Giuda
[lodato; (oggetto di) lode].
1. Quarto figlio di Giacobbe dalla moglie Lea. (Gen. 29:35; I Cron. 2:1) Quando aveva circa nove anni Giuda si trasferì insieme a tutta la famiglia paterna da Haran in Paddan-Aram al paese di Canaan. (Confronta Genesi 29:4, 5, 32-35; 30:9-12, 16-28; 31:17, 18, 41). In seguito rimase con suo padre a Succot e poi a Sichem. Dopo che sua sorella Dina fu violentata dal figlio di Emor, e Simeone e Levi l’ebbero vendicata uccidendo tutti gli uomini di Sichem, Giuda evidentemente prese parte al saccheggio della città. — Gen. 33:17, 18; 34:1, 2, 25-29.
RAPPORTI CON GIUSEPPE
Col tempo Giuda e gli altri fratellastri cominciarono a odiare Giuseppe perché era il favorito di Giacobbe. Il loro odio si intensificò dopo che Giuseppe ebbe raccontato due sogni secondo i quali sarebbe diventato loro superiore. Perciò, quando Giacobbe mandò Giuseppe a vedere come stavano i suoi fratellastri che badavano al gregge, essi scorgendolo da lontano complottarono di ucciderlo. Ma per suggerimento di Ruben, che voleva salvargli la vita, gettarono Giuseppe in una cisterna asciutta. — Gen. 37:2-24.
Poco dopo videro avvicinarsi una carovana di ismaeliti e Giuda, evidentemente in assenza di Ruben, convinse gli altri che invece di uccidere Giuseppe era meglio venderlo ai mercanti di passaggio. (Gen. 37:25-27) Nonostante le invocazioni di Giuseppe lo vendettero per venti pezzi d’argento. (Gen. 37:28; 42:21) Anche se la principale preoccupazione di Giuda era quella di salvare la vita di Giuseppe e l’averlo venduto si dimostrò poi una benedizione per tutti, Giuda, come gli altri, si rese colpevole di un grave peccato che a lungo gli tormentò la coscienza. (Gen. 42:21, 22; 44:16; 45:4, 5; 50:15-21) (Sotto la legge mosaica data in seguito agli israeliti, questo reato comportava la pena di morte. [Eso. 21:16]) Giuda si unì poi agli altri nel far credere a Giacobbe che Giuseppe era stato ucciso da una bestia feroce. (Gen. 37:31-33) In quel tempo Giuda aveva circa vent’anni.
LA FAMIGLIA DI GIUDA
Sembra che dopo questo incidente Giuda si sia separato dai fratelli. Si attendò vicino a Hira l’Adullamita, e fra i due si stabilirono rapporti amichevoli. Nel frattempo Giuda sposò la figlia del cananeo Sua, dalla quale ebbe tre figli: Er, Onan e Sela. Sela, il minore, nacque ad Aczib. — Gen. 38:1-5.
In seguito Giuda diede Tamar in moglie al figlio primogenito Er. Ma a motivo della sua malvagità, Er fu messo a morte da Geova. Giuda allora ordinò al secondogenito Onan di contrarre il matrimonio del cognato. Ma Onan, pur avendo rapporti sessuali con Tamar, “sciupava il suo seme per terra per non dare progenie a suo fratello”. Perciò Geova mise a morte anche lui. Giuda allora raccomandò a Tamar di tornare a casa di suo padre in attesa che Sela crescesse. Ma anche dopo che Sela era diventato adulto, Giuda, forse ragionando che il figlio minore poteva morire, non lo diede in matrimonio a Tamar. — Gen. 38:6-11, 14.
Perciò Tamar, saputo che suo suocero ormai vedovo era diretto a Timna, fingendosi una prostituta si mise a sedere all’entrata di Enaim sulla strada che Giuda avrebbe percorso. Questi non riconobbe la nuora e, pensando che fosse una prostituta, ebbe rapporti con lei. Quando poi si seppe che Tamar era incinta, Giuda chiese che fosse bruciata come una meretrice. Ma di fronte alle prove che lui stesso l’aveva resa incinta, esclamò: “È più giusta di me, per la ragione che io non la diedi a Sela mio figlio”. Così, inconsapevolmente, Giuda aveva preso il posto di Sela generando una progenie secondo la legge. Circa sei mesi più tardi Tamar diede alla luce i gemelli Perez e Zera. Giuda non ebbe più rapporti con lei. — Gen. 38:12-30.
