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Potenza, opere potentiAusiliario per capire la Bibbia
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nell’adempimento della Parola di Dio, ma per ovviare alla mancanza di fede. Il loro motivo era sbagliato. — Matt. 16:1-4; confronta 15:1-6; 22:23, 29.
Lo stesso dicasi della sua attività a Nazaret, il villaggio della sua adolescenza e giovinezza. La mancanza di fede che c’era lo trattenne dal compiere molte opere potenti, certo non perché la fonte della sua potenza fosse insufficiente, ma perché le circostanze non giustificavano ciò, non lo consentivano. Non si doveva sprecare potenza divina per scettici insensibili. (Mar. 6:1-6; confronta Matteo 10:14; Luca 16:29-31). Che la fede altrui non fosse un elemento indispensabile per compiere azioni miracolose è evidente dal fatto che sanò l’orecchio staccato allo schiavo del sommo sacerdote, il quale faceva parte della folla venuta ad arrestare Gesù. — Luca 22:50, 51.
La risurrezione di Gesù Cristo dalla morte alla vita spirituale è stata la massima manifestazione della potenza di Dio. Senza questa la fede cristiana sarebbe stata “vana”, i suoi seguaci sarebbero stati “i più miserevoli di tutti gli uomini”. (I Cor. 15:12-19) Era il fatto più spesso narrato dai discepoli di Gesù e il massimo singolo fattore per rafforzare la fede. La distanza non aveva impedito a Gesù di esercitare potenza quando era sulla terra (Matt. 8:5-13; Giov. 4:46-53), e ora, dalla sua posizione celeste, Gesù alla Pentecoste unse i suoi seguaci con lo spirito di Dio, dando loro la possibilità di compiere opere potenti in sua assenza. In tal modo autenticò la loro testimonianza circa la sua risurrezione (Atti 4:33; Ebr. 2:3, 4) e diede anche prova che questo era il popolo che Dio approvava, la sua congregazione. — Atti 2:1-4, 14-36, 43; 3:11-18.
La morte umana del Figlio suo non aveva accorciato la mano di Geova, come attestano i molti miracoli, segni e portenti compiuti dagli apostoli e da altri. (Atti 4:29, 30; 6:8; 14:3; 19:11, 12) Le opere potenti che compirono erano simili a quelle del loro Maestro: guarirono zoppi (Atti 3:1-9; 14:8-10) e malati (Atti 5:12-16; 28:7-9), risuscitarono morti (Atti 9:36-41; 20:9-11), espulsero demoni (Atti 8:6, 7; 16:16-18), e questo senza cercare vantaggi personali né onori. (Atti 3:12; 8:9-24; 13:15-17) Per mezzo loro Dio espresse giudizi contro malfattori, come aveva fatto per mezzo degli antichi profeti, incutendo il dovuto rispetto verso di lui e verso i suoi rappresentanti. (Atti 5:1-11; 13:8-12) Furono concesse loro nuove capacità, come quella di parlare in lingue straniere e di interpretarle. Anche questo “per uno scopo utile”, dato che ben presto avrebbero dovuto estendere l’opera di predicazione fuori d’Israele, annunciando le meravigliose opere di Geova fra le nazioni. — I Cor. 12:4-11; Sal. 96:3, 7.
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PotifarAusiliario per capire la Bibbia
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Potifar
(Potifàr) [forma abbreviata di Potifera, colui che Ra ha dato].
Egiziano, funzionario di corte e capo della guardia del corpo del faraone; per un tempo padrone di Giuseppe e, pare, uomo facoltoso. (Gen. 37:36; 39:4) Potifar aveva acquistato Giuseppe da mercanti madianiti di passaggio e, visto che era un buon servitore, finì per affidargli interamente la sua casa e i suoi campi, proprietà che Geova benedisse a motivo di Giuseppe. — Gen. 39:1-6.
La moglie di Potifar non gli fu tuttavia fedele come il suo servitore Giuseppe. Più volte cercò di sedurre Giuseppe e un giorno, quando nei pressi non c’erano altri uomini, lo afferrò, ma egli rifiutò ancora e corse via. Potifar, tornato a casa, diede ascolto alle false accuse della moglie inviperita, ma invece di mettere a morte Giuseppe, lo gettò in prigione. — Gen. 39:7-20.
