Semina dei semi della buona notizia in un mondo afflitto dalla guerra
“Di questa speranza avete già udito mediante l’annuncio della verità di quella buona notizia che s’è presentata a voi, come sta portando frutto e crescendo in tutto il mondo”. — Col. 1:5, 6.
1. Quali due specie di semi si seminano oggi in tutto il mondo, e chi è a seminarli?
IN TUTTO il mondo si seminano oggi due specie di semi, il seme della buona notizia di una pace durevole e il seme della propaganda di guerra. Quest’ultimo seme è seminato dalla maggioranza, il primo seme che abbiamo menzionato, dalla minoranza.
2. (a) Quale legge opera riguardo a ciò che si è seminato non solo nel campo dell’agricoltura, ma anche negli affari internazionali? (b) Quale regola dichiarata da Paolo è verace riguardo alla semina dei semi della buona notizia?
2 Le nazioni armate sono occupate a seminare il seme dei preparativi per la guerra. Sia nel campo dell’agricoltura che nel campo delle relazioni internazionali accade sempre che quanto si è seminato riproduce se stesso, produce secondo la propria specie. Questo è avvenuto da che il primo uomo si dedicò all’agricoltura. (Gen. 3:17-19; 4:1, 2; 1:11, 12; 9:20) Questa legge è inesorabilmente in vigore anche nella vita delle nazioni. La profezia divina ha detto veracemente di molte nazioni, e non solo dell’antico Israele: “Continuano a seminare vento, e mieteranno uragano”. (Osea 8:7) Poiché la maggioranza degli uomini è impegnata a seminare il seme dei preparativi bellici, che dire del seme della pacifica buona notizia? Può esso germogliare e produrre frutto e crescere? Sì, poiché è stata più volte dimostrata l’infallibilità della regola che “qualunque cosa l’uomo semini, questa pure mieterà”. (Gal. 6:7) Il Creatore dell’uomo la stabilì in questo modo.
3. (a) Quando ebbe inizio quest’opera di semina del pacifico seme della buona notizia? (b) Quale decisione riguardo alla semina dobbiamo prendere in questo ventesimo secolo afflitto dalla guerra?
3 Oggi quelli che seminano il seme della buona notizia della pace durevole compiono in realtà un’opera che ebbe inizio diciannove secoli or sono. Compiono ora quest’opera in proporzioni tali che non può non essere osservata da tutto il mondo. Ciò che accadde ai seminatori del seme allora nel primo secolo della nostra Èra Volgare accade ai seminatori del seme d’oggi in questo ventesimo secolo afflitto dalla guerra. Quelli che amano la pace durevole sulla terra dovrebbero interessarsene. Ma tutti dobbiamo decidere se vogliamo essere seminatori della propaganda bellica o seminatori della pacifica buona notizia. La nostra decisione determinerà le conseguenze che subiremo.
4, 5. (a) Negli anni sessanta del primo secolo E.V., quale disastro religiosamente sorprendente si preparava? (b) In vista di tale disastro, quale cosa menzionata da Gesù avrebbe recato conforto al Giudeo che l’accettava?
4 Durante gli anni sessanta del primo secolo E.V., c’erano accesi sentimenti contro l’Impero Romano. Questo avveniva in particolar modo nel Medio Oriente nella provincia romana della Giudea. Covava la ribellione contro l’occupazione e il dominio di quel paese da parte degli eserciti romani sotto un pagano amministratore romano. Si avvicinava la fine violenta della sacra città di Gerusalemme. Quella città come centro dell’adorazione giudaica era nel suo tempo della fine. La generazione dei Giudei a cui Gesù Cristo stesso si era rivolto durante il suo ministero pubblico sulla terra era quella che egli aveva detto non sarebbe passata finché Gerusalemme e il suo splendido tempio non fossero stati distrutti. (Matt. 24:34, 1-22) La storia narra che questa spaventosa distruzione ebbe luogo nel funesto anno 70 E.V. C’era qualche cosa che potesse impedire ai Giudei d’essere grandemente afflitti da tale distruzione religiosamente sorprendente? Sì, c’era! C’era una sola cosa che poteva confortare un cuore giudeo, purché quel cuore giudeo l’accettasse. Che cos’era? Gesù Cristo l’aveva menzionata quando aveva pronunciato la sua meravigliosa profezia sul termine del sistema di cose giudaico lì nel Medio Oriente. Egli parlò di questa cosa rallegrante e rincorante dopo aver annunciato le persecuzioni che sarebbero venute contro i suoi fedeli discepoli. Egli disse:
5 “Ma chi avrà perseverato sino alla fine sarà salvato. E questa BUONA NOTIZIA del regno sarà predicata in tutta la terra abitata, in testimonianza a tutte le nazioni; e allora verrà la fine”. — Matt. 24:13, 14.
