe quando ebbe il privilegio di vedere nel suo sogno una grande scala che dalla terra giungeva al cielo e sulla quale gli angeli andavano su e giù. Giacobbe non fu che uno di una successione di fedeli patriarchi o capifamiglia a cui Geova comunicò la sua volontà e il suo proposito mediante ministri angelici. In verità, questo medesimo fatto mostra che l’antico sistema patriarcale, mediante cui gli uomini dovevano spargersi nei loro gruppi familiari e popolare l’intera terra, aveva l’approvazione di Geova. Sotto quel sistema il padre di famiglia o della tribù ne diveniva il principe e sacerdote, responsabile della debita osservanza dei princìpi di Geova circa la giusta norma e la pura adorazione. Come principe e sacerdote, ciascun meritevole capofamiglia prendeva la direttiva amministrando la giustizia secondo il modello dei giusti atti di Dio, mantenendo la pura adorazione, offrendo sacrifici a favore della famiglia, e servendo in modo generale come rappresentante di Dio per la famiglia ed essendone il mediatore presso Dio.
6. Quali sono alcune idee basilari relative alla parola ebraica tradotta “sacerdote”?
6 La parola ebraica kohén, da cui è resa la nostra parola “sacerdote” è di derivazione incerta. Secondo un certo studioso, kohén contiene l’idea di “fare gli affari di, o agire quale mediatore per, un altro”. La parola significa “sacerdote” e, in alcuni contesti, “sostituto; primo ministro o ufficiale”. (2 Sam. 8:18; 1 Cron. 18:17) Un’affine parola araba significa “accostarsi, avvicinarsi, avere intimo accesso a”. Un’affine parola babilonese ha il significato di “votivo, rendere omaggio alla Divinità”. Un’altra autorità dichiara che la parola “sacerdote o presidente era un titolo conferito spesso a principi e re, qualche cosa o qualcuno consacrato alla Divinità”. Noè, Sem, Abraamo, Giacobbe, Giobbe e Amram sono soltanto alcuni di quei primi patriarchi che presiedettero fedelmente le loro rispettive famiglie e nello stesso tempo mostrarono premura per gli interessi della pura adorazione, ma la Bibbia non li chiama col nome di “sacerdote”, kohén (ebraico) o hieréus (greco).
INTRUSI E USURPATORI
7. Dite alcuni modi in cui Nimrod operò contrariamente alla volontà di Geova.
7 Ci furono, comunque, alcuni che degradarono e abusarono della carica di capo religioso patriarcale, e che si resero veramente inadatti per rappresentare il santo e amorevole Creatore. Usarono la carica per farsi grandi, e per lasciare dietro di sé ciò che pensavano sarebbero stati imperituri monumenti della loro propria fama personale. Nimrod si distingue come uno dei primi esempi di coloro che seguirono la guida del Diavolo e si sforzarono di distogliere da Dio l’adorazione e il servizio delle altre creature onde li rivolgessero a loro stessi. Risulta che egli non era figlio primogenito, e molto probabilmente egli usurpò l’autorità e il posto che apparteneva giustamente ai figli maggiori di Cus. Il suo disprezzo per la disposizione patriarcale si può vedere nel fatto che assalì e soggiogò le vicine famiglie e tribù, e nel fatto che radunò gli uomini in compatte organizzazioni cittadine facilmente controllabili. — Gen. 10:7-12.
8. Quali fatti circa l’Assiria e Babilonia indicano l’esempio dato da Nimrod?
8 Facendosi beffe del proposito di Dio per l’uomo, Nimrod istituì una dittatura religioso-politica, stabilendosi come capo dello stato. Circa l’attuazione delle sue ambizioni e quelle dei suoi successori, abbiamo questa nota storica: “La teoria del ‘divino diritto dei re’ fu rigidamente seguìta a Babilonia e in Assiria. Quando i monarchi parlavano di sé come nominati da questo o da quel dio per governare il paese, questa non era una semplice frase. Il re era il vicario della divinità sulla terra, il suo rappresentante che aveva il favore divino ed era ammesso nella confidenza degli dèi. In tempi precedenti le funzioni sacerdotali erano state indissolubilmente associate al regno. I più antichi re d’Assiria si chiamavano ‘sacerdoti d’Assur’”.a
