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NaturaAusiliario per capire la Bibbia
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tu fosti tagliato dall’ulivo che per natura è selvatico e fosti innestato contro natura nell’ulivo coltivato, tanto più questi che sono naturali saranno innestati nel loro proprio ulivo!” (Rom. 11:21-24) L’olivo selvatico non produce frutto o ne produce di molto scadente, ma nei paesi del Mediterraneo si è soliti innestare rami di olivo coltivato nell’olivo selvatico perché produca buon frutto. Mentre se si innesta un ramo di olivo selvatico in quello coltivato, esso produrrà solo il frutto scadente dell’olivo selvatico. Perciò Paolo definisce quest’ultimo innesto “contro natura”. Questo serve a sottolineare la potenza di Dio e anche la sua immeritata benignità verso i gentili nel sostituirli ai “rami naturali”. Per secoli gli ebrei erano stati ‘coltivati’ da Geova, mentre i gentili erano ‘selvatici’, non avendo la vera religione e non producendo frutto a Dio. Non per natura, ma solo per la potenza di Dio avrebbero potuto produrre frutto eccellente. Solo Geova poteva fare un ‘innesto’ del genere.
COSCIENZA
L’uomo possiede certe caratteristiche o qualità innate, che sono proprie del genere umano sin dall’inizio. L’apostolo Paolo fa delle riflessioni sulla coscienza, o per lo meno su quel barlume tuttora presente nell’uomo decaduto anche se in molti casi si è allontanato da Dio e non ha la Sua legge. Questo spiega perché tutte le nazioni hanno stabilito molte leggi che sono in armonia con il diritto e la giustizia, e molti seguono certi principi buoni. — Rom. 2:14,15.
Discutendo il tema dell’autorità con la congregazione di Corinto, Paolo ricorda la regola che una donna deve coprirsi il capo quando prega o profetizza davanti alla congregazione, come segno di sottomissione. Facendo un’illustrazione, dice: “Non v’insegna la natura che se l’uomo ha i capelli lunghi, è un disonore per lui; ma se la donna ha i capelli lunghi, è per lei una gloria? Perché i capelli le son dati in luogo di copricapo”. — I Cor. 11:14,15.
A proposito dell’uso che Paolo fa del termine “natura” in questo brano, un biblista ha osservato: “Il termine natura . . . indica evidentemente quel senso di decoro che tutti gli uomini hanno, e che è espresso in qualsiasi usanza prevalente o universale.... È tale come esige il naturale senso di convenienza fra gli uomini.... In questo contesto non significa dunque la costituzione dei sessi, . . . né un semplice uso e costume, . . . ma si riferisce a un profondo senso interiore di ciò che è corretto e giusto”. (Albert Barnes, Notes on the First Epistle of Paul to the Corinthians [1851], pp. 225, 226) Un altro dice similmente: “Qui significa innato senso di decoro (cfr. Rom. 2:14) più che semplice consuetudine, senso che poggia sull’oggettiva differenza nel carattere delle cose”. — A. T. Robertson, Word Pictures in the New Testament (1931), p. 162.
Quei cristiani di Corinto erano consapevoli che era consuetudine generale che gli uomini portassero i capelli di una lunghezza moderata. Tale era l’usanza anche fra gli ebrei, infatti i capelli lasciati lunghi distinguevano i nazirei, per tutto il tempo del loro nazireato, come uno speciale obbligo di fronte a Dio. — Num. 6:5.
Viceversa le donne ebree portavano di solito i capelli assai lunghi. (Luca 7:38; Giov. 11:2) E nella città greca di Corinto, radere il capo a una donna, o tagliarle i capelli molto corti, indicava che era una schiava o era segno di disonore essendo stata colta in flagrante fornicazione o adulterio. — I Cor. 11:6.