IN EGITTO PER ACQUISTARE VIVERI
Qualche tempo dopo, nel paese di Canaan colpito dalla carestia, giunse la notizia che in Egitto non mancavano i viveri. Quindi, per ordine di Giacobbe, dieci suoi figli, fra cui Giuda, vi andarono in cerca di viveri. In quel tempo il loro fratellastro Giuseppe era amministratore annonario d’Egitto. Mentre Giuseppe li riconobbe immediatamente, essi non lo riconobbero. Giuseppe li accusò di essere spie e li avvertì di non tornare senza Beniamino, che essi avevano menzionato nel professare la loro innocenza dall’accusa di essere spie. Inoltre fece legare e tenere in ostaggio uno dei fratellastri, Simeone. — Gen. 42:1-25.
Era comprensibile che Giacobbe, pensando di aver perso sia Giuseppe che Simeone, non volesse lasciar andare Beniamino in Egitto con gli altri figli. Le enfatiche parole di Ruben che Giacobbe poteva mettere a morte i suoi due figli se non riportava Beniamino non ebbero abbastanza peso, forse perché si era dimostrato poco fidato violentando la concubina di suo padre. (Gen. 35:22) Infine Giuda riuscì a ottenere il consenso del padre rendendosi garante per Beniamino. — Gen. 42:36-38; 43:8-14.
Mentre erano diretti a casa dopo aver acquistato grano in Egitto, i figli di Giacobbe furono raggiunti dall’economo di Giuseppe e accusati di furto (in realtà uno stratagemma di Giuseppe). Quando i presunti oggetti rubati furono rinvenuti nel sacco di Beniamino, gli uomini tornarono a casa di Giuseppe. Fu Giuda che rispose all’accusa e intercedé con eloquenza e ardore a favore di Beniamino e per amore del padre, chiedendo di essere reso schiavo al posto di Beniamino. Giuseppe fu così commosso dalla sincera supplica di Giuda che non poté più frenare i suoi sentimenti e, da solo coi suoi fratelli, si fece riconoscere. Dopo averli perdonati per averlo venduto schiavo, Giuseppe ordinò ai fratellastri di andare a prendere Giacobbe e tornare in Egitto, perché la carestia doveva continuare per altri cinque anni. — Gen. 44:1–45:13.
In seguito Giacobbe, quando stava per giungere in Egitto con tutta la famiglia, “mandò Giuda davanti a sé da Giuseppe per impartire informazioni prima di lui in Gosen”. — Gen. 46:28.
MIGLIORE DEI SUOI FRATELLI
Con la sua preoccupazione per il padre anziano e il nobile tentativo di salvaguardare la libertà di Beniamino a costo della propria, Giuda dimostrò di essere migliore dei suoi fratelli. (I Cron. 5:2) Non era più lo stesso Giuda che in gioventù aveva preso parte al saccheggio di Sichem e agito male nei confronti del fratellastro Giuseppe, ingannando poi persino il padre. Avendo ottime capacità direttive Giuda, uno dei capi delle dodici tribù di Israele, ricevette una superiore benedizione profetica dal padre morente. — Gen. 49:8-12; per l’adempimento vedi GIUDA, TRIBÙ DI.
2. Giuda il Galileo, menzionato da Gamaliele nel suo discorso al sinedrio. (Atti 5:37) All’epoca della registrazione indetta da Quirinio legato di Siria nel 6 E.V., Giuda capeggiò un’insurrezione ebraica. Giuseppe Flavio lo menziona diverse volte, e afferma che esortava “la popolazione locale alla rivolta dicendo che erano codardi se si assoggettavano a pagare le tasse ai romani e se, dopo aver servito solo Dio, riconoscevano padroni umani. Questi era un rabbi che aveva una setta propria”. Una volta Giuseppe Flavio lo chiama Gaulonita, nome che alcuni mettono in relazione con una regione a E del Mar di Galilea. Ma altrove lo stesso storico dice che Giuda era galileo, come fa Gamaliele. (Antichità giudaiche, Libro XVIII, cap. I, 1, 6) Quei ribelli volevano la libertà, ma non la ottennero. Giuda “perì, e tutti quelli che gli ubbidivano furono dispersi”. (Atti 5:37) Anche alcuni suoi discendenti furono implicati in insurrezioni. — Guerra giudaica, Libro II, cap. XVII, 8, e Libro VII, cap. VIII, 1.