Sembra che questa prigione fosse collegata con la casa di Potifar o che almeno fosse sotto la sua giurisdizione quale “capo della guardia del corpo”. La Bibbia infatti parla del capo coppiere e del capo panettiere del faraone che vennero gettati nella stessa prigione, il “carcere della casa del capo della guardia del corpo”, il “carcere della casa del suo padrone [di Giuseppe]”. (Gen. 39:1; 40:1-7) Tuttavia sembra poco probabile che Potifar fosse lo stesso “comandante della prigione” che “affidò a Giuseppe tutti i carcerati che erano nella prigione”. (Gen. 39:21-23, CEI) Questi probabilmente era un subalterno di Potifar.
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PotiferaAusiliario per capire la Bibbia
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Potifera
(Potifèra) [colui che Ra ha dato].
Suocero di Giuseppe, la cui figlia Asenat partorì Manasse ed Efraim. (Gen. 41:45, 50; 46:20) Potifera era il sacerdote, probabilmente del dio-sole Ra, che officiava a On, centro egiziano dell’adorazione del sole. Nel Museo del Cairo è conservata una stele funeraria scoperta nel 1935, su cui compare il nome “Potifare”.
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PovertàAusiliario per capire la Bibbia
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Povertà
Il problema della povertà è antico. Generalmente nel corso dei secoli i bisognosi sono stati più numerosi di coloro che avevano abbondanza di cose materiali. Nell’accettare un atto di generosità, Gesù riconobbe la dura realtà del persistere della povertà fra gli esseri umani imperfetti, dicendo ai discepoli: “I poveri li avete sempre con voi, e quando volete potete far loro del bene, ma non avrete sempre me”. (Mar. 14:7) La Bibbia presenta una veduta equilibrata del problema, mostrando compassione per quelli che soffrono a motivo di condizioni avverse, ma anche rimproverando quelli che, in effetti, per indolenza ‘mangiano la propria carne’. (Eccl. 4:1, 5; Prov. 6:6-11) Dà risalto alla prosperità spirituale più che a quella materiale (I Tim. 6:17-19), per cui l’apostolo scrisse: “Non abbiamo portato nulla nel mondo, e non ne possiamo portare fuori nulla. Quindi, avendo nutrimento e di che coprirci, di queste cose saremo contenti”. (I Tim. 6:7, 8) Tuttavia le Scritture non considerano la povertà materiale una virtù in se stessa e avvertono che l’estrema povertà può costituire una tentazione al furto. — Prov. 6:30, 31; 30:8, 9; paragona Efesini 4:28.
I POVERI IN ISRAELE
Non era proposito di Geova che alcuno degli israeliti si riducesse alla più nera indigenza. La nazione ricevette terre in eredità. (Num. 34:2-12) Tutte le famiglie israelite, con l’eccezione dei leviti i quali ricevevano un decimo del prodotto della terra per il servizio che svolgevano presso il santuario, ebbero una parte di quell’eredità e quindi il modo per avere di che vivere. (Num. 18:20, 21) La proprietà terriera era assicurata. Leggi che regolavano l’eredità garantivano che la terra non sarebbe passata a un’altra famiglia o tribù. (Num. 27:7-11; 36:6-9; Deut. 21:15-17; vedi EREDITÀ). La terra non si poteva vendere in perpetuo. (Lev. 25:23) Nell’anno del Giubileo tutti i terreni ereditari che erano stati venduti venivano restituiti al legittimo proprietario. (Lev. 25:13) Così anche se un uomo sperperava le sue sostanze, i suoi discendenti non perdevano per sempre l’eredità.
La fedele osservanza della legge di Dio avrebbe in gran parte evitato la povertà agli israeliti. (Deut. 15:4, 5) Ma se disubbidivano non avrebbero avuto la benedizione di Geova e questo avrebbe provocato impoverimento dovuto a calamità come invasioni di eserciti nemici e grave siccità. (Deut. 28:22-25; confronta Giudici 6:1-6; I Re 17:1; 18:17,
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