Che Paolo, nell’usare il termine “natura” (phỳsis) nel brano in questione, non intendesse una semplice “usanza” è dimostrato al versetto 16, dove dice, a proposito del copricapo portato dalla donna: “Comunque, se qualcuno sembra disputare per qualche altra usanza [synètheian], noi non ne abbiamo nessun’altra, né l’hanno le congregazioni di Dio”.
Quando dice “Non v’insegna la natura . . .?” Paolo non personifica la natura come se fosse una dea. Piuttosto, Dio ha creato, generato o prodotto la natura, cioè le cose naturali. Ha dato all’uomo la facoltà di ragionare. Ragionando e osservando le cose come Dio le ha fatte e stabilite l’uomo impara molto in quanto a ciò che è corretto. In realtà è Dio che insegna, e l’uomo con la mente giustamente orientata secondo la Parola di Dio può vedere le cose nella giusta prospettiva e relazione, in modo da discernere correttamente ciò che è naturale o innaturale. (Rom. 1:20) Così ciascuno può sotto questo aspetto avere una coscienza addestrata e può evitare di avere una coscienza contaminata che approvi cose contro natura. — Tito 1:15; I Cor. 8:7.
USO NATURALE DEL CORPO
È sbagliato che uomini e donne usino il proprio corpo in qualsiasi modo che non sia in armonia con le funzioni per cui Dio l’ha creato. Ciò che è innaturale in questo senso è peccaminoso. Le Scritture parlano dell’impurità e della condanna di coloro che praticano tali cose: “Per questo Dio li ha abbandonati a vergognosi appetiti sessuali, poiché le loro femmine hanno mutato il loro uso naturale [physikèn] in uno contro natura; e similmente anche i maschi hanno lasciato l’uso naturale della femmina e nella loro concupiscenza si sono infiammati violentemente gli uni verso gli altri, maschi con maschi, operando ciò che è osceno e ricevendo in se stessi la piena ricompensa, dovuta al loro errore”. Persone del genere si degradano diventando simili a bestie. (Rom. 1:26, 27; II Piet. 2:12) Perseguono cose carnali sbagliate perché, come una bestia, non sono ragionevoli, non hanno spiritualità. — Giuda 7, 10.
NASCITA
Un altro termine greco che spesso viene tradotto “naturale” è gènesis, che pure significa “nascita” o “origine”. Giacomo parla di “un uomo che guarda la sua faccia naturale [lett. “la faccia della nascita di lui”] in uno specchio”. (Giac. 1:23) E dice che “la lingua è un fuoco”, e che “infiamma la ruota della vita naturale [lett. “la ruota della nascita”]”. (Giac. 3:5, 6) Evidentemente qui Giacomo si riferisce a una ruota, come quella di un carro da guerra, che prende fuoco perché il suo asse è surriscaldato, e perciò raffigura la lingua che infiamma l’intero ciclo della vita che inizia alla nascita.
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NaumAusiliario per capire la Bibbia
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Naum
(Naum) [consolazione o consolatore].
Profeta israelita del VII secolo a.E.V. e scrittore del libro che porta il suo nome. Quando Naum mise per iscritto la sua profezia può darsi si trovasse in Giuda. (Naum 1:15) Il fatto che venga definito “l’Elcosita” vuole evidentemente indicare che abitava in una città o un villaggio di Giuda forse chiamato Elcos. — Naum 1:1.
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Naum, libro diAusiliario per capire la Bibbia
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Naum, libro di
Questo libro biblico, scritto da “Naum l’Elcosita”, è una profetica “dichiarazione contro Ninive”, capitale dell’impero assiro. (Naum 1:1) L’adempimento storico di questa dichiarazione profetica attesta l’autenticità del libro, messo per iscritto qualche tempo dopo l’umiliante sconfitta della città egiziana di No-Amon (Tebe) nel VII secolo a.E.V., ma prima della predetta distruzione di Ninive avvenuta nel 632 a.E.V. — Vedi ASSIRIA; NINIVE.