6. Che genere di notizia era quella proclamata da Gesù, e di quale governo parlava?
6 La calamitosa distruzione di Gerusalemme e del suo tempio fu una notizia straziante per i Giudei in tutto il mondo che ancora consideravano quella città terrestre come loro centro religioso. Fu per loro la peggiore notizia. Ma le informazioni che Gesù Cristo aveva proclamate durante il suo ministero terreno erano state una BUONA NOTIZIA, un vangelo! Ma la buona notizia di quale regno? Non del regno che Gesù Cristo disse sarebbe sorto contro regno nello stesso tempo in cui nazione sarebbe sorta contro nazione, per essere accompagnato da carestie, pestilenze e terremoti in un luogo dopo l’altro. Era il solo regno che Gesù aveva sostenuto e proclamato. Era quello che aveva menzionato in questa medesima profezia, chiamandolo “il regno dei cieli”. (Matt. 24:7; 25:1) Egli predisse i segni della sua prossimità, dicendo proprio in questa profezia: “E così, quando vedrete avvenire queste cose, sappiate che il regno di Dio è vicino”. — Luca 21:10, 31.
7. (a) Prima della distruzione di Gerusalemme, che cosa dovevano compiere i discepoli di Cristo? (b) Perché la distruzione di Gerusalemme non sorprese i cristiani e non li lasciò senza speranza?
7 Or dunque, anche prima della distruzione della Gerusalemme terrestre nell’anno 70 E.V., a causa della sua ribellione contro l’Impero Romano, “questa buona notizia” del regno di Dio, del regno dei cieli, doveva essere predicata in tutta la terra abitata in testimonianza a tutte le nazioni, alle nazioni dentro l’Impero Romano e fuori di esso. Con quale effetto? Ecco, quando le legioni romane avessero ridotto in rovina Gerusalemme e il suo tempio, questo non avrebbe sorpreso i cristiani che credevano in Dio, nemmeno i Giudei divenuti cristiani. Essi attendevano in realtà tale distruzione. I Giudei divenuti cristiani che erano in Gerusalemme e in tutto il resto della provincia giudaica seguirono il consiglio dato dalla profezia di Gesù; fuggirono dalla Giudea e da Gerusalemme più in fretta che poterono dopo che gli eserciti romani avevano temporaneamente circondato Gerusalemme nell’anno della rivolta giudaica, il 66 E.V. (Matt. 24:15-22; Luca 21:20-24; Mar. 13:14-20) Sapevano che la desolazione della Giudea e di Gerusalemme non significavano la distruzione del “regno dei cieli”, del “regno Dio”. Nessuna città terrestre rappresentava più per loro il regno di Dio. Essi riponevano la loro speranza nel celeste regno di Dio che doveva venire, a cui dovevano partecipare.
8. (a) In quale governo confidarono maggiormente i cristiani, e come fu questo mostrato sino alla fine del primo secolo? (b) Per chi fu così stabilito un modello di attività?
8 La distruzione di Gerusalemme li fece confidare più che mai nel vero regno messianico di Dio. Le prove mostrano che continuarono a proclamare la buona notizia di quel regno sino alla fine stessa del primo secolo, nonostante l’accanita persecuzione dell’Impero Romano. Il cristiano apostolo Giovanni, che morì verso l’anno 100 E.V., ricevette la Rivelazione (il libro elencato per ultimo nella Sacra Bibbia) poco tempo prima della sua morte. Nel primo capitolo egli scrive: “Io Giovanni, vostro fratello e partecipe con voi alla tribolazione e al regno e alla perseveranza in compagnia con Gesù, mi trovai nell’isola chiamata Patmos per aver parlato di Dio e aver reso testimonianza a Gesù”. (Riv. 1:9) In quel tempo la “buona notizia del regno” era stata predicata in tutta la terra abitata in testimonianza a tutte le nazioni in proporzioni ancor più grandi di quanto tale buona notizia non fosse stata predicata prima della fine di Gerusalemme nell’anno 70 E.V. Così la profezia di Gesù riguardo alla predicazione mondiale della buona notizia del messianico regno di Dio non era restata inadempiuta. Questo stabilì il modello per una simile predicazione di “questa buona notizia del regno” nel nostro attuale termine del sistema di cose, a cui la profezia di Gesù si applica in senso culminante.
