-
RomaAusiliario per capire la Bibbia
-
-
persiana Mitra; asiatici evirati; sacerdoti di Cibele, con le loro danze scatenate e grida stridenti; adoratori della grande dea Diana; prigionieri barbari coi riti di sacerdoti teutonici; astrologi siri, ebrei e caldei, e stregoni della Tessaglia’”. (Beacon Lights of History, ed. 1912, Vol. III, pp. 366, 367) Petronio, direttore dei giochi alla corte di Nerone, scriveva nel suo Satyricon, capitolo 17: “Il nostro paese è così popolato di divinità che è più facile trovare un dio che un uomo”.
La devozione a queste religioni, e l’indulgere nelle loro sfrenate orge sessuali, diede adito al totale abbandono di ogni virtù morale e giustizia fra i romani sia di basso che di alto rango. Fra questi ultimi un esempio è Messalina, l’adultera, omicida moglie dell’imperatore Claudio. — Tacito, Annali, XI, I-34.
Nella religione di Roma primeggiava l’adorazione dell’imperatore, che era deificato. L’adorazione dell’imperatore era praticata in special modo nelle province, dove vennero eretti templi nei quali si offrivano sacrifici a lui come a un dio. Secondo G. W. Botsford (A History of Rome, ed. 1905, pp. 214, 215), “L’adorazione dell’imperatore fu infatti la forza più vitale della religione del mondo romano fino all’adozione del cristianesimo”. Un’iscrizione rinvenuta in Asia Minore dice dell’imperatore: “Egli è il padre Zeus e il salvatore dell’intera razza umana, che esaudisce ogni preghiera, ancor più di quello che chiediamo. Infatti terra e mare sono in pace; le città sono fiorenti; ovunque regnano armonia e prosperità e felicità”. Questo culto fu il principale pretesto per perseguitare i cristiani; infatti questo scrittore dice: “Il loro rifiuto di adorare il Genius, o spirito tutelare, dell’imperatore era naturalmente interpretato come irriverenza e tradimento”. — P. 263.
GIUNGE A ROMA IL CRISTIANESIMO
Il giorno di Pentecoste del 33 E.V. “residenti temporanei di Roma, sia Giudei che proseliti”, videro il risultato del versamento dello spirito santo, e alcuni di loro furono senz’altro fra i 3.000 battezzati in quell’occasione. (Atti 2:1, 10, 41) Tornati a Roma indubbiamente predicarono, contribuendo alla formazione di una congregazione cristiana attiva, molto forte, della cui fede, come disse l’apostolo Paolo, ‘si parlava in tutto il mondo’. (Rom. 1:7, 8) Sia Tacito (Annali, XV, 44) che Svetonio (Nerone, XVI) menzionano i cristiani di Roma.
Paolo scrisse alla congregazione cristiana di Roma verso il 56 E.V., e circa tre anni dopo giunse a Roma come prigioniero; tuttavia già prima e in circostanze diverse aveva avuto intenzione di recarvisi. (Atti 19:21; Rom. 1:15; 15:22-24) Ma ora, benché prigioniero, fu in grado di dare completa testimonianza a quelli che venivano in casa sua. Per due anni, in quelle condizioni, continuò ‘a predicare loro il regno di Dio e a insegnare le cose inerenti al Signore Gesù Cristo con la più grande libertà di parola, senza impedimento’. (Atti 28:14-31) Persino la guardia pretoriana dell’imperatore venne a conoscenza del messaggio del Regno. (Filip. 1:12, 13) Quindi, come gli era stato predetto, Paolo ‘diede completa testimonianza anche a Roma’. — Atti 23:11.
Nei due anni di detenzione a Roma Paolo trovò il tempo di scrivere lettere, agli efesini, ai filippesi, ai colossesi e a Filemone. Più o meno nello stesso tempo, probabilmente da Roma, Marco scrisse il suo Vangelo, e Luca gli Atti degli Apostoli. Nel 61 E.V., poco prima o immediatamente dopo la sua liberazione, Paolo scrisse la lettera agli ebrei. (Ebr. 13:23, 24) Durante la sua seconda prigionia a Roma, verso il 65 E.V., gli fece visita Onesiforo e Paolo scrisse la seconda lettera a Timoteo. — II Tim. 1:15-17.