9. Come la storia d’Egitto conferma il fatto che non era praticato il giusto dominio patriarcale?
9 La condotta di Nimrod divenne il modello degli uomini ambiziosi di tutte le famiglie che in seguito migrarono in tutte le direzioni da Babilonia quando Geova confuse la lingua dei costruttori della torre. (Gen. 11:5-8) Dei Faraoni, leggiamo: “Il Re rimase in Egitto il solo rappresentante fra gli dèi e gli uomini. Anche quando sorse il sacerdozio, ed erano continuamente fatte offerte agli dèi a favore del genere umano, i sacerdoti non erano mediatori, poiché rappresentavano semplicemente il Re. . . . I sacerdoti offrivano sacrifici, si accostavano agli dèi, facevano da mediatori tra l’uomo e dio esclusivamente nel nome del Re”.b
10, 11. Si può notare l’esempio di Nimrod in altri paesi?
10 In quanto all’antico impero degli Inca nel paese che ora chiamiamo Perù, gli studiosi additano l’evidenza indicante che questa linea di governanti sostituì un precedente sistema di credenze comprendenti l’idea di un Essere supremo, Creatore di tutte le cose. Il nuovo sistema “fu fondato nel particolare interesse della famiglia reale, e diretto principalmente a sostenere le loro pretese e la loro autorità. Per mezzo di esso, si investivano di un potere più saldo e più esteso di quello delle più potenti aristocrazie dell’Oriente”.c “Il sacerdozio era una gerarchia complessa, capeggiato dall’imperatore inca, che era così divino che solo sua sorella era sufficientemente sacra per divenirne la moglie. I posti principali sotto l’imperatore erano occupati da membri della famiglia reale degli Inca”.b
11 La storia dell’India mostra lo stesso deterioramento delle disposizioni patriarcali, poiché, descrivendo la casta dominante, uno storico narra che “essi soltanto sono qualificati per sovrintendere alle osservanze religiose, e senza di esse i rapporti fra l’uomo e gli dèi non possono continuare. Dalla sua nascita il bramino è un essere di superiore santità; è destinato a fini più alti che non gli altri uomini, e la distinzione fra lui e loro dev’essere resa manifesta in ogni sua azione e abitudine per tutta la vita. Egli è il signore naturale di tutte le classi”.d
12. Come che cosa si costituirono gli egoistici governanti?
12 Notiamo pertanto che in tutta la terra egoistiche creature umane si stabilirono come ostacoli anziché come mediatori fra Dio e l’uomo, e dichiararono che solo per mezzo della loro intercessione e a loro piacere gli uomini avrebbero potuto ottenere il favore del cielo. Esercitando misterioso potere religioso sono stati in grado di stabilire e mantenere l’oppressivo dominio sopra i loro simili. I libri di storia sono pieni del racconto delle crudeltà e delle miserie fatte subire ai sudditi resi schiavi di quegli autocrati mascherati da ministri di giustizia.
FEDELI PATRIARCHI
13. Spiegate se Noè soddisfece le esigenze di Dio per i sacerdoti patriarcali.
13 In paragone, che ristoro si prova considerando il racconto dei fedeli patriarchi che adempirono le loro responsabilità recando onore a Dio e benedizione agli uomini! Considerate Noè, per esempio. Alla sua nascita, fu profetizzato che avrebbe recato conforto alla sua famiglia, e successivi avvenimenti mostrarono che la profezia era verace. Egli cercò Dio, tanto che trovò grande favore agli occhi di Geova. Si mostrò ansioso di ottenere la giustizia di Dio, trattò i suoi simili in modo irreprensibile in contrasto con la via malvagia di Nimrod, e camminò umilmente con Dio. Fu predicatore di giustizia presso i suoi contemporanei, dando così prova di profondo interesse per il benessere del genere umano. Sebbene fosse ignorato e schernito dalla maggioranza, fu benedetto vedendo la propria famiglia accettare l’insegnamento da lui impartito e sopravvivere con lui alla catastrofe universale. Uscendo dall’arca dov’erano sopravvissuti, egli esercitò fedelmente la funzione sacerdotale praticando l’adorazione e offrendo a Geova un sacrificio di gratitudine per sé e per la sua famiglia. — 2 Piet. 2:5; Gen. 8:20.