‘CRESCE IN TUTTO IL MONDO’
9, 10. (a) Da chi fu attestata la predicazione mondiale della buona notizia prima della distruzione di Gerusalemme, e come? (b) Nella sua lettera ai Colossesi, come Paolo si interessò della congregazione sconosciuta?
9 Che la preannunciata predicazione della buona notizia del Regno fosse compiuta prima della distruzione di Gerusalemme nel 70 E.V. fu attestato pure anni prima di quella calamità giudaica. Attestato da chi? Dal cristiano apostolo Paolo. Verso l’anno 60 o 61 E.V., egli si trovò sotto custodia romana in una casa privata a Roma e in catene. Durante i suoi due anni o più di arresti domiciliari in Roma egli scrisse lettere ispirate alle congregazioni cristiane della Grecia e dell’Asia Minore. Una di queste lettere fu inviata alla congregazione che era nella città di Colosse in Asia Minore, presso le città di Laodicea e di Ierapoli, dov’erano pure congregazioni cristiane. Queste località appartengono ora alla moderna Turchia. L’apostolo Paolo manda questa lettera a nome suo e di Timoteo, un conservo missionario. Paolo non aveva fondato la congregazione di Colosse, e la sua lettera indica che non vi era mai stato. Ma per mezzo di un conservo cristiano che era venuto a visitarlo, Paolo aveva udito di questa congregazione colossese. Fu così commosso da questa notizia giuntagli per mezzo di Epafra, da sentirsi indotto a scrivere questa lettera a cristiani a lui sconosciuti. Egli si presenta, dicendo:
10 “Ringraziamo sempre Dio, Padre del nostro Signore Gesù Cristo, quando preghiamo per voi, da che abbiamo udito della vostra fede riguardo a Cristo Gesù e dell’amore che avete per tutti i santi a causa della speranza che vi è riservata nei cieli. Di questa speranza avete già udito mediante l’annuncio della verità di quella buona notizia che s’è presentata a voi, come sta portando frutto e crescendo in tutto il mondo, come fa anche tra voi, dal giorno che udiste e imparaste a conoscere l’immeritata benignità di Dio in verità. Questo è ciò che avete imparato da Epafra nostro diletto compagno di schiavitù, che è un fedele ministro del Cristo a nostro favore, e che ci ha rivelato il vostro amore in modo spirituale”. — Col. 1:3-8.
11. (a) Com’è mostrato in Colossesi 1:23 che si trattava di una predicazione mondiale? (b) In che senso poteva dirsi questo della predicazione compiuta sino a quel tempo?
11 Al tempo in cui scrisse questa lettera, Paolo, come informato missionario che aveva molto viaggiato, attestò mediante ciò che dice nella suddetta introduzione della sua lettera che la predicazione della buona notizia era compiuta in tutto il mondo. Egli scrive dell’“annuncio della verità di quella buona notizia che s’è presentata a voi, come sta portando frutto e crescendo in tutto il mondo”. (Col. 1:5, 6) Che intenda una predicazione in tutto il mondo Paolo lo conferma alcuni periodi più avanti, quando dice di loro di non esser “smossi dalla speranza di quella buona notizia che avete udita, e che è stata predicata in tutta la creazione che è sotto il cielo. Di questa buona notizia io, Paolo, son divenuto ministro”. (Col. 1:23) Questo, naturalmente, non significò che ogni persona sulla terra sotto il cielo fosse personalmente visitata. Significò che la predicazione della buona notizia era spinta in ogni angolo della terra abitata sotto il cielo e che tutte le creature umane, indipendentemente da lingua, colore, razza o nazionalità, avevano l’opportunità di udire il messaggio del Regno. Non c’era nessun limite. Nella sua precedente lettera alla congregazione di Roma (verso il 56 E.V.), Paolo aveva espresso l’intenzione di portare la buona notizia in Spagna. Le Americhe ancora più a ovest non gli erano ancora note. — Rom. 15:24.
12. Fu quello il completo adempimento della profezia sulla predicazione, o che cosa doveva ancora avvenire?
12 La predicazione di “questa buona notizia del regno” compiuta dall’allora piccola schiera di discepoli di Cristo nel primo secolo in Asia, Europa e Africa adempì la profezia biblica. (Matt. 24:14; Mar. 13:10; Atti 1:8) Ma non completò l’adempimento della profezia. Si doveva ripetere in modo culminante in proporzioni mondiali dopo la scoperta delle Americhe da parte degli Europei e prima della distruzione della ribelle Gerusalemme antitipica, la moderna cristianità, in questo tempo della sua fine dal 1914 E.V.