ARMONIA CON ALTRI LIBRI BIBLICI
Il libro di Naum è pienamente d’accordo col resto delle Scritture nel descrivere Geova come “un Dio che esige esclusiva devozione”, “lento all’ira e grande in potenza”, ma che non si trattiene certo dal punire. (Naum 1:2, 3; confronta Esodo 20:5; 34:6,7; Giobbe 9:4; Salmo 62:11). “Geova è buono, una fortezza nel giorno dell’angustia. Ed egli si rende conto di quelli che si rifugiano in lui”. (Naum 1:7; confronta Salmo 25:8; 46:1; Isaia 25:4; Matteo 19:17). Tali qualità furono chiaramente manifeste nel liberare gli israeliti dall’oppressione assira e nell’eseguire vendetta contro la sanguinaria Ninive dopo un considerevole periodo di tolleranza.
Degne di nota sono pure le analogie fra Naum capitolo 1 e il Salmo 97. Le parole di Isaia (10:24-27; 30:27-33) a proposito del giudizio di Geova contro l’Assiria trovano in un certo senso un parallelo in Naum, capitoli 2 e 3. — Confronta anche Isaia 52:7; Naum 1:15; Romani 10:15.
AMBIENTE STORICO
Nonostante l’assicurazione che il tentativo congiunto di Rezin re di Siria e Peca re di Israele per deporlo sarebbe fallito (Isa. 7:3-7), l’infedele Acaz di Giuda chiese poco saggiamente aiuto a Tiglat-Pileser III (Tilgat-Pilneser) re d’Assiria. Questa azione “gli causò angustia, e non lo rafforzò”; infatti Giuda finì sotto il pesante giogo dell’Assiria. (II Cron. 28:20, 21) In seguito Ezechia, figlio di Acaz e suo successore al trono, si ribellò contro la dominazione assira. (II Re 18:7) Allora Sennacherib, monarca assiro, invase Giuda e conquistò una città fortificata dopo l’altra, con conseguente estesa desolazione del paese. (Confronta Isaia 7:20, 23-25; 8:6-8; 36:1, 2). Manasse, successivo re di Giuda, venne catturato dai comandanti dell’esercito assiro e portato a Babilonia (allora sotto la dominazione assira). — II Cron. 33:11.
Poiché da tempo Giuda soffriva sotto la pesante mano dell’Assiria, la profezia di Naum circa l’imminente distruzione di Ninive fu una buona notizia. Come se il crollo dell’Assiria fosse già avvenuto, Naum scrisse: “Ecco, sui monti i piedi di chi porta buone notizie, di chi proclama la pace. O Giuda, celebra le tue feste. Paga i tuoi voti; perché nessuna persona buona a nulla passerà più attraverso te. Sarà per certo stroncata nella sua interezza”. (Naum 1:15) Non ci sarebbero più state interferenze da parte degli assiri; nulla avrebbe trattenuto i giudei dal celebrare le feste o dall’assistervi. La liberazione dall’oppressore assiro sarebbe stata completa. (Confronta Naum 1:9). Inoltre tutti gli altri popoli, udendo della distruzione di Ninive, avrebbero ‘battuto le mani’, cioè si sarebbero rallegrati per la sua calamità, dato che la sua “malizia” aveva causato loro molta sofferenza. — Naum 3:19.
L’aggressività militare degli assiri aveva reso Ninive una “città di spargimento di sangue”. (Naum 3:1) Il trattamento riservato ai prigionieri di guerra era crudele e disumano. Alcuni venivano arsi o spellati vivi. Altri erano accecati o venivano tagliati loro il naso, gli orecchi o le dita. Spesso i prigionieri venivano trascinati con corde fissate a uncini conficcati nel naso o nelle labbra. Ninive meritava davvero di essere distrutta per tutto il sangue sparso.