14. Quali sono alcuni fatti circa Abraamo indicanti che fu ansioso di compiere la volontà di Geova per i capifamiglia?
14 La storia di Abraamo lo rivela come un notevole capofamiglia vivamente consapevole delle sue responsabilità religiose, anche se non era il figlio primogenito, particolarmente dal momento che, essendo morto suo padre Tera, egli guidò la sua casa nel paese di cui Dio gli aveva parlato. Quando Geova gli confermò il patto secondo cui la sua progenie doveva possedere il paese del suo soggiorno, Abraamo fu chiamato a compiere doveri sacerdotali, disponendo i sacrifici scannati. (Gen. 15:9-18) E dopo che aveva allevato un promettente figlio ed erede nella sua vecchiaia, per il miracoloso intervento di Dio, e quindi gli fu comandato di sacrificare quel figlio unico, lo vediamo agire come sacerdote della famiglia. In tutti i suoi viaggi eresse altari per l’adorazione di Geova, invocando pubblicamente il santo nome di Dio così che i popoli allora nel paese di Canaan sentirono parlare del vero Dio. Egli insegnò pure fedelmente alla sua casa a riverire e amare il Sovrano Dio. Ricordate anche che esercitò la funzione di mediatore quando supplicò Geova a favore dei possibili giusti abitanti della malvagia città di Sodoma vicino a Gomorra. — Gen. 12:8; 13:18; 18:19, 22-32.
15. Che specie di sacerdote fu Melchisedec?
15 Troviamo quindi il racconto di Melchisedec. Ecco uno di cui la Bibbia non fornisce nessuna genealogia, né alcun racconto circa la durata della sua vita o il tempo della sua morte. Ma egli è il primo nella Bibbia ad essere chiamato “sacerdote”, specificamente “sacerdote dell’Iddio Altissimo”, da cui possiamo concludere che egli mantenne lealmente nel regno di Salem l’adorazione del vero Dio, tenendosi separato dalle corrotte, degradanti pratiche religiose dei circostanti pagani Cananei. Egli andò incontro al vittorioso Abraamo quando tornava dall’aver liberato Lot e lo benedisse. Non c’è dubbio che fu guidato da Geova a far questo, e, indicando che pure Abraamo intese così la situazione, quel patriarca diede al sacerdote–re di Salem una parte generosa, la decima, di tutte le spoglie che aveva prese agli sconfitti re alleati del nord. — Gen. 14:18-20.
16, 17. Che cosa fu gradito a Geova nella condotta di Isacco e Giacobbe?
16 Isacco e Giacobbe si attennero entrambi tenacemente all’insegnamento di Abraamo, ciascuno nella sua propria generazione mostrando lealtà alla propria ‘unzione’ da Dio, al proprio incarico di partecipare ai preparativi e all’edificazione di un seme o nazione santa che avrebbe infine ereditato la terra promessa. Essi furono continuamente diretti e protetti da Geova come suoi speciali rappresentanti. Di loro, la Bibbia dice che Geova tenne gli occhi su di loro per il bene: “Egli non permise ad alcun uomo di defraudarli, ma a motivo d’essi riprese dei re, dicendo: ‘Non toccate i miei unti, e non fate nulla di male ai miei profeti’”. (Sal. 105:14, 15) Essi, da parte loro, osservarono strettamente la volontà di Dio per loro, di rimanere cioè nel paese come residenti temporanei, in contrasto con gli avidi, materialistici occupanti di Canaan. Essi presiedettero le loro famiglie e vi promossero la vera adorazione. Ovunque andarono essi presentarono un riflesso sommamente lodevole dell’Iddio che lodavano.
