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SchernoAusiliario per capire la Bibbia
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Ezec. 22:4, 5; 23:32; 36:4, 21, 22) Il profeta Elia si prese giustamente gioco dei profeti di Baal che avevano sfidato Geova. (I Re 18:26, 27) Dopo che Sennacherib ebbe schernito e parlato ingiuriosamente di Geova davanti al re Ezechia e alla popolazione di Gerusalemme, le posizioni si capovolsero, e lo scherno, la derisione, il vituperio e una sconfitta ignominiosa si abbatterono su quell’arrogante re assiro e il suo esercito. (II Re 19:20, 21; Isa. 37:21, 22) In maniera simile Moab diventò oggetto di scherno. (Ger. 48:25-27, 39) Le nazioni della terra hanno passato i limiti nello schernire Dio, ma Geova ride di loro e li mette alla berlina per la loro impudente opposizione alla sua sovranità universale, poiché raccolgono il cattivo frutto del loro comportamento. - Sal. 2:2-4; 59:8; Prov. 1:26; 3:34.
SCHERNITORI NEGLI “ULTIMI GIORNI”
Uno dei segni degli “ultimi giorni” sarebbero stati gli “schernitori con i loro scherni, che procederanno secondo i propri desideri [“secondo i desideri della propria empietà” (Giuda 17, 18)] e diranno: ‘Dov’è questa sua promessa presenza? Infatti, dal giorno che i nostri antenati si addormentarono nella morte, tutte le cose continuano esattamente come dal principio della creazione’”. (II Piet. 3:3, 4) Ovviamente costoro non prestano ascolto al consiglio di Isaia 28:21, 22, che avverte del grave pericolo di schernire Geova.
“DIO NON È DA BEFFEGGIARE”
L’apostolo Paolo avverte del serio pericolo che incombe su chi tenta di beffeggiare Dio, cioè su chi pensa che i principi dell’amministrazione di Dio possano essere presi alla leggera o ignorati. Egli scrive ai cristiani della Galazia: “Se qualcuno pensa d’essere qualche cosa quando non è niente, egli inganna la propria mente.... Non siate sviati: Dio non è da beffeggiare. Poiché qualunque cosa l’uomo semini, questa pure mieterà; perché chi semina in vista della sua carne mieterà la corruzione dalla sua carne, ma chi semina in vista dello spirito mieterà la vita eterna dallo spirito”. - Gal. 6:3-8.
Qui l’apostolo spiega che non ci si dovrebbe illudere facendo una falsa valutazione dei propri meriti, ignorando in tal modo Dio e la sua Parola. Si dovrebbe purificare la propria vita per camminare secondo lo spirito come indica la Parola. Chi non fa questo, ma invece continua a seminare in vista di desideri carnali, ‘accetta l’immeritata benignità di Dio venendo meno al suo scopo’, e disprezza le istruzioni di Dio. (II Cor. 6:1) Egli può ingannarsi pensando di essere al sicuro. Tuttavia Dio conosce il suo cuore e lo giudicherà di conseguenza.
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SchiaffoAusiliario per capire la Bibbia
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Schiaffo
Vedi ATTEGGIAMENTI E GESTI.
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SchiavoAusiliario per capire la Bibbia
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Schiavo
Nelle lingue originali i termini che spesso vengono resi “schiavo” o “servitore” non si riferivano solo a persone che erano proprietà di altri.
I TERMINI NELLE LINGUE ORIGINALI
Il termine ebraico ʽèvedh si poteva riferire a persone che erano proprietà di loro simili. (Gen. 12:16; Eso. 20:17) Oppure poteva indicare i sudditi di un re (II Sam. 11:21; II Cron. 10:7), popoli soggiogati che pagavano un tributo (II Sam. 8:2, 6) e persone al servizio del re, fra cui coppieri, panettieri, marinai, ufficiali dell’esercito, consiglieri e simili, sia che fossero la proprietà di altri o no. (Gen. 40:20; I Sam. 29:3; I Re 9:27; II Cron. 8:18; 9:10; 32:9) Per forma di cortesia un ebreo, anziché usare il pronome personale di prima persona, a volte parlava di se stesso come di un servitore (ʽèvedh) di colui al quale si rivolgeva. (Gen. 33:5, 14; 42:10, 11, 13; I Sam. 20:7, 8) ʽÈvedh era usato a proposito dei servitori o adoratori di Geova in generale (I Re 8:36) e, in particolare, di speciali rappresentanti di Dio, come Mosè. (Gios. 1:1, 2; 24:29; II Re 21:10) Anche se non era adoratore di Geova, chi compiva un’azione che era in armonia con la volontà di Dio poteva essere chiamato servitore di Dio; ne è un esempio il re Nabucodonosor. — Ger. 27:6.