Anche se Paolo, Luca, Marco, Timoteo e altri cristiani del I secolo si recarono a Roma (Filip. 1:1; Col. 4:10, 14), non c’è alcuna prova che Pietro vi sia mai stato, come vorrebbero certe tradizioni. Gli aneddoti sul martirio di Pietro a Roma si basano unicamente su tradizioni e non hanno alcun solido fondamento storico. — Vedi PIETRO, LETTERE DI.
La città di Roma si fece una pessima reputazione per la persecuzione dei cristiani, specie durante i regni di Nerone e Domiziano. La persecuzione era attribuita a due cause: (1) il grande zelo degli evangelizzatori cristiani nel convertire altri, e (2) la loro presa di posizione senza compromessi nel rendere a Dio ciò che gli è dovuto anziché darlo a Cesare. — Mar. 12:17.
-
-
Romani, lettera aiAusiliario per capire la Bibbia
-
-
Romani, lettera ai
Libro delle Scritture Greche Cristiane scritto dall’apostolo Paolo ai cristiani di Roma. Che Paolo ne fosse lo scrittore non è mai stato messo seriamente in dubbio, e l’autenticità del libro come parte del sacro canone è stata quasi universalmente riconosciuta dagli studiosi della Bibbia, con l’eccezione di alcuni che non potevano farla quadrare con le proprie convinzioni dottrinali. In effetti la lettera è in piena armonia col resto delle Scritture ispirate. Infatti Paolo cita estesamente le Scritture Ebraiche a cui fa anche numerosi riferimenti, tanto che questa lettera si può dire la più solidamente basata sulle Scritture Ebraiche e sugli insegnamenti di Cristo.
QUANDO E DOVE FU SCRITTA
La lettera fu scritta verso il 56 E.V., da Corinto. Terzo era evidentemente segretario di Paolo e scriveva sotto dettatura. (Rom. 16:22) Febe, che abitava a Cencrea, il porto di Corinto distante una decina di km, fu probabilmente latrice della lettera. (Rom. 16:1) Paolo non era ancora stato a Roma, come è evidente dalle osservazioni che fa nel I capitolo, versetti 9-15. È pure evidente il fatto che non vi era mai stato neanche Pietro. — Vedi PIETRO, LETTERE DI.
LA CONGREGAZIONE DI ROMA
La congregazione può essere stata stabilita da alcuni ebrei e proseliti di Roma che si trovavano a Gerusalemme il giorno di Pentecoste del 33 E.V., avevano assistito al miracoloso versamento dello spirito santo e avevano sentito parlare Pietro e gli altri cristiani ivi radunati. (Atti cap. 2) Oppure altri convertiti al cristianesimo possono aver portato in seguito la verità a Roma poiché, dato che quella grande città era il centro dell’impero romano, molti prima o poi vi andavano, e molti erano i viaggiatori e commercianti di passaggio. Paolo invia rispettosi saluti a Andronico e Giunia, suoi “parenti e compagni di cattività”, “uomini noti fra gli apostoli”, e che erano stati nel servizio di Cristo più a lungo di lui. Questi possono aver contribuito a formare la congregazione cristiana di Roma. (Rom. 16:7) Quando Paolo scriveva, la congregazione evidentemente esisteva già da qualche tempo ed era così operosa che in tutto il mondo si parlava della sua fede. — Rom. 1:8.
SCOPO DELLA LETTERA
Nel leggere la lettera si capisce che fu scritta a una congregazione di cui facevano parte sia ebrei che gentili. A Roma in quel tempo c’erano molti ebrei, che vi erano tornati dopo la morte dell’imperatore Claudio, il quale qualche tempo prima li aveva espulsi. Anche se Paolo
-