17 Il giovane uomo Giacobbe è descritto come “un uomo irriprovevole, che dimorava in tende”. (Gen. 25:27) Che egli, sebbene non fosse il figlio primogenito, avesse molta considerazione per la benedizione e il favore di Geova, e nello stesso tempo discernesse la completa indifferenza di suo fratello Esaù in tali cose, si può capire dall’affare che fece per il possesso della primogenitura. Il vantaggio materiale non avrebbe avuto nella sua mente un posto così grande come i preziosi privilegi e le responsabilità che sarebbero stati giustamente trasmessi all’erede del fedele Isacco. Il profondo apprezzamento di Giacobbe per tutte le protettive cure di cui Geova l’aveva circondato nei suoi momenti di difficoltà lo spinse a votare regolarmente la decima del suo guadagno per il servizio della vera adorazione. (Gen. 28:22) Fra le speciali dichiarazioni di Dio fatte per mezzo di questo fedele rappresentante non certo minori furono le benedizioni pronunciate sui suoi figli poco prima della sua morte. — Gen. 49:1-28.
18. Come Ruben si rese squalificato per i privilegi della primogenitura, e con quale risultato?
18 Secondo l’usanza patriarcale il suo primogenito, Ruben, avrebbe dovuto ereditare la primogenitura in Israele. Comunque, Ruben si squalificò allorché commise fornicazione con la concubina del suo proprio padre, la madre di alcuni suoi fratelli. Mostrò pertanto assoluta mancanza di riguardo per le sacre relazioni proprio nella casa di suo padre. Fu perciò inadatto per dare la giusta direttiva come possessore della primogenitura. (Gen. 49:4) Quindi, la doppia porzione della primogenitura andò in seguito a Giuseppe, il dominio andò a Giuda, e il sacerdozio alla casa di Levi. Persino quando i discendenti di Ruben, Datan e Abiram, cercarono al tempo di Mosè di rivendicare il perduto diritto al dominio, Geova agì rapidamente per sostenere la sua parola data per mezzo di Giacobbe. Quei Rubeniti pagarono con la vita per aver osato sfidare la prerogativa di Geova di abbassare quelli che gli recano dispiacere e di innalzare quelli che gli recano piacere. — Numeri cap. 16.
19. Che cosa possiamo concludere riguardo a Giobbe dal racconto delle sue esperienze?
19 Come uno la cui pazienza e santità furono veramente messe alla prova da una serie di calamità che lo lasciarono senza figli, senza amici e gli causarono le atroci pene della malattia, Giobbe si distingue come un altro vero adoratore di Dio. Egli raccomandò alla famiglia e ai conoscenti il merito del suo Dio, non accusandolo mai di follia per aver permesso i terribili colpi che Giobbe aveva sopportato. A differenza dei sacerdoti senza fede dei tempi antichi e moderni non accusò Dio di male per aver permesso la malvagità. Anche nel suo precedente stato di prosperità aveva sempre tenuto presente la condizione dei suoi figli dinanzi a Dio, offrendo diligentemente sacrifici a loro favore, nel caso che, com’egli stesso disse, “i miei figli [abbiano] peccato e [abbiano] maledetto Dio nel loro cuore”. (Giob. 1:5) Quando fu sottoposto alle calunnie dei suoi oppositori sostenne la giustizia e il nome di Geova. Infine, quando Giobbe fu guarito e liberato da tutte le sue afflizioni, la vita dei suoi severi critici dipese dalla sua preghiera affinché i loro sacrifici di pentimento dinanzi a Dio fossero accettati. La successiva fine di Giobbe mostra sicuramente che aveva recato piacere a Geova col suo servizio di sacerdote e capofamiglia. — Giob. 42:8, 12.
