Calamità e disastri: Amos ci aiuta a capirne il significato
MENTRE i soccorritori estraevano i corpi delle vittime dalla chiesa di Balvano (Potenza) distrutta dal terremoto, il parroco, Salvatore Pagliuca, diceva piangendo: “Come posso spiegare a questa gente che Dio ha deciso di privarli dei loro cari durante la Messa?” — Il Mattino di Padova, 28 novembre 1980.
Avrete notato che spesso la gente pensa che sia Dio il responsabile delle calamità e dei disastri che accadono. Ma la Bibbia rivela che non è l’Iddio di amore a causare deliberatamente le molte alluvioni, gli incendi delle foreste, i terremoti e altre simili calamità che si verificano oggi. (I Giov. 4:8) Spesso questi sono imprevedibili effetti delle forze naturali della terra. Comunque una certa responsabilità ricade sull’uomo, perché costruisce in zone soggette ad alluvioni o in località montane soggette a terremoti.
La Bibbia predisse che nei nostri giorni vi sarebbero state calamità, fra cui terremoti che avrebbero fatto molte vittime. Dio, pur non causando personalmente queste cose, previde che ci sarebbero state. Il piccolo libro biblico di Amos ci aiuta a comprendere che Dio ha la capacità di prevedere disastri futuri e ci dà opportuni avvertimenti di cui dovremmo tener conto.
Amos era un ebreo che abitava a Tecoa, un villaggio 16 chilometri a sud di Gerusalemme. Poteva sembrare la persona meno adatta per fare il profeta e annunciare un messaggio di giudizio. Perché?
Alcuni potevano vantarsi di essere figli di un profeta o di far parte di un’associazione chiamata “i figli dei profeti”. (II Re 2:3; 4:1) Amos no. Sfidato da un influente sacerdote del regno settentrionale, Amos replicò:
“Io non ero profeta, né ero figlio di profeta; ma ero mandriano e pungitore di fichi di sicomori. E Geova mi prendeva dal seguire il gregge, e Geova continuò a dirmi: ‘Va, profetizza al mio popolo Israele’”. — Amos 7:14, 15.
Quindi Amos non era un ricco proprietario di mandrie o campi. Era un semplice operaio addetto alla custodia delle pecore nei pascoli della Giudea e al lavoro stagionale di pungere una sottospecie di fichi onde renderli più dolci. Ciò nonostante, anche se l’ambiente da cui Amos proveniva non era tale da far colpo, il suo messaggio, annunciato sotto la guida dello spirito di Dio, lo era senz’altro.
Egli profetizzò fra l’829 e l’803 a.E.V., periodo durante il quale Geroboamo II governò il regno settentrionale d’Israele e Uzzia il regno meridionale di Giuda. Amos disse di aver avuto la visione “due anni prima del terremoto”. (Amos 1:1) Lo storico Giuseppe Flavio dice che ci fu un terremoto quando Uzzia cercò empiamente di offrire incenso nel Santo del tempio di Geova. Ma sembra che il terremoto menzionato da Amos, terremoto così violento da essere menzionato anche da Zaccaria, sia avvenuto prima, sempre durante il regno di Uzzia. — II Cron. 26:16–27:1; Zacc. 14:5.
Amos divenne profeta in un tempo in cui le cose sembravano essersi sistemate per il meglio. Col sostegno di Dio, Uzzia, nel meridione, aveva riportato vittorie militari. Anche nel regno settentrionale sembrava esserci sicurezza. Geroboamo aveva ristabilito gli antichi confini d’Israele, e la macchina bellica assira, che aveva già colpito la Siria, non sembrava minacciare Israele. — II Re 14:23-28.
LA CORRUZIONE CONDUCE ALLA CALAMITÀ
Comunque le cose non erano così allegre e promettenti come apparivano. Israele andava incontro alla calamità, particolarmente per mano degli assiri. Geova Dio scelse Amos, inviandolo dalle solitarie zone della Giudea al regno settentrionale d’Israele per proclamarvi un messaggio di giudizio.
Leggendo il breve libro di Amos, ci si rende conto di certe condizioni esistenti in Israele che spinsero Geova a inviare Amos. La situazione si potrebbe così riassumere: prosperità e dissolutezza.
La spensierata prosperità esteriore di molti israeliti li rendeva meritevoli di giudizio. I ricchi vivevano oziosamente nel lusso. Avevano case per l’estate e case per l’inverno, alcune costruite con costose pietre squadrate. Scoperte archeologiche hanno confermato le parole di Amos secondo cui i ricchi avevano pregiati divani con decorazioni o intarsi di avorio. Tracannavano vini prelibati, bevendo non da bicchieri ma da scodelle, facevano uso di olii scelti e si rimpinzavano senza ritegno dei cibi più ricercati. — Amos 3:12, 15; 5:11; 6:4, 6.
Come si procuravano quei ricchi israeliti le loro ricchezze e come le mantenevano? Tramite ingiustizie, oppressione e pratiche malvage. Ingannavano egoisticamente i poveri, usando una misura ridotta quando vendevano il grano (tra l’altro di qualità scadente o di scarto) e servendosi di pesi falsi. Non esitavano a vendere in schiavitù i poveri per debiti di piccola entità e non restituivano loro le vesti necessarie che si erano fatti dare in pegno. — Amos 2:6, 8; 8:4-6.
Questa corruzione era solo una parte della loro mancanza di riguardo per la legge di Dio. C’era dell’altro. Con assoluto disprezzo per Geova, padre e figlio avevano relazioni sessuali con la stessa donna. Siccome l’astinenza dei nazirei dal vino suonava un rimprovero per la vita sensuale e sfarzosa dei ricchi, essi cercavano di far infrangere ai nazirei la loro integrità. Perciò l’Iddio di purezza odiava le decime, i sacrifici e le feste rituali dei ricchi ipocriti. — Amos 2:7, 11, 12; 4:4, 5; 5:21.