3. Uno dei dodici apostoli, chiamato anche Taddeo e “Giuda il figlio di Giacomo”. Nell’elenco degli apostoli in Matteo 10:3 e Marco 3:18, Giacomo il figlio di Alfeo e Taddeo sono menzionati insieme. Nell’elenco di Luca 6:16 e Atti 1:13 non è incluso Taddeo e troviamo invece “Giuda il figlio di Giacomo”. Si può quindi concludere che Taddeo fosse un altro nome dell’apostolo Giuda. La possibilità di confondere i due apostoli di nome Giuda poteva essere una ragione per cui a volte era usato il nome Taddeo. Dal momento che il testo greco non indica la parentela esatta, alcuni traduttori rendono Luca 6:16 e Atti 1:13: “Giuda fratello di Giacomo”. Ma la versione siriaca Pescitta contiene il termine “figlio”. Perciò numerose traduzioni moderne dicono “Giuda il figlio di Giacomo”. (NM; vedi anche Con, NVB, PS). L’unica volta che nella Bibbia viene chiamato Giuda soltanto è in Giovanni 14:22, dove si legge “Giuda, non l’Iscariota”, per distinguere di che Giuda si parla.
Nella versione di Giovanni Diodati in Matteo 10:3 prima di “Taddeo” è inserita la frase “Lebbeo, chiamato per soprannome”. Questo in base al Textus Receptus, mentre il testo moderno di Westcott e Hort la omette, perché non compare in manoscritti come il Sinaitico.
4. Giuda Iscariota, figlio di Simone; l’infame apostolo che tradì Gesù. La Bibbia dice ben poco della famiglia e dei precedenti di Giuda. Sia lui che suo padre erano chiamati Iscariota. (Luca 6:16; Giov. 6:71) In genere si pensa che questo termine indichi che provenivano dal villaggio di Kerioth-Hezron in Giudea. In tal caso Giuda sarebbe stato l’unico giudeo dei dodici apostoli, mentre gli altri erano tutti galilei.
Giuda è menzionato per la prima volta nei Vangeli nell’elenco degli apostoli qualche tempo dopo la Pasqua del 31 E.V., circa un anno e mezzo dopo l’inizio del ministero di Gesù. (Mar. 3:19; Luca 6:16) È logico concludere che Giuda fosse un discepolo già da qualche tempo prima di diventare un apostolo di Gesù. A lui erano affidate le finanze comuni di Gesù e dei dodici. Questo dimostra che in quel tempo era degno di fiducia. (Giov. 12:6) Tuttavia Giuda diventò completamente e inescusabilmente corrotto. Senza dubbio per questa ragione è elencato per ultimo fra gli apostoli, ed è menzionato come il Giuda “che poi lo tradì”, e “che divenne traditore”. — Matt. 10:4; Luca 6:16.
DIVENTÒ CORROTTO
Verso la Pasqua del 32 E.V. Giuda fu mandato a predicare insieme agli altri apostoli. (Matt. 10:1, 4, 5) Poco dopo il suo ritorno e meno di un anno dopo essere diventato un apostolo, Giuda fu pubblicamente denunciato da Cristo, che però non fece il suo nome. Alcuni discepoli avevano lasciato Gesù, scandalizzati da ciò che insegnava, ma Pietro disse che i dodici sarebbero rimasti con lui. Rispondendo Gesù confermò di aver scelto i dodici, ma aggiunse: “Uno di voi è un calunniatore [gr. diàbolos, che significa diavolo o calunniatore]”. Quindi viene spiegato che il calunniatore era Giuda, che “stava per tradirlo, benché uno dei dodici”. — Giov. 6:66-71.