13. Secondo Paolo, quale fu l’effetto della divulgazione della speranza del Regno, com’è illustrato nel caso di Colosse?
13 L’effetto spirituale di questa divulgazione della speranza del Regno dovrebbe ora essere uguale a quello dei giorni degli apostoli di Gesù Cristo durante il primo secolo E.V. Perciò consideriamo ciò che dice l’apostolo Paolo dell’effetto che ebbe riguardo alla congregazione lì a Colosse, nell’Asia Minore. Dice che ai Colossesi era stato fatto “l’annuncio della verità di quella buona notizia che s’è presentata a voi, come sta portando frutto e crescendo in tutto il mondo, come fa anche tra voi”. (Col. 1:5, 6) Quindi l’“annuncio” della dichiarata parola “della verità di quella buona notizia” portava “frutto” in tutto il mondo, compresa Colosse.
14, 15. (a) A che cosa paragonò così Paolo la buona notizia veracemente dichiarata? (b) Questa illustrazione corrisponde a quale illustrazione di una parabola fatta da Gesù?
14 L’apostolo Paolo paragona lì la “buona notizia” veracemente dichiarata loro a seme piantato nel terreno. Il terreno o suolo è buono ed eccellente, e il seme mette radici e germoglia e porta frutto, un frutto secondo la propria specie. Questa illustrazione corrisponde all’illustrazione della parabola che Gesù Cristo fece sulle capacità produttive di quattro tipi di suolo. Ecco ciò che egli disse:
15 “Ecco, un seminatore uscì per seminare; e mentre seminava, alcuni semi caddero lungo la strada, e vennero gli uccelli e li mangiarono. Altri caddero in luoghi rocciosi dove non avevano molto terreno, e subito germogliarono perché non avevano terreno profondo. Ma quando si levò il sole inaridirono, e non avendo radice si seccarono. E altri caddero fra le spine, e le spine crebbero e li soffocarono. Altri ancora caddero sul terreno eccellente e portavano frutto, questo il cento, quello il sessanta, l’altro il trenta.
16. Quale spiegazione diede Gesù stesso di questa illustrazione?
16 “Voi, dunque, ascoltate l’illustrazione dell’uomo che seminò. Quando uno ode la parola del regno ma non ne afferra il significato, il malvagio viene e porta via ciò che è stato seminato nel suo cuore; questo è quello seminato lungo la strada. In quanto a quello seminato in luoghi rocciosi, questo è colui che ode la parola e subito l’accetta con gioia. Ma egli non ha radice in sé bensì dura per un certo tempo, e, sorta la tribolazione o la persecuzione a motivo della parola, subito inciampa. In quanto a quello seminato fra le spine, questo è colui che ode la parola, ma l’ansietà di questo sistema di cose e il potere ingannatore della ricchezza soffocano la parola, ed egli diviene infruttuoso. In quanto a quello seminato sul terreno eccellente, questo è colui che ode la parola e ne afferra il significato, il quale veramente porta frutto e produce, questo il cento, quello il sessanta, l’altro il trenta”. — Matt. 13:3-8, 18-23.
17. (a) Il cuore dei Colossesi somigliava a che cosa nell’illustrazione di Gesù, e chi aveva fatto direttamente la semina? (b) In effetti, che cos’è il “seme”, e in quale situazione?
17 Secondo ciò che l’apostolo Paolo aveva udito dal suo visitatore, Epafra, i componenti della congregazione cristiana di Colosse avevano un cuore simile al “terreno eccellente” descritto da Gesù. Quindi, la “parola del regno” seminata sul loro cuore portava frutto e produceva in varie quantità, il cento, il sessanta, il trenta. L’apostolo Paolo non aveva seminato il seme del Regno nel cuore dei Colossesi, ma, evidentemente, l’aveva seminato questo Epafra di Colosse, poiché nella lettera ai Colossesi Paolo parla di lui come di “Epafra, che è dei vostri, schiavo di Cristo Gesù”. Inoltre Paolo dice loro: “Questo è ciò che avete imparato da Epafra nostro diletto compagno di schiavitù, che è un fedele ministro del Cristo a nostro favore, e che ci ha rivelato il vostro amore in modo spirituale”. (Col. 4:12; 1:7, 8; Filem. 23) Questo “ministro del Cristo” agiva solo come agente del grande Seminatore del seme, Gesù Cristo. Gesù disse: “Il seme è la parola di Dio”. (Luca 8:11) È la “parola del regno”. Ma non è seme in un deposito, bensì è seme che viene “seminato”, vale a dire la divina “parola del regno” che è predicata, proclamata, insegnata.