SCHEMA DEL CONTENUTO
I Geova si vendica dei nemici ma libera il suo popolo (1:1-2:2)
A. Mare, fiumi, monti, colli e paese produttivo ne risentono al punto che nessuno può sostenerne la denuncia 1:1-6)
B. Stermina nemici ma, come “una fortezza nel giorno dell’angustia”, libera il suo popolo, permettendogli così di celebrare feste senza interferenza (1:7-2:2)
II Ninive sarà spogliata (2:3-3:19)
A. I maestosi del re d’Assiria inciamperanno, incapaci di salvare la città dalla calamità dell’invasione (2:3-8)
B. Città saccheggiata delle ricchezze praticamente illimitate; questo covo di leoni sarà desolato (2:9-13)
C. Ragioni del giudizio di Geova contro Ninive e suo risultato (3:1-7)
D. Saccheggio di Ninive tanto sicuro quanto ciò che era avvenuto a No-Amon (3:8-12)
E. Tutti i tentativi di difendere Ninive destinati a fallire (3:13-19)
Vedi il libro “Tutta la Scrittura è ispirata da Dio e utile”, pp. 157-159.
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NazarenoAusiliario per capire la Bibbia
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Nazareno
[nel testo greco di Westcott e Hort ricorrono i termini Nazoràios e Nazarenòs, probabilmente dall’ebr. nètser, che significa germoglio, getto o ramo, quindi figurativamente progenie]. Epiteto descrittivo riferito a Gesù (da lui stesso e da altri) e in seguito ai suoi seguaci. Nazareno non va confuso con nazireo poiché, anche se in italiano i due nomi sono simili, derivano da termini ebraici diversi e con significato completamente diverso. — Vedi NAZIREO.
Era naturale e non particolarmente insolito parlare di Gesù come del Nazareno, dato che dall’infanzia (non aveva neanche tre anni) crebbe come figlio del falegname locale nella città di Nazaret, che in linea d’aria si trova a circa 100 km a N di Gerusalemme. In quei giorni era comune associare le persone col luogo da cui provenivano. — II Sam. 3:2, 3; 17:27; 23:25-37; Naum 1:1; Atti 13:1; 21:29.
Gesù fu chiamato il Nazareno nei luoghi più diversi e da ogni tipo di persona. (Mar. 1:23, 24; 10:46, 47; 14:66-69; 15:5, 6; Luca 24:13-19; Giov. 18:1-7) Gesù stesso accettò e usò tale nome. (Giov. 18:5-8; Atti 22:6-8) Sulla scritta che Pilato pose sul palo di tortura si leggeva in ebraico, in latino e in greco; “Gesù il Nazareno, il Re dei Giudei”. (Giov. 19:19, 20) Dalla Pentecoste del 33 E.V. in poi gli apostoli, e anche altri, spesso parlavano di Gesù Cristo come del Nazareno o indicando che era di Nazaret. — Atti 2:22; 3:6; 4:10; 6:14; 10:38; 26:9.
PROFETICO
Matteo mise in risalto che il nome “Nazareno” era stato profeticamente predetto come un altro segno che avrebbe identificato Gesù Cristo quale Messia promesso. Richiamò questo fatto all’attenzione dei lettori dicendo come Giuseppe riportò Maria e il bambino dall’Egitto dopo la morte di Erode: “Inoltre, ricevutone avvertimento divino in sogno, [Giuseppe] si ritirò nel territorio della Galilea, e venne ad abitare in una città detta Nazaret, affinché s’adempisse ciò ch’era stato dichiarato dai profeti: ‘Egli sarà chiamato Nazareno’”. — Matt. 2:19-23.
Nazaret non è menzionata nelle Scritture Ebraiche. Perciò alcuni suppongono che Matteo si riferisse a qualche libro profetico andato perduto o a qualche tradizione orale, ma l’espressione “dichiarato dai profeti” viene usata dagli scrittori delle Scritture Greche Cristiane solo in riferimento alla stessa collezione canonica delle
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Vedi IMBARCAZIONI.
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