A proposito di questo episodio Giovanni dice: “Dal principio Gesù sapeva . . . chi era quello che l’avrebbe tradito”. (Giov. 6:64) Dalle profezie delle Scritture Ebraiche Cristo sapeva che sarebbe stato tradito da un suo intimo collaboratore. (Sal. 41:9; 109:8; Giov. 13:18, 19) Grazie alla sua preconoscenza Dio aveva previsto che costui sarebbe diventato traditore, ma è incompatibile con le qualità e le passate azioni di Dio pensare che Giuda doveva venir meno, come se fosse predestinato. (Vedi PRECONOSCENZA, PREORDINAZIONE). All’inizio del suo apostolato Giuda era fedele a Dio e a Gesù. Quindi deve voler dire che “dal principio”, cioè da quando Giuda aveva cominciato a sviarsi, a cedere all’imperfezione e alle tendenze peccaminose, Gesù se n’era accorto. (Giov. 2:24, 25; Riv. 1:1; 2:23) Giuda sapeva di essere il “calunniatore” menzionato da Gesù, ma continuò a viaggiare con Gesù e gli apostoli fedeli senza nessun cambiamento apparente.
La Bibbia non entra nei particolari circa i motivi di tale condotta corrotta, ma un episodio accaduto il 12 nisan del 33 E.V., due giorni prima della morte di Gesù, fa luce sulla questione. A Betania in casa di Simone il lebbroso, Maria sorella di Lazzaro unse Gesù con olio profumato che valeva trecento denari, circa il salario di un anno per un operaio. (Matt. 20:2) Giuda protestò dicendo che l’olio si poteva vendere e il ricavato ‘dare ai poveri’. Evidentemente altri apostoli si limitarono ad assentire a quella che sembrava un’obiezione valida, ma Gesù li rimproverò. La vera ragione per cui Giuda aveva obiettato era che si occupava della cassa ed “era ladro . . . e portava via il denaro che vi si metteva”. Giuda era dunque avido, abituato a rubare. — Giov. 12:2-7; Matt. 26:6-12; Mar. 14:3-8.
PREZZO DEL TRADIMENTO
Giuda fu senza dubbio irritato dal rimprovero di Gesù circa l’uso del denaro. Allora “Satana entrò in Giuda”, probabilmente nel senso che l’apostolo traditore cedette alla volontà del Diavolo, diventando lo strumento per attuare il disegno di Satana di fermare Cristo. Quel giorno stesso Giuda andò dai capi sacerdoti e dai capitani del tempio per vedere quanto gli davano per tradire Gesù, mostrando ancora una volta la sua avidità. (Matt. 26:14-16; Mar. 14:10, 11; Luca 22:3-6; Giov. 13:2) Giuda dovette percorrere circa 3 km per andare da Betania a Gerusalemme e incontrarsi coi capi sacerdoti, che quel giorno avevano tenuto una riunione con gli “anziani del popolo”, gli uomini influenti del sinedrio. (Matt. 26:3) Può darsi che i capitani del tempio fossero presenti a motivo dell’influenza che esercitavano e per dare una parvenza legale a un eventuale arresto di Gesù.
Il prezzo offerto fu di trenta pezzi d’argento. (Matt. 26:14, 15) La somma stabilita dai capi religiosi voleva indicare il loro disprezzo per Gesù, che consideravano di poco conto. Secondo Esodo 21:32 il prezzo di uno schiavo era di trenta sicli. In riferimento a questo, per la sua opera di pastore del popolo Zaccaria ricevette “trenta pezzi d’argento”. Geova fu sdegnato dall’esiguità della somma, poiché considerava il salario dato a Zaccaria una prova di come il popolo senza fede valutava Dio stesso. (Zacc. 11:12, 13) Quindi offrendo solo trenta pezzi d’argento per Gesù, i capi religiosi volevano dimostrare che non valeva nulla. Allo stesso tempo però adempivano Zaccaria 11:12, disprezzando Geova col trattamento riservato al Suo rappresentante mandato a pascere Israele. Il corrotto Giuda “acconsentì [al prezzo], e cercava una buona opportunità per tradirlo loro senza folla intorno”. — Luca 22:6.
ULTIMA NOTTE CON GESÙ
Nonostante si fosse messo contro Gesù, Giuda continuava a stare in sua compagnia. Il 14 nisan del 33 E.V. si radunò con Gesù e gli apostoli per celebrare la Pasqua. Durante il pasto pasquale Gesù servì gli apostoli, lavando umilmente loro i piedi. L’ipocrita Giuda lo lasciò fare. Ma Gesù disse: “Non tutti siete puri”. (Giov. 13:2-5, 11) Inoltre dichiarò che uno degli apostoli che erano lì a tavola l’avrebbe tradito. Forse per non apparire colpevole, Giuda chiese se era lui. Come ulteriore conferma Gesù gli porse un boccone e gli disse di fare presto quello che intendeva fare. — Matt. 26:21-25; Mar. 14:18-21; Luca 22:21-23; Giov. 13:21-30.