18. (a) In che modo Paolo nella casa di custodia a Roma continuò a seminare il “seme”? (b) Che cosa contiene in sé questo “seme”, e che cosa è necessario perché metta radici nei cuori umani?
18 Quei discepoli che si uniscono sotto il grande Seminatore, Gesù Cristo, nella semina, predicazione, proclamazione, insegnamento del seme della “parola del regno” sono, come li chiama l’apostolo Paolo, “miei compagni d’opera per il regno di Dio”. (Col. 4:11) Anche mentre era nella casa di custodia lì a Roma, Paolo fece più che scrivere lettere, come quella ai Colossesi. Egli “riceveva benignamente tutti quelli che [come Epafra] venivano da lui, predicando loro il regno di Dio e insegnando le cose inerenti al Signore Gesù Cristo con la più grande libertà di parola, senza impedimento”. (Atti 28:30, 31) Poiché questo “seme” spirituale è la “parola di Dio”, la “parola del regno”, contiene in sé la buona notizia, un messaggio di speranza, un messaggio del più grande governo per la benedizione di tutto il genere umano, il messianico regno di Dio. Questo messaggio contenuto nel “seme” è qualche cosa che chi riceve il “seme” deve capire e apprezzare. Deve afferrarne il significato, il senso, con il cuore. In tal modo il “seme” mette radici nel suo cuore.
FEDE E AMORE NEL CUORE
19. (a) Secondo Paolo, quali effetti ebbe l’annuncio della buona notizia nel cuore del Colossesi? (b) A motivo del “seme” seminato, perché nel cuore si devono sviluppare fede e amore?
19 Quale effetto ebbe la “buona notizia” veracemente annunciata loro nel cuore dei componenti della congregazione di Colosse? Ebbe l’effetto che spinse Paolo, quando ne sentì parlare, a scrivere loro la sua eccellente lettera. L’effetto che ebbe nei loro cuori fu quello che Paolo menziona: ‘La vostra fede riguardo a Cristo Gesù e l’amore che avete per tutti i santi’, “il vostro amore in modo spirituale”. (Col. 1:4, 8) Tale fede e amore dovevano essere coltivati nei loro cuori affinché il “seme” della “parola di Dio” mettesse radici e germogliasse e si esprimesse apertamente, producendo così nuovi, viventi granelli di seme, trenta, sessanta o cento volte più del seme originale. Ci dev’essere prima questo sviluppo nel cuore perché ci sia poi un’espressione esteriore che riproduce quanto fu seminato.
20. (a) Perché specialmente i Gentili dovettero esercitare fede per accettare il “seme”? (b) Quali fatti essenziali concernenti Gesù dovettero accettare, sia che fossero Giudei o che fossero Gentili?
20 Riguardo ai Gentili, i non Giudei, ciò che erano molti della congregazione colossese, c’era voluta fede da parte loro per accettare il “seme” della parola di Dio. Avevano dovuto abbandonare i molti dèi greci e romani ai quali erano stati dedicati e concentrare la loro credenza sul solo vivente e vero Dio, il Creatore del cielo e della terra e di ogni cosa in essi, il cui nome è Geova. Ma sia che fossero incirconcisi Gentili o Giudei naturali, avevano anche dovuto credere in Gesù Cristo, che questo Gesù discendente del re Davide di Gerusalemme era il promesso Messia o Cristo. Avevano dovuto credere che questi era il “primogenito di tutta la creazione”. Avevano avuto bisogno di credere che era anche il “primogenito dai morti”, perché Geova Dio lo aveva risuscitato dai morti alla vita immortale nei cieli. Inoltre, avevano dovuto credere che Gesù Cristo è il “capo del corpo, la congregazione”, a cui desideravano appartenere. E che “attentamente occultati in lui son tutti i tesori della sapienza e della conoscenza”, così che le loro filosofie pagane e le loro umane tradizioni religiose non dovevano più essere osservate. — Col. 1:15-18; 2:3, 8; Atti 14:11-18.
