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TamariscoAusiliario per capire la Bibbia
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milioni. Abraamo aveva ragione. Il tamarisco è uno dei pochi alberi che, abbiamo riscontrato, cresce rigoglioso al sud dove le precipitazioni annue non raggiungono i 150 mm”. — Reader’s Digest, Marzo 1954, pp. 27, 30.
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TamburelloAusiliario per capire la Bibbia
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Tamburello
[ebr. toph].
Strumento a percussione usato sin dal tempo dei patriarchi. Questo termine ebraico è stato tradotto anche “tamburo” e “timpano”. (Gen. 31:27, CEI, PIB, VR) Tutte queste traduzioni descrivono essenzialmente lo stesso strumento: un piccolo tamburo, che veniva percosso con la mano, di pelle di animale o pergamena tesa da una o entrambe le parti di un telaio di legno o di metallo, probabilmente del diametro di 25 cm circa. Dato l’uso festoso che se ne faceva, alcuni di questi strumenti potevano avere pezzi di metallo, forse sonagli, attaccati ai lati e potevano essere suonati come un odierno tamburello. Altri probabilmente avevano più l’aspetto e l’uso di un tam-tam, e venivano percossi con entrambe le mani.
Benché il tamburello non sia menzionato in relazione all’adorazione svolta nel tempio, veniva usato da uomini e donne per lodare Geova e in altre occasioni gioiose come feste e sposalizi. (I Sam. 10:5; II Sam. 6:5; Sal. 150:4; Isa. 5:12) Specialmente le donne si accompagnavano con tamburelli nel canto e nella danza. (Eso. 15:20; Giud. 11:34; I Sam. 18:6) Inoltre il tamburello viene associato con la futura gioia di Israele al momento della restaurazione. — Ger. 31:4.
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Tammuz, IAusiliario per capire la Bibbia
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Tammuz, I
(Tammùz).
Divinità identificata nei testi babilonesi col giovane consorte o amante di Ishtar, dea della fertilità. Ogni anno i babilonesi piangevano la morte di Tammuz, pratica idolatrica seguita anche da ebree apostate. (Ezec. 8:14) È stata avanzata l’ipotesi che Tammuz fosse il vero nome di Adone, e che i greci, i quali si pensa ne adottarono l’adorazione dai semiti della Siria e della Babilonia, trasformarono il titolo Àdonis (signore) in un nome proprio. Tammuz o Adone viene generalmente identificato con altri dèi che si credeva morissero e tornassero in vita ogni anno, come l’egiziano Osiride e il frigio Attis. La croce era il simbolo di Tammuz. Nel suo libro The Two Babylons (pp. 21-23) Alexander Hislop identifica Tammuz con Nimrod, “potente cacciatore in opposizione a Geova”. — Gen. 10:9.
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Tammuz, IIAusiliario per capire la Bibbia
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Tammuz, II
(tammùz).
Nome dato dopo l’esilio al quarto mese lunare ebraico del calendario sacro, ma decimo del calendario secolare. Infatti nel Targum di Gionatan l’espressione “il decimo mese” di Genesi 8:5 è resa “il mese di tammuz”. Tammuz era il nome di una divinità babilonese. (Ezec. 8:14) La Bibbia non usa mai questo nome riferito al quarto mese, indicato semplicemente col numero ordinale. — Ezec. 1:1.
Questo mese, tammuz, corrispondeva a parte di giugno e parte di luglio e perciò ricorreva al tempo della crescente calura estiva, quando ormai sulle viti cominciava a maturare la prima uva e in alcune zone pianeggianti si avvicinava il tempo di raccogliere le olive. — Num. 13:20.
Nel 607 a.E.V., nel nono giorno di questo quarto mese (tammuz), dopo diciotto mesi di assedio, Nabucodonosor fece breccia nelle mura di Gerusalemme. (II Re 25:3, 4; Ger. 39:2; 52:6, 7) Durante i successivi settant’anni di esilio gli ebrei abitualmente digiunavano il nono giorno del quarto mese, in memoria dell’attacco contro Gerusalemme. (Zacc. 8:19) Tuttavia, dopo la seconda distruzione di Gerusalemme avvenuta nel 70 E.V., il digiuno veniva osservato il diciassettesimo giorno del quarto mese, giorno in cui il generale romano Tito aveva fatto breccia nelle mura del tempio. In questo mese non c’erano feste decretate da Geova.