Immediatamente Giuda se ne andò. Confrontando Matteo 26:20-29 con Giovanni 13:21-30 si nota che uscì prima che Gesù istituisse la celebrazione del Pasto Serale del Signore. La descrizione di Luca evidentemente non è in stretto ordine cronologico, perché Giuda senz’altro se n’era già andato quando Gesù lodò i presenti per aver perseverato con lui; tali parole non si addicevano a Giuda, né egli poteva aver parte nel “patto . . . per un regno”. — Luca 22:19-30.
Giuda trovò poi Gesù insieme agli apostoli fedeli nel giardino di Getsemani, luogo che il traditore conosceva bene, poiché vi erano stati insieme altre volte. Giuda venne con una gran folla, inclusi un comandante militare e soldati romani, probabilmente della fortezza Antonia. La turba era armata di bastoni e spade, e aveva torce e lampade nel caso che le nuvole nascondessero la luna piena o che Gesù se ne stesse nell’ombra. I romani probabilmente non avrebbero riconosciuto Gesù, perciò, come segnale prestabilito, Giuda salutò Gesù e per somma ipocrisia “lo baciò molto teneramente”, identificandolo in tal modo. (Matt. 26:47-49; Giov. 18:2-12) Più tardi Giuda si rese conto dell’enormità della sua colpa. In mattinata tentò di restituire i trenta pezzi d’argento, ma i capi sacerdoti non vollero riprenderli. Infine Giuda gettò il denaro nel tempio. — Matt. 27:1-5.
MORTE
Secondo Matteo 27:5 Giuda si impiccò; Atti 1:18 dice invece: “Cadendo a capofitto, si squarciò rumorosamente nel mezzo, e tutti i suoi intestini si sparsero”. Sembra che Matteo consideri in che modo tentò il suicidio, mentre Atti ne descrive il risultato. Dai due resoconti risulta che Giuda cercò di impiccarsi su una rupe, ma la fune o il ramo dell’albero si spezzò così che cadde a capofitto e si sfracellò sulle rocce sottostanti. Data la topografia dei dintorni di Gerusalemme è plausibile che le cose siano andate così.
Relativa alla sua morte è anche la questione di chi acquistò con i trenta pezzi d’argento il campo da adibire a cimitero. Secondo Matteo 27:6, 7, i capi sacerdoti decisero che non potevano mettere il denaro nel sacro tesoro perciò essi lo usarono per acquistare il campo. Atti 1:18, 19, parlando di Giuda, dice: “Quest’uomo, dunque, acquistò un campo col salario dell’ingiustizia”. Sembra che la risposta sia che i sacerdoti comprarono il campo, ma dal momento che Giuda aveva provveduto il denaro, l’acquisto poteva essere attribuito a lui. Il dottor Alfred Edersheim fece notare: “Non era lecito portare nel tesoro del tempio, per l’acquisto di cose sacre, denaro guadagnato illecitamente. In casi del genere la Legge ebraica prevedeva che il denaro venisse restituito al donatore e, se egli insisteva nel darlo, si doveva convincerlo a spenderlo per qualche cosa di pubblica utilità. . . . Mediante un espediente legale il denaro era considerato ancora di Giuda, e impiegato da lui nell’acquisto del famoso ‘campo del vasaio’”. Tale acquisto adempiva la profezia di Zaccaria 11:13.
La condotta intrapresa da Giuda era voluta, manifestava rancore, avidità, orgoglio, ipocrisia e premeditazione. Egli provò poi rimorso sotto il peso della colpa, come un omicida volontario dopo aver commesso il delitto. Eppure Giuda di propria spontanea volontà era venuto a patti con coloro che secondo le parole di Gesù facevano proseliti soggetti alla Geenna più di loro stessi, che erano destinati al “giudizio della Geenna”. (Matt. 23:15, 33) L’ultima notte della sua vita terrena Gesù disse a proposito di Giuda: “Sarebbe stato più utile per quell’uomo se non fosse nato”. Più tardi lo chiamò “il figlio di distruzione”. — Mar. 14:21; Giov. 17:12; Ebr. 10:26-29.