21. (a) Che cosa dovettero fare i Colossesi con quella “parola” che era stata posta nella loro bocca, e perché? (b) Quale qualità dovettero esercitare con il cuore per essere spinti a esprimersi esteriormente?
21 Quelle erano alcune delle cose essenziali contenute nella “verità di quella buona notizia”, e dovevano riporre fede di cuore in queste cose. Avveniva come aveva scritto l’apostolo Paolo anni prima ai Romani: “La ‘parola’ della fede, che noi predichiamo. Poiché se pubblicamente dichiari [o confessi] quella ‘parola della tua bocca’, che Gesù è il Signore, ed eserciti fede nel tuo cuore che Dio lo ha destato dai morti, sarai salvato. Poiché col cuore si esercita fede per la giustizia, ma con la bocca si fa pubblica dichiarazione [o confessione] per la salvezza”. (Rom. 10:8-10) Siccome il cuore dei Colossesi era come “terreno eccellente”, esercitarono in realtà fede di cuore e accettarono il “seme” della “parola del regno”, la “parola di Dio”, comportandosi in modo che essa mettesse veramente radice nel loro cuore e si esprimesse.
22, 23. (a) Quei Colossesi avevano l’obbligo di credere che Gesù aveva quale posizione ufficiale, e quindi sotto quale dominio erano? (b) Quindi, come Paolo, scrittore della lettera, quale posizione occupavano essi in relazione a quel governo, e all’adempimento di quale comando di Gesù parteciparono?
22 In relazione con la loro fede che Gesù era il Messia o Cristo, dovevano credere che Geova Dio lo aveva messo a sedere alla Sua propria destra come Re-Sacerdote, prefigurato da Melchisedec, antico re di Salem. In conseguenza di ciò, erano venuti sotto il regno spirituale di Cristo. Sì, dovevano credere che Dio “ci ha liberati dall’autorità delle tenebre e ci ha trapiantati nel regno del Figlio del suo amore”. (Col. 1:13) Non solo erano sotto l’attuale regno del Figlio dell’amore di Dio, ma erano anche “ambasciatori in sostituzione di Cristo” nel programma mediante cui Dio “riconciliava a sé il mondo” per mezzo di Cristo. (2 Cor. 5:19, 20) Mentre era nella prigione da cui scrisse la sua lettera ai Colossesi, Paolo parlò della “libertà di parola per far conoscere il sacro segreto della buona notizia, per cui io agisco come un ambasciatore in catene”. (Efes. 6:19, 20) Quindi, come l’apostolo Paolo, la congregazione colossese era un corpo di ambasciatori del “sacro segreto della buona notizia”. Avevano l’obbligo di partecipare all’adempimento della profezia di Gesù riportata in Matteo 24:14:
23 “Questa buona notizia del regno sarà predicata in tutta la terra abitata, in testimonianza a tutte le nazioni”.
24. (a) A quale nazione appartenevano ora quei Colossesi, e quali frutti avevano l’obbligo di produrre? (b) Quindi che specie di frutto produceva il “seme” seminato nel loro cuore?
24 Impegnandosi in questa attività di ambasciatori a favore del messianico regno di Dio, quei Colossesi producevano i frutti del Regno. Davano prova di far parte della ‘nazione che ne produceva i frutti’. Il “regno” che era stato tolto alla nazione del circonciso Israele naturale era ora stato dato alla nazione dell’Israele spirituale, nazione alla quale appartenevano quei cristiani colossesi. (Matt. 21:43) Il simbolico “seme” della “parola del regno”, la “parola di Dio”, era stato seminato nei loro cuori, e ora che i loro cuori risultavano essere il terreno eccellente essi producevano una raccolta della stessa specie di ciò ch’era stato seminato nei loro cuori. Cioè essi pure producevano, predicavano, insegnavano, la “parola del regno” ad altri, a quelli fuori della congregazione colossese. — Matt. 13:19; Luca 8:11, 15.
25. In vista dell’esempio dato dai Colossesi, quale domanda facciamo riguardo al nostro secolo afflitto dalla guerra, e di che cosa ringrazieremo Dio?
25 Un eccellente esempio degno d’essere imitato fu dato allora nel primo secolo E.V. in relazione alla congregazione cristiana di Colosse, in Asia Minore. Viene esso ripetuto oggi in questo ventesimo secolo afflitto dalla guerra? In tal caso noi, come l’apostolo Paolo, abbiamo dunque motivo di ‘ringraziare sempre Dio, Padre del nostro Signore Gesù Cristo’, quando Lo preghiamo riguardo alla situazione religiosa.