Dio reagì alla decadenza morale e religiosa di Israele inviando Amos ad annunciare il messaggio di un’imminente calamità. Ma Amos ebbe anche parole di conforto e di speranza.
CALAMITOSO MESSAGGIO DI AMOS
Il libro si apre con l’annuncio di giudizi contro le nazioni circostanti. Damasco (Siria), Gaza (Filistea), Tiro, Edom, Ammon e Moab avevano maltrattato il popolo di Dio, a volte in modi che offendevano la coscienza di tutti gli uomini. Il giudizio preannunciato includeva Giuda. Cosa si voleva mettere in risalto? Ebbene, se tutte quelle nazioni circostanti andavano incontro al giudizio, come poteva sperare di farla franca Israele, la cui colpa era resa più grave dall’ingratitudine per l’aiuto ricevuto da Dio nel passato? — Amos 1:1–2:16.
Ogni effetto è prodotto da una causa. La causa della profezia di Amos era Geova. Amos avrebbe quindi avuto timore a non profetizzare. (Amos 3:1-8) Pur non menzionando l’Assiria, Amos assicurò agli israeliti che un avversario sarebbe venuto contro la loro nazione amante dei piaceri. (Amos 3:9-15) Israele non aveva preso a cuore le riprensioni ricevute da Dio nel passato. Perciò Amos l’avvertì: “Preparati a incontrare il tuo Dio”. Sì, dovevano assumersi la responsabilità dei loro errori e cambiare. Se non l’avessero fatto, il Creatore avrebbe fatto abbattere su di loro la calamità. — Amos 4:1-13.
Ma gli israeliti non avrebbero accolto i benevoli appelli di ‘ricercare Geova e continuare a vivere’. ‘Non avrebbero odiato ciò che era cattivo e non avrebbero amato ciò che era buono’. Perciò il tremendo “giorno di Geova” sarebbe sicuramente venuto. Tramite Amos Dio predisse che essi sarebbero andati in esilio. Questo si avverò: in seguito gli assiri invasero il paese e li portarono via prigionieri. (II Re 17:1-6) Israele non tenne conto del rimprovero di Amos e quindi dovette subire la completa distruzione da lui predetta. — Amos 5:1–6:14.
Con una serie di descrittive dichiarazioni Amos mostra quindi che la fine di Israele si avvicina. La desolazione potrebbe avvenire come per l’effetto di un famelico sciame di locuste o di un fuoco che consumi perfino l’acqua. In questi primi due casi Amos intercede. Ma la visione successiva è irrevocabile. Come un costruttore controlla col filo a piombo se il muro è diritto, così Dio determina che Israele non è più retto, ma meritevole di desolazione. Amazia, un sacerdote del culto dei vitelli, accusa Amos di cospirazione e gli ordina di tornarsene nel paese di Giuda. Ma Amos rimane saldo e preannuncia giudizi contro Amazia e la sua famiglia. — Amos 7:1-17.
La frutta si raccoglie al termine della stagione; similmente la fine di Israele è vicina. Geova, giurando per se stesso, lo chiamerà a render conto. Quando arriverà l’esecuzione di quel giudizio, gli israeliti andranno in cerca di qualche parola dal cielo, da Dio. Ma sarà troppo tardi. Sarà inutile nascondersi: nessuno sfuggirà, nemmeno rifugiandosi nelle caverne del Carmelo. — Amos 8:1–9:7.
Dio scuoterà il paese come se Israele non fosse una nazione dedicata a lui. Ma non è persa ogni speranza! Anche se i peccatori che dicono “La calamità non si accosterà” vanno incontro alla fine, alcuni della progenie di Giacobbe saranno preservati. Così infatti avvenne. Nel 537 a.E.V. alcuni abitanti di Israele e di Giuda ritornarono dall’esilio. — Amos 9:8-10, 13-15.
Cosa ancora più importante, Amos predice che la “capanna di Davide” sarà riedificata. Nel 49 E.V. il discepolo Giacomo citò questa parte della profezia di Amos. A quel tempo era già comparso un unto e futuro re della discendenza di Davide, Gesù Cristo. Il radunamento dei discepoli cristiani, sia ebrei che gentili, i quali devono regnare con Gesù ha adempiuto meravigliosamente le parole di Amos 9:11, 12. — Atti 15:13-18.
CALAMITÀ ODIERNE
Così come Amos fu in grado di predire il futuro di Israele, Gesù Cristo poté predire gli sviluppi internazionali del nostro tempo. Sebbene tali calamità non siano causate dall’amorevole Dio Geova né da suo Figlio, le guerre, le carestie e i terremoti verificatisi a cominciare dalla prima guerra mondiale adempiono la profezia di Gesù circa il “termine del sistema di cose”. (Matt. 24:3-12) Dopo il terremoto che nel novembre del 1980 ha colpito l’Irpinia, Robert I. Tilling, direttore di un centro americano di ricerche geologiche (U.S. Geological Survey’s Office of Geochemistry and Geophysics), ha detto: “Si pensa che in tutto il mondo sia in aumento l’attività vulcanica e sismica”.
Abbiamo senz’altro buone ragioni per prendere a cuore l’avvertimento di Gesù di essere vigilanti, non andando in cerca di lussi e piaceri come invece facevano gli israeliti al tempo di Amos. I fatti indicano che presto arriverà la “fine” del presente sistema di cose malvagio. Manteniamoci quindi “vigilanti”. — Matt. 24:14, 36-44; Amos 5:14.