SOSTITUITO
Fra l’ascensione di Gesù e il giorno di Pentecoste del 33 E.V., Pietro spiegò a un gruppo di circa 120 discepoli radunati che, in armonia con la profezia del Salmo 109:8, era bene scegliere qualcuno per sostituire Giuda. Furono proposti due candidati e Mattia fu scelto a sorte “per prendere il posto di questo ministero e apostolato, dal quale Giuda deviò per andarsene al proprio luogo”. — Atti 1:15, 16, 20-26.
5. Giuda, chiamato anche Barsabba, uno dei due discepoli mandati dal corpo direttivo di Gerusalemme ad accompagnare Paolo e Barnaba, latori della lettera sulla circoncisione (49 E.V.). Sia Giuda che il suo compagno Sila erano tenuti in gran considerazione dai fratelli. (Atti 15:22) La lettera era indirizzata ai “fratelli di Antiochia e di Siria e di Cilicia”. Giuda e Sila a quanto pare andarono solo ad Antiochia, e non si ha notizia che proseguissero. Essi dovevano confermare a voce il messaggio della lettera. Giuda era un ‘profeta’, e fu invitato a pronunciare molti discorsi ai fratelli di Antiochia, per incoraggiarli e rafforzarli. — Atti 15:22, 23, 27, 30-32.
Atti 15:33 indica che Giuda e Sila ritornarono a Gerusalemme dopo aver “trascorso qualche tempo” con i cristiani di Antiochia. Alcuni manoscritti (come il Codex Ephraemi e il Codex Bezae) contengono un versetto 34, che dice: “Ma sembrò bene a Sila rimanervi ancora”. Questo versetto però non compare nei principali manoscritti antichi (Sinaitico, Alessandrino, Vaticano 1209). Probabilmente si tratta di una nota marginale sul versetto 40, inserita poi nel testo.
6. “Giuda, schiavo di Gesù Cristo, ma fratello di Giacomo”. Così si presenta lo scrittore della lettera ispirata che porta il suo nome. Evidentemente non era “Giuda il figlio di Giacomo”, uno degli undici fedeli apostoli di Gesù Cristo. (Luca 6:16) Egli si definisce uno “schiavo”, non un “apostolo”, di Gesù Cristo; inoltre parla degli apostoli in terza persona. — Giuda 1, 17, 18.
Le Scritture Greche Cristiane menzionano altri di nome Giuda, perciò lo scrittore biblico si distingue menzionando il nome del proprio fratello. Da ciò si può desumere che suo fratello Giacomo fosse ben noto ai cristiani. Solo una persona con tale nome sembra aver avuto notevole preminenza. L’apostolo Paolo ne parla come di una delle “colonne” della congregazione di Gerusalemme e come del “fratello del Signore”. (Gal. 1:19; 2:9; vedi anche Atti 12:17; 15:13-21). Perciò Giuda era evidentemente fratellastro di Cristo Gesù. (Matt. 13:55; Mar. 6:3) Eppure egli umilmente non cerca di approfittare della sua parentela carnale col Figlio di Dio, ma si definisce “schiavo di Gesù Cristo”.
Non si sa quasi nulla della vita di Giuda. All’inizio del ministero di Cristo Gesù, Giuda poteva essere uno di coloro che dissero: “Egli è fuori di sé”. (Mar. 3:21) Ad ogni modo Giuda e gli altri suoi fratelli allora non riponevano fede in Cristo Gesù. — Giov. 7:5.
Tuttavia, dopo la risurrezione, Gesù apparve al suo fratellastro Giacomo. (I Cor. 15:7) Senza dubbio ciò convinse non solo Giacomo, ma anche Giuda e gli altri fratelli, che Gesù era senz’altro il Messia. Perciò, ancor prima della Pentecoste del 33 E.V., essi insieme agli undici apostoli fedeli e ad altri perseveravano in preghiera in una stanza superiore di Gerusalemme. Sembra che fossero anche fra i circa 120 radunati quando venne scelto a sorte Mattia per sostituire l’infedele Giuda Iscariota. (Atti 1:14-26) In tal caso avrebbero ricevuto anche loro lo spirito santo il giorno di Pentecoste. — Atti 2:1-4; vedi GIUDA, LETTERA DI.