-
Predicatore, predicazioneAusiliario per capire la Bibbia
-
-
nell’esortazione di Paolo a Timoteo, “predica la parola, datti ad essa con urgenza in tempo favorevole, in tempo difficoltoso”, il contesto sottolinea soprattutto l’importanza di predicare nella congregazione, ma in senso generale e su più ampia scala, come viene compiuta da un sorvegliante. (II Tim. 4:2) La lettera di Paolo a Timoteo è una lettera pastorale, cioè indirizzata a uno che svolgeva opera pastorale fra i cristiani, e offre consigli su tale ministero direttivo. Prima di questa esortazione a ‘predicare la parola’, Paolo aveva avvertito Timoteo che l’apostasia cominciava a manifestarsi e doveva assumere proporzioni allarmanti. (II Tim. 2:16-19; 3:1-7) Dopo aver esortato Timoteo ad attenersi alla “parola” nella sua predicazione e a non allontanarsene, Paolo indica la necessità di farlo con urgenza, dicendo: “Vi sarà un periodo di tempo in cui non sopporteranno il sano insegnamento”, ma anzi cercheranno maestri che insegnino secondo i loro desideri e così “allontaneranno i loro orecchi dalla verità”. Non si trattava dunque di estranei, ma di persone entro la congregazione stessa. (II Tim. 4:3, 4) Perciò Timoteo non doveva perdere l’equilibrio spirituale, ma essere costante nel dichiarare francamente ai fratelli la parola di Dio (non filosofie umane o inutili speculazioni), anche se questo poteva procurargli difficoltà e sofferenza da parte di chi, nelle congregazioni, aveva una tendenza sbagliata. (Confronta I Timoteo 6:3-5, 20, 21; II Timoteo 1:6-8, 13; 2:1-3, 14, 15, 23-26; 3:14-17; 4:5). Così facendo avrebbe scoraggiato l’apostasia e sarebbe stato libero dalla colpa del sangue, proprio come Paolo. — Atti 20:25-32.
PREDICAZIONE AGLI SPIRITI IN PRIGIONE
In I Pietro 3:19, 20, dopo aver descritto la risurrezione di Gesù alla vita spirituale, l’apostolo dice: “In questo stato pure andò a predicare agli spiriti in prigione, che una volta erano stati disubbidienti quando la pazienza di Dio aspettava ai giorni di Noè, mentre era costruita l’arca”. Commentando questo versetto, W. E. Vine dice: “In I Piet. 3:19 il probabile riferimento non è a una buona notizia (che non c’è alcuna vera prova che Noè abbia predicato, e neanche esiste prova che gli spiriti di uomini antidiluviani siano effettivamente ‘in prigione’), ma all’attività di Cristo dopo la Sua risurrezione nel proclamare la Sua vittoria a decaduti spiriti angelici”. (Expository Dictionary of New Testament Words, Vol. III, p. 201) Come si è detto, kerỳsso si riferisce a una proclamazione non soltanto di cose buone ma anche di cose cattive, come quando Giona proclamò l’imminente distruzione di Ninive. Gli unici spiriti in prigione menzionati nelle Scritture son quegli angeli dei giorni di Noè che furono ‘consegnati in fosse di dense tenebre’ (II Piet. 2:4, 5) e “riservati al giudizio del gran giorno con legami sempiterni”. (Giuda 6) Perciò la predicazione da parte del risuscitato Gesù a quegli angeli malvagi poteva essere soltanto l’annuncio di un giudizio.
-
-
PrefettoAusiliario per capire la Bibbia
-
-
Prefetto
Funzionario di grado inferiore al satrapo nel governo babilonese. Il titolo viene usato in Daniele 2:48 in relazione ai “saggi”. Sembra che questi “saggi” fossero definiti tali per le loro mansioni ufficiali. Daniele, oltre a essere uno dei tre alti funzionari di Nabucodonosor, fu nominato capo prefetto su tutti i “saggi”. — Dan. 2:48; 3:2, 3, 27.