20. Dite i fatti della vita di Mosè comprovanti che promosse fedelmente i propositi di Dio.
20 All’avanzata età di ottant’anni Mosè fu incaricato dall’angelo di Geova come profeta, liberatore, governante, mediatore e sacerdote della nazione d’Israele. (Sal. 99:6) Il suo primo incarico fu di condurre quella nazione tipica fuori della schiavitù d’Egitto. Come mediatore tra i suoi conservi israeliti di collo duro e Geova egli dovette intervenire più volte per stornare i colpi devastatori che Geova intendeva infliggere a un popolo disubbidiente e ingrato. (Eso. 32:10-14; Num. 14:11-19) In questa funzione fece anche da mediatore nel patto di Dio con la nazione mentre non era ancora stato preso nessun altro provvedimento per un sacerdozio nazionale. Come fidato messaggero comunicò al popolo tutto il consiglio di Dio, e insistette affinché si conformassero alle esigenze divine. Si dedicò volenterosamente all’opera di amministrare la giustizia nei loro immensi accampamenti. Difese con zelo la giusta adorazione e agì rapidamente contro quelli che la danneggiavano. Con tutta la responsabilità che ebbe e i privilegi che Dio gli diede, nel racconto che lo riguarda non c’è segno d’egoistica ambizione. Egli poté sempre essere chiamato “di gran lunga il più mansueto di tutti gli uomini che erano sulla superficie della terra”. — Eso. 18:17, 18; 32:32; Num. 12:3.
21. Quale scelta ebbe Mosè, e quale giusta scelta fece?
21 Mosè, si ricordi, era stato istruito in tutta la sapienza d’Egitto alla corte del Faraone. Aveva avuto l’opportunità di osservare gli ordini sacerdotali di quel paese con tutti i loro intrighi per controllare il popolo e arricchirsi, mentre sostenevano sempre l’oppressivo governante come favorito degli dèi. Anche se la strada dell’ambizione personale avrebbe potuto procurargli ricchezza e potere in Egitto, scelse di identificarsi col popolo di Geova e accettare i biasimi che dovevano essere stati diretti contro un popolo al quale il suo Dio non aveva neppure provveduto un paese suo proprio. Gli Egiziani non si rendevano minimamente conto di ciò che era in serbo per loro e per il loro superbo paese. — Ebr. 11:24-26.
22. Sebbene Geova continuasse a comunicare per mezzo di angeli con gli amanti della giustizia, quali domande richiedevano risposta, e quale speranza c’era d’avere accesso a Dio?
22 Fino al tempo di Mosè il favore di comunicare con il Creatore con l’aiuto di messaggeri angelici era stato limitato solo ad alcune sante famiglie. Mentre questo servì a tener viva la credenza in un grande e generoso Dio, tuttavia c’erano ancora molte domande senza risposta. Come potevano gli uomini imperfetti riconciliarsi con il loro puro Creatore? La barriera fra loro e Dio, che i perfetti angeli e i leali ma imperfetti patriarchi non avevano potuto rimuovere, sarebbe mai stata tolta? Come si poteva rimuovere la schiavitù al peccato e alla morte? Le generazioni degli uomini avrebbero semplicemente continuato a germogliare, come l’erba, rimanendo per breve tempo, e quindi morire? I fedeli capifamiglia stessi dovevano avere spesso ponderato tali domande mentre guardavano il cielo notturno e comprendevano in parte l’immensità della creazione di Dio. Non potevano far altro che aspettare pazientemente che Geova rivelasse loro i suoi propositi passo per passo. Egli aveva dato ai suoi servitori l’avviso anticipato del grande Diluvio, della distruzione del paese di Sodoma e della liberazione sicura dal paese d’Egitto. Essi avevano effettivamente un Dio che poteva adempiere e avrebbe adempiuto la sua parola. Certo questa era una base sufficiente per sperare che al tempo fissato Egli rivelasse la via d’accesso alla vita e alla pace con Lui!
“Geova è il mio Pastore. Non mi mancherà nulla. Mi fa giacere in erbosi pascoli; mi mena presso irrigui luoghi di riposo. Ristora la mia anima. . . . Benché io cammini nella valle della profonda ombra, non temo nulla di male, poiché tu sei con me”. — Sal. 23:1-4.
[Riferimenti bibliografici]
a Religion of Babylonia and Assyria, di M. Jastrow, pag. 374.
b Ancient Religions (ediz. 1750), edito da V. Ferm, pagg. 37, 293.
c Harper’s New Monthly Magazine, giugno 1853, “Antico Perù — Il suo popolo e i suoi monumenti”.
b Ancient Religions (ediz. 1750), edito da V. Ferm, pagg. 37, 293.
d History of Religion, Allan Menzies, pag. 337.
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In sogno fu mostrato a Giacobbe che gli angeli hanno una parte nella comunicazione di Dio con l’uomo
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Noè condusse la famiglia nell’adorazione