Il termine greco doùlos corrisponde all’ebraico ʽèvedh. È usato a proposito di persone che erano proprietà di loro simili (Matt. 8:9; 10:24, 25; 13:27), di devoti servitori di Dio e di suo Figlio Cristo Gesù, sia umani (Atti 2:18; 4:29; Rom. 1:1; Gal. 1:10) che angelici (Riv. 19:10, dove ricorre il termine sỳndoulos [compagno di schiavitù]) e, in senso figurativo, di persone schiave del peccato (Giov. 8:34; Rom. 6:16-20) o della corruzione. — II Piet. 2:19.
Il termine ebraico nàʽar, come il greco pàis, significa fondamentalmente ragazzo o giovane e si può riferire anche a un servitore. (I Sam. 1:24; 4:21; 30:17; II Re 5:20; Matt. 2:16; 8:6; 17:18; 21:15; Atti 20:12) Il sostantivo greco oikètes indica uno schiavo o un domestico (Luca 16:13), e una schiava o serva è indicata dal diminutivo paidìske. (Luca 12:45) La forma participiale della radice ebraica sharàth può essere resa “ministro” (Eso. 33:11) o “cameriere”. (II Sam. 13:18) Il sostantivo greco hyperètes, che letteralmente significa sottorematore o subordinato, può essere tradotto “servitore”, ‘servitore di corte’ o “servitore della casa”, domestico. (Matt. 26:58; Mar. 14:54, 65; Giov. 18:36) Il termine greco theràpon ricorre solo in Ebrei 3:5 e significa subordinato, servitore o ministro.
PRIMA DELL’ERA VOLGARE
Guerra, miseria e criminalità erano i fattori fondamentali che riducevano in uno stato di schiavitù. I prigionieri di guerra spesso diventavano schiavi dei conquistatori o venivano venduti schiavi da questi. (Confronta II Re 5:2; Gioe. 3:6). Nella società israelita chi diventava povero poteva vendere se stesso o i suoi figli come schiavi per far fronte ai debiti. (Eso. 21:7; Lev. 25:39, 47; II Re 4:1) Chi era colpevole di furto ma non era in grado di risarcire il danno veniva venduto per le cose rubate, e a quanto pare riacquistava la libertà una volta estinti tutti i debiti. — Eso. 22:3.
A volte gli schiavi avevano nella casa una posizione di grande fiducia e prestigio. L’anziano servitore del patriarca Abraamo (probabilmente Eliezer) amministrava tutti i possedimenti del suo padrone. (Gen. 24:2; 15:2, 3) A un discendente di Abraamo, Giuseppe, schiavo in Egitto, fu affidato tutto ciò che apparteneva a Potifar, funzionario di corte del faraone. (Gen. 39:1, 5, 6) In Israele c’era la possibilità che uno schiavo diventasse ricco e si affrancasse. — Lev. 25:49.
Circa la coscrizione di lavoratori, vedi LAVORI FORZATI.
Leggi che regolavano i rapporti schiavo-padrone
Presso gli israeliti la condizione dello schiavo ebreo era diversa da quella di uno schiavo straniero, residente forestiero o avventizio. Mentre i non ebrei rimanevano proprietà del padrone e potevano essere tramandati di padre in figlio (Lev. 25:44-46), lo schiavo ebreo veniva rimesso in libertà nel settimo anno di schiavitù o nell’anno del Giubileo, se veniva prima. Durante il periodo di schiavitù lo schiavo ebreo doveva essere trattato come un lavoratore salariato. (Eso. 21:2; Lev. 25:10; Deut. 15:12) L’ebreo che si vendeva schiavo a un
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