Sotto la dominazione di Dario il Medo, i funzionari di corte ‘si accalcavano’ intorno al re; questo starebbe a indicare che erano un buon numero. Essi dissero che tutti i funzionari, inclusi i prefetti, raccomandavano che fosse emanata una legge che, per trenta giorni, permettesse di rivolgere suppliche soltanto al re. Daniele continuò a supplicare Geova, e fu liberato, mentre i cospiratori stessi perirono nella fossa dei leoni. — Dan. 6:6, 7, 24.
-
-
PreghieraAusiliario per capire la Bibbia
-
-
Preghiera
Pregare significa rivolgersi con devozione al vero Dio o a falsi dèi. Il semplice parlare con Dio non è necessariamente una preghiera, come è evidente dal giudizio emesso in Eden e nel caso di Caino. (Gen. 3:8-13; 4:9-14) La preghiera richiede devozione, fiducia, rispetto, e indica che ci si affida a colui al quale è rivolta la preghiera. I vari termini ebraici e greci che hanno relazione con la preghiera hanno il significato di chiedere, far richiesta, implorare, supplicare, invocare, implorare favore, interrogare, e anche lodare, ringraziare e benedire.
Naturalmente richieste e suppliche possono essere rivolte anche a uomini, e nelle lingue originali questi termini a volte sono usati in tal senso (Gen. 44:18; 50:17; Atti 25:11), non col significato religioso del termine italiano “preghiera”. Uno potrebbe “supplicare” o “implorare” qualcun altro di fare una determinata cosa, ma non per questo lo considererebbe il suo Dio. Non gli rivolgerebbe, per esempio, una richiesta in silenzio, né lo farebbe quando la persona non fosse visibilmente presente, come si fa in preghiera a Dio.
L’“UDITORE DI PREGHIERA”
L’intera Bibbia attesta che Geova è il solo a cui si deve rivolgere la preghiera (Sal. 5:1, 2; Matt. 6:9); egli è l’“Uditore di preghiera” (Sal. 65:2; 66:19), e ha il potere di intervenire a favore di chi prega. (Mar. 11:24; Efes. 3:20) Viene rilevato come sia stupido rivolgere preghiere a falsi dèi e alle loro immagini idolatriche, dato che gli idoli non sono in grado di udire né di agire, e gli dèi che rappresentano non si possono neanche minimamente paragonare al vero Dio. — Giud. 10:11-16; Sal. 115:4, 6; Isa. 45:20; 46:1, 2, 6, 7.
Anche se alcuni sostengono che si possono rivolgere preghiere ad altri, come al Figlio di Dio, non è assolutamente così. È vero che in rari casi parole vengono rivolte a Gesù Cristo in cielo. Stefano, in punto di morte, si rivolse a Gesù dicendo: “Signore Gesù, ricevi il mio spirito”. (Atti 7:59) Tuttavia il contesto rivela una circostanza che spiega questa espressione inconsueta. Stefano in quel momento aveva avuto una visione di “Gesù in piedi alla destra di Dio”, e quindi si sentì autorizzato a rivolgere questa supplica a colui che riconosceva quale capo della congregazione cristiana. (Atti 7:55, 56; Col. 1:18) Similmente, nella conclusione di Rivelazione, l’apostolo Giovanni dice: “Amen! Vieni, Signore Gesù”. (Riv. 22:20) Ma ancora una volta il contesto indica che, in visione (Rivelazione 1:10; 4:1, 2), Giovanni aveva udito Gesù parlare della sua futura venuta e quindi rispose con le parole citate sopra, che esprimevano il suo desiderio che venisse. (Riv. 22:16, 20) Sia nel caso di Stefano che in quello di Giovanni, la situazione era alquanto simile a quella in cui si svolse la conversazione tra Giovanni e un personaggio celeste nella visione di Rivelazione. (Riv. 7:13, 14; confronta Atti 22:6-22). Nulla indica che discepoli cristiani si rivolgessero al risuscitato Gesù in altre circostanze. Infatti l’apostolo Paolo scrive: “In ogni cosa le vostre richieste siano rese note a Dio con preghiera e supplicazione insieme a rendimento di grazie”. — Filip. 4:6.
Per mezzo del sangue di Gesù, offerto in sacrificio a Dio, “abbiamo baldanza per la via d’ingresso nel luogo santo”, vale a dire abbiamo l’ardire di accostarci alla
-