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TarsisAusiliario per capire la Bibbia
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Tarsis
(Tàrsis) [forse crisolito o qualche altra pietra color oro].
Uno dei quattro figli di Iavan nati dopo il Diluvio. (Gen. 10:4; I Cron. 1:7) È incluso fra i settanta capi delle famiglie dalle quali “si sparsero per la terra” le nazioni. (Gen. 10:32) Come avvenne per gli altri figli di Iavan, Tarsis finì per diventare il nome di un popolo e di una regione. Abbiamo qualche indicazione circa la direzione presa dalla migrazione dei discendenti di Tarsis nei secoli successivi al Diluvio:
Il profeta Giona (ca. 844 a.E.V.), incaricato da Geova di recarsi a Ninive in Assiria, cercò di sottrarsi all’incarico recandosi nel porto mediterraneo di Ioppe (Tel Aviv-Giaffa) e pagando per imbarcarsi su “una nave che andava a Tarsis”. (Giona 1:1-3; 4:2) Quindi è ovvio che Tarsis doveva trovarsi nel o sul Mediterraneo in direzione opposta a Ninive, ed evidentemente era più facile andarvi per mare che per terra. Il “cuore del mare aperto” viene menzionato in Ezechiele 27:25, 26 in relazione con “le navi di Tarsis”. (Confronta Salmo 48:7; Giona 2:3). In considerazione di ciò, l’idea di Giuseppe Flavio di identificare Tarsis con la città di Tarso in Cilicia (Asia Minore) non pare ben fondata. A Tarso, Giona sarebbe stato più vicino a Ninive di quanto non lo fosse stato in Palestina.
Un’iscrizione dell’imperatore assiro Esar-Addon (del VII secolo a.E.V.) vanta le sue vittorie su Tiro e l’Egitto, e afferma che tutti i re delle isole da Cipro “fino a Tarsis” gli pagavano un tributo. Dal momento che Cipro si trova nel Mediterraneo orientale, anche questo riferimento indicherebbe una località del Mediterraneo occidentale.
Quasi tutti gli studiosi associano Tarsis con la Spagna, sulla base di antichi riferimenti a una località o regione della Spagna chiamata Tartesso dagli scrittori greci e romani. Mentre il geografo greco Strabone (del I secolo a.E.V.) collocava Tartesso nella regione del Guadalquivir in Andalusia, sembra che il nome si riferisse a tutta la parte meridionale della Penisola Iberica.
RAPPORTI COMMERCIALI CON SALOMONE
Gli scambi che i fenici avevano con Tarsis trovano chiara conferma nella storia dell’epoca del re Salomone (circa tredici secoli dopo il Diluvio), quando anche la nazione di Israele cominciò a occuparsi di commercio marittimo. Salomone aveva una flotta di navi nel Mar Rosso, il cui equipaggio era costituito in parte da esperti marinai provveduti dal fenicio re Hiram di Tiro, che trafficava specialmente col paese di Ofir, ricco di oro. (I Re 9:26-28) In seguito si fa riferimento a “una flotta di navi di Tarsis” che Salomone aveva in mare “insieme alla flotta delle navi di Hiram”; e di queste navi viene detto che ogni tre anni compivano viaggi per importare oro, argento, avorio, scimmie e pavoni. (I Re 10:22) Generalmente si ritiene che l’espressione “navi di Tarsis” col tempo finì per indicare un tipo di navi, definite “grandi imbarcazioni d’alto mare, in grado di far rotta per Tarsis”. (Brown, Driver e Briggs, A Hebrew and English Lexicon of the Old Testament, p. 1077) In modo simile il nome inglese Indiamen, derivato in origine dalle grandi navi mercantili britanniche impiegate nel commercio con l’India, col tempo finì per indicare qualsiasi nave del genere, indipendentemente dalla sua origine o destinazione. Infatti I Re 22:48 mostra che il re Giosafat (ca. 936-911 a.E.V.) “fece navi di Tarsis per andare a Ofir per l’oro”.
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